I Caponsacco di Firenze tra Rossano e le terre del Crotonese (sec. XV-XVI)

Arme della famiglia Caponsacco di Firenze (da www.archiviodistato.firenze.it).

“D’argento, al palo di rosso. Inquartato d’argento e di rosso. Di rosso, a tre rose d’argento. Di rosso, a tre rami di rosaio di verde, fioriti d’argento.”[i]

Arme della famiglia “Caponsacco di Firenze” (da Raccolta stemmi Trippini www.trippini.it) e di Crotone (Nola Molise G. B., Cronica dell’Antichissima e Nobilissima città di Crotone e della Magna Grecia, 1649, p. 199).

“troncato: nel 1º d’argento, al vaso sostenuto dalla partizione, cimato da un giglio, e accompagnato in capo da tre rose di rosso ordinate in fascia, il tutto di rosso; nel 2º fasciato di rosso e d’argento di quattro pezzi”.[ii] “Caponsacchi. Un campo torchino, dentro è un sacco bianco aperto con lacci alle bande, sopra del sacco un giglio d’oro, e più sopra tre rose rosse.”[iii] La presenza di un “sacco” invece di un “vaso”, si rinviene anche in un’altra descrizione dell’arme di questa famiglia: “D’azzurro, al sacco d’argento fioccato d’oro, dalla cui imboccatura sorge un mezzo giglio del secondo, accompagnato il capo da tre rose ed in punta della gomella di rosso.”

I Caponsacco, ricordati da Dante nella Divina Commedia (“Già era il Caponsacco del mercato, disceso giù da Fiesole …”),[iv] furono un’antica famiglia di Firenze appartenente alla fazione ghibellina della città,[v] abitante presso il “Mercato Vecchio”[vi] che, al tempo della conquista del regno di Napoli da parte di re Alfonso de Aragona, giunse in Calabria con il milite Bonaccurso,[vii] che fu tra i finanziatori del nuovo sovrano, aiutandolo a sostenere le spese della guerra, in cambio di laute ricompense e concessioni nel Rossanese e nel Crotonese.

 

Il milite Bonaccurso

La prima notizia che riferisce la presenza dei Caponsacco in Calabria, è contenuta in un atto relativo alla nomina dei procuratori che avevano il compito di prestare l’omaggio a re Alfonso I d’Aragona, per parte di Covella Ruffo di Calabria, duchessa di Sessa e contessa di Montalto, Squillace e Alife, dato il 26 novembre 1439, “apud Castrum Cariati in quadam aula vulgariter nuncupata la camera de Sancta Anna”, “locum solitum habitacionis illustris et ex.tis d(om)ine d(om)ine Cubelle Ruffe de Calabria”, scritto dal notaro Troylo Mediomonaco di Rossano, alla presenza di “Antonellus interzatus” di Cariati giudice annuale, dove, tra i testi che sottoscrissero questo documento, compare “bonus accursus de florentia”.[viii]

Appartengono a tale frangente le affermazioni riguardanti il detto Bonaccurso forniteci dal Fiore, il quale riporta la notizia, confermata dalle fonti vaticane,[ix] dell’esistenza di un convento dei frati Minori Osservanti a Cariati, edificato con bolla di papa Eugenio IV nell’anno 1440, dal cittadino del luogo “Bonaccurso Capisucco” (sic),[x] mentre risale all’otto marzo 1440, il privilegio pubblicato dal De Rosis dato “in Castro nostro civitatis Cariati”, con cui “Cubella Ruffo, Calabriae Ducissa, Principissa Montalti, Squillatissae Comitissa ec. ec.”, concesse al suo “consigliere” “Bonacursio de Florentia”, il feudo nominato “Sanctus Joannes et Forestae”, assieme all’altro detto “phaeudum de Placentia seu Crosetto sine vassallis”, sito e posto “in Civitate Rossani” sue pertinenze e distretto.[xi]

 

I costi della guerra

Le motivazioni che determinarono la presenza di Bonaccurso Caponsacco in Calabria, a fianco dei Ruffo di Calabria e dei Marzano, sostenitori di re Alfonso d’Aragona, risaltano attraverso alcuni documenti.

Il 7 luglio 1443, dal Castello di Capuana in Napoli, dovendo provvedere al mantenimento dell’esercito necessario alla difesa del regno, re Alfonso d’Aragona vendeva a Covella Ruffo di Calabria, rappresentata dal suo procuratore l’“Egregio viro bonaccurso de florentia”, la città di Rossano e la terra di Longobucco per 4000 ducati d’oro, concedendole il titolo di principessa di Rossano e stabilendo che, alla sua morte, le sarebbero succeduti nel possesso: Marino Marzano, conte di Alife, duca di Sessa, figlio della detta Covella, con la moglie Eleonora figlia del detto re Alfonso.[xii] Il giorno 12 seguente, dalla stessa residenza, il sovrano ordinava così al “Nobili et Egregio Bonoaccurso de florentia fideli nostro dilecto militi”, di prendere possesso della città di Rossano e della terra di Longobucco, in nome e per parte di Covella Ruffo di Calabria.[xiii]

Per questi suoi buoni uffici, Bonaccurso fu ricompensato sia dalla principessa di Rossano che dal sovrano. Il 15 luglio 1443, dall’accampamento regio presso la selva di Vairano, re Alfonso de Aragona confermava la concessione dei beni feudali e burgensatici, nonché della terra di Longobucco, donata in feudo al “Nobilis boniaccursi de florentia” da Covella Ruffo di Calabria, per ricompensarlo dei suoi servigi,[xiv] mentre, due giorni dopo, dall’accampamento regio presso Monterotondo, concedeva al “nobile et Egregio bonaccurso de florentia familiare et fidele n(ost)ro dilecto” e ai suoi eredi, l’annua provvigione di 100 ducati di carlini d’argento, da esigere sulle entrate delle collette e degli altri introiti fiscali della terra di Scala.[xv]

A completamento della transazione avvenuta, il 18 luglio 1443, mentre si trovava ancora nell’accampamento regio presso Monterotondo, re Alfonso de Aragona faceva emettere una “apocha” a cautela di Covella Ruffo di Calabria, relativa alla somma di 4000 ducati d’oro da lei ottenuti per la vendita della città di Rossano e della terra di Longobucco, ricevuti per mano dell’“egregii viri bonacursi de florentia militis procuratoris”, che provvedeva così a consegnare le somme spettanti alla paga dei condottieri che militavano tra le fila dell’esercito del sovrano con le loro truppe: 244 ducati, tareni 3 e grana 6 e ½ al magnifico Lupo Ximenez de Urrea, 600 ducati a Ray.do Aniquino, 50 ducati a Sarro Branchaczo di Napoli, 100 ducati a Jacobo de Ferraro milite, 200 ducati a Theseo de Sabellis milite, 80 ducati a Brusoldo di Perugia, versando i restanti 2725 ducati, tareni 1 e grana 17 e ½ nelle casse del sovrano.[xvi]

 

Una rendita consistente

Anche dopo la morte di Covella Ruffo (ottobre 1445), Bonaccurso Caposacco continuò a ricoprire un ruolo di primo piano nell’ambito della corte di re Alfonso, come evidenzia il privilegio del 13 novembre 1445, dato a Venafro, con cui il sovrano, riconoscendo la legittima successione nel principato di Rossano di suo genero “Marinum de marzano ruffo”, dopo la morte della madre Covella, avendolo già investito con i privilegi datati 2 e 11 novembre di quell’anno,[xvii] nominò principi di Rossano il detto Marino e sua moglie Eleonora de Aragona. Nell’occasione, considerata la loro assenza, i titoli furono consegnati a Giovanni Antonio Marzano duca di Sessa, conte di Alife, ammiraglio del regno di Sicilia, consigliere del Collaterale e padre del detto Marino, nonché al milite e familiare regio “bonacurso de florentia”.[xviii]

A seguito di questo passaggio i feudi posseduti da Bonaccurso dovettero essere riconfermati dal sovrano. Troviamo così che il 14 marzo 1446, in Castelnuovo a Napoli, re Alfonso de Aragona, su richiesta del “magnifici viri boniacursi de Florencia militis fideli familiaris n(ost)ri dilecti ac olim consiliarii illustris q.o Cubelle Ruffe”, gli confermò le concessioni già ottenute dalla quondam principessa di Rossano, ossia: il “feudum vocatum de Sancto Johannis cum foresta”, sito e posto nel tenimento della città di Rossano, “Item feudum seu cursum dictum de Fluca situm et positum in tenimento Roche Neti. Item tenimento de Patamo positum in territorio de Umbriatico. Item jus Casalinatici terre vetule et Judeorum Civitate Carriati. Item feudum de Precello positum in tenimento Civitatis Carriati.” La castellania e la capitania della terra di Longobucco e la “terram Curruculi cum eius fortellicio sitam et positam in ducatu Calabrie”,[xix] che compariva già tra i feudi concessi a Marino Marzano l’11 novembre 1445.[xx]

A proposito di quest’ultimo possesso, il 15 novembre 1446, nell’accampamento regio presso la selva di Presenzano, re Alfonso de Aragona su richiesta del “magnifici viri boniaccurso de florencia fideli familiaris n(ost)ri dilecti”, gli concedeva il regio assenso all’acquisto della “terram Curruculi et eius fortalicium cum omnibus et singulis vassallis” ecc. ecc., vendutagli dal magnifico Jacobo de Aquino.[xxi]

Il giorno successivo, sempre nella stessa località, il sovrano confermava al familiare regio “boniacursi de florentia”, i feudi già concessigli da Covella Ruffo, confermati e riconcessi da Marino Marzano ed Elenora de Aragona, principi di Rossano, ovvero: il “feudum vocatum de s(anc)to johanne dela foresta” sito e posto nel tenimento di Rossano, il “feudum seu cursum dictum de fluca situm et positum in tenimento Roche Neti. Item deffensam seu tenimento de pathamo situm in territorio de Umbriatico. Item jus casalinatici terre vetule judeorum Civitatem Carriati. Item deffensam seu tenimentum de prucello positum in tenimento petrepaule. Item Capitaniam terre longiubuchi” con ogni diritto e pertinenza, “Item baiulationis cabellam marino Civitatem rossani”, ossia la “concessione in feudo del jus piscandi della Marina di Rossano cum sciabichis, et speronibus”,[xxii] ai quali si aggiungevano il “feudum nominatum de Sancto Mauro situm in territorio Strongoli. Item terram Curruculi cum eius fortalicio sitam et positam in ducatu Calabrie”. Considerato poi che l’Illustre Antonio di San Severino, duca di San Marco, aveva venduto al detto Bonaccurso “jure proprio”, certe terre dette “de fuda, seu delo furno”, che erano appartenute al “magistri ricardi dela sita”, poste nel tenimento di Strongoli, confermava tale vendita.[xxiii]

Il feudo dei Caponsacco in territorio di Strongoli è menzionato ancora nella prima metà del Seicento. Il 1 marzo 1626, in Policastro, Johannes Jacobo de Torres di Policastro, vendeva al clerico D. Ottavio Vitetta di Policastro per ducati 600, la “gabellam seu terr.m dittam, et dittum della moraglia seu marina” arborata di olivi con un pozzo dentro, sita e posta nel territorio di Strongoli, confinante con “la spiaggia del mare”, oltre al vignale posto nel medesimo territorio detto “la lenza”, entrambi i beni redditizii alla Mensa Vescovile di Strongoli per grana 25 “et modiorum seu tumolorum quatuor frumenti anno quolibet in feudo Capi sacchi”.[xxiv]

 

Il feudo di Noele

Risale al 9 gennaio 1449 l’acquisto da parte di Bonaccurso Caponsacco, del feudo di Noele posto in territorio di Cirò. Quel giorno “apud civitatem Cariati de provincia Vallisgratis seu ducatus Calabrie”, innanzi a “Priamus de Lilio de eadem civitate Cariati puplicus ubique per totum regnum Sicilie regia auctoritate notarius”, il giudice “Carulo magistri Angeli de terra Ypsigro”, figlio primogenito del quondam notaro “Iohannis” di Cirò, dichiarava che suo padre aveva ottenuto da “Henrichettam Ruffam de Calabria olim marchionissam Cotroni dey gratia olim comitissam Catanczarii, Arenarum, Stili, Mileti et cetera”, la concessione del “pheudum unum nominatum de Noele situm et positum in dicta terra Ypsigro et eius tenimento”, così consistente: “in primis videlicet una cutura de terre ubi dicitur le Ayre de li Donnichi (sic, ma dominichi) prope coturam curie quam tenet Iulius Susagna, (sic, ma susanna) prope terras Nicolay Spolitini et Renaldi Pape Andree, prope terras dompni Caudi, prope […] vadit in mare et alios fines. Item pectia una alia terre ubi dicitur super Aris de Dognicis, prope terram heredum quondam notarii Johannis magistri Angeli, prope terras Sancti Johannis, prope terras notarii Antonii Bonifacii prope terras Ovidii Matalonis, prope terras Petri de […] et alios fines. Item pectia una alia terre ubi dicitur lo Stonne (sic, ma stomio) de la Liche, prope flomariam prope terras Andree Cagnigioy (sic, ma cagnigroy) et Iohannis Cagnigioy (sic, ma cagnigroy) et alii confines dicti pheudi”.

Il giudice Carolo, succeduto in detti feudi dopo la morte di suo padre, deteneva inoltre l’annua provisione di sei once sui diritti della “baiulatione terre Petrupalule”, concessa a suo padre da “Cubellam Ruffam olim principissam Rossani”, e altre tre once sulla “baiulationem dicte terre Ypsigro”. All’attualità, i detti feudi, con tutti i relativi censi,[xxv] venivano venduti a “domino Bono Accursio de Florentia cive et habitatore dicte civitatis Cariati”, per la somma di cinquanta ducati.[xxvi]

 

Uomini d’affari

Accanto all’opportunità di ottenere concessioni e favori, la posizione di privilegio che aveva saputo conquistarsi al tempo dell’ascesa degli Aragonesi al trono di Napoli, consentì a “Dominus Bonaccursius de Florencia” di ricoprire anche importanti uffici nell’ammnistrazione regia, come quello di “capitaneus Cutroni” (1451),[xxvii] e di dedicarsi con profitto all’attività mercantile che, tradizionalmente, apparteneva alla sua famiglia.

Il 30 luglio 1449, in Rossano, innanzi al notaro “Priamus de Lilius de civitate Cariati”, al regio giudice “Antonius Amarella de Rossano” e ai testi sottoscritti, comparivano il “magnifico et egregio viro domino Bono Accurso de Florentia militi de civitate Cariati”, e il “notario Dianolfo Barbamaiore cive et habitatore civitatis Rossani”. Il detto Bonaccurso dichiarava che, a cominciare dal novembre del 1443, e per tutta l’annata della VII indizione, assieme a “Nicolai de Florencia socii et factoris ipsius domini Boniccursii”, aveva fornito al detto Dianolfo, nella città di Rossano e in quella di Cariati, “certam quantitatem pannorum nobilium diversorum colorum vomerum aczari et ferri ad vendendum”.

All’attualità, avendo il detto Dianolfo venduto questa merce, provvedeva a pagare i suoi fornitori fiorentini in base al contratto precedentemente stipulato dal notaro “Iohannis de Prince”, con il quale si era impegnato al tempo nei loro confronti, pagandogli la somma di 28 once tareni 18 e grana 13, “in pecunia zafarana seu cioco (sic, ma croco) et pellaminibus silvestris videlicet martorinis, vulpinis et fuininis”.[xxviii]

 

Il feudo di Fluca

Il fatto di essere un personaggio importante e influente, consentì a Bonaccurso Caponsacco di riuscire ad imporsi nei confronti della potente abazia di San Giovanni in Fiore, che dovette ricorrere al sovrano contro di lui per essere stata spogliata del proprio possedimento di Fluca, esistente presso la confluenza del Vitravo con il fiume Neto.[xxix]

Il 27 Settembre 1457, VI indizione, in “Castellonovo civitatis nostrae Neapolis”, a seguito della supplica di “fratris Geronimi abbatis monasterii Sancti Iohannis de Flore, pertinentiarum dictae civitatis Cusentiae”, re Alfonso d’Aragona, interveniva scrivendo al “Magnifico nobilibus et egregii viris, viceregi nostro provinciae Calabriae, necnon locumtenenti Cusentiae, Vallis Gratis et Terrae Iordanae, vel eorum locumtenenti et assessoribus”, etc..

In detta supplica si affermava che il monastero possedeva “quoddam territorium dictae ecclesiae, quod vocatur Fluca, situm et positum in territorio terrae Caseboni, Roccaneti iuxta flumen Neti, iuxta flumen Pitropi (sic), viam publicam, et alios confines”, ma gli antecessori dell’illustre principe di Rossano, ossia sua madre, l’illustre principessa di Rossano, aveva spogliato il suo abbate antecessore, del diritto di esigere l’erbaggio, la fida gli altri diritti riguardanti il possesso di detto tenimento. Diritti che erano giunti in potere del “magnifici viri Bonio Accursi de Florentia utilis domini terrae Curculi provinciae Calabriae” che, arbitrariamente, aveva impedito all’abate di pascolare con i propri animali in detto possedimento. Considerato tutto ciò, il sovrano ordinava che il monastero fosse ripristinato nei propri diritti.[xxx]

Anche di fronte a questo provvedimento, però, le cose continuarono a seguire il corso ormai segnato dall’occupatore, come evidenzia una lettera del 13 novembre 1470.[xxxi]  Quel giorno, a seguito della supplica del “venerabili viri Evangelistae de Gaeta de Caccurio abbatis Sancti Ioannis de Flore Cusentinae dioecesis de provincia Calabriae”, il quale lamentava il fatto che, a causa dei tempi e dell’incuria dei suoi predecessori, molti beni del suo monastero erano stati occupati, alienati e distratti, ledendo i diritti dell’abbazia e segnatamente, dal “magnificum vir Bonaccursius Caposacco de Florentia teneat et occupet certum territorium nominatum Frucea (sic) in territorio Roccae de Neto”, Ferdinando I re di Sicilia, interveniva scrivendo a suo figlio “Henrico de Aragonia locumtenenti generali in provincia Calabriae”, affinchè fossero ripristinati i diritti del monastero.[xxxii]

Le “intrate di bono accurso Caposacco” e le “Terre de li Capisacchi” in quest’area contesa, sono ricordate ancora nella platea di tutti i beni, diritti e rendite, spettanti all’abbazia di San Giovanni in Fiore, del 1534-1535,[xxxiii] ed anche in quella compilata durante il periodo 1652-1654.[xxxiv]

Tra i feudi posseduti da Bonaccurso Caponsacco al tempo di re Ferrante I, troviamo menzione di quello di “Malopera” in territorio di Acri.[xxxv]

 

La discendenza di Bonaccurso

Bonaccurso Caponsacco ebbe cinque figli maschi che gli succedettero: Francesco, Scipione, Berardino, Cesare e Agostino (Manoscritto Brancacciano X A-3, f. 101t).[xxxvi]

Come era stato disposto nel suo testamento stipulato il 31 ottobre 1472, attraverso il privilegio dato il 26 marzo 1473 “in Castello novo Neapolis”, Re Ferdinando I confermò e donò nuovamente a “Francisci et Scipionis Caponsacco de Florentia, fratrum, filiorumque magnifici Militis Bonacursii de Florentia”, i seguenti beni siti “in Provincia Calabriae” già appartenuti al loro genitore: il “Phaeudum unum nominatum de Sancto Joanne et Foresta, assieme all’altro detto “de Placentia, situm in tenimentis Civitatis Rossani”, il “Phoeudum maritimum, seu jurium maritimae Rossani”, il feudo nominato “de Stoele” (sic, ma Noele), sito nel territorio della terra di Cirò “ab eo emptum”, e il feudo nominato “de Sancto Mauro” sito nelle pertinenze della città di Strongoli, anche questo “ab eo emptum”.[xxxvii]

Francesco, consigliere di stato, “nel 1475 da Innocenzo VIII fu promosso al vescovato di Umbriatico,”[xxxviii] come risulta anche dai documenti vaticani.[xxxix] “Don Francesco Caposacco, vescovo di Umbriatico, possessore del feudo nominato Santo Mauro in pertinentie di Strongoli” (1488-1489),[xl] era già morto il 4 febbraio 1495, quando fu fatto vescovo della città Antonio Guerra.[xli]

D. Bernardino Rogani riferisce che “Cesare fu uno de’ dodeci Capitani Rossanesi andati nel 1480 per ordine di Rè Ferdinando in difesa d’Otranto, fatto assalire, e prendere dal Granturco Maometto II”, e che Scipione, anch’egli fatto consigliere, sposò “D. Virginia Carrafa de’ Conti di S. Severina, nata da Prospero, e da Ippolita Campitelli de’ Baroni poi Conti di Melissa”, mentre “Agostino Caposacco nobile della Città di Rossano in Calabria, ch’è l’istessa, che la casa Caponsacchi Fiorentina”,[xlii] sposò invece “Beatrice Strambone”, delle più antiche, ed illustri casate napoletane del “Seggio di Porto”.[xliii] Questi è menzionato in un atto della curia vaticana del 15 gennaio 1478, con cui si ordinava al vescovo di Cassano di fare giustizia nei confronti di “Augustino et Antonio Capisachi”, relativamente ad un tenimento detto “de Leonso” già concesso loro in enfiteusi dal passato arcivescovo di Rossano, ma che il suo successore aveva concesso al canonico di San Marco.[xliv]

In virtù di un privilegio concessogli da re Ferrante nel 1467, che consentiva a Bonaccurso “di scegliersi un erede tra i suoi figli senza ordine di primogenitura”, la terra di Crucoli passò al milite Berardino suo terzogenito che, nel 1473, ne ebbe conferma dallo stesso sovrano: “Investitura expedita per Ser. num dominum Regem Ferdinandum in persona militis Berardini Capunsacchi pro se, heredibus et succesoribus ob mortem qm. Bonaccursi Capunsacchi eius patris terrae et castri Cruculi de prov. Calabria”.[xlv] Concessione che gli sarà confermata successivamente, anche da re Federico: “Magnifico Berardino Capisaccho, barone di Curuchuli, per la tassa d’adoha in ducati 41.4.10” (1492); “Berardino Caposacco, confirmatione de suoi feudi: Curuculi et Pipino” (1494).[xlvi]

Dopo aver militato “con 14 cavalli” sotto le armi aragonesi contro i baroni ribelli (1486), successivamente passò dalla parte dei Francesi ai tempi di Carlo VIII, ma dato che morì prima del ritorno degli Aragonesi, la terra di Crucoli fu devoluta alla Regia Corte, che il sovrano concesse a Francesco (o Gio. Francesco) Torres, rimastogli fedele nella guerra, con privilegio del I settembre 1496.[xlvii]

 

Nella cattedrale di Rossano

Nella “numerosa discendenza” di Bonaccurso che, come afferma l’abbate D. Bernardino Rogani, godette “Nobiltà nelle Città di Rossano, e di Cotrone”,[xlviii] abbiamo notizia di Scipione e “Octavio” o “Octaviano Capisacco” che, a cavallo della metà del Cinquecento, ebbero entrambi il Tesorierato della cattedrale di Rossano con l’annessa parrocchiale di S. Theodoro, assieme al rettorato della chiesa arcipresbiterale di Rossano sotto il titolo di Santa Maria Nova.

Il giovane Ottavio fu provvisto della dignità di Tesoriere il 18 novembre 1541 all’età di 11 anni, per rassegnazione di Scipione,[xlix] e ottenuta la carica, subito la rassegnò in favore di Melchiore de Murgiis di Rossano, riservandosi un’annua pensione di 50 ducati sui frutti del detto Tesorierato.[l] Nell’ambito di questi scambi in cui fu coinvolto assieme a diversi altri clerici rossanesi, Ottavio ebbe in seguito il canonicato “dello Ogliatro” e la prebenda “de Pachuni” (1545),[li] e lo stesso Tesorierato (1561),[lii] assieme al detto canonicato che deteneva ancora nel marzo del 1567.[liii]

 

Notizie cinquecentesche

Informazioni più frammentarie relative ad altri componenti della famiglia rossanese dei “caponsacca alias de florentia”[liv] durante la seconda metà del Cinquecento, ci provengono relativamente a “Orazio Capisacco”[lv] e a “Carlo capissacco”, che compare innanzi al capitano della terra di Crucoli, “come herede del quondam jo: matteo capissacco suo figlio”, in un atto privo di data contenuto tra quelli appartenenti ai protocolli del notaro Cesare Cadea di Cirò, risalenti alla metà del Cinquecento.[lvi]

Riguarda i figli di “Caroli Caponsacco”, nipoti minori di “Iosephi” Caponsacco, clerici e laici di Rossano, nonché lo stesso Giuseppe, in qualità di eredi dei “quondam Scipionis Caponsacco et Virginiae Caraffa”, anche un provvedimento della curia vaticana del 7 maggio 1642, con cui si dava mandato all’arcivescovo di Rossano e ai vescovi di Umbriatico e di Strongoli, di far restituire loro i beni che gli spettavano legittimamente “iure haereditario”, ma che gli erano stati sottratti “ab occultis detentoribus”.[lvii]

Secondo alcuni, Giulio, di cui sono ricordati i “Cap. matrim. con Aurelia Caponsacchi del 1577 per Not. Lorenzo Teti di Rossano”,[lviii] ebbe brevemente in feudo Rocca di Neto,[lix] mentre a quest’ultima è attribuito un possesso feudale in territorio di Strongoli,[lx] oltre quello di “S. Gio: in Rossano”.[lxi] Certo è comunque che, in questo periodo, diversi componenti della famiglia rossanese godettero di sicura agiatezza in relazione alla propria condizione di feudatari.

Il 21 novembre 1570, nel casale di S. Mauro, davanti al notaro Marcello Santoro, gli “Ecc.es D(om)nos Augustinum caposaccum Jo(ann)em mariam campitellum baronem melisse et mag.cum Diomedem Susannam”, garantivano una fideiussione di 6000 ducati, relativi all’acquisto del casale di S. Mauro da parte del feudatario D. Francesco Carrafa.[lxii] Meno florida appare, invece, la situazione dei suoi eredi sul finire del secolo, attraverso un atto del 7 marzo 1594 stipulato in Cariati.

Quel giorno il m.co Octavio de Milito della città di Napoli, come persona delegata dal Sacro R.io Consilio, in virtù della sentenza esecutoria pronunciata ad istanza del monastero “de santa maria de alvino” di Napoli, provvedeva a fare esecuzione dei beni del quondam “Aug.no caponsacco” e dei suoi eredi, ovvero: un pezzo di terra posto in territorio di Cariati “loco dicto Santa maria dela marina”, confine le terre degli eredi “de malatacca” e la via pubblica, un oliveto nominato “molinello”, una “sala e camera” posta dentro la città di Cariati “loco dicto lo spontone vechio” e un pezzo di terra loco detto “de larso”.[lxiii]

L’Arso risulta tra i feudi posseduti dai Caponsacco durante questa seconda metà del secolo e anche in seguito.[lxiv] Nel suo testamento del 1568, “D. Ferrante Capososacco” lasciava agli Osservanti di Crotone un censo di annui ducati 10 sopra il “feudo dell’Arso in territorio di Cariati” e gli altri suoi beni, che pagavano gli eredi del quondam D. Lelio Iannuzzi di Rossano.[lxv]

 

La baronessa Beatrice

La presenza dei Caponsacco a Crotone risulta documentata già durante la prima metà del Cinquecento. Beatrice Caponsacco sposò Gio. Francesco Pipino di Crotone, ottenendo il 7 novembre 1537, la dispensa vaticana relativa all’impedimento di II e III grado di affinità.[lxvi] Successivamente, dopo la morte di questo suo primo marito, essa sposò il barone di Melissa Giovan Battista Campitelli (1516-1561), come documenta un inventario dei beni di “Beatrice caposacco”, “Baronessa di melsa”, compilato il 27 maggio 1561 dopo la morte di questo suo secondo marito.[lxvii]

Il 16 maggio 1591, mediante atto stipulato in Crotone, “Beatrice caponsacca”, concedeva per sei anni, agli sposi Francesco Tricarico e Adriana Pipino, l’abitazione nelle proprie case poste nella città di Crotone in parrocchia di S. Pietro, già appartenute al quondam Gio. Fran.co Pipino “suo primo marito”, confinanti con le case che erano state “deli martorani” e le case di Camillo Pipino.[lxviii]

Come documenta un atto del 15 luglio 1594, anche questo stipulato in Crotone dal notaro G. F. Rigitano, a quel tempo la “D(omi)na Beatrix caposacco eiusdem Civitatis Crotonis jure comuni romanorum vivens”, possedeva in burgensatico: una “continentiam domorum” posta nella città di Crotone, in parrocchia di S. Pietro, consistente in più e diversi membri inferiori e superiori, confinante con le case della stessa Beatrice, che erano appartenute al quondam “D.ni Jhoannis Fran.co Pipino sui olim primi viri”, le case della mag.ca Hieronima Vitetta e altri fini, nonché la metà del territorio nominato “strongiolito”, posto nel territorio della città di Crotone, confine le terre dette “la foresta”, e le terre “de licina”.[lxix]

 

Nella cattedrale di Crotone

I legami dei Caponsacco nella città di Crotone, dove morirono “Locrecia caponsacca” (1571)[lxx] e “Andriana Caponsacco” (1606),[lxxi] rimasero consistenti anche durante la prima metà del Seicento, quando nella cattedrale di Crotone fu eretto un beneficio semplice senza altare e cappella di iuspatronato delle famiglie Pipino e Caponsacco, sotto l’invocazione di Santa Maria delle Grazie e dei santi Antonio da Padova e Francesco d’Assisi.[lxxii]

Di questo beneficio la cui fondazione risaliva a Fabio Pipino, cominciamo a trovare notizia tra le provviste vaticane nel gennaio 1609 quando, secondo quanto gli spettava, fu assegnato al clerico crotonese Fabritio Bonello figlio di “Lidomiae Capunsacca”, fermo restando la volontà dei patroni.[lxxiii] Successivamente, pur con qualche inadempienza,[lxxiv] ne fu rettore (1614-1644) Io. Francesco Pipino, alla cui morte passò a Luca Antonio de Marchis (1645).[lxxv]

Sul finire del secolo ne era rettore il clerico Francesco Pipino quando, durante la visita condotta dal vescovo D. Marco Rama (1699), constatato che non era stato provveduto a soddisfare gli oneri previsti delle due messe per ebdommada, fu disposto il sequestro delle rendite e dei beni fondiari appartenenti al beneficio, posti nell’ambito della giurisdizione dell’arcivescovo di Rossano,[lxxvi] ossia le terre del feudo dell’Arso posto in “territorio di Petra Paula”, sulle quali era infisso il censo di annui ducati 45 su cui era fondato il beneficio.

Anche in presenza delle gravi inadempienze, comunque, i patroni delle due famiglie continuarono a detenere il patronato, provvedendo a nominare i rettori: il clerico crotonese Michael de Castillo al tempo della visita del vescovo D. Anselmo de La Pena (1720),[lxxvii] il sacerdote D. Gio: Giacomo Messina di Crotone in occasione della compilazione del catasto del 1743,[lxxviii] e D. Gaetano Iannucci di Rossano in occasione di quelli successivi del 1788, 1795 e 1805.[lxxix]

 

Ultimi discendenti

Secondo l’abbate D. Bernardino Rogani che ne scrisse alla metà del Settecento, “ancorche notabilmente si fosse questa Famiglia in Regno propagata”, si sarebbe comunque estinta con Virginia, ultima discendente di Bonaccurso Caponsacco, che abbracciò la vita monacale nel monastero di San Girolamo a Napoli (1659).[lxxx]

A quel tempo, comunque, sappiamo che i “Caponsacchi” erano annoverati ancora tra le famiglie nobili di Rossano, come riporta Ottavio Beltrano nella sua “Breve Descrittione del Regno di Napoli Diviso in Dodeci Provincie” (1640),[lxxxi] dove è documentato che, alla metà del Seicento, vivevano “Francisca Caponsacchi” (1643)[lxxxii] e “Laura Capinsacco” con suo figlio “Fabio Falco” (1668).[lxxxiii]

A quel tempo anche a Crotone i “Caponsacchi” erano ancora una famiglia appartenente al seggio dei nobili di S. Dionigi, come documenta la Cronica del Nola Molise (1649)[lxxxiv] mentre, ancora nel 1702, Francesca Leto, moglie di Silvestro Caposacchi, possedeva a Crotone una casa palaziata con alto e basso in parrocchia dei SS. Pietro e Paolo, confine “il palazzo del q.m Diego Suriano Ralles hoggi del S. Dominico Rodrigues”.[lxxxv]

 

Note

[i] www.archiviodistato.firenze.it

[ii] Raccolta stemmi Trippini www.trippini.it

[iii] Nola Molise G. B., Cronica dell’Antichissima e Nobilissima città di Crotone e della Magna Grecia, 1649, p. 199.

[iv] Paradiso, XVI, 121-123.

[v] “I Ghibellini del detto sesto, i Caponsacchi, …”. Giovanni Villano, Nuova Cronica, tomo I, libro VI, cap. XXXIX. “L’altra puntaglia era in porte San Piero, ond’erano capo de’ Ghibellini i Tedaldini, perch’aveano più forti casamenti di palagi e torri, e colloro teneano Caponsacchi, Lisei, Giuochi, e Abati, e Caligari, e erano le battaglie con quegli della casa de’ Donati, e con Visdomini, e Pazzi, e Adimari.” Giovanni Villano, Nuova Cronica, tomo I, libro VII, cap. XXXIII. “I nomi delle case di rinomo ghibelline ch’uscirono di Firenze furono queste: … Caponsacchi, …”. Giovanni Villano, Nuova Cronica, tomo I, libro VII, cap. LXV.

[vi] “… che stavano presso a Mercato Vecchio; e in quel luogo abitavano i Caponsacchi, che furono grandi Fiesolani.” Giovanni Villano, Nuova Cronica, tomo I, libro V, cap. XI. “Nel detto anno s’apprese il fuoco in Firenze da casa i Caponsacchi presso di Mercato Vecchio, onde arsono molte case, e arsono uomini e femmine e fanciulli XXII, onde fu grande danno.” Giovanni Villano, Nuova Cronica, tomo I, libro VII, cap. IX. “… e poi in Calimala fiorentina in casa i Caponsacchi presso a la bocca di Mercato Vecchio.” Giovanni Villano, Nuova Cronica, tomo II, libro IX, cap. LXXI.

[vii] “La famiglia Caponsacchi fu una delle più antiche, e nobili famiglie della Città e Repubblica Fiorentina”. “Buonaccorso Caponsacchi Nobil Patrizio Fiorentino passò in Regno sotto i Rè Aragonesi, e vi fu bene accolto, ed onorato.” D. Bernardino Rogani, Discorso Storico-Genealogico della Famiglia Nardi, Firenze 1765, p. 175.

[viii] ACA, Cancillería, Reg. 2941, ff. 3v-4v.

[ix] 10 gennaio 1442. “Matthaeo [Saraceni] de Rhegio, Vicario Provinciale Calabriae Ord. Minorum de Observantia, ad petitionem N.V. Bonaccursi de Florentia, domicelli Cariaten., concedit facultatem extruendi domum pro dictis Fratribus extra muros Cariaten., ab ipso Bonaccursio inchoatam.” Russo F., Regesto II, 10610.

[x] “Cariati, S. Francesco, edificato con Bolla di Papa Eugenio IV l’anno 1440 da Bonaccurso Capisucco, cittadino del luogo.” Fiore G., Della Calabria Illustrata, II, 2000, p. 628.

[xi] De Rosis L., Cenno Storico della Città di Rossano e delle sue Nobili Famiglie, Napoli 1838, pp. 349-355. “Di questo Bonacursio ne parla il principe de’ Poeti Dante Alighieri, nonche D. Eugenio Gamurrino nel volume 4° nel descrivere le famiglie Tosche, ed Umbre, e l’Abate Rogani dell’ordine Cisterciense nel trattato della famiglia Nardi nel foglio 175. Nell’anno 1440 tovavasi Bonacursio consigliere di Covella Ruffo duchessa di Calabria, (sic) la quale gli donò il feudo di S. Giovanni in Foresta, ossia Placenzia, in tenimento di Rossano. Comprò in seguito i feudi di Stoele (sic, ma Noele), nel territorio della terra di Ipsigro; e di S. Mauro nel territorio di Strongoli. Di questa donazione e compre ne ottenne da Alfonso I d’Aragona nel 1440 (sic) il regio assenso, e gli concedè ancora il jus piscandi nella marina di Rossano.” Ibidem, pp. 342-343.

[xii] ACA, Cancillería, Reg. 2904, ff. 92v-96r.

[xiii] ACA, Cancillería, Reg. 2904, ff. 92r-v.

[xiv] ACA, Cancillería, Reg. 2904, ff. 96v-97r.

[xv] ACA, Cancillería, Reg. 2909, ff. 12r-v.

[xvi] ACA, Cancillería, Reg. 2904, ff. 98v-99r.

[xvii] 2 novembre 1445, Atri. Investitura di Marino Marzano Ruffo del principato di Rossano, della terra di Longobucco e di tutti i feudi già appartenuti a Covella Ruffo.  ACA, Cancillería, Reg. 2908, ff. 92v-98r. ACA, Cancillería, Reg. 2908, ff. 83r-88r.

[xviii] ACA, Cancillería, Reg. 2908, ff. 91v-92r.

[xix] ACA, Cancillería, Reg. 2907, ff. 157v-159r.

[xx] 11 novembre 1445, Atri. Re Alfonso de Aragona investe Marino Marzano Ruffo e sua moglie Eleonora de Aragona, figlia del re, con il titolo di principe principessa di Rossano, concedendogli i feudi già appartenuti alla quondam principessa di Rossano, Covella Ruffo di Calabria, tra cui la “Terram Curruculi”. ACA, Cancillería, Reg. 2908, ff. 83r-88r.

[xxi] ACA, Cancillería, Reg. 2908, ff. 178r-179r.

[xxii] D. Bernardino Rogani, Discorso Storico-Genealogico della Famiglia Nardi, Firenze 1765, p. 176.

[xxiii] ACA, Cancillería, Reg. 2908, ff. 179r-181r.

[xxiv] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 296, ff. 021v-022v.

[xxv] “iura vero censualia et reditus predictarum vinearum in pertinentiis predicte civitatis Cariati et eius districtu in loco ubi dicitur Le Desertine” (…) “im primis Vinceguerre Puglise posita in predicto loco ubi dicitur le Desertine iuxta vineam notarii Iohannis magistri Angeli, iusta vineam Nicolay de Soldano et alios fines cum reditu anni cuiuslibet (sic, ma anno quolibet) granorum quindecim. Item vinea alia Nicolay de Soldano in eodem loco iusta vineam domini Iacobi de Churanna et alios fines cum reditu tareni unius annuatim. Item vinea dopne Rose relicte quondam notarii Iohannis magistri Angeli, iusta vineam prefati Vinceguerre et alios fines cum reditu anno quolibet tareni unius et medii. Item vinea notarii […] posita in eodem loco iusta vineam Pascalis Cebarioti et alios fines cum redditu anno quolibet tareni unius. Item vinea domini Iacobi de Churanna in eodem loco iusta vineam prefati Vinceguerre et alios fines cum reditu granorum decem anno quolibet. Item vinea Ia cobi de Vercino in eodem loco iusta vineam […] et alios fines cum reditu granorum quindecim anno quolibet. Item vinea Nicolay Cebarioti in eodem loco iusta vineam dompne Sande relicte quondam Nicolay Cappelli et alios fines cum reditu anno quolibet tareni unius. Item vinea Pascalis Cebarioti in eodem loco iusta vineas notarii Priami et alios fines cum reditu anno quolibet tareni unius et granorum decem. Item vinea Nicolay de Sancto Donato in eodem loco iusta vineam dompne Sande predicte et alios fines cum reditu anno quolibet granorum quindecim. Item vinea heredum quondam Antonii Cappelli in eodem loco iuxta vineam Nicolay de Sancto Donato et alios fines cum redditu granorum quindecim anno quolibet. Item vinea Antonii de Lillo in eodem loco iuxta vineam Tuscani (sic, ma cristianii) Russi et alios fines cum redditu anno quolibet granorum decem. Item vinea Stefani Iasconi in eodem loco iusta vineam Stefanii Caliyurii et alios fines cum reditu anno quolibet granorum decem. Item vinea Stefanii Caliyurii in eodem loco iusta vineam dicti Stefani Iasconii et alios fines cum reditu anno quolibet granorum decem. Item vinea Gufo (sic, ma griso) iudey in eodem loco iuxta vineam Antonii de Lillo mediantem viam puplicam et alios fines cum reditu anno quolibet granorum quindecim. Item vinea Cristianii Russi in eodem loco iusta vineam Roberti Russi et alios fines cum reditu annuo quolibet granorum quinque. Item vinea Roberti Russi in eodem loco Iusta vineam dicti Cristianii Russi et alios fines cum reditu annuo quolibet granorum quinque. Item vinea Dominici Sansigle in eodem loco iusta vineam heredum Antonii Cappelli et alios fines cum reditu anno quolibet granorum decem. Item vinea Renaldi de Loysio in eodem loco iusta vineam Iacobi de Vercino et alios fines cum reditu anno quolibet granorum decem. Item vinea dompne Sande relicte quondam Nicolai Cappelli in eodem loco iusta vineam Nicolay de Sancto Donato et Nicolay Cebarioti et alios fines cum reditu anno quolibet granorum decem”. Russo G., Documenti Inediti di Archivi e Biblioteche Calabresi (sec. XII-XVII), Castrovillari, 2006, pp. 383-384.

[xxvi] Russo G., Documenti Inediti di Archivi e Biblioteche Calabresi (sec. XII-XVII), Castrovillari, 2006, pp. 373-385.

[xxvii] “Dominus Bonaccursius de Florencia capitaneus Cutroni” risulta in un atto del 7 settembre 1451 datum “Castilioni”. Fonti Aragonesi II, p. CX e pp. 109-110.

[xxviii] Russo G., Documenti Inediti di Archivi e Biblioteche Calabresi (sec. XII-XVII), Castrovillari, 2006, pp. 465-470.

[xxix] “L.rae Reg.s Alphonsi directae Viceregi Provinciae Cala.e de provisione summarie facienda super spolio territorii de Finca (sic) facto per Bonaccursio Caponsaccu. Anno 1457.” Scalise G. B. (a cura di), Siberene Cronaca del Passato per le Diocesi di Santaseverina-Crotone-Cariati,  rist. 1999, p. 242. “Literae regis Alfonsi directae viceregi provinciae Calabriae de provisione Summarie facienda super spolio territoriii de Fluca facto per Bonaccursium Caposaccum, anno 1457.” De Leo P. (a cura di), Documenti Florensi 2001, p. XLI.

[xxx] De Leo P. (a cura di), Documenti Florensi 2001, pp. 197-199.

[xxxi] “L.rae eiusdem pro Abbate S. Io. de Flore contra usurpantes bona Abbatiae, et signanter contra Bonaccursum Caponsaccum detentore, et occupatorem territorii nominati de Finca (sic) quod est Abbatiae ut fiat eidem ius sum.riu sub anno 1470.” Scalise G. B. (a cura di), Siberene Cronaca del Passato per le Diocesi di Santaseverina-Crotone-Cariati, rist. 1999, p. 249. “Literae regis Ferdinandi pro abbatia S. Ioannis de Flore contra usurpantes bona abbatiae et signanter contra Bonaccursium Camposaccum detemptorem et occupatorem territorii nominati de Fiuca (sic), quod est abbatiae, ut fiat eidem ius summarium, anno 1470.” De Leo P. (a cura di), Documenti Florensi 2001, p. XXIII.

[xxxii] De Leo P. (a cura di), Documenti Florensi 2001, pp. 207-209.

[xxxiii] “Item semo informati per lo supradicto D. Ioanne, como li anni passati che so in circa anni quindeci lo q:m Bernardo mingatio era Procuratore, et esattore de le Intrate di bono accurso Caposacco, et sa ipso D. Ioanne como nelle Serre de le molesia de lo Sardino confinati verso borea le Terre de li Capisacchi, et le Serre Serre ad Neto, et d.o D. I(oan)ne come Procuratore de S. Ioanne de dicte Terre avia avuto lo Terragio da lo q:m Rinaldo Ifone, et da po’ dicto Berardino lo usurpao, et ne ha donato lo Terragio alli Capisacchi, quali Terre ponno essere salmati quattro lavoratorie.” ASN, Real Militare Ordine Costantiniano, Libri maggiori e platee, busta 78/I, f. 126r. “… et verso ponente le T(er)re de S. Ioan(ne) et passa la via, che vene da la difesa, et de la Rocca, et va allo magazeno, et la Serra ad pendino verso vitravo, et destende allo vallone de l’aire de Curgulino, confine le Terre de li Capisacchi, …” “… et lo termino termino, et circunda per la volta de lo dattilo, et fere ad Vitrano, et Vitrano adirto, et conclude alli fini di S. Giorgio affronte le Terre de li Capisacchi, …”. Ibidem, ff. 118-120.

[xxxiv] “… in loco d.o la Valle del Para sino, che fù delli Caponzachi, che confina con la gabella di Covarlino verso ponente, e Vitravo verso tramontana, …”. ASCS, Corporazioni Religiose, B. 8, Vol. 89, f. 44.

[xxxv] Maone P., Dominatori e Dominati nella Storia di Crucoli, in Historica fs. N. 3/1970, p. 196 e n. 70.

[xxxvi] Pellicano Castagna, Storia dei feudi e dei titoli nobiliari della Calabria II, 1996, p. 205. “Berardino Caposaccho di Fiorenza, Bonaccurso padre, Crucoli feudo di Calabria, Cesare, Francesco, Scipione Agostino Caposacho fratelli. Investitura per la morte di detto Bonaccurso e se ne investisce anco per donazione fattali da suo padre (f. 186t, p. 136).” Falanga M., Il Manoscritto da Como, Fonte Sconosciuta per la Storia della Calabria dal 1437 al 1710, in Rivista Storica Calabrese n. 1/2 – 1993, pp. 253-254.

[xxxvii] Rosis L., Cenno Storico della Città di Rossano e delle sue Nobili Famiglie, Napoli 1838, pp. 355-361.

[xxxviii] Rosis L., Cenno Storico della Città di Rossano e delle sue Nobili Famiglie, Napoli 1838, p. 343.

[xxxix] 3 marzo 1475: “Franciscus de Capisuciis (sic) fit Episcopus Umbriaticen., per ob. Nicolai” (Russo F., Regesto II, 12282). 5 marzo 1475: “Pro Francisco de Capisuccio, (sic) Electo Umbriaticen., facultas recipiendi munus consentionis a quocumque maluerit catholico Antis” (Russo F., Regesto II, 12283). 10 marzo 1475: “Rev. d. nus Francisco, Episcopus Umbriaticen., pro totali solutione… fl. auri de camera decemseptem. Dat. Rome, X mensis Martii anni MCCCCLXXV, Pont… anno quarto” (Russo F., Regesto II, 12286). 11 marzo 1475: “Die XI, a d. no Francisco, electo Umbriaticen, fl. sexdecim b.c. pro comm(enda) dioc. eccl.e umbriaticen., per manus Salv. Borgarini” (Russo F., Regesto II, 12287). 11 marzo 1475: “Franciscus, Electus Umbriaticen., provisus V Non. Martii an. IV, obtulit fl. auri de camera Trigintatres et unum tertium” (Russo F., Regesto II, 12289). 10 novembre 1475: “Franciscus, electus Umbriaticen., visitat limina apostolorum, per ven. virum Michaelem Delti, ecclesiae Caesaraugustan. portionarum, procuratorem suum” (Russo F., Regesto II, 12328). 26 dicembre 1475: “Franciscus, electus Umbriaticen., obligavit se pro ecclesia Umbriaticen., fl. auri de camera 33 et 1/3” (Russo F., Regesto II, 12345). 3 aprile 1478: “Guglielmus etc. Cum Rev.dus in X.o p.r d.nus Franciscus dei gratia Ep.us Umbriaticen. teneatur singulis annis Romanam  Curiam et Limina apost. Petri et Pauli visitare…” (Russo F., Regesto II, 12448).

[xl] ASN, Reg. Camera della Sommaria, Segreteria, Inventario.

[xli] 4 febbraio 1495. “Antonius Guerra, Rector parochialis ecclesiae de Sandial, Segovien. dioc., in subdiaconatus ordine constitutus, cubicularius Papae, fit Episcopus Umbriaticen., per ob. Francisci, extra R.C. def.”. Russo F., Regesto III, 13645.

[xlii] “Beatrice con Agostino Caposacco nobile della Città di Rossano in Calabria, ch’è l’istessa, che la casa Caponsacchi Fiorentina”.” De Lellis C., Discorsi delle famiglie nobili del Regno di Napoli del signor Carlo De Lellis parte seconda, Napoli 1663, p. 317.

[xliii] D. Bernardino Rogani, Discorso Storico-Genealogico della Famiglia Nardi, Firenze 1765, p. 177.

[xliv] 15 gennaio 1478. “Episcopo Cassanen., et Vicario eiusdem Episcopi in spiritualibus generali, mandat ut faciant iustitiam Augustino et Antonio Capisachi, de quoddam tenimento, de Leonso nuncupato, eisdem ab Angelo, b. m. Archiepiscopo Rossanen., in perpetuam enphiteusim concesso et quod Matthaeus modernus Archiepiscopus Rossanen., vindicavit et Antonio calvosa, Canonico Sancti Marci, concessit.” Russo F., Regesto II, 12438.

[xlv] Calabria”. Maone P., Dominatori e Dominati nella Storia di Crucoli, in Historica fs. N. 3/1970, p. 196, n. 72. Pellicano Castagna, Storia dei feudi e dei titoli nobiliari della Calabria II, 1996, p. 205.

[xlvi] ASN, Reg. Camera della Sommaria, Segreteria, Inventario.

[xlvii] Pellicano Castagna, Storia dei feudi e dei titoli nobiliari della Calabria II, 1996, p. 205. “Magnifico Francesco Torres, signore de castello de Curuculi per la tassa di detto casale agravandose, che si bene fù tassato in ducati 61.3.16 il quondam Bono Accurso Caposacco tunc signore di detto castello, andavano altri feudi: per Curuculi in ducati 37.4” (1500). “Magnifico Francesco Torres signore di Cruculi, tassato per ducati 42.4.6: per Cruculi ducati 18.4.10 et per alys feudis ducati 23.4.16, quale feudi dice non possederli esso et diminuirseli la detta somma, et sono: lo pheudo delo Serpinolo possede madamma Lisabetta, mogliere di messer Francesco Campanella, et madamma Iesomina, moglie di messer Scipione Morano; sito in Stongoli, et in Acri, lo pheudo Breca se possede per Scipione Caposacco in Russano” (1530). ASN, Reg. Camera della Sommaria, Segreteria, Inventario.

[xlviii] D. Bernardino Rogani, Discorso Storico-Genealogico della Famiglia Nardi, Firenze 1765, pp. 176-177.

[xlix] 18 novembre 1541. “Octaviano Capisacco, clerico Rossanen., providetur de Thesaurieratu ecclesiae Rossanen., et de parochiali ecclesia S. Theodori, eidem annexa, vac. per resignationem Scipionis Capisacchi. Dat ut. s.” Russo F., Regesto IV, 18452. A questo Scipione sembra possano riferirsi le notizie riportate dal De Rosis: “Fu ancora consigliere particolare della Regina Bona, nonche della madre di lei Isabella d’Aragona, dalla quale ottenne la conferma del feudo di S. Giovanni in Foresta. Trapassata però detta regina a 18 novembre 1557, ed essendo lo stato di Rossano con quello di Bari passato alla regia corte, da quella dietro il pagamento del rilevio in duc. 107 nel 27 gennaio 1559 ottenne l’intestazione del cennato feudo nel regio Cedolario. De Rosis L., Cenno Storico della Città di Rossano e delle sue Nobili Famiglie, Napoli 1838, p. 343.

[l] 29 novembre 1541. “Octavio Caposacci, clerico Rossanen., in XI aetatis suae constituto, fuit provisum de Thesauraria maioris ecclesiae Rossanen., et de s.c. ecclesia B. Mariae Novae, Rossanen., tunc vac. per resignationem Scipionis Capisacchi, per Caesarem de Foggia, archipresbyterum eiusdem ecclesiae, procuratorem suum, factam et admissam, nec non de parochiali ecclesia S. Theodori, etiam Rossanen., eidem Thesauraria annexa, sub dat. XIV Kal. decembris, an. VIII; quae, per Melchiorem de Murgiis, clericum Rossanen., procuratorem suum, resignavit. Propterea eidem reservatur annua pensio 50 duc. super fructibus praefatae Thesaurariae, cum mandato Pientin. et Suanen. episcopis ac Vicario generali Archiep.i Rossanen. de executione.” Russo F., Regesto IV, 18459. 11 dicembre 1541. “Octaviano Capisacco, clerico Rossanen., qui cessit Thesaurariatu ecclesiae Rossanen. et s.c. ecclesiae B. Mariae, Rossanen., necnon parochiali ecclesiae S. Theodori, eidem Thesaurariatu perpetuo annexae, de quibus fuit ei provisum, per resignationem Scipionis Capisacchi sub dat. XV Kl. decembris, an. VIII, et de quibus providetur nunc Melchiorri de Murgiis, clerico Rossanen., reservatum regressus.” Russo F., Regesto IV, 18467.

[li] 4 dicembre 1545. “Octavio de Capisaccho providetur de canonicatu dello Ogliatro et de praebenda de Pachuni in ecclesia Rossanen., vac. per resignationem Petri de Tramona, per Caesarem de Fogia, Archidiaconum Rossanen., procuratorem suum, factam et admissam.” Russo F. Regesto IV, 19047.

[lii] 28 giugno 1561. “Dicta die, d. octavius Caponsacchus, Thesaurarius ecclesiae Rossanen., per d. Io. Iacobum Pavonum, clericum Catacen., procuratorem suum, consensit resignationi Thesaurariae ecclesiae Rossanen. et rectoriae S. Mariae Novae et quosdam canonicatum et praebendam et als ut in procuratorio mandato latius dicitur apparere in camera aplca revocavit et pro revocatis habere voluit.” Russo F. Regesto IV, 20964.

[liii] 24 marzo 1567. “… quasdam terras aratorias cultas et incultas, in territorio Rossani sitas, iuxta bona Iosephi dello Archidiacono et terras canonicales Octavii Capisacchi et bona Lucae Sicilia.” Russo F. Regesto IV, 21727.

[liv] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 78.

[lv] 20 luglio 1569. “Gian Girolamo Morano (Barone di Cagliato) raccomanda al Card. Sirleto il caso di Gian Alfonso Ricca, nipote di sua moglie, che consumò il matrimonio con una signora di Rossano, vedova di Orazio Capisacco e, dopo le pubblicazioni, si scoprì l’impedimento di affinità di terzo e quarto grado. Prega inoltre di far scrivere dal Generale dei Gesuiti al Provinciale di Messina a favore di suo figlio.” Russo F., Regesto IV, 22144.

[lvi] ASCZ, Notaio Cadea Cesare Cirò, busta 6, f. 275.

[lvii] 7 maggio 1642. “Archiep.o Rossanen., et Umbriaticen. ac Strongulen. ep.is mandat ut Curatoribus personarum et bonorum Iosephi et natorum Caroli Caponsacco, dicti Iosephi nepotum minorum, clericis sive laicis Rossanen. dioc., census, frugum et mercium quantitatem, libros etc. iure haereditario quondam Scipionis Caponsacco et Virginiae Caraffa coniugum, eis legitime spectantia, faciant ab occultis detentoribus restituere.” Russo F., Regesto VII, 34033.

[lviii] D. Bernardino Rogani, Discorso Storico-Genealogico della Famiglia Nardi, Firenze 1765, pp. 177-178 e nota c.

[lix] “Ma Alfonso Giraldino tenne la terra di Rocca di Neto per poco tempo, e decise di venderla a Giulio Caposacco della città di Rossano. Il nuovo feudatario rossanese, Giulio Caposacco per dare a diversi creditori la somma complessiva di ducati ventimila aveva alienato libera, senza patto di retrovendita, la terra di Rocca di Neto a D. Cesare d’Aquino, Conte di Martorano, e su questa vendita ottenne il Regio Assenso dal Vicerè il 29 gennaio 1579.” Gallo-Cristiano A., Piccola Cronistoria di Rocca di Neto, 1929, p. 47.

[lx] La “Magnifica Aurchia (sic, ma Aurelia) Caposacco, padrona del feudo de Martinello (Molinello ?) sito nel territorio della città di Strongoli, per l’usurpatione d’una grancia di detto feudo fatta per detta università nominata la Cayazza” (1591). ASN, Reg. Camera della Sommaria, Segreteria, Inventario.

[lxi] “Si ritrova morto nel 1473 il detto Buonaccursio, e Francesco Caponsacco di Firenze habitante nella città di Cariati, tanto in suo nome, come in nome di Scipione suo fratello, loro figliuoli, denunciano la morte di quello, per un feudo inhabitato, nominato S. Gio: in Rossano per morte di Aurelia madre di Scipione Caponsacco, paga il relevio nel 1600 per detto feudo et altri.” Aldimari B., Memorie Historiche di Diverse Famiglie Nobili, Napoli 1691, p. 45. Riguardo Scipione Caponsacco, fa confusione anche il De Rosis, secondo cui questi sposò “Aurelia Civitate” ed ebbe il figlio “Giov. Battista”. De Rosis L., Cenno Storico della Città di Rossano e delle sue Nobili Famiglie, Napoli 1838, p. 343.

[lxii] ASCZ, Notaio Santoro M., Vol. II 1570-1571, ff. 25v-26v.

[lxiii] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 309-309v.

[lxiv] “Scipione marito della Carrafa, (sic) morendo nel 1639, ordinò che mancando la sua posterità, si fabricasse in Rossano un Convento dell’Ordine di S. Domenico, dotandolo del Feudo, o territorio chiamato l’Arso, con dovervisi mettere le sue Armi. D. Bernardino Rogani, Discorso Storico-Genealogico della Famiglia Nardi, Firenze 1765, p. 178 e nota in cui si cita il “Testam. per Not. Gio: Domenico Piatto di Rossano”.

[lxv] “1568. In n.ro Gregorio Mele D. Ferrante Caposacco nel suo ultimo testamento lascia a d.i PP. Osservanti senza peso annui D. 10 sopra il feudo dell’Arso in territorio di Cariati e sopra tutti li suoi beni quali si pagano dagli eredi di q.m D. Lelio Iannuzzi della Città di Rossano, ed indi dal S.r Principe di Campana.” “Notamento di tutti li legati e contratti di questo venerabile Conv.to dell’Osservanza nella Città di Cotrone, per la quale il convento ne va creditore, da noi fatto l’anno 1683. Da cui fattone lo spoglio si ricavano le seg.ti notizie.” ASCZ, Cassa Sacra, busta 383, fasc.li 1, 14, 16, 19, 20, e 22.

[lxvi] 7 novembre 1537. “Pro Io. Francisco Pipino, laico, et Beatrici Capisacco, muliere, Cotronen. dioc., dispensatio super impedimento in 2° et 3° gradu affinitatis.” Russo F., Regesto IV, 17896.

[lxvii] “Copia di Notamento di robbe lassate per la s.ra Baronessa di melsa no(m)i(nat)a Beatrice caposacco impotere del m.co Alonso trugillo Philippo marro et Matteo di venuto adi 27 mayi 1561 in lo castello di melsa.” ASCZ, Notaio Cadea Cesare Cirò, busta 6, ff. 62-65v.

[lxviii] ASCZ, Notaio Rigitano G. F., busta 49, ff. 61-62v.

[lxix] ASCZ, Notaio Rigitano G. F., busta 49, f. 151.

[lxx] 16 maggio 1571. “A dì 16 Locrecia caponsacca d. 0.4.1.” ASN, Dip. Della Sommaria Fs. 315/9, f. 67v.

[lxxi] “A dì 9 di 8bre 1606 morsi la Sig.ra Andriana Caponsacco et si sepellio in Sancto Fran.co di assisa.” AVC, Libro dei Morti cart. 20, f. 47v.

[lxxii] D. Bernardino Rogani, faceva risalire la fondazione di questo beneficio a “Giulio fu Barone della Rocca di Neto, e nel 1582 eresse e dotò dentro la Catedral Chiesa di Cotrone la Cappella di S. Maria, S. Antonio e S. Francesco di Assisi di padronato della sua Famiglia, ordinata già da Muzio Caponsacco, e da Giacoma Lucifero conjugi.” D. Bernardino Rogani, Discorso Storico-Genealogico della Famiglia Nardi, Firenze 1765, pp. 177-178.

[lxxiii] Gennaio 1609. “De beneficio simplici B. Mariae et S. Francisci et Antonii, in ecclesia Cotronen., de iurepatronatus laicorum, et uni ex filiis et descendentibus Lidomiae Capunsacca debito, vac. per ob. Scipionis Montalcini, de mense octobris praeteriti def., providetur Fabritio Bonello, clerico Cotronen., filio legitimo dictae Lidomiae, praesentato a quibusdam patronis, licet maior pars illorum non qualificata non consentiat.” Russo F., Regesto V, 26738.

[lxxiv] Febbraio 1614. “De beneficio simplici, sub invocatione B. Mariae et SS. Antonii et Francisci, in ecclesia Cotronen., cuius fructus XXIIII duc., de iurepatonatus laicorum, videl. Familiae Papina (sic) et Caposacchi, vac. ex eo quod Io. Franciscus Papina (sic) resignationem sive cessionem non publicavit, providetur Iulio Honesto, clerico Senogallien.” Russo F., Regesto V, 27344.

[lxxv] Aprile 1645. “De beneficio simplici S. Mariae Gratiarum in ecclesia Cotronen., asserti iurispatronatus laicorum, cuius fructus XXIIII duc., vac. per ob. Io. Francisci Pipini, de mense Octobris anni prateriti def. providetur Lucae Antonio de Marchis, clerico Lucan.” Russo F., Regesto VII, 34669.

[lxxvi] “Beneficium Iurisp.s Fam.rum Caponsacco et Pipino q.m Fabii sine Altare, et Cappella tit.o S. Mariae de Gratiis, et SS. Francisci Assisinatis, et Antonii Patavini Rector in praesenti Cl(eri)cus Franciscus Pipino. Onera missarum duae per hebdomadam. Interim institit Promotor Fiscalis Visitationis sibi constare onera supradicta non adimplex, adeoque procedendum esse ad sequestrationem fructuum quorum praecipuus fundus est in Dioecesi Rossanen.s. Et Ill(ustrissi)mus D(omi)nus Visitator ita pronunciavit. Nos Visitantes mandamus, q(uate)nus cum effectu sequestrent fructus, et redditus supramemorati Beneficis ad finem et interim implorari Assistentiam Curiae Archiepiscopalis Rossanen.s et ita Datum ut supra. D. Marcus Episcopus Cotron.s.” AVC, Acta Sancta Visitationis del vescovo D. Marco Rama A. D. 1699, ff. 32v-33.

[lxxvii] “Benef.m Iurisp.s Fam.rum Camponsacchi, et Pipino q.m Fabii. Beneficium hoc sub titulo S.ae Mariae Gratiarum, Fran.ci Assisinatis, et Antonii de Padua, cuius Rector ad p(raese)ns est cl.s Michael del Castillo, gravati onera missarum duarum per hebdomadam. Habet in Bonis. Census. Sopra le terre dell’Arso territorio di Petra Paula del Sig.r Principe di Campana annui D. 45. AVC, Acta Sancta Visitationis del vescovo D. Anselmo de La Pena. A. D. 1720, f. 41v.

[lxxviii] “Beneficio sotto Tit.o di S. Maria delle Grazie, S. Fran.co d’Assisi, e S. Antonio da Padova, al p(rese)nte del Benificiato Sacerdote D. Gio: Giacomo Messina, eretto nella Catredale di questa Città, possiede Un annuo Cenzo di d. 45 sopra il Feudo d.o de Arso dell’ill(ustr)e Conte de Bocchiglieri, e perciò non si tirano oncie, perché situato in alieno Terr.o.” ASN, R. C. della Sommaria, vol. 6955, Catasto Onciario di Crotone 1743, f. 221v.

[lxxix] “Beneficio sotto tit.o di S. Maria delle Grazie, S, Fran.co d’Assisi, et S. Ant.o da Padova, del Benef.to D. Gaetano Iannucci di Rossano pos.e videlicet Un’An. Cen. di D. 45 sopra il Feudo d.o dell’Arzo del Conte di Bucchigliere, non si tirano le oncie, ne paga cosa alcuna, perche d.o An. Cenzo è situato in Territorio Forastiere.” Catasto onciario di Crotone 1788, f. 463. “Benef.o sotto titolo di Santa Maria delle Grazie, S. Francesco di Assisi, e S. Antonio di Padova del Benef.o D. Gaetano Iannice (sic) di Rossano. Possiede un Annuo Censo di d. 45 sopra il Feudo dell’Arso del Conte di Bucchiglieri, che non si tirano l’once, né paga niente, perché situato in Rubrica di Forastieri. Catasto Onciario di Crotone 1795, f. 164v. “Beneficio sotto Tit.o S.a Maria delle Grazie, S. Fran.co d’Assisi, e S. Ant.o di Padova del Benef.to di D. Gaetano Iannice (sic) di Rossano un annuo cenzo di d. 45 sopra il Feudo dell’Arso del M(arche)se Berlingieri, e non si tirano l’once per essere situato in alieno Territ.o.” Catasto Onciario di Crotone 1805, f. 148v.

[lxxx] “Ma ancorche notabilmente si fosse questa Famiglia in Regno propagata, pur all’età de’ nostri padri ridotta in una sola femmina, dal nome della Carrafa sua avola, chiamata D. Virginia, e rendutasi ella nel 1659 Monaca Francescana nel Monastero di San Girolamo di Napoli col nome di Suor Maria Colomba, venne in lei a mancare del tutto la nobil Famiglia.” D. Bernardino Rogani, Discorso Storico-Genealogico della Famiglia Nardi, Firenze 1765, p. 178. La notizia è ripresa dal De Rosis, secondo cui la famiglia si estinse con Virginia Caposacco dopo la morte di suo padre Carlo (1643). Rosis L., Cenno Storico della Città di Rossano e delle sue Nobili Famiglie, Napoli 1838, p. 346.

[lxxxi] “… e quivi sono le seguenti famiglie nobili. … Caponsacchi …”. Beltrano O., Breve Descrittione del Regno di Napoli Diviso in Dodeci Provincie, 1640 p. 253.

[lxxxii] 5 febbraio 1643. “Pro Iacobo Campitelli, laico, et Francisca Caponsacchi, muliere, Rossanen. dioc., super impedimento tertii gradus consanguinitatis.” Russo F., Regesto VII, 34177.

[lxxxiii] 13 agosto 1668. “Archiep.o Rossanen., et Bisignanen. ac S. Marci ep.is sive eorum Vicariis Generalibus, mandat ut Laurae Capinsacco, mulieri, et Fabio Falco, eius nato, laico Rossanen. dioc., census, bona mobilia, scripturas, libros, auri quantitates, etc., subtracta, faciant ab occultis detinentibus restituere.” Russo F., Regesto VIII, 45509.

[lxxxiv] Nola Molise G. B., Cronica dell’Antichissima e Nobilissima città di Crotone e della Magna Grecia, 1649, p. 199.

[lxxxv] ASCZ, busta 497, anno 1702, f. 42v.


Creato il 29 Gennaio 2020. Ultima modifica: 29 Gennaio 2020.

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