Il feudo “de Rivioto” in territorio di Policastro e Mesoraca

In evidenza la località “Rivioti” presso Cotronei. Particolare del Foglio 237-II N.O. della Carta d’Italia 1:25000.

Attualmente la località “Rivioti” esiste in territorio comunale di Cotronei, vicino ai confini di Petilia Policastro, e si estende su alcune colline limitate, da una parte, dalle località Liffi, “Piano di Mezzo” e “Pantano”, dall’altra dalla confluenza tra il fiume “Tàcina” ed un suo affluente, il vallone “Turvole”.[i] Questo toponimo contraddistingue anche una località in territorio di Mesoraca, presso i confini comunali di Marcedusa ed il corso del fiume Tacina, dove troviamo: “Rivioto”, “C. Rivioto”, “Riviotello, “Timp.ne Riviotello” e “Cant.ra Riviotello”.[ii] Per quanto riguarda la sua origine, sembra derivare da un’antica famiglia feudataria.

Grotte in località Liffi di Cotronei (foto di Pasquale Schipani da Panoramio).

 

I “de rivioto”

Alcuni componenti della famiglia de “Rivioto” emergono già durante la prima metà del sec. XIII, in alcune carte dell’abbazia di Sant’Angelo de Frigillo, dove troviamo le sottoscrizioni di “Rogerius”, “Petrus” e “Tancredus” o “Tranchedus” (1218-1228).[iii] Le prime concessioni feudali in favore di esponenti di questa famiglia, invece, risultano documentate durante la dominazione angioina.

Risale al primo agosto 1310, VIII indizione, il “privilegium” dato in Catanzaro, attraverso cui il magnifico Petro Ruffo de Calabria, conte di Catanzaro e utile dominus delle terre di Policastro e di Mesoraca, fece alcune concessioni “in pheudum nobile” a “Tranquedo de rivioto” con l’obbligo del servizio feudale di “duorum villanorum”.

In questo privilegio i beni concessi risultavano i seguenti: il “feudum quod perrus de girardo et excadenciam quam Tranquedus de perrono a curia n(ost)ra tenebat Consistente in tenimento terrarum nostrarum mesurace et policastri”, con ogni diritto che la curia deteneva “in cursu sanctorum Quadraginta”, oltre il “feudum” che deteneva “Robertus de Cotrono” sito e posto “in terra et tenimento” di Mesoraca, devoluto alla curia, nonché i beni che “joh(ann)es de granate et fratres” detenevano “in territorio et tenimento mesurace”, devoluti alla curia per il loro tradimento.

Questi ultimi risultavano: una pezza di vigna di mille piedi con terra libera contigua, “in loco qui dicitur pichea”, confinante con la via pubblica, le terre della curia e il “vallonem Taffali”. Una pezza di vigna formata da 600 + 600 piedi in loco detto “Agothoti”, vicino la vigna di “belloni” e le vigne di “joh(ann)is scupe”. Una pezza di vigna di 500 piedi in loco detto “Ardu”, vicino la vigna di “johannis balanti” e la vigna di “Andree de parma”. Una pezza di vigna di 800 piedi in loco detto “sancta venera”, vicino la vigna di “Antonii de fantino”, la vigna di “oliverii de Cutronei” e “Guill(e)rmi tillarici. Inoltre, un casaleno con grotta contigua sito “in judayca mesurace prope ripas platee” e la domus di “Raynaldi de mag(ist)ro Raymundo” e donno “Nicolai de cesara”.[iv]

Un atto del 6 ottobre 1319 conferma “Tancredus de Rivioto dominus pheudi dicti de Girardo,[v] mentre un altro stipulato il 6 febbraio 1318, testimonia di “Angilus Baldinus dominus pheudi dicti de G[irardo] persistentis in terra et tenimento Mesurac(e).”[vi] Il “domini Girardy filii Sarli Ancyvini domini Cutri”, risulta tra coloro che sottoscrissero un atto stipulato in Crotone nell’aprile del 1215,[vii] mentre “Perrius de Girardo iudex Mesurac(e)”, compare in un atto del 6 agosto 1295 stipulato in Mesoraca.[viii] Altri documenti trecenteschi riferiscono della famiglia “de Girardo” in territorio di Mesoraca,[ix] ricordata ancora nel Cinquecento.[x]

In evidenza le località “Rivioto” e “Diporto” presso Marcedusa. Particolare del Foglio 237-II N.O. della Carta d’Italia 1:25000.

 

I feudi di Ruggero, Giovanni e Riccardo de Rivioto

Risale agli inizi del Trecento anche il privilegio con il quale il conte Petro Ruffo de Calabria donò “la metà del feudo Ypato di Mesoraca al cavaliere Ruggero di Rivioti” (1306),[xi] feudo costituito da diversi corpi, sito in territorio di Catanzaro,[xii] “in tenimento Tacine” e altri luoghi della provincia di Calabria,[xiii] tra cui i pressi del fiume Tacina, come testimonia un atto del 20 marzo 1316 che riporta la confinazione di alcune terre “laboratorias” del monastero di Sant’Angelo de Frigillo, “sitas in tenimento Mesurace, in loco qui dicitur de Sirucuso (sic, ma Brocuso) ubi dicitur Vallis de Fressi” (sic, ma Frassi): “ab oriente sunt terre curie, quas tenet Nicolaus Guerchius, ocidente terre pheudi dicti de Xipato (sic, ma Ypato), septemtrione terre alie eiusdem monasterii quas tenet Petrus Campanarius, meridie terre alie eiusdem monasterii, quas tenebat Iohanes Monacus, locata dicti Iohanni de Paulo.”[xiv] Concessioni feudali in territorio di Policastro fatte al detto Ruggero, sono menzionate ancora al tempo del conte Giovanni Ruffo (1331-1332).[xv]

Ripercorrono le vicende del feudo di Rivioto al tempo del conte Petro Ruffo, alcuni privilegi riguardanti le concessioni fatte alla “nobilis mulieris Gilie de rivioto de policastro” che, il 28 novembre 1444, “in castris nostris felicibus prope bellicastrum”, fu reintegrata nel possesso del “pheudum nominatum ad p(raese)ns de monasse de alibrando”, costituito da diversi membri posti “in terris et tenimentis mesurace et policastri”, con il “cursu mandre tenimenti sanctorum quatraginta”, come risaliva alla concessione fatta da “perrum Ruffum de calabria”, conte di Catanzaro, al quondam “Tranchedo de rivioto”, progenitore di detta Gilia o Virgilia.

Tale feudo “cum cursu mandre et herbagio ipsius tenimenti”, detto al presente “tenimentum de rotunda”, sito e posto “in pertinentiis dicte terre nostre mesurace iux.a tenimentum t(er)re n(ost)re policastri flumen Avergarii et flumen tacine et alios confines”, con il servizio feudale “seu adoha” di “duorum villanorum”, era stato precedentemente posseduto da “Johannis de rivioto”, padre di detta Gilia che, era stato spogliato dell’erbaggio in questione da parte del marchese di Crotone Nicola Ruffo.[xvi]

Lo stesso giorno il sovrano aragonese concedeva al notaro “Matheum de parisio de fillino”, legittimo successore “recta linea descendenti” del quondam “Tranquedo de rivioto”, in quanto figlio della detta Gilia, i beni stabili già concessi “in pheudum nobile” al detto Tancredi attraverso il “privilegium” dato in Catanzaro il primo agosto 1310.[xvii]

Dopo la morte della detta Gilia, i suoi beni feudali detti “de Monasse de Alicandro” (sic), “siti in terra Mesurace”, risultavano in possesso di suo figlio Romano de Parisio (1452).[xviii]

Pochi giorni dopo le concessioni in favore di Matteo de Parisio riguardanti i beni precedentemente appartenuti a suo nonno Giovanni de Rivioto, il 12 dicembre 1444, “in castris n(ost)ris felicibus prope civitatem n(ost)ram Cutroni”, re Alfonso de Aragona confermò al milite “Bartholum d(omi)ni sari de surrento”, cittadino di Crotone, quanto precedentemente gli aveva concesso Nicola Ruffo de Calabria, marchese di Crotone e utile dominus delle terre di Policastro e Mesoraca, con il privilegio dato in Crotone il 31 ottobre 1430. Tale concessione riguardava il “feudum unum nominatum de Rivioto”, e i “bona feudalia” che aveva detenuto il quondam “Riccardus Riviotus de pulicastro”, posti “in pertinentiis et distriptu terrarum predictarum policastri et mesurace”, devoluti alla curia per la morte del detto Riccardo senza eredi,[xix] e certi altri beni “in excadenciam”, già posseduti “per quondam Rogerium spoletinum et Johannem spoletinum” della terra di “ypcigro”, siti e posti “in te(rrito)ris policastri et et mesurace” devoluti alla regia curia, dietro pagamento di un censo annuale alla metà di agosto. Per quanto riguardava invece il “debito et consueto” servizio feudale “seu adoha” di “dimidium militis”, che comportava il pagamento alla regia curia di unce cinque e tareni 7 ½, questo era graziosamente “deducto et diminuto ad falconem unum volatilem ad venandi aptum”.[xx]

In evidenza alcuni toponimi riportati negli antichi documenti riguardanti il feudo di Rivioti. Particolare del F.o 237 “S. Giovanni in Fiore” 1:100.000 (1927).

 

Le difese

Le prime notizie circa la creazione di difese all’interno del feudo di Rivioti, ci sono fornite dal Mannarino nella sua “Cronica”. Egli afferma che, nel 1408, il re di Napoli Ladislao di Durazzo aveva inviato un ordine al capitano di Policastro e Mesoraca, affinché intervenisse contro “Mesurachesi e Policastresi” che avevano illegittimamente occupato terreni “in pregiudizio del suo feudo di Rivioti, e del feudatario Santo de’ Tirolis (sic).”[xxi]

La volontà della cittadinanza affinché s’intervenisse contro i particolari che intendevano limitare l’esercizio degli usi civici, risulta espressa nei capitoli concessi il 17 novembre 1444, alla università e uomini di Policastro. In questa occasione, questi ultimi chiedevano al re la grazia “che posseno Andare franchi ad pascere lo loro bestiame ad Rivioto cossi como era solito”, facendogli rilevare che nel feudo appartenente al “tenimento de pulicastro”, era stata creata “una defesa” da parte di Bartholo Sersale, per cui supplicavano il sovrano che fosse “liberata ala d(ic)ta universita de omne tempo”.[xxii]

Da un documento successivo si apprende che a quel tempo, il feudo di Rivioti era disabitato ed in gran parte boschivo e adatto al pascolo, caratteristiche che conserverà per molto tempo. Esso risultava costituito da un insieme di terre dette gabelle, parte situate in territorio di Mesoraca e parte in quello di Policastro. Infatti nel 1468 re Ferdinando d’Aragona concedeva ai cittadini di Policastro di potervi pascolare per tutti i tempi dell’anno,[xxiii] così anche quando in seguito il feudo andò a far parte del territorio di Cotronei, i cittadini di Policastro conservarono su di esso i loro privilegi che, tuttavia, con l’andare del tempo si ridussero e poi divennero di fatto riconosciuti solo ai cittadini di Cotronei.

Particolare della carta austriaca del Regno di Napoli, Sez. 12 – Col. IX (1822-1825) dove si evidenzia la via che si dirigeva verso Cosenza attraversando la località Rivioti.

 

I Campitelli

La parte del feudo di Rivioti in territorio di Mesoraca, appartenne per molti anni ai Campitelli, che furono baroni e poi conti di Melissa e principi di Strongoli. Alla fine del Quattrocento il tesoriere Vinceslao Campitelli, sposato con Lucia Contestabile, possedeva la terra di Melissa ed i feudi di Aprigliano e de li Pissuni in territorio di Crotone e di Rivioti in Mesoraca.

Alla sua morte avvenuta nel settembre 1493, il tutto passò al figlio Lorenzo Campitelli, barone di Melissa. Alla morte di Lorenzo Campitelli gli successe nel 1516 il figlio Giovanbattista.[xxiv] Risale a questo periodo la stipula di un accordo tra il feudatario e l’università di Policastro, per porre fine alla controversia che aveva opposto le parti in merito all’esercizio degli usi civici nell’ambito del feudo “de rivioto”.

Il 16 agosto 1519 in Santa Severina, davanti al nobile Joannes Nicolao Sfalanga “Regius ad contrattus judex” di Santa Severina, al notaro regio Matthia Basuino di Santa Severina e a diversi testi,[xxv] comparivano i rappresentanti della terra di Policastro, in merito alla stipula della convenzione tra la detta università e Joannes Baptista de Campitellis riguardante il feudo di Rivioto.

Il giorno precedente nella “ecclesiam sancti nicolai maiorem” di Policastro, “ad sonum Campane”, davanti ad Alfonsus Callea di Policastro “annalis judex”, al regio notaro Sanctorio de Sanctoro di Mesoraca e in presenza del nobile Berardino Blascho “locum tenentis”, si erano congregati il nobile Joannes Cirifalco “magister juratus”, Galeotto Caldararo “sindicus”, Paulo Trayina, Stephano Scandali, Stephano Carvuecta, Bello Aczarito, Andrea Curto, Bello Ligname, Antonio Scandale, Joannes Cancello, Joannes de Caccurio, Nicolao Petralia, Loysio Grandinecto “electi omnes”, Alfonso Callea, Bernardo Callea, Julius de Mendulara, Joannes Francisco Turano, Alfonso Curto, Fabritio Campana, Joannes Cicza, Andrutio Mele, Ferdinando de Venturo, Francisco de Ruberto, Joannettus Scalise, Sicoranius Tuscano, Manso de Caccurio e Silvester Faraco “cives omnes dicte t(er)re pulicastri”.

In tale occasione furono eletti procuratori dell’università, il dominus Georgio Poherio, Berardino Blasco, Tontio de Umbriatico, Bernardo Callea, Paulo Trayna, Alfonso Curcio, Marco Campana e Galeotto Caldararo, affinchè comparissero nelle sedi opportune in merito alla “lite” riguardante il “feudo rivioti sito in teni.to dicte t(er)re policast.i” tra il magnifico dominus Joannes Baptista de Campitellis “baro terre melisse ac dominus feudi de rivioto” e l’università della terra di Policastro. I testimoni di tale atto furono: Alfonso Callea “annale iudex”, Paulo de Ancona “artium et medicine dottor”, Nicolao Coroglianus, Joannes de Salerno di Mesoraca, Cubello Nicolucca di Santa Severina, il presbiter Ferdinando Vechio, “mast.o” Fran.co Prothopapa, Cristophalo Capuna, Nucio dela Picta de Cotroni e Ferdinando de Capotia.

Nel passato tra la università di Policastro e il padre del detto magnifico dominus Jonne Baptista, era occorsa lite in relazione al fatto che i Policastresi turbavano il barone nella pacifica possessione del suo feudo, rivendicando lo “jure pasculacionis erbagii et glandagii”. In merito a ciò erano già state pronunciate due “sententie” con “appellationis”, in sede di Regia Udienza Provinciale di Calabria.

All’attualità, giunte le parti ad un accordo, si stabilva quanto segue: a cominciare dal primo di settembre e per tutto il mese di aprile, nella parte “inferiorem” del detto feudo, “incipiendo a via que incipit a vallone pantani fluminis tacine que via ducit ad ecclesia sancti salvatoris et ferit ad collem dictum dele tre aire, usque ad illas partes limitantes et finientes dictum feudum versus casalem Cotroneorum”, i Policastresi, nè universalmente nè particolarmente, vi avrebbero potuto accedere per pascolarla con alcun tipo di animale, nè avrebbero potuto raccogliervi le ghiande. Dal primo di maggio a tutto agosto, invece, il feudatario avrebbe consentito ai Policastresi di “pasculare, glandare, p(er)nottare, conmorare” esercitandovi secondo gli usi. Nella restante parte del detto feudo o “parte superiori”, “incipiente a supradicta via et asiendente sursum versus Consentiam et alias partes limitantes et finientes dictum feudum de rivioto”, l’università di Policastro consentiva che, a cominciare dal primo di settembre e fino a Natale, il detto dominus Joannes Baptista potesse godere senza che i Policastresi vi avessero accesso. Dal giorno di Natale a tutto Agosto, invece, detto dominus Joannes Baptista consentiva ai Policastresi di potervi esercitare i loro usi “juxum solidum et consuetum dicte terre policast.i”.[xxvi]

Al tempo, le gabelle appartenenti al feudo di Rivioti ricadenti in territorio di Policastro, risultano elencate tra le “Intrate del Feudo de Rivioti” (duc. 149.4.0) menzionate nel relevio fatto nel 1526 da Galeotto Carrafa dopo la morte di suo zio Andrea: “Inprimis lo herbaggio duc. 100.0.0, Item la gabella de Mangia cardone duc. 8.0.0, Item la gabella de Andreolo duc. 6.1.0, Item la gabella de Forgiona duc. 3.0.0, Item la gabella deli porcili duc. 6.3.10, Item la gabella de Furistella duc. 2.3.0, Item la gabella de Manica longa duc. 1.2.10, Item la gabella de Sberno duc. 4.0.10, Item li censuali de ipso Feudo duc. 1.3.10, Item le case de ipso Feudo duc. 4.0.0, Item la gabella de Piccicatena duc. 6.0.0, Item la gabella de lo Agrillo, et de San Francisco duc. 6.0.0.”[xxvii] Nella stessa occasione i pesi relativi erano rappresentati da un annuo censo di duc. 6.2.1 che il feudatario pagava “ad eccl(esiast)ici per alcuni pezi de Terra”.[xxviii]

Petilia Policastro (KR), cappella di San Giuseppe nella chiesa dell’Annunziata. Arme della famiglia Campitelli.

 

Rivioti di Mesoraca e Rivioti di Policastro

Se la sezione del feudo di Rivioti situata in territorio di Mesoraca, rimase a lungo un possesso dei Campitelli, quella situata in territorio di Policastro, invece, a cominciare dalla seconda metà del Cinquecento seguì le vicende feudali di questa terra.

Per quanto riguarda la prima sezione, a Giovanbattista Campitelli, morto il 26 gennaio 1561, successe il figlio Giovanni Maria, che la detenne fino alla sua morte avvenuta il 28 luglio 1574. Seguì il figlio Giovanbattista ed alla sua morte avvenuta nel 1607, i beni feudali costituiti dalle due terre di Melissa e Strongoli e dai feudi rustici di Aprigliano e Rivioti passarono al figlio Annibale.[xxix] Morto nel 1624 il principe di Strongoli Annibale Campitelli,[xxx] successe il fratello Francesco che ereditò i beni feudali di Strongoli, Melissa, Briglianello e Rivioti. Quest’ultimo fu tassato per una rendita annua di 330 ducati.[xxxi] Poco prima della metà del Seicento, Francesco Campitelli vendeva la sua sezione del feudo di Rivioti in Mesoraca a Sigismondo di Bona (1645).

Le vicende della sezione del feudo di Rivioti appartenente al territorio di Policastro, risentirono invece, degli avvenimenti che riguardarono questo feudo nella seconda metà del secolo, quando Policastro, dopo essere stata in possesso dei conti di Santa Severina, prima Andrea Carrafa e poi il nipote Galeotto, fu messa all’asta e acquistata dal barone di Sellia, Giovan Battista Sersale (1564). In questa occasione l’università di Policastro ricorse al vicerè, chiedendo di essere preferita e di essere immessa in regio demanio, e con “l’opra ed il patrocinio del Cardinale S. Severina”, l’arcivescovo Giulio Antonio Santoro, riuscì ad ottenere questa condizione. L’accordo fu perfezionato nel 1568, quando Policastro divenne terra regia. L’università sborsò al Sersale ducati 22.000, cioè il prezzo da costui pagato, la Regia Corte si riservò “la giurisdizione et dominio dei vassalli”, mentre l’università di Policastro vendette per ducati 16000 ad Isabella Caracciolo, duchessa di Castrovillari, i beni feudali che aveva acquistato tra i quali Rivioti.[xxxii]

Nell’occasione della vendita furono stipulati tra la feudataria e l’università di Policastro alcuni patti, che saranno ripresi e riconosciuti anche in seguito, quando i feudi di Policastro e di Rivioti passeranno in mano ad altri feudatari.

Così nei privilegi concessi agli abitanti di Policastro da Giovan Battista Filomarino, principe di Roccadaspro, al momento che, nel 1711, acquistava da Carlo Caracciolo le terre di Cotronei e Policastro, vi è: “che sia lecito à Cittadini di questà Città dalla prima di Maggio sino al p.mo di Settembre, e non d’altro tempo, poter pascere con lo loro Bestiame nel Feudo detto Rivioti, e che nel medesimo possano passare per adacquare o per andare a pascere in altri Territorii Comuni, e Contigui, e specialmente in quello del Casale delli Cotronei, e che possono in detto feudo allignare d’ogni sorta di legname o secca, o verde che sia, purchè non sia fruttifera, a li dannificati siano tenuti di pena pagare solamente due Carlini per Padrone al Baglivo, o altro officiale, e tornesi cinque per ciascheduna Bestia grossa; e Carlini due per ogni Gregge di Bestiame minuto, o vero il danno ad’elezzione del Padrone di detto feudo, e ciò secondo li Patti Convenuti nella Vendita fe questa Università del med.mo feudo alla sudetta Duchessa, e di più ex speciali grazia li fusse concesso in Caso di danno in detto Feudo, che l’Animali dannificanti si abbiano da portar Carcerati nel Palo di questa predetta Città, e non in quello delli Cotronei.” [xxxiii]

I cittadini di Policastro cercarono di far valere i loro diritti su Rivioti anche al tempo della abolizione dei feudi e della formazione del demanio civico di Cotronei. Infatti nell’ordinanza del commissario Angelo Masci del 12 aprile 1811, vi è un esplicito richiamo alle richieste del Comune di Policastro, “da sperimentarsi nei tribunali competenti per gli usi che crede di spettargli”, ma sempre in quell’occasione fu riconosciuto che i cittadini di Cotronei avevano il diritto di pascolare dal dì 8 giugno al dì 8 settembre, e di legnare a legna morte in tutti i tempi sul demanio ex feudale di Rivioti, appartenente al principe Filomarino, che fu valutato dell’estensione di circa 700 tomolate. Il commissario concesse un quarto dell’ex feudo, dell’estensione di circa 170 tomolate, al comune di Cotronei.[xxxiv] Dalla descrizione della parte assegnata al comune di Cotronei si evidenzia che il luogo, in gran parte collinoso, era coperto da querce e confinava con il “Piano di Mezzo” dell’ex feudatario,[xxxv] con l’oliveto dell’ex feudatario, con il fiume Tacina e con il demanio Liffi del comune di Cotronei.[xxxvi]

Arme della famiglia Filomarini: “di verde a tre bande di rosso filettate d’argento” (www.bibliotecaestense.beniculturali.it).

 

Feudatari e suffeudatari

La parte di feudo di Rivioti che faceva parte di Policastro, dopo essere stata ceduta da quella università alla duchessa di Castrovillari Isabella Caracciolo, fu venduta da questa a Giovanni Francesco Morano, figlio di Lucantonio, e barone di Cotronei. In seguito appartenne ai baroni di Cotronei.[xxxvii] Essa compare nel relevio presentato il 12 settembre 1576 da Fabrizio Morano, figlio ed erede di Giovanni Francesco, in quello presentato il 6 aprile 1588 da Aurea Morano[xxxviii] sorella di Fabrizio,[xxxix] in quello del 15 novembre 1632 di Orazio Sersale, quindi passò a Francesco Sersale,[xl] a Fabio Caracciolo, a Carlo Caracciolo a Giovanni Battista Filomarino e da ultimo, al suo nipote omonimo.[xli]

Risale al tempo di Orazio Sersale, un contratto di affitto riguardante l’affitto del feudo di Cotronei e le parti del feudo di Rivioti ricadenti in questo territorio. Il 21 agosto 1634, in Cotronei, il cap.o Fran.co Valasco, procuratore generale delll’Ill.mo D.no D. Berardino Montalvo marchese di San Giuliano, locotenente della Reg.a Camera della Summaria, balio e tutore di D. Horatio Sersalis, “Baronis Cotroneorum”, affittava per ducati 1750 il casale di Cotronei al D.no Alterio Capisciolto della città di Cosenza. Detto affitto si stipulava per due anni, iniziando dal primo di settembre prossimo entrante, per finire all’ultimo di agosto del 1636, prorogabile di un altro anno con scadenza ad agosto 1637, “et sic prout tenuit et possidet” la q.m D.na Auria Morana. Nell’affitto figurava “In primis il feudo di rivioti”, “piano di mezo, nucelletto, et oliveto”, oltre “il feudo di Sberno, Manica longa, et la perrocca”, ma rimanevano esclusi “li subfeudi di policastro”, che non rientravano in detto affitto.[xlii]

Tale consistenza del feudo risulta confermata al tempo in cui Policastro e Cotronei furono acquistate dal principe di Roccadaspro (1711): “Feudo di Rivitti (sic), sito nel terr.o della T(er)ra di Cutronei Cons.te nelli infr(ascript)i Corpi Rivitti (sic), e Minica longa, Sberno, e Forastella, seu Perrocca con l’olive, giardino. E grotti sistenti in detto feudo di Rivioli (sic).”[xliii]

 

Dai de Bona agli Oliverio

Durante tutto questo periodo, il feudo di Rivioti, sia la sezione ricadente in territorio di Policastro, che quella posta in territorio di Mesoraca, con i corpi “Porto et Fangella”,[xliv] fu più volte concesso, affittato o venduto con il patto di ricompra a diversi altri feudatari, tra i quali spiccano le famiglie de Bona e gli Oliverio, veri e propri suffeudatari di Rivioti.

Così troviamo feudatari di Rivioti dapprima Sigismondo de Bona di Cutro (1645),[xlv] che compera la sezione di Mesoraca da Francesco Campitelli,[xlvi] nel 1651 Giov. Domenico di Bona[xlvii] possedeva il feudo di “Rivioti, alias Ipeto (sic) sito in territorio di Policastro, et Misuraca”,[xlviii] nel 1676 Fabio Caracciolo,[xlix] nel 1686 Pietro Marincola,[l] nel 1687 Sigismondo di Bona,[li] nel 1691 e nel 1693 Livia di Bona,[lii] la quale nel 1718 lo cede a Giacinto de Bona.[liii] Al tempo del Mannarino era della nobile famiglia Cerasari.[liv]

In seguito passò a Giuseppe Antonio Oliverio, barone di Crepacore e Rivioti, il quale ebbe il primo per acquisto da Giovan Battista Filomarino ed il secondo per successione della baronessa Livia de Bona, sua madre, morta il giorno 8 febbraio 1736. Alla morte di Giuseppe Antonio Oliverio, avvenuta il 29 agosto 1765, il feudo passò poi al figlio Cesare. Durante il Settecento il bosco fu ridotto; furono estese le terre dedicate alla semina (lino, grano) e all’olivo.[lv]

 

Note

[i] “Rivioti”, IGM Petilia Policastro Foglio 237-II N.O. della Carta d’Italia 1:25000. “R. Rivioti”, F.o 237 “S. Giovanni in Fiore” 1:100.000 (1927). “Rivioti”, Carta dell’Ing. Giorgio de Vincentiis (1889).

[ii] IGM Marcedusa Foglio 237-II S.E. della Carta d’Italia 1:25000.

[iii] Gennaio 1218, [Mesoraca], “Rogerius de Rotto” (sic). Pratesi A., Carte Latine di Abbazie Calabresi provenienti dall’Archivio Aldobrandini, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1958, pp. 267-269. Febbraio 1218, [Mesoraca], “Petrus de Rotto” (sic). Ibidem, pp. 269-271. Settembre 1222, “Tancredus de Ruuotto” (sic). Ibidem, pp. 309-312. Settembre 1228, [Petilia Policastro], “Tranchedus de Rubioto” (sic), Ibidem, pp. 360-361.

[iv] ACA, Cancillería, Reg. 2907, ff. 24r-25v.

[v] Pratesi A., Carte Latine di Abbazie Calabresi provenienti dall’Archivio Aldobrandini, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1958, p. 452, n. 236.

[vi] Pratesi A., Carte Latine di Abbazie Calabresi provenienti dall’Archivio Aldobrandini, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1958, p. 452, n. 235.

[vii] De Leo P. (a cura di), Documenti Florensi 2001, pp. 61-62.

[viii] Pratesi A., Carte Latine di Abbazie Calabresi provenienti dall’Archivio Aldobrandini, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1958, p. 450, n. 225.

[ix] “Thomasius de Girardo” sottoscrive un atto del 9 aprile 1334 stipulato in Mesoraca (Caridi G., Ricerche sul Monastero di S. Angelo de Frigillo e il suo Territorio, in “Archivio Storico per la Sicilia Orientale”, LXXVII (1981), pp. 345-383 ed in Agricoltura e Pastorizia in Calabria, Laruffa Ed. 1989, p. 67-68), mentre la “vineam heredum quondam Iacobi de Girardo” è menzionata in un atto del 10 marzo 1362 stipulato in Mesoraca (Brasacchio G., Storia Economica della Calabria II, pp. 347-348; Pratesi A., Carte Latine di Abbazie Calabresi provenienti dall’Archivio Aldobrandini, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1958, p. 457 n. 269).

[x] “Terre à le cuducini che foro del q.m Bernabo de girardis … salmate 5, metà aratorie e meta boscose, per le quali boscose si pone per meta …”. “La possessione fù del q.m Barnabo postea franco seu molonico data a m.ro giovanni cocu vita durante per d. octo l’anno di censo …”. AASS, 007A.

[xi] Sisca D., Petilia Policastro, 1964, p. 85 che cita: “Reg. Ang. fol. 82 t. e 87 t.. La fonte dei Registri Angioini è riportata anche dal Sicola con i medesimi numeri (V. Reg. 1306 I pag. 200).” Il toponimo è ricordato anche dal Mannarino che a proposito del feudo di Rivioti afferma: “il quale ne’ Reggii libri pur già sta scritto de hypato del suo Greco ΙΠΑΤO, che vuol dir de Console, o del Maestro de’ Cavalieri forse l’istesso di San Nicolò.” Al margine: “Archivi Reg. B. fol. 157 Regno del Re Alfonzo”. Mannarino F. A., Cronica della Celebre ed Antica Petilia detta oggi Policastro, 1721-1723, f. 84. La sua derivazione onomastica sembra confermata da alcuni documenti. “Matthaeus de Hypato” risulta tra coloro che sottoscrissero un atto del 1159 (a.m. 6667) stipulato a Crotone (Trinchera F., Syllabus Graecarum membranarum, 1865, pp. 206-207 n. CLVI), mentre la sottoscrizione di “domini Guidonis de Lepato” (sic) si ritrova in un atto del gennaio 1223, riguardante una controversia affrontata dai giustizieri imperiali “in Psychro” (De Leo P. (a cura di), Documenti Florensi 2001, pp. 109-112). Lo stesso “Guidonem de Ypato de Fillino”, compare tra le carte dell’abazia di Sant’Angelo de Frigillo, in un atto del giugno 1248 sottoscritto da “Guillelmus de Ypato” (Pratesi A., Carte Latine di Abbazie Calabresi provenienti dall’Archivio Aldobrandini, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1958, pp. 415-417).

[xii] “Feudo disabitato sito in territorio di Catanzaro detto anche Ypato o San Pietro.” Pellicano Castagna M., Storia dei Feudi e dei Titoli Nobiliari della Calabria II, 1996. p. 354. “Abbate de Santo Lonardo, possessore del feudo d’ypate sito in Catanzaro” (1526). ASN, Regia Camera Sommaria, Segreteria, Inventario.

[xiii] 4 giugno 1453. La “illustris domine Margarite de Pictavia Marchionisse Cutroni”, possedeva il “… pheudum nominatum de Ypato situm et positum in tenimento Tacine et aliorum locorum provincie Calabrie …”. Fonti Aragonesi II, p. 207.

[xiv] Caridi G., Ricerche sul Monastero di S. Angelo de Frigillo e il suo Territorio, in “Archivio Storico per la Sicilia Orientale”, LXXVII (1981), pp. 345-383. Caridi G., Agricoltura e Pastorizia in Calabria, 1989, pp. 61-62).

[xv] “nel luglio del 1330 quando tre milites (cavalieri) con un esercito di 500 uomini occuparono Policastro, ne scacciarono i funzionari del Ruffo e di là mossero alla conquista di Roccabernarda e di Misuraca.” Sisca D., Petilia Policastro, 1964, p. 86 che cita: “Reg. Ang. n. 282 e 53 t. 53 – 11 luglio 1330. I tre cavalieri erano: Rogerius de Rivioto, il figlio Nicola e Giordano del medesimo casato.” “Un anno dopo il conte Giovanni (Ruffo) dona al cavaliere Ruggiero di Stella (sic) i feudi di Policastro”. Sisca D., Petilia Policastro, 1964, p. 87 che cita: “Reg. Ang. 1331-1332 A fol. 31.

[xvi] ACA, Cancillería, Reg. 2906, ff. 137v-138r.

[xvii] ACA, Cancillería, Reg. 2907, ff. 24r-25v.

[xviii] “Romani de Parisio de terra Mesurace, lictera investitura feudi nominati de Monasse de Alicandro, siti in terra Mesurace, in quo succedit morte quondam Gilie de Rimote, (sic) matris sue, taxata tarenos XII (Fonti Aragonesi III, p. 4). “Romano Parise di Mesoraca e la madre Virginia Ruoto (sic) di Policastro si impossessarono del feudo “Oliandro” nel territorio policastrese (Sisca D., Petilia Policastro, 1964 rist. 1996, p. 115, il quale cita: Curiae II, anno 1452 fol. 244t.; Magni Sigilli lib. Introito ducis Magni fol. 398 et 481).

[xix] “Riccardus de Riviotum” compare tra i testi che il 14 agosto 1385, nel castello di Policastro, sottoscrissero il testamento del “nobilis et Egregii viri Simeonis de Bondelmontibus de flor.a”. (www.archiviodistato.firenze.it).

[xx] ACA, Cancillería, Reg. 2907, ff. 30v-32r.

[xxi] “Sotto il Re Stanislao (sic) del mille quattrocento, ed octo, notasi una Provisione al Capitano di Policastro, e Mesuraca per far dissocupare gli Terreni occupati indifferentemente da’ Mesurachesi e Policastresi in pregiudizio del suo feudo di Rivioti, e del feudatario Santo de’ Tirolis.” Mannarino F. A., Cronica della Celebre ed Antica Petilia detta oggi Policastro, 1721-1723, f. 99.

[xxii] “Item che la dicta ma.ta ne conceda questa gracia in la d(ic)ta Terra nce have una defesa la quale tene bartholo sersale rebello de ma.ta predicta, che sia liberata ala d(ic)ta universita de omne tempo la quale si chiama rivioti, la quale ey dent.o lo tenimento de pulicastro et Antechamente fo dela corte. Placet Regie ma.ti in tanto se reduxerit dictus bartholus ad obedientiam et fidelitatem suam infra mensem unum. (…) Item peteno che posseno Andare franchi ad pascere lo loro bestiame ad Rivioto cossi como era solito. Placet Regie ma.ti quod possit pascere pro ut solito fuerit.” ACA, Cancillería, Reg. 2904, f. 184v e 185v.

[xxiii] Oliveti L., Istruttoria demaniale cit., p. 11

[xxiv] Pellicano Castagna M., La storia dei feudi e dei titoli nobiliari della Calabria, Vol. IV, 2003, p. 224.

[xxv] Sottoscrivono l’atto il mag.cus dominus Federicus Santa Fides, il magnificus dominus Loysius Brancatius e il magnificus Ludovicus Angerianus U.J.d., tutti di Napoli, il dominus Marcus Antonius Magnus de Ferrara, il venerabilis presbiter Ubertinus Fasanella de Urbimano, il Presbiter Nicolaus Antonius Baccarus canonico, il Presbiter Nicolaus Fran.cus Condopulos canonico, tutti di Santa Severina, e il Nobilis Joannes Bap.ta Stricagnolus di Crotone.

[xxvi] ASN, Fondo Ferrara Pignatelli di Strongoli, Prima Parte n.o Busta 51. Il documento è segnalato in Mazzoleni J., Fonti per la Storia della Calabria nel Viceregno (1503-1734) esistenti nell’Archivio di Stato di Napoli, p. 377.

[xxvii] ASN, Regia Camera della Sommaria. Materia Feudale. Relevi – Inventario. Vol. 346, fascicolo 32, f. 356v.

[xxviii] “Pesi ordinarii in dicto Contato de s.ta severina (…) Item Il Feudo supradicto de Rivioti paga per annuo censo ad eccl(esiast)ici per alcuni pezi de Terra in tutto duc. 6.2.1.” ASN, Regia Camera della Sommaria. Materia Feudale. Relevi – Inventario. Vol. 346, fascicolo 32., f. 357v.

[xxix] Pellicano Castagna M., La storia dei feudi e dei titoli nobiliari della Calabria, 1984, Vol. I, pp. 119-120.

[xxx] Ad Annibale Campitello morto il 27 gennaio 1624 successe il fratello Francesco Campitello. “li feudi di Apriglianello et Rivioti per esserno quelli cioè il feudo di Briglianello in territorio di Cutrone et lo feudo di Rivioti in territorio di Policastro ma quelli feudi ver.o li suole affittare il med.mo Principe ad certi particolari et non l’essigono ne l’erarii di Strongoli ne di Melissa.” Inform.e del Relevio di D. Fran.co Campitello Principe di Strongoli per morte d’Anniballe suo fratello sequita a 27 di gennaro 1624. ASN, Relevi Vol. 383, Fs. 29.

[xxxi] ASN, Relevi Vol. 362, inc. 8, f. 297.

[xxxii] Sisca D., Petilia Policastro, Rist. 1996, p. 354. “In merito ad una contestazione del territorio di Rivioti, si chiariva che esso un tempo fu suffeudo della Terra di Policastro. Ma perchè detta Terra si ridusse al R. Demanio, “stante che quella ad istanza dei creditori del qm. Galeotto Carafa olim conte di Santa Severina, utile signore di Policastro, fu subastata e ad estinto di candela restò al M.co Giovan Battista Sersale barone della Sellia come ultimo licitatore, contro il quale detta Università ottenne il detto R. Demanio”, per avere i denari da restituire al Barone, i cittadini alienarono in favore dell’Ill.ma Isabella Caracciolo (maritata Spinelli), Duchessa di Castrovillari, le entrate baronali della loro Terra e fra gli altri cespiti fecero cessione del suddetto feudo di Rivioti, sito nel loro territorio. La Duchessa, dopo, l’anno 1570, lo vendette libero a Giovan Francesco Morano, al quale successe Fabrizio e a costui, la sorella Aurea.” Maone P., Notizie storiche su Cotronei, in Historica n. 2/1972, p. 102. L’alienazione di Rivioti da parte dell’università è ricordata anche dal Mannarino: “Similmente l’olivaro, e Rivioti distrutti più volte, non che da’ Saraceni della Rocca; ma dalle nemicizie, e Guerre Civili, si disabitorno affatto; ed il miserissimo avanzo de’ Paisani andorno a Popolare altri luoghi, onde restita la Giurdizione senza Vassalli alla Città, furno alienati, come si disse dalla Università in varie emergenze.” Mannarino F. A., Cronica della Celebre ed Antica Petilia detta oggi Policastro, 1721-1723, f. 93.

[xxxiii] Mannarino F. A., Cronica della Celebre ed Antica Petilia detta oggi Policastro, 1721-1723, ff. 21-21v.

[xxxiv] Oliveti L., Istruttoria Demaniale per l’accertamento, la verifica e la sistemazione del demanio civico comunale di Cotronei 1997, pp. 11-12.

[xxxv] “Piano di Mezzo del suddetto ex Barone. Il suo limite comincia dalla parte di scirocco dal fiume Tacina (…) demanio comunale appellato Bisciglietto, col quale confina dalla parte di tramontana, da oriente confina con l’oliveto detto Rivioti di esso ex Barone, e da ponente con l’istesso fondo diviso e restato allo stesso proprietario ex Barone.” Oliveti L., Istruttoria Demaniale per l’accertamento, la verifica e la sistemazione del demanio civico comunale di Cotronei 1997, p. 14.

[xxxvi] “Rivioti dell’ex Barone Principe Filomarino. (…) comincia dalla parte di scirocco dal fiume Tacina (…) va a finire nel termine del demanio nominato Liffi di detto Comune di Cotronei dalla parte di tramontana; da ponente confina con l’oliveto del suddetto ex Barone Principe Filomarini e da levante con lo stesso fondo Rivioti rimasto al detto Principe (…).” Oliveti L., Istruttoria Demaniale per l’accertamento, la verifica e la sistemazione del demanio civico comunale di Cotronei 1997, p. 14.

[xxxvii] “Fabritio Morano barone di Cotronei, Rivioti et Carficzi per lo pascolo de suoi animali in detti lochi” (1579-1581). “Barone di Melissa con baronessa di Cotronei, per la relassatione del feudo de revioti, sito in Policastro” (1588-1589). “Barone di Melissa, che li restituiscano l’esatti dal feudo de Rivioti, quale steva sequestrato dalla Regia Corte” (1588-1589). ASN, Reg. Camera della Sommaria, Segreteria, Inventario.

[xxxviii] “D. Aurea Morano, baronessa «degli Cotronei e di Scalfizzi», morì all’improvviso nella sua terra di Cotronei il primo giugno del 1630 e apprendiamo altresì che il suo corpo fu sepolto nella chiesa di S. Maria della Spina (in Policastro) dove stava la sua cappella. Si sa ancora che il Relevio fu presentato alla R. Camera il 28 marzo 1631 da tal Francesco Greco, procuratore nominato dall’Ill.mo Marchese di S. Giuliano, “balio e tutore di D. Horatio Sersale pronepote et herede universale della qm D. Auria Morano olim padrona delle terre di Cotronei e di Scarfizzi, pervenute alla defunta l’anno 1585 per morte di D. Fabrizio Morano, suo fratello.” Le entrate feudali di Cotronei sono quelle derivanti dai seguenti corpi: Feudo di Rivioti – Piano di Mezzo – Nocilletto – Gabella di Sberno – Manica Longa – Gabella detta Perrocca (…). Quali beni di Policastro (…) vennero annotati: Bagliva – Mastrodattia – Portulania – Feudo di Errico – Vignali di Forgina – Feudo delli Copati – Feudo di Andrioli – Gabella seu territorio di Mangiacardone – Gabella seu territorio di Mostaccio – Gabella seu territorio di Pellecchia – Vigna della Corte – Censi debiti a detti feudi – Castagneto della Corte – Palazzo della Corte – Gabella seu territorio di Pizzicatina – Serra – Vignale di Coco – Gabella degli Saliti – Valli delli Porcili – Feudo soprano di Andreoli – Vignale della Carcara – Feudo di Errico sottano. D. Aurea Morano, dall’anno 1627 a tutt’agosto 1631, aveva fittato tutti i suddetti feudi ad Alfonso Campitelli della Terra di Policastro per ducati 700 all’anno dichiarando che nell’affitto erano inclusi alcuni corpi burgensatici, propri di essa D. Aurea.” Maone P., Notizie storiche su Cotronei, Historica n. 2/1972, pp. 104-105.

Nel 1625 Aurea Morano aveva comprato i corpi feudali di Policastro che erano appartenuti all’Abbate Gaspare Venturi, a cui erano stati sequestrati per debito verso il Fisco. “I corpi feudali esposti in vendita per duc. 12.000 erano i seguenti: Bagliva – Mastrodattia – Portulania – Feudo di Errico – Feudo di Copati – Feudo di Andrioli – Gabella seu territorio di Mangiacardone – Gabella seu territorio di Mostaccio – Territorio di Pellecchia – Vigne della Corte – Censi dovuti per detti feudi, Castagne (= Castagni) della Corte – Palazzo della corte diruto – Gabella del Salito – Gabella di Pizzicatina.” Maone P., Notizie storiche su Cotronei, Historica n. 2/1972, p. 107.

[xxxix] “A Fabrizio Morano, nell’anno 1585, succedette D. Aurea o Auria Morano, sua sorella, che denunziò la sua morte e pagò il Relevio per i feudi o casali di Cotronei, “Scalfizzi” e per il feudo rustico di Rivioti, sito, quest’ultimo, in territorio di Policastro.” Maone P., Notizie storiche su Cotronei in Historica n. 1/1972, p. 31.

[xl] 3 giugno 1655. Joannes Angelus Gangario della terra di Cotronei, procuratore dell’Ill. D. Francisco Sersalis duca di Belcastro, vendeva a Fabritus Rattà di Policastro l’annuo censo di ducati 63 per un capitale di ducati 700 sopra le entrate di alcuni suoi beni stabili “feudalia”, tra cui il feudo chiamato di “rivioti” di circa 70 salmate posto in territorio di Cotronei, confine il “flumen tacinae”, il “vallone de turbido” ed altri fini. ASCZ, Notaio Cerantonio F., Busta 196 prot. 880, ff. 78v-83v.

[xli] Pellicano Castagna M., Storia dei feudi e dei titoli nobiliari della Calabria II, 1996, pp. 181-183.

[xlii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciaro, Busta 80 prot. 301, ff. 124v-128.

[xliii] ASN, Fondo Notai del Seicento, Notaio Giuseppe de Vivo, scheda 714 prot. 18.

[xliv] “Detio Perrone, possessore del feudo de Reivati (sic) alias Porto et Fangella seu il Magazino del Tesoriero, non sia molestato per il pagamento del giornale dal possessore della terra di Mesuraca” 1609-1610. ASN, Regia Camera della Sommaria, Segreteria, Inventario. In relazione, attualmente sussistono i toponimi “Diporto” e “C. Diporto” (IGM Marcedusa Foglio 237-II S.E. della Carta d’Italia 1:25000).

[xlv] Il 16 gennaio 1647 in Crotone, compare Joannes Antonio Protentino procuratore di Sigismondo de Bona di Cutro, relativamente alla pretesa della Mensa Arcivescovile di Santa Severina, riguardante il pagamento della decima nel suo feudo di Rivioti. AASS, 030A ff. 38-39.

[xlvi] “Rivioti” “seu Porto Affanzalla”. Feudatario (1645): “Francesco Campitelli principe di Strongoli”. ASN, Refute dei R. Quinternioni, Volume 197 ff. 129-32. Mazzoleni J. Fonti per la Storia della Calabria nel Viceregno (1503-1734) Esistenti nell’Archivio di Stato di Napoli, p. 260 e nota 317.

[xlvii] “Riccioti” (sic) “Alias Porta seu Magazeno in tenimento di Policastro e Mesoraca”, Feudatario (1651): “Giov. Domenico di Bona”. ASN, Relevi ed Informazioni, Volume 424, fascicolo 2. Mazzoleni J. Fonti per la Storia della Calabria nel Viceregno (1503-1734) Esistenti nell’Archivio di Stato di Napoli, p. 227 e nota n. 179.

[xlviii] “Gio Domenico de Bona per la tassa del feudo di Rivioti, alias Ipeto sito in territorio di Policastro, et Misuraca deve di adoho per anno duc. 9.3.2 ordinata continuarsi, et esiggersi in futurum dalli 9 di Novembre 1645 avanti, con decreto delli 11 di Gennaro 1651 ut in Cedulario fol. 143 ann. d. 9.3.2, Assignati alla Regia Corte d. 9.3.2, Assignati a Consignatarij d. -.” Nova Situatione De Pagamenti Fiscali de carlini 42 a foco delle Provincie del Regno di Napoli, et Adohi de Baroni, e Feudatarij, Napoli 1670, p. 356.

[xlix] “Riccioti” (sic). Feudatario: “Fabio Caracciolo” (1676). ASN, Relevi ed Informazioni, Volume 392, fascicolo 2. Mazzoleni J. Fonti per la Storia della Calabria nel Viceregno (1503-1734) Esistenti nell’Archivio di Stato di Napoli, p. 227.

[l] “Riccioti” (sic). Feudatario (1686): “Pietro Mariscola” (sic). ASN, Relevi ed Informazioni, Volume 370, fascicolo 1. Mazzoleni J. Fonti per la Storia della Calabria nel Viceregno (1503-1734) Esistenti nell’Archivio di Stato di Napoli, p. 228. “Riporto” (sic). Feudatario (1686): “Pietro Mariscola” (sic). ASN, Relevi ed Informazioni, Volume 370, fascicolo 1. Mazzoleni J. Fonti per la Storia della Calabria nel Viceregno (1503-1734) Esistenti nell’Archivio di Stato di Napoli, p. 228.

[li] “Riccioti” (sic). Feudatario (1687): “Sigismondo di Bona”. ASN, Relevi ed Informazioni, Volume 391, fascicolo 5. Mazzoleni J. Fonti per la Storia della Calabria nel Viceregno (1503-1734) Esistenti nell’Archivio di Stato di Napoli, p. 228. “Riporto” (sic). Feudatario (1687): “Sigismondo di Bona”. ASN, Relevi ed Informazioni, Volume 391, fascicolo 5. Mazzoleni J. Fonti per la Storia della Calabria nel Viceregno (1503-1734) Esistenti nell’Archivio di Stato di Napoli, p. 228.

[lii] “Rivioti” (Rescissione del contratto di vendita). Feudatario (1691): “Livia di Bona”. ASN, Relevi ed Informazioni, Volume 367, fascicolo 11. Mazzoleni J. Fonti per la Storia della Calabria nel Viceregno (1503-1734) Esistenti nell’Archivio di Stato di Napoli, p. 228. “Porto Affanzalla” (“seu Rivioti”). Feudatario (1693): “Licia di Bona” (sic). ASN, Refute dei R. Quinternioni, Volume 206, ff. 331-336. Mazzoleni J. Fonti per la Storia della Calabria nel Viceregno (1503-1734) Esistenti nell’Archivio di Stato di Napoli, p. 260 e nota n. 312. “Rivioti”. Feudatario (1693): “Livia di Bona” (1693). ASN, Refute dei R. Quinternioni, Volume 206, ff. 331-336. Mazzoleni J. Fonti per la Storia della Calabria nel Viceregno (1503-1734) Esistenti nell’Archivio di Stato di Napoli, p. 260.

[liii] “Rivioti”. “Rinunzia del feudo di Rivioti fatta da Livia di Bona a Giacinto di Bona” (1718). ASN, R. Assensi di Calabria Ultra, Volume 353, folio 71, anno 1718. Mazzoleni J. Fonti per la Storia della Calabria nel Viceregno (1503-1734) Esistenti nell’Archivio di Stato di Napoli, p. 119. “Rivioti”. Feudatario (1718): “Eredi di Sigismondo de Bona”. ASN, Refute dei R. Quinternioni, Volume 215, ff. 39-44. Mazzoleni J. Fonti per la Storia della Calabria nel Viceregno (1503-1734) Esistenti nell’Archivio di Stato di Napoli, p. 260.

[liv] “Siccome quell’altro feudo chiamato Rivioti, tra il detto fiume di Tacina, e quello di Neto, della nobil famiglia Cerasari feudataria”. Mannarino F. A., Cronica della Celebre ed Antica Petilia detta oggi Policastro, 1721-1723, f. 84.

[lv] Pellicano Castagna M., Storia dei Feudi e dei Titoli Nobiliari della Calabria IV, 2003, pp. 226-227.


Creato il 20 Febbraio 2015. Ultima modifica: 21 Novembre 2019.

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