Alcuni documenti sull’inquisizione nell’arcidiocesi di Santa Severina tra il Cinquecento e il Seicento.

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Arme dell’arcivescovo di Santa Severina Giulio Antonio Santoro (Ughelli F., Italia Sacra, VIII, 486).

Arcivescovo Giulio Antonio Santoro (1566–1573)
Una sentenza di condanna, seguita da abiura, vede per protagonisti nel 1567 l’abate commendatario Mario Barracca ed il barone di Lattarico Alfonso Barracca. Mario Barracca, abate commendatario dell’abbazia di Santa Maria di Altilia, sospettato di eresia, dopo la definitiva sentenza inflitta da due cardinali della Santa Inquisizione, è condannato e sospeso per tre anni dall’amministrazione dell’abbazia. Il 9 maggio 1567 un Breve di Pio V concede in commenda per un triennio l’abbazia all’arcivescovo di Santa Severina Giulio Antonio Santoro, assegnandogli una congrua parte delle rendite “pro eiusdem substentatione”. (Sententia et abiurationes Dominorum Marii et Alfonsi de Barracchis in anno 1567).
L’anno dopo (1568) segue la condanna per eresia con abiura del feudatario di Cirò Petro Antonio de Abenante, barone di Calopezzati. Anche in questo caso sono prevalenti le ragioni economiche legate a dispute patrimoniali e di interesse (Sententia et abiuratio Petri Antoni de Abenante in anno 1568).
Da un atto del notaio Francesco Albozino della terra di Cirò, rogato il 27 luglio 1569, apprendiamo che Hieronimo Salvato donava alla moglie Armenia Tegana tutti i suoi beni, per compensarla della dote. Il Salvato dichiarava che al momento dell’atto egli si trovava “inquisitus de suspitione fidei catholicae et proinde ligatus in posse alguzerii regiae aud.ae provintiae calabriae et nesciens quid de ipso erit, dubitans ne vita cum morte commutaret”. (35, 1584, 242-243r)
Seguono nel 1571 l’abiura del prete greco Georgio Schulco (Abiuratio facta per praesb. Georgium Schurch in anno 1571) e l’anno dopo quella del frate Sempronio Basami di Cirò (Copia sent.iae et explicationis et revocationis per pu.cum instrumentum factae per Fr.em Sempronium Basami de T.ra Psygrò in anno 1572).

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Arme dell’arcivescovo di Santa Severina Francesco Antonio Santoro (Ughelli F., Italia Sacra, VIII, 488).

 

Arcivescovo Francesco Antonio Santoro (1573–1586)
L’azione inquisitoria entra nella vita quotidiana della città, il potere arcivescovile la utilizza per raggiungere i suoi scopi economici e sociali, intimorendo e carcerando anche con l’utilizzo del braccio secolare.
L’azione inquisitoria è testimoniata da un atto di protesta dei coniugi Silvestro de Martino e Margarita Infosina contro Laurentio de Modio. Il 9 ottobre 1574 il De Martino afferma che negli anni precedenti gli furono sequestrati alcuni beni ed oggetti da un commissario dell’udienza per inquisizione “de pretensa blasfemia dei”. Tali beni del valore di ducati 50 furono dati in custodia al Modio, che allora ricopriva la carica di mastro giurato della città, il quale però li aveva utilizzati a suo comodo. Assolto il Martino ora vuole dal Modio i 50 ducati.
Il lungo elenco dei fascicoli, non più esistenti nell’archivio arcivescovile di Santa Severina, testimonia l’azione repressiva di questo periodo.
Processus de heresi contra Joannem Baptista Garrafam Gubernatorem S. Sev.nae.
Contra Angelum Vecchio S.S.nae de heresi 1575.
Acti d’escomuniche contra quelli che non si sono confessati 1577.
Copiae s.ntiae abiurationis factae Romae et publicatae in Civitate S.tae S.ae per praesbiterum Constantinum Chrisaplum abiurantem in anno..
Copia S.ntiae abiurationis factae Romae et publicatae in civitate S.tae S.nae per Praesbiterum Marcum Corcyrensem in anno …
Contra Marcum Sanasium T.rae Cutri de blasfemia.
Contra Simonem Campanarium de verbis suspectis.
Contra il catapano di Mesoraca pro hereticali blasfemia.
… del Bracchio dell’Aud.tia concessoli contra Marco Antonio Longo … arcivescovali per cause di religione in an. 1581.
Informatio de heresi contra Ioannem Matteum Militum (Caccurien 1582).(Informatio contra Mattheum Melito magistrum juratum et Scipionem Farago Caccurii impedientes libertatem ecc.am)
Copia simplex processus Curiae ep.lis Cariaten. … Florentini … inquisiti de causis spectantibus … hereticae pravitatis an. 1584.
Contro Giovan Battista Spinelli, principe di Scalea e marchese di Mesoraca “de heresi” (1584).
Infor. Capta per ep.lem Curiam Cariaten contra Joem luca florentino de causis ad S.tam Inquisitionem pertinentem de fuga et contra petrum la monheda per auxilio praeditto 1584.
Contra Andream de Mes cap.um S. S.nae de heresi 1585.

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Arme dell’arcivescovo di Santa Severina Alfonso Pisano (Ughelli F., Italia Sacra, VIII, 488).

 

Arcivescovo Alfonso Pisano (1587–1623)
Tra la fine del Cinquecento e nei primi decenni del Seicento troviamo anche alcuni processi contro la magaria.
Inf.o contra Lauram Canalem de sortilegys (1589).
Inf.o contra Jo.em Paulum Canalem dicentem verba indecorosa (1590).
… Marcum nosellum catapanum mesoracae de blasfemia hereticale 1591.
Informatio de ordine S.ti Offitii contra Nicolaum Zurlum … quomodo sentiat de sacramentis. 1591.
L.ra del S.to Off.io a Mons Arcivescovo con la denuncia … Ant.o del Sindico contra fabritio … trovandosi il libro il q.le si fa ment.ne …sendo altri iuditii procedi a carc…
Inform. Contra Camillum longum Civitatis Salerni Cap.m S. Sev.nae de causis spectantibus ad offitium S. Inquisitionis in anno 1601. Infor. Contra Camillum longo Cap.num S.tae S.nae super verbis heret…
L’attività repressiva della Chiesa di Roma si consolida con il controllo culturale e perseguitando il pericolo ereticale. Particolarmente attive sono le due congregazioni del Santo Uffizio e dell’Indice, quest’ultimo procede secondo il recente catalogo dei libri proibiti, emanato nel 1596 dal papa Clemente VIII. L’inquisizione è portata avanti sul territorio dagli arcivescovi e dai vescovi, che nell’arcidiocesi di Santa Severina ha per referente l’arcivescovo Alfonso Pisani, al quale sono dirette le lettere del Santo Uffizio di Roma e dal quale partono gli ordini per i vescovi delle diocesi suffraganee. L’arcivescovo, tramite l’azione dei vescovi e dei vicari presenti nelle diocesi, vigila e interviene, avocando a sé ed istruendo i processi riguardanti i casi di magia e di divulgazione degli scritti eretici, come si legge in un apposito elenco.
“Casi riservati a Monsig.r Ill.mo Arcivescovo di Santa S.na.
Item delli sortilegi maggi et divinationi con la expressa o tacita invocatione de demonii o ministerio loro.
Item de quelli che scientemente hanno ritenuto o letto libri heretici o de authori heretici o vero prohibiti secondo lindice fatto per ord.ne de n.ro Signore Clemente papa VIII riservato però li casi ch’appartengono al sommo romano pontefice.
Item de quelli impressori o librari che hanno tenuto qualsivoglia libro senza licenza nostra o del nostro vicario.”
Il 16 agosto 1599 il cardinale di Terra nova inviava una lettera all’arcivescovo di Santa Severina: “Scoprendosi ogni giorno libri perniciosi, che da Inq.re o Vescovi da diverse parti sono notificati alla n.ra Cong.ne dell’Indice, però V.S. con il solito zelo, et pastoral cura userà ogni diligenza in tutta la provincia, et dove si stenderà la sua giurisditione, in far eseguire et osservare l’Indice, et avvisar il progresso che andrà facendo, et le diff.tà che nasceranno, con mandar nota de libri prohibiti ò sospeti, che nell’esecut.ne dell’Indice son ritrovati, et instituir una Cong.ne di varii consultori à questo effetto, et andar censurando, et corrigendo libri conforme all’Indice con mandar le censure alla n.ra Cong.ne accio più facilmente si possi publicare l’Indice espurgatorio con che fine da N.S.D.”.
Segue una lettera del nunzio di Napoli del 9 maggio 1601 con l’ordine di proibire per tutto il Regno “un libretto in ottavo senza espressione d’Autore, d’Impressori, ne del luogo , ne del tempo intitolato Calendarium Gregorianum perpetuum con la bolla dello stesso Papa Greg.rio XIII che si bene ne i primi anni concorda con d.a Chiesa nella celebrat.ne della Pasqua, conclude poi tutto l’opposito in grave pregiud.o et inganno de semplici et incauti …” L’anno dopo è la volta delle opere di Carlo Molineo e poi del libro di Maurizio Moro: “Il giardino de Madrigali”, quindi nel 1609 il libro scritto dal re di Inghilterra Giacomo I e stampato in Londra intitolato “Apologia pro iuramento fidelitatis”. In questo caso l’emissario generale del S. Indice il 23 luglio 1609 da Napoli così scriveva all’arcivescovo di Santa Severina: “… per ovviare a questa peste comanda la S.ta di N. Sig.re et quella suprema Congregatione che tutti li Sig.ri Ordinarii di questo regno privatamente notifichino ai librari della loro giurisditione che non faccino venire ne ricevano gli esemplari di tal libro, et essendoli inviati dalli loro correspondenti, o capitandoli in qualsivoglia modo nelle mani non debbiano venderli, ne disporre di essi, ma consignarli sub.to intieramente al S.to Off.o. Di più che gl’istessi SS.ri Ordinarii faccino usare la medesima diligenza alli passi, et porti della Città con li corrieri, o conduttieri di robbe, gabellieri, et datieri, acciò capitandovi gl’esemplari di detto libro siano retenuti, et consegnati in mano degl’istessi ordinarii, et del S.to Off.o …”
Procede in questi primi anni del Seicento il tentativo di limitare il rito greco In una lettera da Roma all’arcivescovo di Santa Severina del 29 settembre 1603 il cardinale Borghese così si esprime: “E’ venuto a notit5ia di questa Sacra Congreg.ne dell’Inq.ne che in molte città, e diocesi d’Italia, ove habitano Laici del rito Greco, si amministra loro il S.mo Sacram.to dell’Eucharistia sub utraq. Specie; di che essendosi trattato dinanzi a N. S.re à IIII del p.nte, la S.ta sua ha risoluto, che di suo ordine espresso si scriva a tutti quegli ordinari c’hanno sudditi del detto rito greco, che si faccia ogni opera di toglier et prohibir per lavvenire in ogni modo così grave e pernicioso abuso, et s’introduca, et osservi di amministrarsi il detto sacramento della eucharistia sotto una specie solamente, come anco si è inteso che così rettamente si osserva dagl’istessi Greci in molte altre diocesi …”.

Il Santo Uffizio all’opera
Dei numerosi incartamenti dei processi per eresia e per magia non si trova più traccia nell’archivio arcivescovile. L’unica testimonianza è il lungo elenco dell’inventario delle scritture presenti nell’archivio compilato all’inizio del Seicento. Come si ricava dalle lettere inviate da Roma dal cardinale Pompeo Arigone, i processi riguardanti le “abiurationi e le sentenze emanate dal tribunale ecclesiastico furono spedite al Santo Uffizio , mentre quelli riguardanti casi di magia e di sortilegi furono bruciati pubblicamente.
Ill.mo et R.mo Mons.re La Santità di N. S.re ha ordinato ch’io scriva à V. S., che mandi copia autentica à questo S.to Offitio di tutte l’abiurationi et sentenze fatte nel suo Tribunale da x anni in qua per cause spettanti alla Santa Inquisit.ne, et che per l’avvenire secondo che occorreranno simili abiurat.ni et sentenze continui a mandarne copia auten.ca. Il che S. S.ta ha risoluto cosi per haver informat.ne delle expeditioni delle cause del S.to Off.o, come anco accioche dette sentenze et abiurat.ni si conservino nell’Archivio di q.sta S.ta Inquisitione. Però V.S. sia contenta di esseguire il pred.o ordine con la debita diligenza et prontezza et N. S. Dio la conservi. Di Roma li 30 di 7bre 1607. Di V. S. Ill. et R.ma .Come f.llo il Card.le Arigone.
Il 22 agosto 1608 il cardinale di Santa Balbina Pompeo Arigoni inviava una lettera all’arcivescovo di Santa Severina Alfonso Pisani ordinandogli di bruciare pubblicamente tutti gli incartamenti riguardanti i processi per “sortilegii” e “cose magiche”, in modo da sottrarli dalla lettura di “persone incaute o poco timorate di Dio”.
“Ill.re et R.mo Mon.re come fratello.
Perche occorre spesso trattare cause de sortilegii et di cose magiche, che hanno principio, et dependenza da scritture perniciose di simile professione, et conservandosi finite le cause si dà occasione à persone incaute, o poco timorate di Dio di leggere et vedere tali scritti, et inganni, et trattarne con altri, Però volendo questi Illmi Sig.ri miei colleghi provedere à mali, che soccedono dalla retentione di tali scritti sortilegi et magici, hanno ordinato che io scriva a V.S., che finite le cause de i principali, et de complici, ella facci abrugiare in publico detti scritti sortilegi, et magici, con annotare in processo tal’atto, et mentre pendono cause proveda che tali scritti siano custoditi cautamente, in maniera, che non possano essere visti, et letti, si non da quelli à quali tocca di fare la causa et formar i processi contro i delinquenti, con darne di ciò gl’ordini necessarii, del quale ordine V. S. sarà contenta di avvisare i suoi suffraganei, che faccino in med.mo et per fine a V. S. m’affido, et raccomando. Di Roma li 22 di Agosto 1608. Come fratello il Card.le Arigoni”.
L’arcivescovo Pisano il 10 settembre inviava una copia della lettera del cardinale ai suoi vescovi suffraganei Filippo Gesualdo di Cariati Cerenzia, Scipione Montalcino di Isola, Sebastiano Ghislieri di Strongoli, Paolo Emilio San Marco di Umbriatico e Antonio Laureo di Belcastro. I vescovi dovevano rendere esecutivo l’ordine e rispondere alla lettera.
“La l.ra di V.S.I. delli X del p.nte, con l’inserto tenore della l.ra dell’Ill.mo S.r Car.le Arigone, che tratta delle cause di sortileggii, e di cose magiche sotto la data delli 22 d’Agosto pross.mo pass.to mi fu data hieri 15 dell’istesso et havendo visto q.nto in quella si contiene,dico a V.S.I. in risposta che con ogni diligenza ho dato or.ne che si cerchino tutte le scritture dell’Archi.o di questa n.ra vescoval Corte e ritrovandose alcuna scrittura che tratti di sortileggi , o di cose magiche, si bruggiarà in pp.co conforme l’or.ne di d.o Ill.mo con farne ann.ne nell’istesso processo, et in q.sto part.re s’osserverà sempre q.nto viene or.to dal d.o sig.r Car.le et da V.S.I. alla q.le fando la river.a che li devo, resto pregandoli dal S.re la salute e felicità che desea:In l’Isola li 16 di 7bre 1608.
D.V.S.Ill.ma et R.ma Ser.re Affe.mo D. Scipione vesc. dell’Isola”.
“Alla l.ra di V.S.Ill.ma delli 10 del p.nte ricevuta q.sta sera con l’inclusa copia della l.ra del S.r Cardinal Aragone sopra la materia delli sortileggii et cose maggiche, dico che eseguirò à punto quanto da detto Sig.r Ill.mo mi vien comandato, et a lei accuso la ricevuta di q.lla; et colfine a V. S. Ill.ma bacio le mani. Da Belcastro à 16 di 7bre 1608. D.V. Ill.ma e R.ma ser.re aff.mo il vescovo di Belcastro”.
Già in precedenza il cardinale aveva dovuto occuparsi di un caso, che gli aveva sottoposto l’arcivescovo e che riguardava una donna di Cutro , tale donna Clementia che il suo vicario affermava che era posseduta dal demonio.
“Ill.re et R.mo Mons.r come fra.llo.
Si sono viste l’informationi mandate dal Vicario di V.S. con lettera de 18 di luglio dell’anno passato contro Clementia da Cutri, e questi miei Ill.mi hanno ordinato che io le scriva, ch’ella ammonisca d.o suo Vicario, che per l’avenire in vigore delle depositioni di persone ossesse da demonii non formi processi, non si dovendo per raggione far fundamento alcuno, ne detti di tal persone; et quanto al particolare di d.a Donna Clementia le dico ch’ella procuri di farla essorcizzare da qualche prudente essorcista, se fin qui non è liberata; ma essendo liberata dalli spiriti gl’assegni alcun discreto confessore, che habbia cura della salute dell’anima di lei, et a V. S. con ciò mi offero, et raccomando. Di Roma li 6 di ott.re 1606.Di V. S. Ill.ma et R.ma come fr.llo .Il Card.le Arigone”.
In una lettera del 27 dicembre 1613 da Roma il cardinale Mellino
“Vedendosi per esperienza di quanta importanza sia, che nelle cause, et negotii di S.ta Inq.ne si osservi il secreto ne si palesino, i meriti delle cause in grave pregiud.o del S. Offitio poiche in ciò consiste principalmente il vigore, et reputatione del tribunale della S.ta Inq.ne la S.tà di N. Sig.re mi ha comandato, che io significhi universalmente à tutti gli arcivescovi, e vescovi, che sono obligati in virtù di S.ta obedienza, e di stretto precetto di osservare il secreto in tali cause, et negotii, …”.

Un processo per magia a Isola nell’anno 1617 (arch. Vesc. Crot., cart. 115)
Andrea Giustiniani, nobile genovese dell’ordine dei predicatori, fu eletto vescovo di Isola nel novembre del 1614. Teologo, dal Papa Paolo V fu nominato commissario del Santo Uffizio e esaminatore dei vescovi. Morì il 25 novembre 1617 all’età di 47 anni e fu seppellito nella cattedrale. (Fiore, II, 339). Egli già prevede la sua breve permanenza nella sede isolana in una lettera accompagnatoria alla sua prima relazione ad limina datata 24 dicembre 1615, dove anche accenna alla sua missione inquisitoria “… non ho persona che fussi à proposito per visitatore eccetto il mio Vicario, che è di 62 anni, e quel che è peggio che non vi è al presente modo di mandare, mi scusino quegl’Ill.mi SS.ri per questa volta, che da qui a tre Anni se sarò vivo si supplirà ad ogni cosa … La Congregatione del S. Off.o mi ha rimesso una causa per d.o luogo …”. L’intento inquisitorio è ribadito anche nella relazione dove si afferma “… Ecc.am ipsam visitavit in p.o sui praesulatus anno hodiernus e.pus qui pro salute populi sibi commissi omni conatu invigilare non sinit iuxta mentem S.mi D. Pauli Papa V. cuius desideria et vota adimpleat.”(Rel. Lim. 1616). Da un raro documento relativo ad un processo celebrato nel 1617 possiamo apprendere come era condotto un interrogatorio per magia. Inquisiti sono alcuni abitanti greci del casale di Papanice ed il barone di Isola Antonio Ricca.

1. – Primo Interrogentur, che professione, et arte esercita essa constituta.
2. – Interrogetur, si sa fare rimedii, o medicamenti per sanare, et guarire infermità.
3. – Interrogetur, dove have habitato, et habita essa constituta et per quanto tempo.
4. – Interrogetur, quanto tempo ha che non è confessata, et communicata, et con chi s’ha confessato, et communicato.
5. – Interrogetur, in che loco, Città, o terra è stata essa constituta del mese di luglio ò d’agosto dell’anno pross.o passato 1616, ò d’altri tempi.
6. – Interrogetur, che Inimici tiene essa constituta, et in che loco.
7. – Interrogetur, si conosce D. Ant.o Ricca barone di lisola, et si sà che sia stato ammalato, et di che infermità.
8. – Interrogetur, come passano li remedii fatti per essa constituta al d.o Barone per farlo sanare dalla magaria, che d.o havere che remedi li fece, et come conobbe essa deposante d.o Barone essere ammagato.
9. – Interrogetur, quanti danari n’hebbe dallo Barone, et quante maye conobbe havere.
10. – Interrogetur, si conosce Marco Carnelevare et Gio. Maria de Florio della Città di lisola, se sa che siano stati ammagati
11. Interrogetur, si sa che il de Florio sia stato nel casale di Papanici
12. – Interrogetur, che infermità havea detto Marco.
13. – Interrogetur, che libretti facea leggere essa constituta in casa di Minico Protopapa, dove lo detto Marco Carnelevari se ritrovava ammalato, et che cosa si contenea in detti libretti.
14. – Interrogetur, perche causa essa deposante afferrao con li denti lo collo di detto Marco.
15. – Interrogetur, come passano le parole publicate dapoi per essa deposante che detto Marco era ammagato, et che li erano state fatte due maye una per la robba, et per l’honore, et l’altra per levarli la vita.
16. – Interrogetur, che polvere d’herbe fece donare à bevere al d.o Marco et per quante matine.
17. – Interrogetur, si conosce a Gio. Maria de Florio, et si essa deposante ha tenuto robbe del detto, et che robbe sono state.
18. – Interrogetur, che ligaccia li portò Pietro d’Aprigliano li mesi passati del d.o Gio. Maria, et à ch’effetto.
19. – Interrogetur, che parole passorno fra essa et ger.mo Paradiso della Città di lisola et il consiglio cio è, che si detto Gio. Maria potesse stare mezo … alle bascione, et havesse usato con donne l’haveria sanato.
20. – Interrogetur come conosce essa deposante nelle legaccia li … tenere ammagate, et in specie come conobbe alla ligaccia del Gio. Maria che li erano state tre maye.
21. – Interrogetur et monita sub poena censuris et excom.ne che revela dire la verita su quanto è stata domandata.
22. – Interrogetur, se altre volte essa deposante è stata inquisita e carcerata …

All’inizio del Settecento l’arcivescovo Carlo Berlingieri riceve una lettera da Brescia

Brescia 16 luglio 1708
P. Doppo aperta la casa Beccarellista per addizione del publico Senato col fondamento d’una lettera della Sig.ra Lavinia Chinelli, fu dall’Inquisizione trovato il fondo della malizia incaminata per il corso di 25 anni continui.
Si sono trovati in d.a casa molti libri di Negromansia, con certi altri, che insegnavano composizioni varie per obligare il genio di chi l’assaggiava.
Si sono ritrovati ancora certi pasticci artificiosamente composti dalli due Beccarelisti, li quali sono due fratelli Preti, Auttori di si bestiale heresia, che però il Sig.re Card.le Baduer Vescovo della Città nella conferenza delle sud.e cose disse Lodato Dio doppo tanto tempo habbiamo ritrovato la radice di tanto male, per lo che fece un publico editto, levando la confessione al can.co Zambrini Dottore Begario, et al Cagnoli Arcip.te del Duomo, di Casa Nobile.
Begario fece domandare udienza dà S. E. , doppo convucato doppo pranso domandò compatimento, essendo stato anche Lui ingannato; ma con brevità li fu risposto dà S. E. , che non era più in tempo di poterlo aiutare mentre la di Lui causa era in mano del Sommo Prencipe, che n’havea assonto il giudizio trattandosi di materia di religione, di cui vive molto geloso, e ciò detto li voltò le spalle; onde confuso e tremante partì, ma nell’uscita del Palazzo fu fatto priggione, e condotto nel forte del castello della Città, dove due giorni prima erano stati condotti li due Preti Beccarellisti.
Dalli pasticci composti con arte diabolica, si è trovato che havevano forza per lo spazio d’un hora, e più, secondo la quantità se ne mangiava di far vedere gl’huomini per Donne, e queste per huomini, nel qual tempo si prendeva ogni infame diletto, tenendo tutto ciò in concetto di pura santità.
6° Si sono trovati nell’istessa casa ordini, regole, onori, dignità, titoli e gradi, che si davano conforme la vera perfezzione che mostravano nell’ubbidienza, in q.l attione bestiale secondo la loro nuova riforma.
7° Per Papa, et Anti Papa avevano creato il Prete Magg.re Beccarelli con 13 Apostoli delle più nobili, e ricche fameglie, quali sono li Sig.ri Bergniano, Tresambrini, Stadigieri, Galandi, Stoppini, Charagnioni, Manara, Tomasetti, Arcip.te del Duomo Beccarelli, di Tomaso Bettini, Rettore della Chiesa di S. Virgilio di Sazza, Martinaggi, e Cagnola.
8° Avevano parim(en)te eletto 12 altri Apostoli, e 12 Apostoline con facoltà à q(ue)sti di creare altri 12 per sorte, con facoltà di più alle Apostoline di portare la chierica rasa col ciuffo in mezzo per sostenere il cimiero, che portano in figura di Mitra, insegnando le regole della nova, e suave riforma quale s’estendeva ormai per tutta la Lombardia, e nel solo ristretto di Bresciano vi è un rollo di 42/m. Persone d’ogni sesso, e condizione e tutti seguono detti Beccarellisti.
9° Consisteva la loro Beatitudine nel mostrarsi perfetto nella cieca obbedienza inducendoli à soffrire la passione estrinseca del senso nella stessa copula carnale, che facevano in ogni vaso senza mostrare d’havere estrinseco compiacimento, acquistavano questi nell’occasione del coito indulgenza plenaria toties quoties si facevano et applicandosi così fatto perorazione al suffraggio de Morti, liberando un’Anima dal Purgatorio.
10° Li figlioli che nascevano da q(ues)te copule erano detti figlioli dello Spirito Santo che così santam(en)te havevano il coito operato.
11° Alcuni di q(ues)ti Capi sono fuggiti chi in Germania, chi in Inghilterra, e chi a Ginevra, ma il Senato vigilantissimo ne fa di continuo arrestare, e condurre nelle carceri.
12° Il creato Papa Beccarelli dispensava indulgenze, Giubilei, Dignità, faceva Cardinali, dispensava matrimonii, e facendosi chiamare col nome di Beatissimo e Santissimo pretendeva di havere ogni più suprema autorità, ed era dà suoi seguaci ciecamente obbedito.

Giuseppe Lo Mare magaro d’anni 30 (Catasto onciario di Crotone, 1793, f. 89v).


Creato il 16 Febbraio 2015. Ultima modifica: 27 Febbraio 2015.

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