Notizie su alcuni luoghi religiosi in territorio di Cutro

Chiesa di Santa Maria dell’Umbro
Il 14 luglio 1650 i coniugi Giovanni Cuiello e Prudenza Foresta donavano ducati 50 ad Onofrio de Flore, procuratore della chiesa di S. Maria della Grazia , che nuovamente si era incominciata a costruire nel luogo detto l’Umbro (1). La chiesa conosciuta comunemente come Santa Maria dell’Umbro così è descritta dieci anni dopo nella visita dell’arcivescovo Francesco Falabella: “Chiesa dell’Umbro posta fuori della città dalla parte inferiore. Ha l’altare posto verso australe in cospetto della porta maggiore. Alla parete vi è una icona in seta dipinta con le immagini della B. V. M. e dei santi Filippo Neri e Leonardo. Il tetto è in parte scoperto e le pareti devono essere imbiancate ed il pavimento e le finestre rifatte” (2). La chiesa era situata sulla via verso Isola come risulta da un documento del 1673: “Chianette cioè la via della chiesa dell’Umbro che va verso l’Isola a parte dritta e limitata allo vallone del Cariglietto”. Esistente ancora nel Settecento. Nel 1726 il rettore della chiesa dell’Umbro compra un’annua rendita da Giuseppe de Bona e nel 1765 la Chiesa rurale di Santa Maria de Umbro, situata fuori dell’abitato, risulta annessa alla chiesa parrocchiale di S. Nicola e si mantiene a spese di quel parroco (3). Al tempo della Cassa Sacra, pur non avendo rendite ed essendo “molto patita nelle fabriche”, aveva un tetto con tegole ed il soffitto di tavole, segno che non era stata abbandonata dalla cura e dalle elemosine dei fedeli (4).

Chiesa di Santa Barbara
La chiesa di Santa Barbara era situata in città nel luogo detto “La Banda”. Aveva l’altare posto verso oriente ed alla parete vi era un quadro in tela con le immagini di Santa Barbara e San Leonardo. Aveva la sacristia ed era mantenuta dalle elemosine dei fedeli e da una piccola rendita proveniente dall’affitto di una casa. Nel 1660 ne era procuratore D. Onofrio Villirillo (5).
Esistente ancora nella seconda metà del Settecento così è descritta: “Chiesa di Santa Barbara Vergine e Martire è retta da un procuratore eletto dall’arcivescovo di Santa Severina, che ha la cura delle messe da celebrare (6).

Chiesa di Santo Blasio
La chiesa di Santo Blasio era situata in città nel luogo detto “Lo Timpone”, detto perciò anche “lo timpone di Santo Blasio” (7). Aveva altare ed alla parete vi era un quadro con le immagini della Beata Maria Vergine , Santo Blasio e San Hieronimo. Essa era mantenuta dalle offerte dei fedeli e nel 1660 ne era procuratore Nicola Maria Moschetta (8).
Alla metà del Settecento risulta “diruta e profanata” (9).

Chiesa di San Stefano Protomartire
Situata fuori le mura della città a circa un terzo di un miglio. Alla metà del Seicento era già in abbandono. Essa aveva l’altare denudato e l’icona corrosa e le mura dell’edificio minacciavano rovina nella parte destra (10).
Si sa di una donazione fatta nel 1723 dal frate Antonino Barbuto da Iatrinoli e che la chiesa possedeva solamente un piccolo giardinello. A metà Settecento risultava diruta e profanata (11).

Chiesa di S. Sebastiano
Alla metà del Seicento la chiesa è già in abbandono. Essa era situata fuori le mura della città. L’altare era spogliato e denudato e la parete dalla parte sinistra e l’altare erano diruti ed il tetto in alcune parte scoperchiato (12).

Chiesa di San Vittorio
Situata fuori le mura della città nella località omonima vicino al corso delle “Chianette”, aveva l’altare posto verso occidente ed alla parete c’era il quadro con le immagini della Beata Vergine Maria volgarmente detta della Vittoria e dei santi Vittorio e Leonardo. Vi era anche una statua raffigurante San Vittorio con alcune reliquie del santo. La chiesa era sotto la cura di un procuratore eletto dall’università di Cutro. Alla metà del Seicento aveva il tetto scoperto (13). Si sa di una donazione fattagli nel 1727 da Francesco Lazzo e che nella seconda metà del Settecento era ancora esistente e si manteneva con le elemosine dei fedeli e con delle piccole rendite provenienti dall’affitto di una casa e da un censo enfiteutico (14). Nei pressi della chiesa si svolgeva la fiera intitolata a San Vittorio. La fiera alla metà del Seicento iniziava quando il sabato precedente la prima domenica di luglio il governatore della città consegnava la bandiera al mastrogiurato. In seguito la data di svolgimento mutò. Alla fine del Seicento era nell’ultima domenica di luglio. Poi ritornò alla prima domenica, quindi all’inizio dell’Ottocento (1805) venne spostata alla terza domenica di luglio (15).

Chiesa di Santa Maria ad Nives o dei Martiri
La chiesa esiste già nel 1573 quando per volontà testamentaria di Pietro Foresta fu fondato il pio monte di maritaggi Foresta, dotato con le rendite delle due gabelle di Crasà e Ciaramida e del vignale dell’Umbro, terre lasciate dal testatore (16).
Nel gennaio 1656 il beneficio semplice, o rettorato, il cui frutto era di dieci ducati annui di iuspatronato della famiglia Foresta, essendo vacante per morte di Salvatore Foresta, è assegnato a Salvatore Albano, canonico della chiesa di Santa Severina (17).
La chiesa situata dentro le mura della città aveva sopra l’altare una icona dipinta su tela con le immagini della Beata Maria, San Giovanni Battista e Santa Caterina Vergine e Martire (18).
La chiesa ancora esistente alla metà del Settecento si reggeva su un beneficio sotto lo stesso titolo, fondato dalla famiglia Foresta, e vi era eretto un monte di maritaggi (19).

Chiesa di Santa Maria della Pietà
Dalla visita dell’arcivescovo Francesco Falabella fatta nel novembre 1660 sappiamo che la chiesa era posta in città in “convicinio” del luogo detto “Le Rughe Longhe” ed era di iuspatronato della famiglia De Mayda. L’altare era posto verso oriente ed alla parete c’era una piccola icona in tela con dipinta l’immagine di Santa Maria della Pietà. Era cappellano Marco de Mayda. La chiesa era in parte malmessa in quanto le pareti dovevano essere intonacate ed il pavimento riparato. Aveva il tetto coperto da tegole ed il sottotetto era ornato da un soffitto ligneo (20). Un’epigrafe situata sulla facciata sopra la porta maggiore ci informa che l’edificio fu ricostruito in forma migliore ed arricchito nel 1730 da Giovanni Gregorio de Mayda. Lo stesso vi fondò un monte di pietà di iuspatronato della famiglia De Mayda con l’annuo censo di ducati 15 per dotare una ragazza povera della famiglia da collocare in matrimonio (21). Amministrata da un cappellano eletto dal patrone, poteva contare sulle rendite provenienti da due capitali dati a censo, circa 30 ducati annui su un capitale di 400 ducati, con le quali doveva sostenere l’onere delle trenta messe annue in suffragio dell’anima di Antonio de Mayda. Alla metà del Settecento è sede della confraternita omonima (22). L’otto giugno 1776 il papa Pio VI concedeva che l’altare della chiesa filiale di S. Maria della Pietà fosse privilegiato il giovedì e sabato (23). La chiesa fu rovinata dal terremoto del 1832 e fu poi ricostruita in forma più elegante e più ampia nel 1839 da Ignazio de Mayda, a ricordo della storia della chiesa e della sua ricostruzione rimane l’iscrizione con stemma: “ECCLESIAM ISTAM AB ATAVIS FAMILIAE DE MAYDA JAMDIU CONSTRUCTAM/ ANTIQUITATE TEMPORIS PENE COLLABENTEM IN MELIOREM FORMAM REDEGIT/ AC PRO PAUPERCULIS MARITANDIS QUINDENOS ANNUOS NUMMOS AUREOS CONSTITUIT/ D. JOANNES GREGORIUS DE MAYDA ANNO MDCCXXX/ A TERRAEMOTU DENIQUE FUNDITUS AVERSUM ANNO MDCCCXXXIX/ IGNATIUS DE MARCHIONIBUS DE MAYDA EX BARONIBUS CIVITATIS BELLICASTRI EIUSQUE STATUS/ ET EX DOMINIS IERIAE STALETTI FEUDI CROMITI ET VIOLAE FEUDIQUE BUFFETTAE PATRICIUS TABERNENSIS”.

Chiesa di San Nicola de la Banda
Era una delle due chiese parrocchiali di Cutro. Essa era situata nel “loco dicto la Banda” e già esisteva all’inizio del Cinquecento. Nell’agosto 1538 Paolo III la concedeva al suo familiare Bartolomeo Musca, in quanto era vacante per morte del rettore Nicola Amoruso (24). Negli atti del sinodo di Santa Anastasia del 1634 per il rettore di S. Nicola della Banda, che deve versare una libra di cera all’arcivescovo di S. Severina, compare al suo posto il canonico Francesco Antonio Mancuso. Lo stesso Mancuso versa un’altra libra di cera come rettore del beneficio di San Gregorio situato nella stessa chiesa (25). Così è descritto l’edificio a metà del Seicento: La chiesa è posta nella parte orientale della città. L’altare maggiore è situato nella parete orientale in cospetto della porta maggiore. Sopra l’altare vi è una icona con dipinta su tela l’immagine di San Nicola vescovo di Mira. Vi sono gli altari di Santa Maria d’Idria, che è posto sul lato destro dell’altare maggiore che è di proprietà della chiesa e l’altare di San Rocco che è posto sul lato sinistro dell’altare maggiore. Vi sono la fonte battesimale, la sacristia, il coro e due campane. Era parroco Giuseppe Palmerio (26). Dopo il terremoto del 1744 la sua cura fu trasferita nella chiesa di San Giovanni Battista e dichiarata indipendente dall’arciprete, furono anche separati gli ambiti territoriali di giurisdizione.
Alla metà del Settecento la chiesa con il titolo di San Nicola Pontefice oltre all’altare maggiore aveva solo un altro altare sotto il titolo della BeataVergine della Consolazione (27). Era parroco Antonio de Flore ed alla sua morte avvenuta nel novembre 1756, seguiva Nicola Bonelli (28).
In seguito la parrocchia fu abolita ed i suoi beni, valutabili in una rendita annua di circa 110 ducati, furono incorporati alla collegiata dell’Annunziata (29). Dopo il terremoto del 1783 al tempo della Cassa Sacra non aveva alcuna rendita e l’edificio si presentava malmesso, avendo cinque vetrate rotte, la facciata staccata in alcune parti dalle mura laterali e la navata dalla parte sinistra scoperta (30).

Chiesa di San Giovanni Battista
Il 13 gennaio 1619 Paolo V concedeva alla confraternita di San Giovanni Battista, che aveva sede nella chiesa omonima, l’indulgenza nelle feste della nascita e morte del santo e nelle festività della Purificazione, Annunciazione e Assunzione della Vergine (31). Sappiamo che al tempo del sinodo di Santa Anastasia del 1634 nella chiesa vi erano eretti i due oratori di San Carlo e di San Gregorio e le due cappelle di San Giovanni Evangelista, detta dei Pagano, e di San Honofrio (32). L’arcivescovo Falabella nella “Visita” del 1660 la descrive come sede della confraternita omonima e situata nella piazza della città. Essa aveva l’altare maggiore posto nella parte orientale e sopra di esso alla parete vi era una icona rappresentante la Natività di San Giovanni Battista. Ai lati dell’altare vi erano le due statue di San Giovanni Battista e di San Giovanni Evangelista. Vi era poi la cappella di San Giovanni Evangelista, che era stata fondata da Andrea Pagano. Essa aveva l’altare ed un quadro raffigurante il SS.mo Crocifisso, San Giovanni Evangelista e Maria Maddalena. Vi erano poi quattro altari, dedicati: a San Pietro de Asserto che era di iuspatronato di Pietro Cizza ma era interdetto da circa quindici anni; a Sant’Antonio da Padova; a San Bartolomeo, che era stato eretto per devozione di Gio. Francesco Romanazzo ed era posto dietro la porta maggiore; a Sant’Isidoro con quadro di Sant’Isidoro, che era posto nella parte sinistra dell’altare maggiore nelle vicinanze della porta maggiore. Aveva anche la sacristia. Nella chiesa aveva sede anche l’oratorio congregazione dell’Assunzione. Esso era situato nella parte sinistra della chiesa e vi si accedeva per una scala. L’oratorio era ben disposto con i suoi sedili e con un altare decentemente ornato. Alla parete vi era anche un quadro con le immagini della SS.ma Assunzione e dei SS.mi Apostoli (33). Durante il Seicento e nei primi decenni del Settecento la confraternita fu protagonista di una intensa attività creditizia, di compra vendita di terreni e case (compra di un’annua rendita da Gio. Domenico Gaetano e moglie (1668), compra di una metà di casa da Laura Stella Quercio (1720), Compra di un casaleno da Nicola di Francesco ed Elisabetta Brizzi (1720), compra di un’annua rendita da Gio. Vittorio Mittica (1726) ecc.) e parte in numerose liti (contro Gio. Girolamo Ganguzza (1663), contro Gio, Girolamo Morrone (1663), contro Domenico Gaetano (1664), contro Antonio di Fiore ed altri (1664), contro Gio. Antonio Giustino di S. Mauro ( 1664), contro Giuseppe Pagano (1668), contro Gio. Domenico di Bona ed altri (1670), contro Gio. Girolamo Morrone (1670) ecc.). Alla metà del Settecento la chiesa filiale di S. Giovanni Battista era ancora sede della confraternita omonima, aveva sei altari, tra i quali quelli di Sant’Onofrio e della Madonna dei Sette Dolori, che parte appartenevano alla stessa chiesa, parte ai patroni (34) e vi era ancora eretto il beneficio semplice o cappellania dell’Assunzione, che era di iuspatronato della famiglia Morelli (35). In seguito divenne sede, fino alla sua abolizione, della parrocchia di San Nicola (36). Dopo il terremoto del 1783 in esecuzione del cosiddetto Piano del Marchese di Fuscaldo i beni della chiesa o congregazione di San Giovanni Battista e Purgatorio (37) furono incorporati nella collegiata. Priva di rendite e quasi completamente distrutta dal terremoto del 1832, la chiesa fu utilizzata in quell’anno come luogo di sepoltura per coloro che erano morti a causa del sisma. Nello stesso anno ed in quello successivo fu utilizzata come materiale da costruzione (38).

Chiesa di Santa Caterina Vergine e Martire
La chiesa è già esistente nella seconda metà del Cinquecento. Essa era sede di una confraternita ed aveva una cappella dedicata a San Tommaso. Tutto ciò lo si ricava dal testamento di Antonino Migale, rogato il 6 settembre 1577. Tra le disposizioni testamentarie il Migale così si esprime : ” lassa lo corpo suo alla R.da Ecc.a de Santa Caterini di Cutro perché ci è confrate, lassa la casa dove al presente habita la metà ad Santa Caterini preditta et laltra meta alla cappella de Santi Thomasi posta dentro preditta ecc.a di Sancta Caterini” (39). La presenza di una confraternita sotto il titolo della SS. Concezione è richiamata anche in una relazione compilata in quegli anni dall’arcivescovo Alfonso Pisani (40). Situata nella piazza pubblica (41) al tempo del sinodo di Santa Anastasia, nel 1634, oltre alla confraternita della SS. Concezione vi erano nella chiesa l’oratorio di S. Tommaso dei Migale e le cappelle dedicate ai Santi Crispino e Carlo ed a Santa Maria della Pietà (42). Così è descritta nella “Visita” dell’arcivescovo Falabella: La chiesa è gestita dalla confraternita. Ha l’altare maggiore posto nella parte australe. Sopra di esso vi è una statua in gesso raffigurante Santa Caterina, posta tra due colonne fatte con la stessa materia. Questo altare è situato sotto una volta decorata con le pitture dei miracoli e del martirio della santa. Vi sono diversi altari. L’altare di San Crispino con il quadro del santo alla parete è situato sul lato destro dell’altare maggiore ed è stato costruito per devozione degli scarpari e dei lavoratori delle pelli. L’altare di Santa Maria della Pietà è di iuspatronato della famiglia dei Guarino. Vi è un quadro alla parete con l’immagine di Gesù Cristo deposto dalla croce, la Beata Maria della Pietà, Santa Maddalena e Santa Lucia. La cappella della SS.ma Concezione con quadro omonimo ha l’altare posto a destra dell’altare maggiore. Vi è poi l’oratorio della congregazione eretto sotto il titolo della SS.ma Concezione che è posto nel lato sinistro sopra la menzionata cappella. Nell’oratorio si riuniscono i confratelli iscritti alla confraternita due volte alla settimana. Vi è l’altare ed alla parete un bel quadro con dipinto su tela l’immagine della Concezione. La chiesa è fornita di sacrestia ed il tetto è coperto da tegole; sotto c’è un soffitto di legno dipinto con vari colori e con le immagini degli apostoli e di altri santi (43). In seguito accanto alla chiesa fu costruito dalle fondamenta un ampio convento di monache, eretto e dotato per pia disposizione di Gio. Leonardo Quercia (44). Spiccava per la sua importanza all’interno della chiesa la cappella dedicata all’Immacolata Concezione, sede della confraternita omonima e particolarmente venerata dalla popolazione (45). La cappella darà il nome al monastero delle clarisse. La presenza del vicino monastero farà sì che la chiesa di Santa Caterina sarà conosciuta comunemente come la chiesa delle Monache (46). In seguito dopo la soppressione del monastero delle clarisse la chiesa risulta dedicata all’Immacolata Concezione (47).

Chiesa dell’Annunciazione
La chiesa, già esistente alla fine del Cinquecento, era sede della confraternita omonima. Questa sua antichità è provata da un atto notarile datato 26 luglio 1586 con il quale Cesare Nigro di Cutro, abitante in una casa sita “alla Banda”, fa testamento ed esprime il desiderio che i suoi eredi seppelliscano il suo corpo nella chiesa della “Santiss.a Nunciata di Cutro et vi le lassa uno tari” (48). La chiesa continuò ad esistere. Dagli atti del sinodo dell’arcivescovo Fausto Caffarello del 1634 sappiamo che in essa vi era la confraternita omonima, l’altare di San Omobono e l’oratorio di Santa Maria delle Grazie (49). Sempre in quell’anno la confraternita procedeva alla vendita di alcune case per estinguere un censo. Durante il Seicento la confraternita fu il centro maggiore dell’attività finanziaria e creditizia cutrese. Numerosissimi sono gli atti di donazione, compra – vendita, acquisto di rendite, di capitali, di case, di vignali, di concessioni enfiteutiche e di prestiti di capitali, le permute di case, casaleni, vignali, transazioni ed esazioni di censi ecc. nei quali è protagonista. Espressione del potere e del prestigio di cui gode nella città, è la chiesa che si presenta costruita con magnifiche fabbriche e dotata di buone rendite. In essa si festeggia il 26 luglio festa di Sant’Anna e vi si venerano le reliquie di San Filippo apostolo, di San Giacomo Apostolo, di San Vittorio e del Legno della Santa Croce (50). Amministrata da una confraternita laica e situata nella parte superiore della città fu danneggiata dal terremoto del 1659, che distrusse e squassò per buona parte il soffitto in tavole, sia del coro che dell’intero corpo della chiesa. Allora essa aveva l’altare maggiore posto ad oriente e sopra di esso si elevava la statua della Vergine annunziata dall’angelo. A destra dell’altare maggiore erano collocati gli altari dei santi apostoli Filippo e Giacomo, di S. Francesco di Paola, eretto dalla famiglia de Flore e con statua del santo, di Santa Lucia di iuspatronato della famiglia dei Siciliani e quadro con le immagini della Vergine e delle Sante Lucia e Caterina e quello degli apostoli Simone e Giuda, con quadro dei protettori. Sempre a destra dell’altare maggiore era situato l’oratorio della SS.ma Annunciazione, amministrato dalla confraternita, con tela della titolare alla parete. A sinistra dell’altare maggiore vi erano la cappella del SS. Crocifisso con le statue del SS.mo Crocifisso, della Vergine e di San Giovanni Evangelista e l’altare di San Michele Arcangelo, di iuspatronato della famiglia Terranova. Completava l’edificio la sacrestia, che si apriva a sinistra del coro, sopra il quale c’era l’organo, ed il campanile, che era fornito di tre campane. La chiesa fu restaurata e riparata dai danni del terremoto, come ordinato dall’arcivescovo Francesco Falabella, nella sua visita al luogo effettuata poco dopo il sisma (51). In una successiva relazione essa risulta edificata con magnifiche fabbriche e dotata di sufficienti rendite, gran parte delle quali provenienti dalla sua attività finanziaria e dalla pietà dei fedeli (52). Col passare del tempo la chiesa assunse un ruolo sempre più importante nella vita economica e politica della città, entrando di frequente in conflitto con le altre realtà. Il contrasto diveniva evidente soprattutto nelle manifestazioni pubbliche, specie nelle processioni (53). Segno di questo avanzamento è l’acquisizione dei titoli di matrice e collegiata, titolo quest’ultimo che dopo vari tentativi il clero di Cutro riuscì a concretizzare tra il 1732 e il 1733. Infatti all’inizio del 1733 per indulto apostolico della Santa Sede, ottenuto grazie all’interessamento dell’abate Fabio de Bona presso il papa Clemente XII, la chiesa matrice dell’Annunziata fu eretta in insigne collegiata con 20 canonici, tra i quali oltre alle dignità ci saranno i sette canonicati fondati sopra i beni di Giuseppe Locanto, il canonicato di Orazio Oliverio, i due canonicati fondati da Francesco e Bruno Lazzo e Gio. Vittorio d’Albo ed i tre canonicati di Francesco Lazzo. Lo stesso abate Di Bona, residente in Roma, con testamento rogato dal notaio Berardino Angelico il 17 febbraio 1736, istituì suo erede universale il Capitolo della collegiata ed istituì il cantorato. La collegiata avrà cinque dignità: l’arciprete (54), che divenne la prima dignità, il decano (55), il cantore (56), il tesoriere ed il primicerio (57). Assieme ai canonici essi costituiranno il capitolo collegiale similmente al capitolo cattedrale, solo che non formavano il senato di un vescovo. Fin dalla sua erezione la collegiata divenne il centro religioso principale e cominciò a condizionare la vita politica ed economica della città; ciò è testimoniato anche dai numerosi atti pubblici in cui compare. Tra i primi atti notarili in cui è parte la collegiata troviamo nel 1733 un’accettazione della rinuncia di Francesco Lazzo, una procura ed una rattifica d’istrumento fatta da Donna Isabella Lucà e figli e nel 1734 l’acquisto di un’annua rendita da diversi particolari, l’acquisto di un’annua rendita da D. Carlo ed altri Spagnolo, una procura dei canonici e delle dignità … (58). La chiesa aveva 13 altari, alcuni erano annessi alla stessa chiesa e si reggevano per il procuratore della stessa, altri invece erano mantenuti dai cittadini (59). Divenuta collegiata dopo poco vi sorse la nuova confraternita di S. Michele Arcangelo, la quale avrà un suo oratorio annesso alla chiesa, il cui edificio nel 1765 non era stato ancora completato (60). Dopo il terremoto del 1783 con l’istituzione della Cassa Sacra la collegiata incorporò tutti i beni ed i privilegi delle altre chiese e luoghi pii di Cutro, divenendo così l’unico centro di potere religioso della città. Con il “piano del marchese di Fuscaldo” oltre a conservare l’arcipretura curata, che era nella vecchia chiesa di S. Giuliano, essa assorbì anche i beni della soppressa parrocchia di San Nicola, che era passata nella chiesa di San Giovanni Battista. Incorporò inoltre i beni degli altri luoghi pii di Cutro, compresi quelli della congregazione o chiesa dell’Annunziata e quelli della congregazione o chiesa di San Giovanni Battista (61). Così è descritta la situazione religiosa venutasi a creare all’inizio dell’Ottocento: “Esisteva in questo paese una comuneria di Preti, civica innumerata alle di cui rendite partecipava ogni prete naturale del paese. Ma ora, perché non vi sono Preti le rendite della comuneria si amministrano e si percepiscono dalla collegiata. La collegiata poi esistente nella chiesa della SS.ma Annunziata è composta da dignità e canonici semplici e tutti hanno le particolari loro prebende, costituite nelle fondazioni da varie famiglie, che perciò ne hanno il Padronato. Una delle dignità è l’arcipretura, cui va annesso anche il Penitenzierato ed ha la particolare prebenda di circa 77 ducati di annua rendita e questa arcipretura è quella stessa, che dall’antica chiesa di San Giuliano fu trasferita nella d.a Annunziata. Ed è anche da sapersi che la collegiata non ha rendite particolari, ma tutte le rendite sono della congregazione sotto lo stesso titolo della SS.ma Annunciata, e questa congregazione prima della Cassa Sacra eleggeva i suoi procuratori per l’amministrazione delle rendite”. Sempre in questi anni aumentò il potere dell’arcipretura, che era la prima dignità della collegiata. Da una Memoria sull’arcipretura di Cutro veniamo a sapere che “nell’epoca del governo militare vacarono nella collegiata di Cutro tre benefici; cioè la teologale per rinuncia, un canonicato poiché dichiarato diserto a causa dell’enuciazione del beneficiato in Sicilia, ed il terzo per passaggio del titolare ad altro beneficio. Tali benefici ch’erano di patronato laicale comecchè non provveduti furono colpiti dalla legge del 1807 che aboliva i patronati. Difatti con decreto del 14. 12. 1811 si abolì il canonicato diserto, con altro del 29.10.1812 si abolì la teologale con un terzo del 16.8.1813 si colpì di simile abolizione il canonicato che D. Giuseppe Ascoli promosso alla arcipretura aveva abbandonato e le rendite di tutti e tre per disposizione degli stessi decreti nude da ogni peso di messe furono aggregate all’arcipretura. La chiesa fu distrutta dal terremoto dell’otto marzo 1832, che causerà la morte anche dell’arciprete (62). Dovranno passare quasi dieci anni prima perché si dia inizio ai lavori di ricostruzione. L’opera fu intrapresa nel 1841 dall’arcivescovo di Santa Severina, fra Ludovico del Gallo, il quale vi spese oltre 8000 ducati (63). La costruzione, sospesa a causa della morte del Del Gallo (3 aprile 1848), fu ripresa dal nuovo arcivescovo di Santa Severina, il patrizio crotonese Annibale Raffaele Montalcini, il quale la portò quasi alla completa costruzione con l’aiuto del capitolo e del comune e spendendovi anche parecchio del suo. Nel 1858 la costruzione “bellissima fra tutte le chiese del distretto” è quasi finita, mancano ancora gli altari interni ai due lati ed il frontespizio (64). “Di bellissimo aspetto e con proporzioni di gran tempio, la chiesa madre, non di padronato comunale”, anche se ancora incompleta fu inaugurata solennemente il 2 giugno 1859. A ricordo rimane l’epigrafe: ” DEIPARAE AB ANGELO SALUTATAE/ DICATAM OLIM HANC ECCLESIAM/ PAROCHIALEM COLLEGIATAM INSIGNEM/ UNA CUM CIVITATE ISTA / DIE VIII MENSIS MARTII MDCCCXXXII/ MEMORANDO TERRAEMOTU COLLAPSAM/ AB ILLUSTRISS.O AC R.MO FR. LUDOVICO DEL GALLO/ SANCTAE SEVERINAE ARCHIEPISCOPO/ INTER CAETERA BENEFICENTIAE SUAE MONUMENTA/ QUAE PASSIM PER ARCHIDIOECESIM CERNUNTUR/ EODEM IN LOCO VETUSTO IGNOBILIORI/ A FUNDAMENTIS EXTRUCTAM/ VITA IPSO FUNCTO ET NONDUM EXPLETAM/ D. HANNIBAL RAPHAEL MONTALCINI/ ATAVIS PROCERIBUS CROTONENSIBUS/ CONGREGATIONIS SS.MI REDEMPTORIS ALUMNUS/ PIETATIS ANTECESSORIS AEMULATOR/ PROPRIO AERE/ CAPITULO ET COMMUNI EX PARTE ADIUVANTIBUS/ AD HANC FORMAM/ AMPLIOREM VENUSTIOREM/ PERDUXIT/ ATO.. SOLEMNI RITU BENEDIXIT/ POSTRIDIE KALENDAS IUNII MDCCCLIX”.

Chiesa di San Giuliano
La chiesa di Cutro ha origini antiche. Compresa nella diocesi di Santa Severina e sede arcipretale, Cutro conservò a lungo il rito greco. Tra i testimoni in una causa della metà del Duecento troviamo menzionati il prete Leo Clorucuchi ed il papa Robertus (65) e tra coloro che versarono le decime per la Santa Sede all’inizio del Trecento vi è il prothopapa Nicolaus (66). Il titolo della chiesa matrice compare in un documento della metà del Quattrocento quando il papa Paolo II univa alle tenui rendite dell’arcipretura di Cutro sotto il titolo di San Giuliano quelle della chiesa di S. Nicola dei Greci di Policastro. Era arciprete di Cutro Domenico Albo (67). Da documenti successivi ricaviamo i nomi di altri arcipreti e parroci che amministrarono le rendite della chiesa parrocchiale arcipretale di San Giuliano. Tra essi ricordiamo Geronimo Rocca (1500), Petro de Brandato (1503), Giovanni Bonaparola (1504) e l’arcidiacono di Santa Severina Petruccio de Sindico (1507) (68). All’inizio del Cinquecento il possesso della chiesa parrocchiale arcipretale fu oggetto di liti e si assistette alla compra vendita delle sue rendite ed a cessioni, previo compensi e pensioni. Infatti i beni della chiesa parrocchiale arcipretale di San Giuliano di Cutro, assieme a quelli della parrocchiale arcipretale di San Giovanni Minagò, furono uniti ed amministrati dall’arcidiacono di Santa Severina (69). Dapprima fu Petruccio de Sindico, poi Alessandro Polilla e quindi nel 1551 Flaminio de Sabellis, chierico e aristocratico romano (70). Poco dopo troviamo arciprete di Cutro Decio Vicedomini ed alla sua morte seguì nel 1558 il chierico napoletano Tiberio Caraffa, il quale lasciò la carica a Leonardo di Bona, riservandosi una pensione annua di 40 scudi d’oro. Il Di Bona a sua volta poco dopo la cedette a Troilo Foresta (71), il quale ancora nel dicembre 1597 risulta arciprete di Cutro. Alla fine del Cinquecento Cutro ha un arciprete e 25 preti e molte chiese e confraternite. Tra queste vi sono le due chiese curate, cioè la parrocchiale arcipretale di San Giuliano e la parrocchiale di San Nicola dela Banda, e le confraternite della SS. Trinità, del SS.mo Sacramento (72) e della SS.ma Concezione (73). Bisognerà attendere la “Visita” effettuata nel novembre 1660 dall’arcivescovo Falabella (74) per avere una descrizione dettagliata della chiesa, che si trovava in grave stato a causa dei danni causati dal recente terremoto del 1659 e da una rivolta dei Cutresi. La chiesa aveva l’altare maggiore posto ad oriente e sopra di esso vi era un quadro con le figure di San Pietro Apostolo e San Giuliano Vescovo. Al lato sinistro dell’altare maggiore vi erano gli altari di San Gregorio papa di iuspatronato della famiglia Papasodaro, del SS. Rosario e del SS. Sacramento con la sua cappella. Vi era la sacrestia, la fonte battesimale ed il campanile con due campane. Una era dell’arciprete e l’altra dell’università. Il campanile, o torre sacra, era diruto e doveva essere ricostruito e riparato “a spese di coloro che con diabolica azione osarono bruciare con la forza delle fiamme” (75). Era arciprete della chiesa di San Giuliano Lelio Scandale di 52 anni (76). Sette anni dopo Lelio Scandale rassegnava la carica in favore di Giuseppe Quercia, riservandosi una pensione annua di 50 ducati (77). Alla morte dell’arciprete Giuseppe Quercia, avvenuta nel luglio 1668, veniva nominato Giovanni de Mayda (78), ma la nomina veniva contrastata da Ludovico Oliverio e Lelio Scandale. Per tale motivo la chiesa arcipretale rimase vacante per oltre un decennio a causa di una lite scoppiata tra i pretendenti alla carica di arciprete. La controversia fu rimessa alla Dataria e da questa alla Sacra Rota, ma qui rimase a lungo insoluta. Nel frattempo la chiesa andò quasi completamente in abbandono e minacciò di rovinare (79). Solamente nell’ottobre 1692, morto Lelio Scandale e ritiratosi dalla lite Ludovico Oliverio, Giovanni Antonio de Mayda potette entrare in pieno possesso della carica (80). Una perizia effettuata nel 1721 da alcuni mastri, tra i quali Giuseppe Frandina, attestava che l’edificio della matrice aveva bisogno di urgenti lavori di risanamento. Era questa l’occasione ed il primo passo per il trasferimento del titolo di matrice e di parrocchiale. Con l’erezione della collegiata nella chiesa della SS. Annunziata, avvenuta nel 1732/1733, l’arciprete ne divenne la prima dignità, conservando la cura delle anime. In tal modo la chiesa dedicata a S. Giuliano, vescovo cenomano e patrono principale della città, perse definitivamente sia il titolo di matrice che quello di parrocchiale e fu mantenuta a spese dello stesso arciprete, il quale vi fece celebrare nelle feste e nelle domeniche (81). Con la Cassa Sacra tutti i suoi beni venivano definitivamente accorpati alla collegiata.

Convento domenicano con chiesa di Santa Maria delle Grazie
Il convento di San Domenico con chiesa dedicata a Santa Maria delle Grazie fu fondato poco fuori le mura della città nell’anno 1543. Aggregato da fra Dionigi di Cutro alla basilica di San Giovanni in Laterano, vi rimase finché non fu restituito all’ordine (82). A ricordo di questa primitiva dipendenza i domenicani di Cutro verseranno ancora nel Settecento un annuo censo al capitolo di S. Giovanni in Laterano (83). Situato tra la gabella detta “le chianette di Santa Maria” e le mura della città, alla fine del Cinquecento ospitava cinque o sei frati e nella chiesa vi erano le cappelle di alcune famiglie nobili della città tra le quali quelle dei De Mayda, dei Foresta e degli Oliverio (84). Alla metà del Seicento è segnalata nella chiesa la cappella del SS.mo Rosario ed una donazione fatta da Laudovica Foresta (85). Vi aveva sede la confraternita del SS. Rosario, che proseguirà la sua attività anche durante il Settecento, fino alla soppressione dopo il terremoto del 1783, quando vennero abolite tutte le confraternite di Cutro (86). Ben dotato e prospero sul finire del Seicento “coll’entrade mantiene sette monaci, quattro sacerdoti e tre conversi” (87), che rimarranno più o meno tali anche all’inizio del Settecento (88). In seguito il loro numero scenderà a quattro o cinque (89) e poi a solo due al momento della soppressione dopo il terremoto del 1783 (90). Il convento verrà definitivamente soppresso durante il Decennio francese (91). Durante il tempo in cui i domenicani furono presenti in Cutro, essi svolsero una vasta attività speculativa e finanziaria. Dalle carte del primo catasto onciario di Cutro, compilato nel 1745, emerge che eccettuata una partita di ducati 301 a favore di D. di Fiore, i domenicani avevano concesso moltissimi piccoli prestiti a massari e coloni ad un tasso alto, che si aggirava sul dieci per cento. Il capitale impiegato in queste operazioni era di 941 ducati, ma tolto il prestito al di Fiore, il rimanente era suddiviso in 30 partite con una media di circa 20 ducati a testa. Le entrate dei domenicani provenivano inoltre dall’affitto di 15 case basse, da alcuni canoni su vignali, da “ius soli”, cioè da censi enfiteutici che dovevano pagare i proprietari di alcune case costruite su un suolo appartenente ai domenicani, da censi enfiteutici su case, giardini e vignali e da numerosi legati testamentari per la celebrazione di messe in suffragio (92).

Convento dei Cappuccini
Su richiesta dell’università e con l’assenso dell’arcivescovo di Santa Severina Alfonso Pisani i frati minori cappuccini iniziarono la costruzione del convento di Cutro sul finire del Cinquecento. I lavori iniziarono dapprima in località “Tavolaro” in una gabella concessa in enfiteusi dall’abbazia di Sant’Angelo di Frigillo all’arciprete Troilo Foresta. Nel dicembre 1597 questa prima costruzione appena iniziata era già stata abbandonata (93). Un altro documento ci informa che nel dicembre 1597 il procuratore dell’abbazia di S. Angelo di Frigillo, Orazio Fusco, aveva concesso a Fabrizio Oliverio ed a Giuseppe e Salvatore Foresta, in società, un pezzo di terreno dell’abbazia vicino all’abitato in località “Chianette”. I soci per tale concessione si erano impiegati a pagare all’abbazia un censo annuo perpetuo di tomoli due e mezzo di grano. In seguito poiché in questo terreno fu costruito il monastero dei cappuccini e l’università di Cutro si era preso più della metà del terreno, per darla al monastero (94), i soci ottennero la riduzione del censo (95). Secondo il Fiore la costruzione di questo nuovo edificio iniziò il 22 luglio 1600, quando il vescovo coadiutore di Isola Scipione Montalcini “buttò la prima pietra con gran concorso di popolo” (96). Tre anni dopo la costruzione era finita (97). Essa sarà composta dalla chiesa intitolata all’Assunta o a Santa Maria della Sanità e dal convento composto da 23 celle (98). All’atto della chiusura, avvenuta dopo il terremoto del 1783, vi erano nove frati (99). Alcuni anni dopo fu riaperto anche per petizione del sindaco e degli eletti dell’università di Cutro al cardinale Fabrizio Ruffo (100). Soppresso durante il Decennio fu poi riaperto nel 1828.
In una relazione della metà dell’Ottocento il convento è descritto con quattro religiosi (Giuseppe da Sersale, Lorenzo Petrizzi, Benedetto da Sersale ed Egidio da Stilo) e “situato in luogo amenissimo nel centro ubertoso, ed estesissimo territorio del Marchesato”. I frati potevano contare per il loro sostentamento sulle entrate provenienti da un giardino, da due censi e dalle questue. Il giardino era contiguo al convento; parte era alberato ed a orto e parte era a semina. Da esso i frati ricavavano frutta, verdura e frumento. La parte più consistente per il fabbisogno giornaliero proveniva dalle questue, che a seconda delle stagioni i frati erano soliti fare non solo a Cutro ma anche nei paesi vicini. Da esse venivano i prodotti tipici locali che erano: frumento, granone, biade, olio, salami, castagne, patate, mosto, fichi secchi e latticini. Completava la questua del pane, che veniva fatta due volte alla settimana, e quella del “grascio”. Quest’ultima avveniva a carnevale, quando i frati distribuivano tra la popolazione circa duecento pentoline da riempire. Non mancava il denaro liquido che veniva al convento sia dai due censi (uno di 73 ducati annui dal marchese De Mayda ed uno di 4 ducati dagli eredi di Francesco Cerchiaro), sia dalle elemosine per messe semplici e cantate, per litanie, voti, ecc. (101). Dopo l’Unità d’Italia fu nuovamente soppresso ma poi riaprì anche se saltuariamente; finché all’inizio del Novecento fu definitivamente abbandonato (102). A ricordo del luogo rimane la chiesa conosciuta col titolo di San Rocco.

Convento del SS.mo Salvatore
L’arcivescovo di Santa Severina Alfonso Pisani nella relazione del 1589 così si esprime: “si sta pigliando il luogo per li Padri Riformati dell’Osservanza” (103). Secondo il Fiore il convento dei frati minori osservanti riformati sotto il titolo di “Il Salvatore” fu edificato da fra Giacomo da Cutro nell’anno 1597 (104). L’incertezza sulla data di fondazione del convento, altri infatti come il Piterà l’anticipano al 1586 (105), molto probabilmente è data dalla controversia sorta tra i frati Osservanti, che dapprima occuparono il convento, ed i Riformati che lo ottennero con l’appoggio di un Breve papale. Tutto questo traspare da una relazione compilata da Fra Francesco d’Aprigliano che, in compagnia dei frati Gioseppe di Santo Fili, Pietro di Calopizzati e Antonio di Dipignano, visitò il convento nel dicembre 1646: “Mi sono conferito con essi loro a Cutro dove ho ritrovato in una cappella una statua dell’Ecce huomo nella quale si presenta al vivo la passione di Nostro Sig.re scolpita per mano di fra Humile di Petralia del medesimo n(ost)ro ord(i)ne della Riforma di Sicilia, frate laico p(ro)fesso di molti anni di vita esemplare, morto con fama di santità et eccellente nell’arte della scultura. Alla cui imagine e statua vi ricorre molt’agente per loro devotione. Dopo con li medesimi Padri sono andato nell’Archivio e libraria del sudetto convento et havendo fatto diligentemente perquisitione di tutte le scritture di quello et anco nei notari et non ritrovo cosa nesciuna particolare della pigliatione di q(ue)sto convento dei Padri Riformati per essere persa seu smarrita. Bensi per detto del sopra nominato P(ad)re fra gioseppe di Santo Fili quale si ritrovò presente a tempo che facevano le scritture dell’ingresso delli Reformati in questo convento dove era raunata tutta l’università con il Breve di Clemente Ottavo quale Breve dava autorità al P(ad)re fra Girolamo di Polizzi siciliano custode all’hora in questa Riforma di pigliare d(ett)o convento e detti Riformati furono chiamati da tutta l’università per loro devotione essendo questo convento prima posseduto dalli Padri dell’Osservanza e questo fu l’anno del Sig(no)re 1600 in circa..”. E’ certo che all’inizio dell’ottobre 1604 il convento era già posseduto dai riformati, ma la costruzione della chiesa era appena iniziata e mancavano alcune celle dei frati. Su richiesta di Giovanni Francesco Azzariti, procuratore del convento, i mastri fabbricatori cutresi Geronimo La Macchia e Giovanni Battista Fico, dopo averlo attentamente visitato, dichiararono che per finire la costruzione occorrevano oltre mille ducati; infatti “… si sarà da fare e fabricare la nave della chiesa dove solamente s’ha dato principio et di fabricare anco doi dormitorii similmente principiati et per l’ammainamento adesso non vi è altro che una calcara di calce et due canne et meza di petra bisognandone per redurre a perfectione piu di sei altre calcare di calce et settanta canne di petre, l’arena et altre materiali di fabrica, legname, ceramidi et salario di mastri et manipuli” (106). Durante la seconda metà del Seicento crebbe la devozione per il Crocifisso (107) che si festeggiava nel convento situato fuori le mura il sei agosto di ogni anno, festa della Trasfigurazione di Cristo detta anche “Il Salvatore” (108). Durante i primi decenni del Settecento era abitato da una decina di frati. E’ di questi anni una lite con i Cappuccini, riguardante il diritto di festeggiare pubblicamente la festività di Sant’Antonio da Padova, che assunse toni aspri nel giugno 1724. I riformati fin dal 1636 avevano ottenuto dall’università di Cutro l’offerta annua per il santo, che era anche protettore della città, ed avevano avuto il permesso di portare in processione dai primi vespri al tramonto la statua di Sant’Antonio, che si trovava nella chiesa del convento (109), ogni 13 giugno, festa del santo. In seguito i Cappuccini di Cutro ottennero nel maggio 1724 dal vicerè che nella loro chiesa la cappella di Sant’Antonio fosse dichiarata cappella regia (110) e decisero di celebrare il 13 giugno la processione del santo e di portare per il paese la statua. Così nello stesso giorno a Cutro vi furono due processioni con due statue dello stesso santo (111). Il 13 settembre 1772 il vescovo di Strongoli Domenico Morelli, patrizio di Cutro, consacrò solennemente la chiesa e l’altare maggiore in onore del SS. Salvatore, con le reliquie incluse in un vaso plumbeo dei martiri Crescente, Bonifacio e Felice (112). Il convento fu soppresso durante il Decennio francese, nel 1811. Allora vi erano quattro sacerdoti e quattro laici. Fu poi ripristinato nel 1822 (113). Come gli altri edifici di Cutro subì gravi danni dal terremoto dell’otto marzo 1832.

Chiesa della Madonna della Consolazione
Situata sulla “via delle Cerze” tra Cutro e Crotone. Essa compare in alcuni atti dell’inizio del Settecento (114). Si sa di una donazione gratuita di una casa ed un casaleno fatta nel 1734 da Antonio Faragò e di una promessa di Francesco Curto nell’anno seguente (115).

 

Note

1. ANC. 187, 1650, 124 -125.
2. Visita pastorale dell’arcivescovo Falabella, 1660. Arch. Arc. S. Severina.
3. Rel. Lim. S. Severina., 1765.
4. Lista di carico, Cutro, Cassa Sacra, ASCZ.
5. Visita pastorale cit.
6. Rel. Lim. S. Severina., 1765.
7. Casa situata dentro questa terra nel loco detto lo timpone di Santo Blasio, ANC. 331, 1679, 28.
8. Visita pastorale cit.
9. Rel. Lim. S. Severina., 1765.
10. Visita pastorale cit.
11. Rel. Lim. S. Severina., 1765.
12. Visita pastorale cit.
13. Visita pastorale cit.
14. Rel. Lim. S. Severina., 1765, Lista di carico, cit.
15. Al tempo del Fiore la fiera si svolgeva nell’ultima domenica di luglio, Fiore G., cit., II, 456; ANC. 231, 1660, 15; 231, 1661, 67; Arch.Vesc. Crot. C. 115.
16. Carte Piterà.
17. Russo F., Regesto, 37752.
18. Visita pastorale cit.
19. Rel. Lim. S. Severina., 1765.
20. Visita pastorale cit.
21. Rel. Lim. S. Severina., 1735.
22. Rel. Lim. S. Severina, 1765.
23. Russo F., Regesto, 66949.
24. All’inizio del Seicento è parroco Prospero Vecchi a cui successe nel 1606 Marcello de Pace, Russo F., Regesto, 17967 sgg.
25. Siberene, p. 36.
26. Visita pastorale cit.
27. Rel. Lim. S. Severina., 1765.
28. Russo F., Regesto, 64016.
29. Siberene, p. 156.
30. Lista di carico cit.
31. Russo F., Regesto, 28083.
32. Siberene, p. 36.
33. Visita pastorale cit.
34. Rel. Lim. S. Severina, 1765.
35. Nel gennaio 1758 il beneficio, vacante per morte di Gio. Battista Morelli, era assegnato a Domenico Morelli, vescovo di Strongoli, Russo F., Regesto, 64233.
36. Siberene, p. 156.
37. La cappella del Purgatorio è segnalata fin dal 1720. Numerosi atti documentano la sua ascesa economica. Il denaro che di continuo proveniva alla cappella veniva impiegato nell’acquisto di annue rendite: da Tomaso de Miglio ed altri (1720), da Salvatore Olivo, Casimiro e Oliverio (1721), da Arcangelo e Giovantommaso Affittante e da Giovan Vittorio Curto (1722), da Dianora Quercia ed altri (1727) ecc. Carte Piterà.
38. Camposano L., Il terremoto di Cutro dell’8 marzo 1832, Garraffa 1998, pp. 102, 113.
39. ANC. 12, 1577, 6-7.
40. Rel. Lim. S. Severina., 1589.
41. 19.7.1620. Il percettore della marchesa di Licodia mette all’asta l’affitto dei molini della Canosa nella piazza pubblica di Cutro “nelli setti della ven. chiesa di Santa Caterina”, ANC. 70, 1620, 49 -52.
42. Siberene p. 36.
43. Visita pastorale cit.
44. Testamento di Gio. Leonardo Quercia. Die vigesima octava mensis octobris decime quarte inditionis millesimo sexcentesimo sexagesimo regnante in terra Cutri et proprie in monasterio Patruum reformatorum. Ad preces nobis factas pro parte Rev. Sacerdotis Don Jo. Leonardi Quercia dicte terre magistri ac Doctoris in sacra theologia et Doctoris in utroque iure regii Cappellani per suam Catholicam maiestatem ecclesie Sancte Marie Civitatis Crotonis, personaliter accessimus ad dictum monasterium, ubi invenimus sup.ctum D. Jo. Leonardum in lecto iacentem infirmum corpore, sed sanum mente recta loquela, ac sui recordabili memoria pariter existentem, qui quidem D. Jo. Leonardus dubitans ne per dictam suam infirmitatem intestatus decederet, hoc sibi suum ultimum nuncupatium condidit testamentum, quod valere voluit iure dicti testamenti nuncupativi, et si dicto iure non valeret, saltem valere voluit iure codicillorum, donationis causa mortis, omnique alia meliori via cassans ipse testator omnia alia testamenta, codicillos, et eique ultimam voluntatem etiam ad pias causas per eum adhuc conditam, sed solum voluit hoc habere robur. Et primo raccomandò l’anima sua all’Onnipotente Dio alla gloriosa Vergine Madre Maria, et tutti Santi et vuole ch’il suo corpo dopo sua morte sia sepellito nella Venerabile Chiesa di detti Padri reformati nella sepultura di detti Padri. Et perche il capo et principio di qualsivoglia testamento è l’institutione dell’herede, per tanto esso D. Gio. Leonardo testatore omni meliori via instituì e fece a se herede universale et particolare sopra tutte sue robbe mobili et stabili, erediti, attioni et raggioni, la venerabile Cappella della Santissima Concettione di detta terra di Cutro eretta dentro la Chiesa di Santa Caterina, preter all’infrascritti legati, cioè con conditione che delle robbe stabili d’esso testatore et entrade maturate, et grani che tiene in Papanici in potere di D. Gio Battista Borrello s’habbia d’edificare uno monasterio di donne vergini in d.a Chiesa della SS.ma Concettione di questa terra di Cutro. Item vuole esso testatore che in defetto che non si potesse edificare detto monasterio per causa che non si accapasse licentia et autorità pontificia, o per qualsivoglia altro impedimento in tal caso s’habbia di fare una colleggiata nella sudetta Cappella della Concettione, con peso di celebrare le messe per beneficio dell’anima d’esso testatore, con dirsi li divini officii quotidianamente in coro, cantare la messa ogni mattina in perpetuum et fare tutte le funtioni necessarie et solite usarsi nelle chiese collegiate, con eligersi tanti canonici quanto cine capino, con la giusta provisione, et salario, secondo l’entrade, che ha lasciato detto testatore, et in particolare per adesso nomina per procuratore eligendo di detto monasterio notar Antonino Mendolara di questa terra con buona provisione di sue fatiche et erigendosi la detta Colleggiata fandosi preite detto notar Antonino, vuole per il primo Canonicato, che vacherà sia conferito a detto notar Antonino, et essendosi fatto preite prima di fundarsi detta Colleggiata, sia il primo Canonicato conferito a Lui, et fandosi preite il clerico Antonio Foresta figlio del q.m Ascanio di questa terra, sia anco conferito allo detto Antonio il primo Canonicato, che vacherà, et essendosi fatto preite detto Antonio prima d’erigersi detta Colleggiata, si conferisca a Lui insieme con l’altri uno canonicato. Item vuole esso testatore che per fintanto non si erigerà il sudetto monasterio o vero la sudetta Colleggiata si habbino di celebrare quattro messe in ogni settimana per l’anima d’esso testatore, di suo padre, madre et fratello che fu il Padre fra Benedetto di Cutro olim provinciale di Padri reformati, le quali sudette quattro messe la settimana s’habbino di celebrare nella sudetta Cappella della Concettione con darsi la dovuta mercede alli preiti che le celebreranno dell’entrade d’esso testatore, et eretto che sarà detto monasterio o vero detta colleggiata non s’habbino più di celebrare le sudette quattro messe la settimana. Item vuole esso testatore, che l’erettione di detto monasterio, o di detta colleggiata l’habbino di fare il sudetto notar Antonino, il reverendo Arcipreite della chiesa matrice di questa terra, li sindaci et il Padre Guardiano di padri reformati di questa terra che pro tempore saranno. Item vuole esso testatore che il sudetto notar Antonino nel tempo di sua morte possa nominare per canonico uno di suoi nepoti quale li piacerà, et a quello sia conferito il primo canonicato che vacherà, et alli medesimi prenominati si dona la potestà di esigere tutte l’entrade d’esso testatore applicande come di sopra. Item dichiara esso testatore essere creditore del clerico Gio. Gerormo d’Orlando, et Gio. Vittorio Foresta di Gio. Bartolo di questa terra in annui docati vinti per capitale di docati dui cento cinquanta come per instrumento che esso testatore tiene allo quale delli quali docati vinti annui vuole esso testatore che ne sia usufruttuario il sudetto clerico Antonio Foresta vita durante tantum d’esso Antonio et dopo la morte di detto Antonio succedano detti annui docati vinti una con detto capitale allo sudetto monasterio di monache o vero alla sudetta Colleggiata et affrancandosi tanto il sudetto censo, quanto ogn’altro censo d’esso testatore con qualsivoglia altra persona s’habbi di convertire in compra di capitale dico d’annui censi o vero stabili et per maggior chiarezza del tutto esso testatore confirma il testamento chiuso e sigillato molti anni sono per esso fatto e stipulato per mano di detto notar Antonino con osservarsi tutte le conditioni apposte in quello che adesso non si ricorda senza preiudicio però della sop.tta dispositione d’esso testatore et delle cose che vengono revocate in questo testamento; et hanc dixit esse suam ultimam voluntatem, rogans nos ut de predictis publicum conficere deberemus instrumentum unde. Presentibus Luca Spagnolo regio Judice ad Contr., D. Antonino Gallello, D. Gio. Tomaso Ingazza, Aurelio Foresta, Giacomo Antonio Petrucci, Cl.co Gio. Alfonso Petrucci, Cl.co Gio. Vincentio Oliverio de Cutro et Cl.co Domenico Leone della Città di l’Isola. Notaio Tiriolo Giovanni Giacomo, 231,1660,ff.28-29.
45. 21.3.1744. I sindaci ed il popolo di Cutro si recano in processione alla chiesa di Santa Caterina presso la cappella della Immacolata Concezione dove in ginocchio fanno voto che se la Madonna preserverà Cutro dai pericoli del terremoto che ha devastato molti luoghi della provincia, la festa della Immacolata Concezione sarà celebrata in modo solenne e col versamento di ducati 6 annui alla cappella, ANC. 594, 1744, 19 -20.
46. “Confraternita dell’Immacolata Concezione B.M.V. eretta nel suo altare sito dentro la chiesa delle monache”, Rel. Lim. S. Severina., 1765.
47. Un decreto regio del 1852 accordava la facoltà alla cappella della SS. Immacolata situata nella chiesa dello stesso nome di Cutro di accettare la pia disposizione a favore di essa fatta da D. Diodato Foresta con atto fra vivi del primo giugno 1852, Valente G., La Calabria nella legislazione borbonica cit., p. 574.
48. ANC. 12, 1586, 112v.
49. Siberene, p. 36.
50. Fiore G., Della Calabria cit., II, 251, 457.
51. Visita pastorale cit.
52. Rel. Lim. S. Severina., 1675.
53. Una lite a causa di una processione boicottata vide nel 1709/1710 protagonista la chiesa dell’Annunziata contro il priore di S. Domenico, i cappellani che non avevano partecipato e la matrice che aveva chiuso la porta, Indice generale di tutti gli atti publici riguardanti al presente la chiesa Collegiata della SS. Annunciata di Cutro stipulati da varii notai del medesimo comune., Carte Piterà.
54. Tra gli arcipreti ricordiamo Gregorio Oliverio, Stefano Raimondi, Gio. Albo ( 1755 -1782), Marco Antonio Romano (1782 – ?), Giuseppe Ascoli (1813 – 1832), Litterio Cucinotti, Russo F., Regesto, 63383, 63642, 67590.
55. Il 22.6.1731 Gio. Gregorio de Mayda dispone “per agevolare e aumentare l’erezione della Collegiata, che presentemente sta per fondarsi dentro la ven. chiesa della SS. Annunciata” di fondare il decanato, seconda dignità della collegiata, dotandolo con i due fondi di Manca di Cata e Manca della Casella con la condizione che la dignità resti sempre di juspatronato del fondatore, del suo nipote e dei loro discendenti, Carte Piterà.
56. L’abbate Fabio di Bona per testamento il 17 febbraio 1736 istituì come erede il capitolo della collegiata e fondò e dotò il cantorato, riservandosi il testatore il diritto di nomina e la condizione che la carica rimanesse ai De Bona ed ai loro discendenti, Carte Piterà.
57. Diego Fattizza assegna nel 1744 la metà della gabella Marango al Primiceriato e nel 1746 l’altra metà al canonicato di iuspatronato laicale da lui stesso fondato, Rel. Lim. S. Severina, 1744; Catasto Cotrone 1793, ff. 198, 213.
58. Indice generale di tutti gli atti, cit.
59. Rel. Lim. S. Severina., 1765.
60. Rel. Lim. S. Severina., 1744, 1765.
61. Siberene, pp. 155-156.
62. Camposano L. , Il terremoto di Cutro cit., p. 57 sgg.
63. Capialbi V., La continuazione all’Italia Sacra dell’Ughelli cit., ASC a. III (1915), p. 194.
64. Riola L., Per le sessioni del Consiglio distrettuale di Cotrone nel 1858, pp. 14, 19.
65. Pratesi A., Carte cit., pp. 401 -402.
66. Russo F., Regesto, 5482.
67. Reg. Lat. 666, f. 136, ASV.
68. Russo F., Regesto, 14266, 14554 sgg.
69. Nel 1548 è segnalata una lite tra Francesco de Miranda e Petruccio de Sindico e nel 1551 tra quest’ultimo ed Alessandro Polilla, Russo F., Regesto, 19414, 19797.
70. Russo F. Regesto, 19799.
71. A Troilo Foresta seguì Fabrizio Foresta. Nel 1641 è arciprete Gio. Antonio de Flore e quindi Vittorio de Flore, Russo F., Regesto, 20746 sgg.
72. La cappella del SS. Sacramento, già esistente alla fine del Cinquecento, era situata nella chiesa matrice di S. Giuliano ed era sede della confraternita omonima, alla quale Urbano VIII il 7 marzo 1626 concesse alcuni privilegi. Con l’erezione della collegiata nella chiesa dell’Annunziata la confraternita vi si spostò con il suo altare, dove vi era eretto un pio monte detto delle 100 messe. Il monte, che era retto da un procuratore eletto dai confrati, aveva il compito di far celebrare delle messe in suffragio di ogni confrate solvente ANC. 83, 1598, 34; Rel. Lim. S. Severina., 1765.
73. Rel. Lim. S. Severina., 1589.
74. Visita pastorale cit.
75.  Nel 1647 al tempo della rivolta napoletana sono documentati tumulti e rivolte popolari sia in Cutro che in Policastro, D’Amato V., Memorie historiche di Catanzaro, Rist. Cosenza 1961, p. 223.
76. Lelio Scandale era divenuto arciprete di Cutro nell’aprile 1659 per morte, avvenuta l’anno prima, del predecessore Vittorio de Flore, Russo F., Regesto, 38660.
77. Russo F., Regesto, 41124.
78. Russo F., Regesto, 41604.
79. Rel. Lim. S. Severina., 1685, 1687.
80. Russo F. Regesto, 46611.
81. Rel. Lim. S. Severina., 1765.
82. Fiore G. Della Calabria cit., II, 393.
83. Carte Piterà.
84. Il 4 luglio 1586 il vicario del convento Valerio di Altomonte, anche a nome dei frati Sebastiano della Cellara, Giuseppe di Altomonte e Vincenzo di Rovito, concede al diacono Agostino de Mayda una cappella situata nella chiesa tra quella di Aurelio Foresta e di Gio. Francesco Oliverio, ANC. 12, 1586, 53v – 54.
85. Tra le liti che la capella del Rosario dovette sopportare ricordiamo quelle contro Laurella Susanna (1667), Gio. Vittorio di Bona (1668), Lelia le Pira (1668) ecc. Indice generale di tutti gli atti, cit.
86. Nel luglio 1679 fra Giacinto di Mesuraca era lettore e priore del monastero e procuratore della cappella del SS. Rosario, eretta nella chiesa del convento, ANC. 331, 1679, 28.
87. Rel. Lim. S. Severina., 1678.
88. Nel 1725 sono 7 o 8, Rel. Lim. S. Severina., 1725.
89. Nel 1765 nel convento vi sono quattro sacerdoti e due laici, Rel. Lim. S. Severina., 1765.
90. Vivenzio G., cit., 15.
91. Fu soppresso il 7 agosto 1809, Caldora U., Calabria cit., p. 221.
92. Carte Piterà.
93. “D. Troilus Foresta Archipresbiter à Cutri, pro quatuor vinealibus, quae dixit possidere in d.a gabella de Tavolaro, et uno vineale q.d fuit q.m Viti de Diano, et alio vineale q.d fuit q.m Marci Seminara, in q.bus terris fuit incoata fabrica monasteri, et proinde derelicta…”, Catasto Onciario di Cutro, 1745, Carte Piterà.
94. Catasto cit.
95. Fiore G., Della Calabria cit., II, 415.
96. L’università di Cutro pagherà per questa concessione un censo perpetuo di 5 tomoli di grano all’abbazia, Le Pera R., I Cappuccini in Calabria e i loro 80 conventi, Frama’s 1973, p. 153.
97. Carte Piterà.
98. Le Pera R., cit., pp. 153 -154.
99. Vivenzio G., cit.
100. Raffaele F., Un ordine del Card. Fabrizio Ruffo per la ricostituzione dei cappuccini in Calabria Ultra, Historica n. 1/1964.
101. Stato nominativo de’ Religiosi attualmente esistenti nel convento de cappuccini di Cutro, Cutro li 2 7bre 1856, Carte Piterà.
102. Le Pera R., cit., pp. 153 -154.
103. Alcuni situano la fondazione del convento del SS. Salvatore al 1586, ma questa data contrasta con la documentazione. Infatti in quella data l’unico convento esistente a Cutro è quello dei domenicani, Visitatio ap.lica Sanctae Severinae, 1586, S.C.C. Visit. Ap. 90, ASV.; Rel. Lim. S. Severina., 1589.
104. Fiore G., Della Calabria cit., II, 419.
105. Pitera A., Relazione cit.
106. ANC. 62, 1604, 118v-119r.
107. Nel 1712 Giovanni Nicoletta va da Crotone a Cutro con la moglie “per la devozione del Crocifisso”, ANC. 659, 1717, 229.
108. Fiore G., Della Calabria cit., II, 458.
109. Il 30 ottobre 1748 il ministro provinciale dei riformati fra Bonaventura Maria da Dipignano concedeva il sacello di S. Antonio da Padova, situato nella chiesa del convento del S. Salvatore di Cutro, a D. Gregorio Piterà, Carte Piterà.
110. Le Pera R., cit., p. 154.
111. Nel 1724 era guardiano del convento del SS. Salvatore fra Bonaventura da S. Mauro, ANC, 662, 1724, 115 – 116.
112. Epigrafe: ” ANNO D.NI MDCCLXXII DIE XIII MENSIS SEPTEM./ DOM. XIV POST PENTEN. ILLUS. ET RMUS DNUS D./ DOMINICUS MORELLI HUIUS CIVIT. CUTRI PATR./ EPUS STRONGULEN/ SERVATIS SERVANDIS SOLEMNITER CONSECRAVIT ECCLAM/ ET ALTARE MAJUS IN HONOREM SS. SALVATORIS ET RELIQ. SS./ MART. CRESCENTIS BONIFACII ET FELICIS IN VASE PLUMBEO/ IN EO INCLUSIT ET SINGULIS XTIFIDELIB. HODIE UNU/ ANNUM ET IN DIE ANNIV. CONSECRAT. HUIUSMODI QUA./ EX NUNC IN DOM. I SEPT. PERPETUO TRANSTULIT…/ ..IPSAM VISITANTIB. XI DIES DE VERA INDULGI…/ IN FORMA ECCLAE CONSUETA CONCESSIT”
113. Caldora U., Calabria cit., p. 227.
114. ANC. 659, 1717, 229.
115. Indice generale di tutti gli atti cit.


Creato il 22 Febbraio 2015. Ultima modifica: 27 Aprile 2015.

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