La città perfetta del barone di Isola

La città e il castello di Isola (sec. XVI).

“Scudo azurro, con una fascia rossa, che scende dalla sommità della destra alla sinistra parte, entro la quale vi è una stella con una striscia, et una stella picciola sopra, et una sotto, con un rastello nella sommità dello scudo”.[i]

Arme della famiglia Ricca.

Isola e Le Castella

Nella lite tra il vescovo di Isola Annibale Caracciolo ed il Duca di Nocera Alfonso Carafa nella Regia Camera della Sommaria, il vescovo “Pone et vole provar’ come la terra predetta dele Castelle e stata due volte presa da turchi et l’ultima volta che fu l’anno 1536 fu saccheggiata et brusciata tutta di manera che si abbrusciaro et si persero tutte scritture et protocolli de notarii et in particolare perche la detta terra era tenuta fortissima et la città del isola non havea mura si perderono et brusciarono tutti l’ornamenti d’argento et vestimenti della detta chiesa dell’Isola et una cascia dove erano le scritture del detto vescovado dell’Isola”. Poiché era “fama che essendo più forte la terra delle Castelle che non è la Città dell’Isula … quando ci era alcuna nova de turchi li preyti et gente dell’Isula salvavano genti et robbe in la terra delle Castelle perche detta Città dell’Isola non ci era mura et facilmente si haveria possuto sacchiare”.[ii]

Tra Turchi e banditi

All’inizio del Cinquecento il vecchio abitato di Isola si presentava difeso da vecchie fortificazioni e, essendo la città vicino al mare, esse mostreranno ben presto la loro fragilità di fronte al nuovo pericolo.

Dopo aver subito una prima invasione da parte dei Turchi nel 1510 “Adi. 8. (iuglio 1510) delunidi venne nova innapoli como xx fuste et tre galee de mori haveano presa et brusiata una terra appresso cotrona nominata Lisola de Troylo riccho”,[iii] sette anni dopo nel 1517, fu completamente devastata. Una “Indulgentia causa captivitatis” a favore del riscatto di una madre e dei suoi figli così nell’aprile 1519 descrive l’evento: “Insula provintiae Calabriae à tribus annis circa ab immanissimis turchis XXV navis innimicis depredata depopulata et prorsus omnibus bonis nudata et multi Christiani Insulae interfecti et supra tricenti quinquaginta Christiani capti fuerunt”.[iv]

A queste prime invasioni ne seguiranno altre, prima del Barbarossa, che nel 1536 spopolerà la vicina terra delle Castelle e nel 1544 la città di Cariati,[v] quindi nel novembre 1545, è la volta del borgo di Le Castella,[vi] e poi Dragut del luglio 1547, invase la vicina Cutro.[vii] Sarà soprattutto la presa dell’abitato di Le Castella da parte dei Turchi, che dimostrerà chiaramente che quando il nemico è dentro le mura, anche le più moderne fortificazioni non possono resistere ad alcun attacco. Il conte Andrea Carafa aveva rifatto le fortificazioni dell’abitato e costruito un nuovo castello secondo le moderne e razionali concezioni, ma all’avvicinarsi della minaccia, la popolazione del borgo non oppose alcuna resistenza, anzi alcuni complici trovarono l’occasione per razziare le case dei nobili e degli ecclesiastici.

Isola Capo Rizzuto (KR), chiesa di S. Marco. Sepolcro di Gio. Antonio Ricca.

Il barone di Isola Gio. Antonio Ricca

Gio. Antonio Ricca, figlio ed erede di Troilo e di Beatrice Caracciolo, fu barone di Isola dal 1519 fino alla morte avvenuta il primo novembre 1555. Sposò Massessa Modio ed alla sua morte seguì il figlio Cesare.[viii]

Uomo dedito alle armi, come il padre Troilo, che era stato capitano degli Aragonesi, amministrò direttamente il suo feudo, che difese con le armi. Nel 1525 al tempo dell’invasione francese, presidiò la città e le vicine marine, riportò sotto le armi imperiali la terra delle Castelle, che si era ribellata, e partecipò alla difesa di Catanzaro. Egli allargò le proprietà a spese della chiesa di Isola, alla quale sottrasse il casale di San Pietro di Tripani, prendendolo dapprima in concessione enfiteutica dal vescovo Cesare Lambertini,[ix] poi affittò ed in seguito acquistò dal conte di Santa Severina Galeotto Carafa il vasto territorio di Santo Fantino.[x]

Isola Capo Rizzuto (KR), chiesa di S. Marco. Particolare del sepolcro di Gio. Antonio Ricca.

Città e castello

Essendo il pericolo turco imminente, il feudatario Gio. Antonio Ricca, per non vedere il suo feudo devastato e spopolato, raggiunse un accordo con il vescovo di Isola Tomaso Lambertino (1545 – 1551) e su una parte del corso di Santa Barbara, un antico patrimonio del vescovado di Isola, vicino al vecchio borgo egli fece costruire a sue spese nel 1549 le nuove mura cittadine ed il castello feudale.

Da alcune liti sorte anni dopo tra il vescovo Annibale Caracciolo (1562 – 1605) ed il feudatario di Isola Gaspare Ricca (1587 – 1599) possiamo conoscere parte degli accordi, che precedettero la costruzione. È del 12 novembre 1588 un “Instrumentum Concordiae et Conventionis inter Anibalem Caracciolum E.pum Insulanum et D.num Gasparem Ricca Baronem eiusdem Civitatis pro differentiis Gabellar. et territorior dictae ecclesiae cum assignatione domus pro decima per ipsum debita mensae episcopali et Capitolo, ac pro jurisd.ne Baiulorum pro capiendis animalibus, et pro conventione Burgi cum pactis, et limitis appositis, et pro loco dicto delle fratte in pascendis bobus aratoriis cum aggregatione census in territorio S.ti Petri, et concordia domorum qm.Tiberii Ricca positae in platea dictae Civitatis sub die 12 Novembris 1588.”[xi]

Da questo atto di concordia del 1588, nel quale il barone ed il vescovo tracciavano dettagliatamente i limiti dei loro possessi e dei loro diritti, possiamo avere alcune informazioni, sia sulla vecchia cinta muraria, che racchiudeva l’abitato medievale, sia sulla nuova città murata fatta costruire dal barone Gio. Antonio Ricca

“Dictus Dominus Episcopus, et Dominus Baro se convenerunt, quod solum Civitatis praedictae, intra moenia remaneat, prout hactenus fuit possessum, in dominio ipsius Domini Baronis, una cum illa parte Burgi, quae fuit diruta, à parte anteriori, ubi est janua magna, versus moenia vetera, quae currunt à parte occidentis, et remaneat pro dominio Baroni. Reliquia pars Burgi remaneat pro Domino Episcopo, quoad solum tantum.”

Al barone rimaneva il dominio solo sulla parte dentro le nuove mura e sulla parte del vecchio abitato, che era stata distrutta davanti alla nuova porta principale o di terra. Mentre al vescovo restava il dominio sul borgo. Infatti nella visita diocesana dell’anno dopo (1589) del vescovo Annibale Caracciolo sono elencati i censi enfiteutici redditizi alla Mensa vescovile e si legge: “Item per rispetto dell’altre case in detto Borgo, compete alla Reverendissima Mensa vescovile la ragione d’una gallina l’anno, per ciascheduna”.[xii]

Struttura urbana di Isola alla metà del sec. XVI: cattedrale e area urbana racchiusa dalle precedenti mura medievali (A), borgo (B), nuova città (C) con nuovo castello (D) realizzata dal feudatario.

La città del barone

Sopra l’arco della “Porta Magna” della città verso l’attuale piazza, sotto una lista svolazzante con il motto di battaglia “ALTO PENSIERO ME FA VOLARE”, c’è un braccio piegato in armatura; la sua mano tiene al laccio un falcone pronto al volo, per annientare i nemici.

Il falcone simbolo regale e proprio della cavalleria medievale è celebrato in numerosi trattati di falconeria, tra i quali quello di Federico II di Svevia. Nel nostro caso rappresenta il barone, che veloce, intrepido, fedele e vigile è pronto ad affrontare il nemico. Sotto il braccio vi è l’elmo con la celata chiusa per la battaglia. Esso sovrasta l’epigrafe: INSULAM URBEM PIRATA/ INCURSU DIRUTAM IOANNES/ ANTONI. RICHA NEAPOLITA/ N. MOENIA PROPUGNACULIS ET/ ARCE P.PRIO AERE MUNIVIT IN/ PERPETUUM SUAE VIRTUTIS/ MONUMENTUM ET POPULOR./ PRAESIDIUM ANNO A VIRGI/ NEO PARTU 1549.

Un’altra epigrafe nel sarcofago del barone in armatura all’interno della chiesa di San Marco, situata appena dentro della porta, ribadisce, che la città fortificata e il castello furono fatte a spese del barone nell’anno 1549, per proteggere la città di Isola dalle incursioni turche. JO. ANTONIUS RICCA TROYLI AC/ BEATRICIS CARACHIOL(A)E FILIUS, CIVI/ TATIS INSUL(A)E BARO POST MULTAS TUR/ CAR(UM) INVASIONES NE SUA CIVITAS FUNDITA/ DELERETUR HIC NOVA M(O)ENIA ET PROPUGNACULA/ PROPRIO (A)ERE, HOC AN(N)O 1549 A FUNDAMENTIS EREXIT/ Q(U)A QUIDEM BARONIS PERITIA, IN AN(N)O 1525, QUO/ TEMPORE GALLOR(UM) FUROR HAS REGIO(N)ES OCCUPAVE/ RAT PR(A)ES(IDIUM) IN HAC PLAGA MARITIMA CONCREAVIT/ STRENUE HOSTILES INSULTAT(IONES) SEDAVIT O/ PPID(UM)Q(UE) CASTELLOR(UM) MARIS SUB IMPERIA/ LI DITIONE P(ER)TINACITER DESCIVERAT, P(RO)PRIO/ MARTE AD EAMDEM REVOCAVIT POST(ER)OR(UM)/ OMNIU(M) INTEGRITATE HUNC LAPIDEM AC/ SACRAS (A)EDES VIVENDO SIBI CONSTRUXIT.

Arme di Gio. Antonio Ricca posta sopra la porta Magna della città di Isola (1549).

Il Modello

Nei primi decenni del Cinquecento il conte di Santa Severina Andrea Carafa ed il nipote Galeotto avevano rifatto le fortificazioni di Santa Severina e di Le Castella e costruito il castello di San Mauro, introducendo le nuove innovazioni della difesa. I baluardi, o spontoni, a protezione delle cortine scarpate ed i profondi e larghi fossati, che separano nettamente l’abitato dal castello, sono ancora ben visibili. Al progetto di queste nuove e razionali fortificazioni avevano prestato la loro opera i migliori ingegneri militari dell’epoca ed erano stati chiamati per eseguirle esperti mastri fabbricatori campani. Ancora nel 1532 erano presenti a Le Castella “Magister Jannottus de Consilio e Raynaldus de Cunto … fabricatores sunt de casale Veteris de Civitate Cavae”.[xiii]

Nel 1549 a Crotone procedevano i lavori per rifare le mura ed il castello secondo il modello e la guida del barone Gian Giacomo dell’Acaya, “ingegnere militare generale del Regno”.[xiv] Sempre in quell’anno si deve al dell’Acaya anche il progetto per la costruzione del “castello novo” di Reggio.[xv] Tenendo presente la pianta del castello di Le Castella e l’opera del dell’Acaya non si può non rilevare le similitudini con il progetto della nuova città e castello di Isola, costruiti ex novo secondo i criteri della razionale moderna ingegneria militare.

La città fu completamente strutturata con un impianto urbano ortogonale a scacchiera. Un asse centrale, la “strada grande” o “Maggiore”, unisce le due porte, quella detta “Magna” o di Terra e l’altra la “Portella” o della Marina,[xvi] mentre le strade parallele, alla sinistra e alla destra, quasi tutte della medesima lunghezza, sono intersecate da vie più piccole perpendicolari. Tutto l’abitato è racchiuso da cortine scarpate e cordonate potenziate da due baluardi che proteggono la porta principale, dove ci sono il corpo di guardia, le campane per convocare il popolo e il sedile dell’università[xvii] La porta si apre sull’ampio largo, ricavato distruggendo parte delle case dell’antico “Borgo”. Profondi fossati e l’ampio largo davanti alla porta, isolano la città dalla campagna, dal Borgo e dal castello. Il castello, situato dietro la città, è a pianta rettangolare con quattro torri angolari bastionate e cordonate e, pur isolato da un ampio fossato dalla città, la domina, penetrandovi in parte, ricalcando il primitivo progetto fatto dal dell’Acaya per i castelli di Crotone e di Reggio.

Perimetro fortificato della città di Isola (1549).

Vita cittadina

I primi decenni del Cinquecento sono contrassegnati nel Crotonese dalle numerose ribellioni contro il potere feudale. Alla prima occasione le popolazioni si ribellano ed assaltano i simboli del potere feudale rappresentato dai castelli. Tenendo conto di ciò che era avvenuto, sia al tempo del conte di Santa Severina Andrea Carafa, che durante l’invasione francese, il barone di Isola invece di rifare e fortificare il vecchio abitato, ne progettò uno nuovo.

L’abitato di Isola fu così diviso in tre parti: l’antica cattedrale col palazzo e i magazzini del vescovo, la nuova città col castello del barone e il Borgo. In tale maniera anche visivamente si rispecchiò la divisione delle classi sociali e del potere.

Il barone fece abitare nella nuova città solamente gente fidata, soprattutto ecclesiastici, nobili e benestanti, ai quali concesse il suolo per costruire le loro dimore e diede le sue case in locazione,[xviii] o in vendita.[xix] Egli permise anche al vescovo di avervi un suo palazzo,[xx] ma il vescovo Annibale Caracciolo preferì costruire una sua torre vicino alla cattedrale.

Il barone aveva costruito la sua città per mettere al sicuro in caso di pericolo i suoi magazzini e gli abitanti a lui fedeli,[xxi] cioè i nobili[xxii] e gli ecclesiastici.[xxiii] La città costruita all’interno delle mura lentamente prese forma. Essa era formata da un’unica chiesa intitolata a San Marco (Marte) appena dentro la porta principale, da alcune case palaziate, o palazzotti,[xxiv] da numerose case piccole e terranee,[xxv] da alcuni casaleni[xxvi] e dalle botteghe del barone, che erano situate nella piazza della città, appena dentro la porta principale, vicino alla chiesa di San Marco.[xxvii]

La vita sociale e religiosa rimaneva fuori nell’antico borgo. Le chiese con le loro confraternite, le feste religiose e civili, gli usi ed i costumi continuarono a svolgersi normalmente fuori le mura, mantenendo intatta la memoria e l’identità degli abitanti. Col diminuire del pericolo turco la nuova città, così estranea, cominciò a perdere di importanza e alcune abitazioni furono abbandonate e rovinarono.[xxviii]

Isola (1549). Schema di lottizzazione cittadina impostato sull’asse stradale principale (“strada grande” o “Maggiore”).

Castello

Il castello, di cui oggi vediamo le rovine, fu costruito nel 1549 dal barone Gio. Antonio Ricca. Isolato con un fossato dalle mura cittadine, era usato come palazzo/ abitazione dai baroni di Isola con la loro famiglia e servi, i quali lo utilizzarono per tutto il Seicento e per buona parte del Settecento.[xxix] Vi dimoravano anche il castellano ed il capitano della città.

Di pianta rettangolare e munito di quattro piccoli baluardi angolari, all’inizio del Seicento era “ben messo e provveduto di molti pezzi e munizioni” dal feudatario e come tale, era ritenuto un valido aiuto nella difesa contro il pericolo di sbarchi turchi.[xxx] Vi si entrava attraverso un ponte levatoio ed al suo interno oltre alle stanze di abitazione, alle quali si accedeva attraverso una gradinata, vi era la cappella o oratorio dedicato a San Geronimo sempre di iuspatronato del barone, dove un cappellano, di sua scelta ed a suo carico, celebrava per i dimoranti nel castello la messa ogni domenica e nei giorni festivi.[xxxi]

Al riparo dentro le sue mura vi erano i magazzini, dove il feudatario conservava il grano, e le sue tetre carceri, tra le quali la famosa “Fossa”.[xxxii] Morta Maria Diodata Caracciolo, duchessa di Montesardo succede la figlia Ippolita che prende possesso del feudo. Tra i beni vi è il castello. “Prese il possesso e tenuta del medemo serrando ed aprendo le porte dell’istesso, salendo e scendendo le gradi, entrando, e passeggiando per le camere del medemo, aprendo e serrandole, porte e fenestre dell’istesso … ritrovandosi in esso castello le publiche carceri per anche di queste ne prese la vera reale et effettiva tenuta, e possessione, quelle aprendo e chiudendo con le chiavi che li furono presentate dal mag.co Mro datti di questa Principal Corte”.[xxxiii] Lasciato andare in abbandono, anche a causa dei danni che subì dai terremoti, specie quello del 1832, attualmente è quasi irriconoscibile.

Ruderi del castello baronale di Isola (foto dalla pagina fb di Relios Petrocca).

Chiesa di San Marco Evangelista

La chiesa è situata appena dentro la porta della città ed è intitolata San Marco (dal latino Mars = Marte), patrono che protegge la città dai nemici.

Dove prima non c’era alcuna chiesa ora ce ne è una sotto il titolo di San Marco Evangelista, costruita dal barone, costretto dal vescovo Annibale Caracciolo. Così si legge in una relazione del vescovo del 1600. L’unica chiesa esistente dentro le nuove mura della città edificata in vigore di un legato testamentario del barone Giovan Antonio Ricca, fu completata anni dopo la morte del barone e solo dopo un energico intervento del vescovo Caracciolo.[xxxiv] Si deve infatti ad Isabella Ricca, figlia del barone Cesare, l’istituzione della cappellania dotata di una rendita di ducati 40 annui sopra tutti i beni baronali.[xxxv]

La chiesa, situata appena dentro la porta “Magna”, era infatti di iuspatronato del barone della città, il quale oltre ad aver dotato di una rendita perpetua la chiesa, aveva il diritto di presentare il rettore e cappellano al vescovo, il quale se lo riteneva adatto, lo nominava. Alla fine del Cinquecento e nei primi anni del Seicento, era rettore e amministratore della chiesa il reverendo Scipione Montalcino, che era anche coadiutore della cattedrale. Costui aveva dato incarico di adempiere all’onere di celebrare le tre messe settimanali, come previste dal legato, al decano isolano Nicola Leone.

Dalla visita fatta, per incarico del vescovo Caracciolo, dal decano catanzarese Nicola Teriolo nel 1594, apprendiamo, che l’altare della chiesa era ben ornato e provvisto di ogni cosa necessaria al culto. Nell’interno dell’edificio sacro vi erano alcune immagini e crocifissi, tra i quali i quadri della SS. Annunziata e di S. Caterina, provenienti dalle chiese omonime e portate nella chiesa per metterle al riparo dai Turchi.[xxxvi] Alla porta della chiesa di San Marco ed a quella della cattedrale erano affissi i pubblici cartoni, o ceduloni, con le sentenze di scomunica, contro coloro che attentavano ai privilegi ed ai beni della chiesa e non ottemperavano agli ordini emessi dal vescovo o dal suo procuratore.[xxxvii] Dalla visita eseguita al tempo del vescovo Io. Battista Morra (1647-1650) sappiamo che vi si accedeva per due porte e nell’angolo sinistro vi era il sepolcro grande dei Ricca con l’immagine di Io. Antonio Ricca, barone della città e fondatore per legato della stessa chiesa. Sempre dalla stessa visita sappiamo che nel coro dietro l’altare maggiore della cattedrale vi era un altro sepolcro della famiglia Ricca e “per legato lasciato dal fu Barone Ricca per celebrazione di messe” i feudatari di Isola pagavano annui doc. quindici.

L’edificio era anche munito di una campanella per chiamare il popolo alla messa, ma il tetto si presentava cadente ed alcune lesioni alle pareti lasciavano passare il vento e la luce. Per provvedere al sacro il procuratore della stessa godeva fin dalla fondazione di una entrata annua di circa ducati 40, provenienti da un censo su tutti i beni della baronia. Egli tuttavia aveva l’onere di celebrare tre messe alla settimana. Il luogo sacro godeva del privilegio che coloro, i quali si rifugiavano davanti alle sue porte, perché perseguitati dal potere secolare, godevano dell’immunità ecclesiastica.[xxxviii]

Rimase per tutto il Seicento e il Settecento di iuspatronato dei baroni della città, anche se questi spesso non ottemperarono agli obblighi e per questo fu trascurata nell’edificio e nelle funzioni religiose.

Il vescovo Gio. Francesco Ferrari (1650-1659) appena giunto nella sua sede vescovile la trovò cadente e subito ordinò al procuratore Ascanio de Lio di riparala e di farvi celebrare la messa nei giorni festivi per il popolo.[xxxix] L’intervento non dovette essere particolarmente felice se il vescovo successivo, Carolo Rossi (1659-1679), nel 1675 afferma che la chiesa manca del tetto per incuria di chi dovrebbe averne cura,[xl] cioè del prete di Isola Lorenzo Coco, procuratore della chiesa, per presentazione baronale.[xli] In seguito fu riparata in quanto il vescovo Giuseppe Lancellotti, che la visitò poco dopo la metà del Settecento, la trovò ben messa ed in ordine e non comandò nulla;[xlii] era procuratore Panserini Campoli.[xliii]

La chiesa fu poi sconsacrata e usata per usi pubblici e privati. Da ultimo il proprietario, il conte Gaetani, la utilizzò come deposito per la paglia, suscitando le proteste degli abitanti delle case vicine per il pericolo, che tale destinazione procurava, ed in seguito la fece restaurare.

Isola Capo Rizzuto (KR), chiesa di S. Marco.

La principessa di Isola prende possesso della Città e del Borgo

Isola 8 aprile 1749. Essendo morta Maria Diodata Caracciolo, duchessa di Montesardo e Principessa di Isola, la figlia ed erede Ippolita Caracciolo, accompagnata dal notaio Michele Antico e dal suo agente generale, il patrizio Francesco di Bona, prese possesso della città e del borgo.

“Personalmente e assieme ci conferissimo avanti la porta principale di detta Città d’Isola, e proprio al corpo di guardia loco solito à congregarsi il parlamento per l’affari universali, tanto coll’espressato Sig. D. Francesco di Bona Procuratore che colli Sig.ri Felice Antico Governatore di Giustizia, Leone Telese sindaco, Francesco Maria Trigano ed Onofrio Bonelli Eletti ed Antonino Poerio Mastro Giurato nel presente anno, nec non assistentino ed intervenientino moltissimi Cittadini in grandissimo numero facientino e rappresentantino la più sana e maggiore parte delli Cittadini, ed Omini d’essa. Congregati e coadunati avanti la porta medema. L’espressato Sig. D. Francesco di Bona soggiunse che intendeva eseguire quanto sta disposto circa il vero e reale possesso ottenuto di detta Città d’Isola e suo Borgo da detta Ecc.ll.ma Sig.a D. Ippolita, entrando ed usciendo dalla porta e quella aprendo e chiudendo, caminando e passeggiando per le strade e piazza di detta Città e Borgo, stando e sedendo in detto corpo di guardia, ordinando e comandando e fando tutti quei atti che dinotano la vera, reale, corporale ed effettiva possessione, e tenuta quietamente e pacificamente senza contradizione alcuna, anzi essendono ivi presenti detti Sig.ri Governatore, Sindaco ed Eletti ed omini sud.i di predetta Università, dico Città, tutti restorno e consentirono alle cose predette, prestandole il loro consenso ed assenzo all’atti di possessione, che si facean da d.o Sig. D. Francesco di Bona in presenza nostra in luogo ed à nome e parte della prefata Ecc. ma Sig.ra Ippolita Caracciolo Principessa d’Isola e Marano, dichiarando la medema come vera ed utile Sig.ra e Padrona di detta Città e suo Borgo, alzando in segno di giubilo le grida dicendo ad alta voce: Viva il re Nostro Sig.re e la nostra Principessa dell’Isola, sentendosi alle grida risonare lo sparo di mortaretti ed altri segni di giubilo e donazione.

Doppo di che salendo esso Sig.r D. Francesco di Bona Aggente Generale e Procuratore Speciale della predetta Ecc.ma Principessa sopra l’orologgio Universale, luogo più alto ed eminente di detta Città alla presenza di detti Signori Governatore, Sindaco ed Eletti e Popolo assistente si protestò e disse che anche per aspettu et oculari ispettione, intendea in nome di detta Ecc.ma Sig.ra Principessa pigliare il possesso e tenuta non solo col corpo, ma anche coll’animo, così dell’espressata Città, e Borgo dell’Isola, che di tutti li beni, jussi, e raggioni, feudali e Burgensatici à detta Città spettantino, ed in qualsivoglia modo, maniera, titolo e caosa appartinentino.

Et continuatis artibus forma e maniera di sopra, assistentino li predetti Signori Governatore, Sindico e Reggimento ut supra, Cittadini e persone si portò il sud.to Sig.r D. Francesco in casa di detto Signor Governatore, ove suol reggersi il Banco della giustizia, ed ivi prese per anche il vero, reale, corporale e pacifico possesso di mero e misto impero dell’omnimoda giurdizione predetta,civile, criminale e mista, sedendo pro Tribunale nella Banca predetta, pigliando in mano il Bastone della giustizia à lui consegnato da detto Sig.r Governatore, aprendo, leggendo e studiando i Processi e facendo ogn’altro atto che dinota la tenuta e possesso di detto mero e misto impero, et omnimoda giurisdizione.

Doppo di ciò nella forma medema ci conferissimo con detto Sig.r D. Francesco di Bona procuratore nel Castello d’essa Città, ed ivi parimente prese il possesso e tenuta del medemo serrando, ed aprendo le porte dell’istesso, salendo e scendendo le gradi, entrando, e passeggiando per le camere del medemo, aprendo e serrandole, porte e fenestre dell’istesso … ritrovandosi in esso castello le publiche carceri per anche di queste ne prese detto Sig.r Francesco di Bona nel nome che di sopra la sudetta vera reale et effettiva tenuta, e possessione, quelle aprendo e chiudendo con le chiavi che li furono presentate dal mag.co Mro datti di questa Principal Corte, e facendo tutti quell’atti che dimostrano la vera ed effettiva possessione e tenuta. E seguito detto possesso ut supra unitamente condetti Signori Governatore, Sindico ed Eletti e Cittadini ut supra si portò detto Sig.r D. Francesco di Bona Procuratore come di sopra nella Chiesa Cattedrale di questa Città, ed ivi genoflesso avanti l’Altare Maggiore di quella fu assiso in sedia distinta con coscino avanti facendo sedere detto Signor Governatore, Sindico ed Eletti e Cittadini in scanni à lui appresso, e nella medema intervenne ed assistè col canto del Tedeum e Messa Sollenne, che da quello Rev.mo Capitolo furon cantate in rendimento di gra. All’Altissimo. Doppo di che terminata detta funzione essendo sopragiunta l’ora di pranzo si sospese di proseguire più oltre.”

Note

[i] D’Amato V., Memorie historiche di Catanzaro, p. 260.

[ii] Arch. Vesc. Crotone, Processo grosso di fogli cinquecento settanta due della lite che Mons. Ill.mo Caracciolo fa fatto con il S.r Duca di Nocera per il detto Vescovato nell’anno 1564, ff. 109v, 183v, 188v.

[iii] Cronica di Napoli del notaio Giacomo di Garzilli Paolo, Napoli 1845, p. 325.

[iv] Tra coloro che furono fatti prigionieri c’era Agatha de Perna di Isola con i suoi due figli, per il riscatto dei quali i pirati volevano 200 ducati. ASV. Reg. Vat. 1208, f. 238r.

[v] “barbarossa cum valida classe obsedisset et ferro et igne debellasset civitatem Cariatem”. ASV. Reg. Lat., ff. 232 – 233v.

[vi] “Alfonsus de alagno fuit captus a teucris in mense novembris proxime preteriti 1545”. ASN, R.C. Som. Numerazione fuochi terra Castellorum n. 133, f. 78 sgg.

[vii] ASV. Reg. Lat. 1799, f. 54v.

[viii] Pellicano Castagna M, Storia dei feudi e dei titoli nobiliari della Calabria, T. II, p. 357.

[ix] AVC, Inventario et Nota delle scritture pertinentino al Sacro Vescovato della Città dell’Isola et al suo Capitolo, quali si conservano dentro un Baulio per ordine di Mons. Ill.mo Caracciolo vescovo di detta Città. “Concessio in emphiteusim Casalis et territorii S.ti Petri facta a Proc.re E.pi Cesaris Lambertini mag.co Joanni Ant.o Ricca pro ducatis sexdecim annuis cum reservatione trium tumulatae terrae in dicto territorio, ac molendinorum Scipionis Sanctae Crucis, et qm Melchionis Barbamayoris Crotonensis in anno 1538.”

[x] AVC, Inventario et Nota delle scritture pertinentino al Sacro Vescovato della Città dell’Isola et al suo Capitolo, quali si conservano dentro un Baulio per ordine di Mons. Ill.mo Caracciolo vescovo di detta Città. “Affictus S.ti Fantini in pergameno pro usu massariae venditi per Joem Antonium Ricca Baronem Insulen anno 1538;Venditio Sancti fantini in pergameno per Ill.mum D.num Galeoctum Comitem S.tae Severinae mag.co Joanni Antonio Ricca Baroni Civitatis Insulae in anno 1546.”

[xi] AVC, Inventario et Nota delle scritture pertinentino al Sacro Vescovato della Città dell’Isola et al suo Capitolo, quali si conservano dentro un Baulio per ordine di Mons. Ill.mo Caracciolo vescovo di detta Città.

[xii] Ragioni adotte, e scritte in forma di Lettere da Monsignor Francesco de Marini Vescovo d’Isola al Signor Duca di Montesardo sopra le nuove controversie intorno al Borgo della Città predetta.

[xiii] ASN, R.C. Som. Numerazione dei fuochi n. 133, (1532), f. 95r.

[xiv] “Addi p.o Xbris 1549 do.nica/ Provisioni ordinarie. Al S.or Barone dela caya designatore et reviditore de tutti li R.ie fab.ce del p.nte reg.o de neap. Doc.ti cento et sonno per sua p.vis.e de uno anno incomenzando dalo p.mo de julio 1549 et finisce all’ult.o de junio delo anno 1550.” ASN. Dip. Som. Fascio 197, f.lo 7 , f. 35v.

[xv] “Adi primo del 7bre 49. Al m.ro aniballi baliti mesuratore posto per or.ne de sua x.a dal S. barone dela acaya docate cinq. Et sono per la sua provisione de uno mese comtutado dal p.mo fino lult.mo del p.nte mese de 7bro.” ASN, Dip. Som. Fascio 197, f.lo 7, f. 178.

[xvi] “Civitas ipsa erecta est inplanitie spatio trium milliarum distans à mari, sub aere maligno, moenibus septa, ad quam per duas portas, quae semper sub vesperi occluduntur patet accessus”. ASV. SCC. Rel. Lim. Insulan. 1651.

[xvii] Isola, 28 aprile 1630. Su richiesta del sindaco Jo. Petro de Nofrio e degli eletti Troyli Ricca, Jo. Fran.co de Renzo, Antoni Poglisio, Muti Succurra Marcelli Succurra, che formano il governo dell’università del presente anno “accessimus ad sedile d.ae Civitatis”. È mastro giurato et locumtenente Curiae Civitatis Jo. Hieronimo Grisapho. ASCz. Not. Protentino G. A., B. 117. ff. 56v-57.

[xviii] Isola, 30 gennaio 1618. Prospero Marino possiede “domum terraneam cum quodam petio terrae intus dictam Civitatem iux.a domum q.m notarii Andrae de Aprigliano domum Rev.di Capituli Catedralis Insulae murum Civitatis.” Deve pagare un annuo censo al barone Antonio Ricca di ducati 4 il 24 luglio di ogni anno. ASCz, Not. Gio. Antonio Protentino B. 117, f. 24. Tra i corpi d’entrate con i relativi redditi al tempo del passaggio del feudo di Isola da Cesare Ricca a Antonio Ricca (1581), troviamo “le casi dentro la terra et fuori le mura, levate le conciature e voltature dele ceramide (davano una entrata al feudatario di duc. 200, una delle entrate maggiori del feudo). Maone P. – Ventura P., Isola Capo Rizzuto, Rubbettino 1981, p. 125.

[xix] Isola, 2 febbraio 1618. Prospero Marino possiede per compra fatta da D. Antonio Ricca, barone della città, una casa terranea sita posta dentro la città “iux.a domum q.m not. Andrea de Aprigliano Domum R.di Cap.li cum quendam petium terrae vacuo”. ASCz, Not. Protentino B. 117, f. 27. Isola, 19 agosto 1625. Troylo Ricca possiede una casa palaziata cum alto et basso positam intus d.ae Civitatis jux.a domum alias ipsius troyli et domum Cap.li insulen. La vende all’arciprete di le castella D. Fabritio Melione. ASCz, Not. Protentino B. 117, f. 44.

[xx] “Relassatione, et Donatione fatta per il S.r Barone dell’Isola con consenzo dell’unversità in publico Regimento della Chiusa delle Cuture et Chiusa dell’Annun.ta con molti patti et conditioni nell’anno 1567 et relassatione del Palazzo Vescovale di dentro la città alla Mensa Vescovale.” “Instrumento della Ratificatione per il S.r Barone dell’Isola della Capitulatione, et transattione con il R.mo Vescovo dell’Isola, per lo territorio di Santo Pietro, Chiusa delle Cuture et case di Tiberio Ricca nell’anno 1567.” AVC, Inventario et Nota delle scritture pertinentino al Sacro Vescovato della Città dell’Isola et al suo Capitolo, quali si conservano dentro un Baulio per ordine di Mons. Ill.mo Caracciolo vescovo di detta Città.

[xxi] Isola, 3 gennaio 1619. La casa del q.m notaio Claudio Mazzaro era “sitam intus dictam Civitatem iusta domum D.ni Baronis locandam ex una et domum R.di Capituli Insulen. Sim.l locandam”. ASCz, Not. Protentino, G. A., B. 117, f. 4; “Essa chiesa è for la Città posta in luoco di mal aere, sospetto de Turchi e di Banniti, e quasi tutti noi habiamo le nostre habitationi dentro la Città e per questi pericoli la porta d’essa Città non se apre sino a tardo et la estate più volte sta serrata tutto il giorno”. AVC. Visita Nicolao Tiriolo 1594, f. 93.

[xxii] Isola 24 maggio 1618. Il Rev.do Gio. Battista La Tennera cantore della cattedrale di Isola, tutore di Gio. Vincenzo Scipione e Aurelia Toscano, i quali possiedono come eredi di Gio. Toscano, una casa palaziata terranea “in hac p.ttam Civitatem iux.a murum Civitatis domum Divae annunciatae ex uno latere domum C. Piperata, Scipione e Aurelia Toscano ex altera”. ASCz, Not. Protentino G. A., B. 117, f. 44v. Isola, 1618. Detta cappella possiede dentro la città di Isola “ domum unam palatiatam iux.a domum q.m Rugerii Bell Homo, iux.a domum hieronimi de nofrio et domum dotalem Jo. Pauli Godano viam pu.cam. Domum aliam palatiatam quae fuit q.m Troyli Ricca iux.a domum dotalem Jois Basilii Melio(ne) viam pu.cam. domum unam parvam iux.a domum Thomae Bell Homo. Domum alteram iux.a domum jois de miglio et Antonini Spanò. Domum aliam jux.a domum Baronalis Curiae locanda divi Antonii.” ASCz, Not. Protentino G. A., B. 117, f. 47.

[xxiii] Crotone, 6 novembre 1616. Il Rev.do D. Domenico di Napoli possiede una casa palaziata “sitam intus dictam Civitatem iux.a moenia eiusdem et domum Capitoli”. ASCz. Not. Protentino G. A., B. 117, f. 33.

Isola 8 febbraio 1626. Il chierico Xanti Melioni figlio del fu Gio. Bartolo Melioni abita dentro la città “iuxta domum Palatiatam SS.mi Rosarii de Juspatronato de Cocchinella et domum clerici Antonii Poglisi”. ASCz. Not. Protentino G. A., B. 117, f. 15v. Isola, 5 Aprile 1623. Capitoli matrimoniali tra il clerico Celio Ricca figlio di Troilo Ricca per parte della figlia Beatrice Ricca figlia di Troilo. Matrimonio tra Beatrice Ricca e Gio. Battista Leone. I Ricca promettono di dare in dote ducati 490 in questo modo: ducati 240 che è il valore di “quattro case terrane dentro la città dell’Isola loco detto la strada grande”. ASCz. Not. Protentino G. A., B. 117, f. 321. Isola, 6 gennaio 1625. Il Chierico Petro Cocchinella rettore e cappellano de jurepatronato de Cocchinella, con cappella sotto il titolo del SS.mo Rosario dentro la cattedrale, afferma che la cappella possiede una “domum palatiatam sitam intus Civitatem jux.a domum Jois Baptistae Melioni et domum Antonii Puglisio consistentem in uno alto et uno basso”. ASCz. Not. Protentino G. A., B. 117, f. 4.

[xxiv] Isola, 26 gennaio 1625. Francischella Coco vedova di Francesco Zangale possiede “una camera seu alto delle case grandi dette di Nola siti iux.a le mura della Città jux.a l’altra camera del clerico Gio. Domenico Zangale e l’appartamento di abascio di gio. batt.a zangale fratelli via pp.cam et altri fini cioè lo palazzo ult.e cum piano di quintiliano pilegi”. Lo vende a Gio. Domenico Zangale ASCz, Not. Protentino G. A., B. 117, f. 8v. Isola, 16 ottobre 1625. Il mastro Marullo Siciliano di Papanice deve finire di costruire la casa palaziata dei Banuccio sita dentro la città iux.a la casa di Troylo Ricca da un lato e l’altro di Gio. fran.co de Gaitano e di dietro le mura della città”. ASCz, Not. Protentino G. A., B. 117, f. 64. Isola, 14 luglio 1630. Celio Ricca figlio di Troylo Ricca ed il Rev.do Fabrizio Melione. Celio per donazione fatta dal padre per sue doti materne di sua moglie Beatrice de Bona, moglie di Celio, possiede “duas domos in burgensaticum palatiatas sitas intus d.ae Civitatis jux.a domum fabritii melione et domum terraneam Jo. paulo de lo rio”, le vende al Melione. ASCz, Not. Protentino G. A., B. 117, ff. 90v – 91. Isola, 14 luglio 1630. Jo. Francesco de Renzo possiede una “domum palatiatam sitam intus d.ae Civitatis jux.a muros eiusdem et domum heredumq.m Jo.is baptistae la tennera et domum caterinellae foti.” La dona al chierico Nicodemo La Tennera. ASCz, Not. Protentino G. A., B. 117, f. 93v.

[xxv] Isola, 24 luglio 1612. Caterina Caputo possiede tre case terranee nella città di Isola “iux.a domum q.m Dom.ci Capisano murum Civitatis viam p.cam”. ASCz. Not Protentino G. A. B. 117 f. 1. Isola, 24 maggio 1618. Jo. Vincenzo e Scipione figli ed eredi del nonno Antonio Toscano possiedono “domum parvam terraneam sitam in hac Civitate iux.a murum Civitatis Praedictae domum Divae Annunciatae ex uno latere domum Criutae Piperatae ex altera.” La vendono a Gio. Dionisio de Nofrio. ASCz. Not Protentino G. A. B. 117, f. 44. Isola, 10 febbraio 1625. La vedova Prudenza Ganguzza possiede per compra fatta da Lucente Calimera “domum terraneam parvam sitam intus Civitatem iuxta muros Civitatis et domum clerici jois fran.sci Ventarolo et domum terranam juris patronato Jois Poglisi”. ASCz. Not Protentino G. A., B. 117 f. 15v. Isola, 16 agosto 1609. Jo. Francesco Manfreda possiede “quasdam domos contiguas terraneas sitas et positas intus praedictam Civitatem jux.a domum Jois Turchi Trigano et domos santi protopapa”. ASCz. Not Protentino G. A., B. 117 ff. 95v-96.

[xxvi] AVC. Visita del vescovo Gio. Batt.a Morra (1648). La Cappella del Rosario possiede dentro città due case matte, due casaleni ed una casella che è in comune con l’arciprete ed il vescovo ed è utilizzata per la conservazione del grano proveniente dalle decime.

[xxvii] Isola, 5 aprile 1618. Su richiesta di Gio. Battista Zangale, tutore di di Gio. Tommaso Gara figlio ed erede di Salvatore Gara, siamo andati nella casa dotale di Gio. Battista sita dentro la città “iux.a Apotecas de platea locandas Baronalis Curiae”. ASCz, Not. Protentino G. A, B. 117, f. 60v.

[xxviii] “Adsunt duo episcopalia palatia, unum situm intus Civitatem, quod iam est dirutum, et sic in eo non habitatur, alterum vero cum turri et cohaerens ecc.ae cathedrali”. ASV. SCC. Rel. Lim. Insulan. 1648: La cappella di S. Jacobo possiede due case dentro la città nella strada maggiore confine “le case della Baronal Corte quale anco per esser dirute non donano utile alcuno”. AVC, Visita del vescovo G. B. Morra, 1648, f. 18v.

[xxix] “Insula … est muris circundata et habet castrum ubi solet Baro habitare”. ASV, Rel. Lim. Insulan. 1648.

[xxx] “Castrum habet, et propugnacula mediocrae structurae”. ASV, Rel. Lim. Insulan. 1635.

[xxxi] Il 27 ottobre 1594 il vicario catanzarese Nicolò Tiriolo con il capitolo visitò la cappella di San Geronimo dentro il castello, “In ea omnibus diebus Dominicis et festivis celebratur et aliis diebus ad beneplacitum ipsius D.ni Baronii per capellanum mercenarium ad eius nutum et arbitrium”. La chiesa era ben ornata e con più vestimenti e ornamenti. Il vicario comandò di rifare i corporali e di presentare l’inventario. AVC, Visita del vicario Nicolao Tiriolo, 1594, f. 17.

[xxxii] Il vescovo di Isola Anibale Caracciolo protesta contro il barone di Isola, il quale per mezzo dei suoi ufficiali, non cessa di molestare i suoi servitori e garzoni, carcerandoli. È il caso del capitano della città Don Berardino Lanari il quale, il 14 giugno 1583, ha preso il nobile Mauritio Calò, che è al servizio del vescovo, e lo ha carcerato nel castello “in una fossa sutterania con ceppi ferri et manette de di et de notte non permettendo che si lo parli ne che si li dia dato il mangiare, usandoli et fandole usare di quelle crudeltà et essendo al detto castello altro carcere securo et essendo esso m.co Mauritio persona nobile che facilmente se potria amalare et morire in detto carcere”. ASCz, Not. Gio. Lauentio Guercio B. 43, ff. 70-71.

[xxxiii] ASCz, Not. Michele Antico, B. 1063, 1749, f. 1 – 10.

[xxxiv] “Intus moenia ubi prius non erat aliqua ecc.a adest nunc sub titulo S.ti Marci iuspatronatus d.norum dictae Civitatis constructa à Barone coacto ab ipso ep.o vigore ligati à praedecessore Barone facti, et in ecc.a praedicta festivis, et ferialibus diebus celebratur.” AVC, SCC. 401, 1600 (Insulana). Relatio status ecclesiae Insulan. Facta ab Hannibalis Caracciolo episcopo.

[xxxv] Tra i pesi della Principal Camera di Isola vi era: “Alla Cappellania istituita dalla qm D, Isabella Ricca fu Padrona di questa Città, annui docati quaranta”. Catasto di Isola nell’anno 1800. ASN, R.C. Som. Catasto Onciario Isola 6974 (1745).

[xxxvi] AVC, Visita Nicolao Teriolo, 1594, ff. 16v – 17.

[xxxvii] Una volta assolto dalla scomunica “resti servita benedicerlo, absolverlo de sua ex.ca et ordinare che siano levati li publici cartoni affixi”. AVC, Visita Nicolao Tiriolo, 1594, ff. 64 -65.

[xxxviii] AVC, Visita pastorale del vescovo Morra, 1648, f. 25.

[xxxix] ASV, Rel. Lim. Insulan. 1651; Russo F., Regesto, 38884.

[xl] AVC, Rel. Lim. Insulan. 1675.

[xli] 8 marzo 1660. “Mg.ro Alessandro Cedrono V.S. Ref. Et archidiacono ecclesiae Insulan. Ac vicario generali episcopi Umbriaticen. Mandat ut Laurentio Coco, pbro Insulen, provideat de ecclesia seu cappella S. Marci, Insulen. Et de beneficio simplici, sub invocatione eiusdem S. Marci, de iuspatronato laicorum, vac. Per ob. Ascanii de Lio, de mense septembris 1657.” Russo F., Regesto VII, 479.

[xlii] AVC, Visita Vescovo Lancellotti, 1762.

[xliii] Dicembre 1769. “De beneficio simplici S. Marci in parochiali seu alia ecclesia eiusdem S. Marci, civ. Insulan., cuius fructus 24 duc. De iurepatronatus nobilium vac. Per ob. Penserini Campoli, providetur Fabio Caracciolo, ex Principibus de Monte Sardo, clerico, a patrone seu patronis praesentato.” Russo F., Regesto cit. 66265.


Creato il 30 Settembre 2020. Ultima modifica: 12 Dicembre 2023.

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