Il palazzo dei Labonia in parrocchia di Santa Maria a Crotone

Crotone, palazzo Labonia.

Poco dopo la metà del Settecento il palazzo era diviso tra due proprietari; la parte inferiore era abitata dai coniugi Dionisio de Silva e Beatrice Greco e la parte superiore dai Capuano. In un atto del notaio Felice Antico così sono descritte le proprietà dei coniugi Dionisio de Silva e della moglie Beatrice Greco: “una continenza di case locande seu quarto inferiore del palazzo ereditario della q.m Lucretia Petrolillo fu madre di detta Beatrice con alcuni membri e casette al medesimo attaccate che in tutto consistono in dieci stanze seu camere e sei bassamenti ad esclusione del quarto superiore di d.o palazzo che si appartiene al sign. Fran.co e sorelle di Capuano sito e posto avanti la parochial chiesa di S. Maria Prot. Confine dalla parte di dietro loco detto il Cutetto al palazzo dei signori Giuseppe e Francesco Antonio Suriano”.[i]

Successivamente la parte superiore dei Capuano fu acquistata dal tesoriere Dionisio Azeri ed alla sua morte, avvenuta nel febbraio del 1781, passò al nipote, il quale comprò anche la parte inferiore da Saveria De Silva. Così alla fine del Settecento tutto il palazzo apparteneva al tesoriere Michele Labonia, come testimonia il Catasto di Cotrone del 1793: “Il tesoriere Michele Labonia possiede come erede del q.m Dionisio Azzeri, fu tesoriere, suo zio, un palazzo in parrocchia di Santa Maria che abita al quarto di sopra e loca il quarto di basso, che comprò dagli eredi del q.m Dionisio de Silva”.[ii]

Crotone, in evidenza il palazzo Labonia.

Serafino Labonia

Serafino Labonia, originario della città di Rossano, svolse attività di notaio soprattutto a Isola e a Crotone almeno dal 1723 al 1754.[iii] In un atto del 17 settembre 1732 del notaio Pelio Tiriolo, troviamo che Serafino La Bonia è presente in Isola con la carica di “gubernatore eiusdem Civitatis ob carentia judicis ad contractus”. L’atto riguarda la vendita di grano che l’erario della camera principale di Isola Tomaso Leone, si era impegnato a fornire all’università per fronteggiare la “penuriosa annata”.[iv]

Egli spostò la sua residenza a Crotone, trovando alloggio gratuito nel palazzo dei Montalcini in parrocchia del SS.mo Salvatore. A Crotone svolse l’attività di notaio ma anche e, soprattutto, fu al servizio dei Montalcini, svolgendo anche degli affari per gli Schipani di Catanzaro.

Il 22 gennaio 1734 lo troviamo a Crotone. In quel giorno il notaio Pelio Tirioli stendeva un atto riguardante un’accusa per maltrattamenti che aveva subito Anna Cimino, che era stata al servizio della nobile Giuseppa Suriano. Su istanza del regio governatore della città una copia dell’atto è consegnato al mag.co Serafino Labonia “Mastrodatti de mandato” per essere conservata.[v]

Da un atto del notaio Antonino Asturi in data 4 ottobre 1737 sappiamo che il Labonia si interessava al commercio del grano. In questo documento il notaio Serafino Labonia della città di Rossano, abitante da più anni a Crotone, affermava che, nel passato mese di Giugno, ricevette una lettera da Vincenzo Schipani della città di Catanzaro, con la quale gli chiedeva “che l’avesse ritrovato qualche somma di danaro, o di contante, o in polise per caparra di tumula trecento grani forti e tumula trecento majorche alla voce si facea in questa città nella prossima passata raccolta”.[vi]

In questi anni egli svolse diversi uffici come procuratore del nobile Gregorio Montalcini e si accasò, sposando Antonia Azeri, imparentandosi oltre che con gli Azeri, con gli Asturi, i Manica ed i Siciliano. Il 6 aprile 1742 presso il notaio Antonio Asturi, si presentavano il sacerdote secolare Dionisio Azeri di Crotone da una parte e, dall’altra, il notaio Serafino Labonia di Rossano da più tempo abitante a Crotone, per stipulare i capitoli matrimoniali tra la signora Antonia Azeri ed il notaio Serafino Labonia.[vii]

L’anno dopo nel Catasto onciario di Crotone, così è descritta la sua famiglia: “Labonia Serafino regio e apostolico notaio di anni 41. Antonia Azzeri moglie di anni 28. Michele figlio di anni 1, Lucrezia Asturi socera vedova di anni 56, Elisabetta Polizzella nutrice di anni 26, Giuseppe Galasso servo di anni 12. Il sud.o Serafino, come regio notaro non si tassa ne per testatico, ne per industria. Abita in casa di D. Gregorio Montalcini in parrocchia del SS. Salvatore, senza pagarne piggione. Possiede una casa dotale in parrocchia di Santa Margarita, la quale presentemente viene abitata da Ignazio Siciliano suo cognato senza pagamento”.[viii]

Crotone, localizzazione del palazzo Labonia.

Michele Labonia

Michele Labonia, primogenito di Serafino e Antonia Azeri, fu avviato alla carriera ecclesiastica. Nel 1777 risulta parroco della chiesa del SS. mo Salvatore ed amministratore del Monte de’ Morti dell’Anime del Purgatorio.[ix] Nel 1780 amministra il beneficio ecclesiastico sotto il titolo di San Francesco d’Assisi della famiglia Mazzea, come tale paga un annuo censo alla mensa vescovile sopra le case possedute dal suo beneficio.[x]

Nell’aprile dell’anno dopo lascia il titolo di parroco ed ottiene il tesorerato, che è la quarta dignità della cattedrale di Crotone, vacante per morte dello zio Dionisio Azeri, avvenuta nel mese di febbraio. In quell’anno Michele Labonia, prete di 40 anni, svolgeva numerose altre cariche. Oltre ad essere stato rettore della chiesa parrocchiale del SS. Salvatore, era anche professore in sacra scrittura del seminario, convisitatore ed esaminatore sinodale.[xi]

Come erede dello zio, il fu tesoriere Dionisio Azzeri, egli possiede un palazzo in parrocchia di Santa Maria, dove abita al quarto di sopra e loca il quarto di basso, che egli ha comprato dagli eredi del fu Dionisio de Silva.[xii]

Nell’aprile 1795 all’età di 54 anni, ottiene l’arcidiaconato, che è la dignità maggiore dopo quella vescovile della cattedrale di Crotone. La dignità, vacante per morte di Michele Messina, è assegnata a Michele Labonia, dottore nei due diritti, lettore delle umane arti, della retorica e della lingua greca. La dignità è concessa con decreto di abbandono del tesorerato.[xiii]

Raffaele Labonia

Labonia Raffaele, altro figlio di Serafino e Antonia Azeri, seguì le orme paterne e svolse la professione di notaio. Egli è presente e rogò a Crotone almeno dal 1772 al 1809.[xiv] Alla morte del fratello Michele, il palazzo passò a Raffaele Labonia e quindi, alla sua morte agli eredi. Dalla platea della Cappella del SS.mo Sacramento del 1824, sappiamo che in quell’anno gli eredi di Raffaele Labonia, per il prestito del capitale di ducati 100 infisso sopra il palazzo in parrocchia di Santa Maria, “l’istessi che s’affrancarono li signori di Greco”, come per istrumento del notaio Giuseppe Smerz del primo agosto 1804, pagavano alla cappella un censo annuo di ducati cinque.[xv]

Michele Labonia

In una descrizione delle strade cittadine poco dopo la metà dell’Ottocento, troviamo che il palazzo era situato sulla “Strada che dall’arco dell’Episcopio va per la casa Covello, Zurlo, Mayda, Labonia sbocca alle mura”. Nicola Sculco nella “Topografia della “Crotona antica” ne fa un breve accenno: “Nella parte bassa del paese, detta Pescheria, poche sono le abitazioni di buono aspetto, tra tante primeggiano le case Bruno, Labonia, De Mayda era Marzano. Di fronte le due chiesette S. Maria e S. Vincenzo Ferreri”. I Labonia vi abitarono per tutto l’Ottocento. In un atto del 1866 troviamo Michele ed Antonio Labonia e, cinque anni dopo, Antonio Labonia fu Serafino. Tra i Labonia di questo periodo ricordiamo il canonico Michele, che al tempo del vescovo Giuseppe Cavaliere fa parte del capitolo della cattedrale (1896).

Crotone, palazzo Labonia.

I De Azeri o Dazeri o Azeri

Giuseppe, Antonio e Domenico Azeri sono già presenti a Crotone nella seconda metà del Seicento. Il 15 marzo 1657 presso il notaio Hieronimo Felice Protentino sono stesi i capitoli matrimoniali tra Dianora Dazeri, presente il fratello Giuseppe, e Joanne Castagnino.[xvi] Sono del 18 febbraio 1685 presso il notaio Antonio Varano, i capitoli matrimoniali tra Beatrice Dazeri, figlia di Giuseppe, e Gio. Dionisio Morello.[xvii] Nella platea del “Capitulo dell’anni 1692 e 1693”, tra gli “ius mortuorum” sono elencati: “A 23 febraro 1692 Ant.o Azzeri povero gratis”; “A.28 luglio 1693 Dom.co Azzeri povero gratis”.

Il clerico coniugato Gio. Fran.co de Azzeri

Gio Francesco Azeri si unì con Lucrezia Asturi, come si rileva da una vicenda avvenuta all’inizio del Settecento. Il 3 giugno 1712 i “Dulcignoti” avevano fatto schiavo Antonino Manica, cognato di Gio. Francesco Azeri, il quale per riscattarlo depositò in potere di Gio. Battista Barricellis ducati 200, per i quali il Barricellis si era obbligato con Gio. Luise de Soda, a pagare e sborsare quando sarebbe stato riscattato Antonino Manica.

Morto Gio. Francesco Azeri, non essendo ancora stato riscattato il cognato, lasciò per testamento i ducati 200 alla moglie Lucrezia Asturi. Questa per alcuni suoi bisogni, si rivolse ad Anna e Francesca Barricellis, figlie ed eredi di Gio. Battista, ed ottenne ducati 25. In seguito le Barricellis, visto il libro di negozio del padre, trovarono che Gio. Francesco Azeri in più volte aveva ricevuto ducati 100, che uniti ai 25 facevano ducati 125, a riguardo dei quali, per loro sicurezza, in caso si fosse dovuto pagare il riscatto, Lucrezia Asturi ipotecò con atto del 20 dicembre 1718, la casa ereditaria e dotale dove abitava.

In seguito Antonino Manica ritornò libero e rimpatriò “senza riscatto, ma solo per gratia del Prencipe del Regno”. Anna e Francesca Barricellis, avrebbero dovuto quindi restituire ducati 75, liberando Lucrezia Asturi dall’obbligo e dalla ipoteca sulla casa. Poiché però verteva lite tra Antonino Manica con i figli ed eredi di Gio. Francesco Azeri, per causa di alcuni seminati in comune e fatti i conti, risultava che Antonino Manica era creditore di ducati 37 e mezzo. Lucrezia Asturi per liberare i figli da questo debito dei ducati 75 che avanzava, ne assegna 37 e mezzo ad Antonino.[xviii]

Il 18 luglio 1718 Elisabetta, figlia di Lucrezia Asturi, vedova di Gio. Francesco Azeri, sposa il mastro Ignazio Siciliano.[xix] Nel 1720 la confraternita della SS.ma Concezione esige annui carlini 20 per capitale di ducati 25, sopra la casa di Lucretia Azeri nella parrocchia di Santa Veneranda, confine la casa di Gio. Dionisio Morello. Maturano a 27 gennaio per istrumento del q.m Macrì.[xx]

Dionisio Azeri

Dionisio Azeri intraprese la carriera ecclesiastica. Il 24 agosto 1730 egli ottiene la dispensa per l’età e diviene diacono.[xxi] Il 6 aprile 1742 Dionisio Azeri è già sacerdote secolare. Così egli compare in un atto notarile assieme al notaio Serafino Labonia e la (moglie) signora Antonia Azeri.[xxii] Possiede il beneficio della cattedrale sotto il titolo della SS.ma Resurrezione della famiglia Leone,[xxiii] è subcollettore, in canto gregoriano versato, e ottiene il canonicato di Santa Maria della Scala della cattedrale.[xxiv] Come tale fa parte del capitolo (19 settembre 1754). È anche economo della chiesa parrocchiale di Santa Margarita (12 agosto 1755). Lascia il canonicato di Santa Maria della Scala per quello più redditizio dei SS. Vincenzo e Anastasio.[xxv] Ottiene il primiceriato, la sesta e ultima dignità della chiesa crotonese. Durante questo periodo egli abita in parrocchia di Santa Margarita nel luogo detto San Giorgio.[xxvi] In questi anni, poco dopo la metà del Settecento, acquista dai Capuano la parte superiore del palazzo situato in parrocchia di Santa Maria Protospatari.

Crotone, palazzo Labonia.

I Capuano

Tomaso Capuano della città di Napoli sposò Vittoria Petrolillo, figlia di Antonio e di Beatrice Bisanto. Per tale motivo, ormai “casato e commorante con domo e famiglia” a Crotone, esige per questioni dotali dalla signora Prudenzia Petrolillo, come figlia ed erede del padre Antonio Perolillo, la somma di ducati 381 e mezzo.[xxvii]

Rimasta vedova, Vittoria Petrolillo morì il 4 marzo 1731.[xxviii] L’undici aprile 1738 con atto del notaio Pelio Tirioli, Francesco Capuano, figlio del q.m Tommaso e della q.m Vittoria Petrolillo, figlia di Antonio e della q.m Beatrice Bisanto, famiglie antiche della città di Crotone, “che anno apparentato con famiglie nobili di questa città”, rinuncia ad essere “annoverato e portato per uno de famiglie de nobili viventi”, e quindi di andare a far parte del ceto del secondo ordine. Dichiara di abitare a Cirò dove possiede due suffeudi e altri beni stabili. Egli fa l’atto di rinuncia in quanto, con decreto della Camera Reale di Santa Chiara del 3 marzo 1738, è stato annoverato tra le famiglie dei nobili viventi.[xxix]

Nel catasto onciario del 1743 troviamo Francesco Capuano cittadino d’anni 26. Poiché vive con le rendite degli affari che possiede nel Cirò, non è tassato né per testatico né per industria. La sua famiglia è composta dal fratello sacerdote D. Giuseppe Antonio Capuano e dalle sorelle “vergini” Anna di 34 anni, Beatrice di anni 32, Angela di anni 30 e Giuditta di anni 24. Con loro vive anche la zia “serva” Giovanna di anni 42. Abitano in casa propria in parrocchia di Santa Maria.[xxx] Il 19 aprile 1748 Francesco Antonio Zurlo compra con patto di retrovendita entro dieci anni, dalle sorelle Beatrice, Angela e Anna Capuano, “La sala divisa in due camere, la camera appresso a detta sala chiamata la Camera del Pontone ed un camerino, confine alla camera spettata a D. Francesco Capuano loro fratello, site dette sala camera e camerino nel quarto superiore del palazzo chiamato delli Petrolillo, spettato per causa di dote detto quarto superiore alla q.m D. Vittoria Petrolillo madre di dette sorelle di Capuano. Sito e posto detto palazzo nella regia parrocchia di Santa Maria Protospatari”. Il 7 dicembre 1752 avviene la retrovendita.[xxxi]

4 giugno 1748. Il sacerdote Diego Zurlo possiede un molino, centimolo “cioè legname e pietra tantum senza commodità di casa e cavalcatura”, sito in parrocchia di Santa Maria Protospatari, proprio dentro il cortile delle sorelle Anna e Beatrice Capuano e proprio in un basso del loro palazzo. Lo vende per ducati 50 alle Capuano.[xxxii]

Il 9 maggio 1780 Beatrice Greco, vedova di Dionisio de Silva, fa testamento. Nomina erede la sua unica figlia Saveria, moglie del barone Francesco Antonio Lucifero. Lascia iure legati a Maria Giuseppa Stricagnolo, “donzella nubile figlia del q.m Antonio per il buon servizio prestatoli, e che li sta prestando ed a saldo e anche a titolo di elemosina … una casa col suo basso sita in Parocchia di Santa Maria Protospatariis dentro il cortile delle Sig.re Capuano consistente detta casa in una camera, e basso colla sua scala e vignano di fabbrica per quanto sta attaccato alla medesima”.[xxxiii]

I De Silva

La presenza dei De Silva a Crotone è legata alla guarnigione spagnola del castello. In un atto notarile del 23 maggio 1655 è presente Juan de Silva, che svolge la mansione di “officiale della Regia Vederia e Provederia Generale delle scorte nei castelli di questo Regno”.[xxxiv] La sua presenza continua negli anni successivi. In un atto del 10 maggio 1661 del notaio Hieronimo Felice Protentino, tra i testimoni c’è Jo.e de Sylva.[xxxv] Come capitano compare in un atto del 1662.[xxxvi] Da ultimo in un atto del notaio Giuseppe Lauretta del 13 aprile 1667 è tra i testimoni.[xxxvii]

Il 31 luglio 1670 Gio. Alessio de Silva di Madrid, capitano della artiglieria della città, sposato con Portia Tiriolo, fa testamento lasciando eredi i figli Mutio, Pietro, Giuseppe Antonio, Filippo e Caterina. Egli abita in parrocchia di Santa Margherita.[xxxviii] Anche alcuni figli di Gio. Alessio de Silva seguirono la carriera militare. Andrea Mutio de Silva fu officiale della “vidonia” e “del soldo” del regio castello. Assieme al fratello Felippe egli fa parte della guarnigione del castello.[xxxix]

Crotone, palazzo Labonia.

Il canonico Pietro de Silva

Pietro de Silva, figlio di Gio. Alessio e di Portia Tiriolo, fu avviato alla carriera ecclesiastica. Nell’agosto del 1681 il chierico diocesano Petro de Silva ottiene il canonicato sotto il titolo di Sant’Antonio da Padova.[xl] Col titolo di canonico compare in un atto del 3 febbraio 1692. All’inizio del Settecento continua ad amministrare il canonicato senza prebenda di Santo Antonio da Padova.[xli] Nell’agosto del 1703 lo lascia per quello più sostanzioso sotto il titolo di San Paolo.[xlii]

Il 30 novembre 1722 interviene nella stesura dei capitoli matrimoniali tra Luccia Benincasa, figlia di Nicola di Gabriele, vedova di Agostino Benincasa, e Giacinto Corabi di Isola.[xliii] Il 13 luglio 1723 il canonico D. Pietro de Silva fa testamento e lo consegna al notaio Pelio Tirioli. Muore nell’ottobre 1724[xliv] ed il 5 dicembre successivo, il notaio su istanza di Giacinto Corabi della città di Isola ma abitante a Crotone, apre il testamento.[xlv]

Il sacerdote Nicola de Silva

Alla fine del Seicento il sacerdote Nicola Silva amministra il legato del fu Mutio Tiriolo, che ha per patrimonio un fondo di ducati 100 sopra una vigna in località Gazzaniti, appartenente alla famiglia De Silva, con l’onere di una messa settimanale.[xlvi] Egli abita in parrocchia di Santa Margarita nella strada detta “delli scarpari”, e la sua casa confina con le case di Giuseppe Longo.[xlvii]

Filippo de Silva

Figlio di Gio. Alessio de Silva di Madrid e di Portia Tiriolo, si unì con Cecilia Petrolillo. Felippe seguì l’orme paterne. Nel 1684 è tra i militi del castello di Crotone.[xlviii] Il 28 agosto 1708 assieme agli altri soldati del castello, giura fedeltà a Carlo III.[xlix] Poco dopo morì, infatti il 29 maggio 1710, Cecilia Petrolillo risulta madre, tutrice e curatrice, dei figli ed eredi del fu Filippo de Silva suo marito.[l] Il 24 novembre 1732 la vedova Cecilia Petrolillo dichiara che, il 5 ottobre 1724, aveva venduto per ducati 600 un suo palazzo situato in parrocchia Santa Maria, al parroco Antonino Asturelli.[li] Tra i figli sono ricordati Gio. Battista, Gio. Francesco e Dionisio de Silva.

Il canonico Giovanni Francesco Silva

Giovanni de Silva, figlio di Filippo e di Cecilia Petrolillo, intraprese la carriera ecclesiastica. Il 15 ottobre 1710 il clerico e mag.co Giov.e de Silva, con l’espresso consenso della madre e curatrice, la m.ca Cecilia Petrolillo, compare in un atto del notaio Stefano Lipari.[lii]

Pochi anni dopo è già canonico sotto il titolo di S. Carlo senza prebenda, rettore del beneficio di iuspatronato della famiglia Risitano con altare e cappella in cattedrale e sotto il titolo di S. Homobono, e rettore del beneficio di iuspatronato della famiglia Petrolillo sotto il titolo di S. Maria de Jesu senza altare e cappella.[liii]

Egli abita in parrocchia di Santa Margarita nella strada “delli Scarpari”, confinante con la casa di Vittoria Mantella e del fu Giuseppe Longo.[liv] Giovanni Francesco fu dedito al prestito di denaro ed al commercio del grano; sappiamo che nel giugno 1731 obbligò Antonino Asturello per un prestito di ducati 300.[lv] Dal catasto onciario del 1743 sappiamo che il canonico e patrizio della città di Crotone Gio. Francesco de Silva, amministra il canonicato sotto il titolo di S. Carlo o della Pietà. Il canonicato di San Carlo, che era senza prebenda e rendite, era stato poi arricchito unendo la chiesa della Pietà, situata fuori la porta della città, con i suoi beni.[lvi] Il 21 aprile 1743 egli acquista la casa di Rosa Covello, moglie di Domenico Striglia, e della sorella Anna Covello.[lvii]

Crotone, palazzo Labonia.

Gio. Battista de Silva

Gio. Battista Silva figlio di Filippo e di Cecilia Petrolillo, nel 1737 fu aggregato al seggio nobiliare di Crotone. Nel catasto onciario di Crotone del 1743 è indicato come capofuoco. Egli abita in casa propria in parrocchia dei SS. Pietro e Paolo, assieme ai suoi fratelli Gio. Francesco e Dionisio: “Gio. Batt.a de Silva nobile patrizio di anni 40. Gio. Francesco de Silva canonico fratello di anni 45. Dionisio de Silva fratello di anni 28, Luca esposito servitore di anni 24 e Rosa Casacchi serva di anni 16. Abita in casa propria in parrocchia dei SS. Pietro e Paolo”.

Egli possiede una discreta proprietà costituita da alcuni fondi (il territorio di Scifo vecchio, una chiusura di vigne a Gazzaniti, alcune terre a Zimpano, una chiusura con giardino, vigne ,ortalizii e terre seminanti a Gesù Maria), da un “magazzenello” e una casetta dirimpetto alla sua abitazione, da quattro magazzini al Fosso, e da alcune rendite su capitali al tasso del 7 %: un capitale di ducati 107 e mezzo dagli eredi di Antonio de Castillo, un capitale di ducati 225 da Leonardo Falbo ed un capitale di ducati 52 da Maria Messina ed Anella Conserva.[lviii] Morì il 14 gennaio 1745 e fu sepolto nella chiesa di San Francesco d’Assisi: “D. Jo.es Bap.ta Silva ex Par.a S. Petri sacris munitus obiit sub die 14 (Januarius 1745), et sep.tus fuit in divi Fran.ci de ass. et ad fidem.”[lix] Ereditò il fratello Dionisio.

Dionisio de Silva

Dionisio de Silva figlio minore di Filippo e di Cecilia Petrolillo, si unì con Beatrice Greco. I capitoli matrimoniali tra Dionisio de Silva e Beatrice Greco furono stipulati il 22 febbraio 1745, con atto del notaio Pelio Tirioli.[lx]

Il 29 novembre 1747 i fratelli Gio. Francesco e Dionisio de Silva, Beatrice Greco, moglie di Dionisio, e Lucrezia Petrolillo, madre di Beatrice, nobili e tutti abitanti nella stessa casa, in quanto infermi ottengono dal papa Benedetto XIV l’indulto di un oratorio privato.[lxi] Il 12 novembre 1758 Dionisio de Silva compera “con proprio denaro”, la parte ereditata da Teresa Greco, sposata con Giacomo Dini e sorella della moglie Beatrice.[lxii] Da un atto del notaio Antonio Asturi del 7 settembre 1759, sappiamo che il palazzo del nobile Dionisio de Silva era situato in parrocchia dei SS. apostoli Pietro e Paolo, e confinava con il palazzo di D. Pietro Maria Barricellis.[lxiii]

A causa della malattia e delle annate sterili, il patrimonio cominciò a venir meno e Dionisio cominciò ad indebitarsi. Il 28 aprile 1760 I coniugi Dionisio de Silva e Beatrice Greco, nobili patrizi della città di Crotone, “per alcuni premorosi bisogni”, prendono in prestito ducati 1000 al 5% da Fabrizio Suriano, ipotecando tutti i loro beni.[lxiv] Egli governò la città durante la grave carestia del 1763/1764. Infatti il 15 giugno 1763 nell’elezione dei nuovi governanti cittadini “l’elezione cascò in persona di Dionisio de Silva per sindaco de nobili”. Egli iniziò ad amministrare dal 15 agosto di quell’anno, procedendo alla requisizione del grano nascosto nei magazzini di alcuni nobili della città. Mercante di grano e fornitore dei mercanti di Napoli, soprattutto di Giuseppe Maresca, egli affittava ai coloni i suoi numerosi fondi ed era dedito al prestito. Nel settembre 1766 Dionisio de Silva fa testamento in favore della moglie Beatrice Greco.[lxv]

Saveria de Silva

Saveria de Silva, unica figlia di Dionisio e di Beatrice Greco, sposò il barone Francesco Antonio Lucifero, figlio di Dionisio e della seconda moglie Francesca Toscano. La decadenza economica iniziata già con Dionisio, aumenta dopo il matrimonio tra Saveria de Silva ed il barone Francescantonio Lucifero. Il 14 giugno 1774 Saveria de Silva, moglie del barone Francescantonio Lucifero, unica erede del padre Dionisio de Silva, morto ab intestato, e dello zio paterno, il fu canonico D. Giovanni de Silva, è dal medesimo chiamata come ultima della sua famiglia per testamento del 9 settembre 1749 “per alcune sue occorenze, e stretto bisogno, e necessità di d.o suo Sig.r marito li fa di bisogno di certe somme, che non essendovi altro scampo, e riparo, à stimato d.a Sig.ra D.a Saveria”, vendere per ducati 920 il territorio di Scifo vecchio ai fratelli Zurlo.[lxvi]

Il 10 aprile 1780 Beatrice Greco, vedova di Dionisio de Silva, abitante nel suo palazzo di abitazione situato in parrocchia dei SS. Pietro e Paolo, fa testamento. Istituisce erede universale e particolare la sua unica figlia Saveria de Silva, moglie del barone Francesco Antonio Lucifero.[lxvii] Dopo poco i coniugi Saveria de Silva e Francesco Antonio Lucifero vendono parte delle proprietà ereditate al tesoriere Michele Labonia.

Note

[i] ASCZ, Busta 860, anno 1760, ff. 107-108.

[ii] AVC, Catasto Cotrone 1793, f. 135.

[iii] ASCZ, Busta 764.

[iv] ASCZ, Busta 664, anno 1732, f. 212.

[v] ASCZ, Busta 664, anno 1734, ff. 6-8.

[vi] ASCZ, Busta 911, anno 1737, ff. 4-5.

[vii] ASCZ, Busta 911, anno 1742, f. 44.

[viii] ASN, Cam. Som., Catasto Onciario Cotrone, 1743, vol. 6955, f. 183v.

[ix] AVC, Nota delle Chiese e Luoghi pii Ecclesiastici e secolari esistenti nel distretto della giurisdizione del Regio Governatore della città di Cotrone, Cotrone 31 ottobre 1777.

[x] AVC, Platea Mensa Vescovile 1780/1781, f. 30.

[xi] Russo F., Regesto, XII, 67498.

[xii] AVC, Catasto di Crotone, 1793, f. 135.

[xiii] Russo F., Regesto, XIII, 68825.

[xiv] ASCZ, Buste 1665 e 1666.

[xv] AVC, Platea della cappella del SS.mo Sacramento, 1824, f. 7.

[xvi] ASCZ, Busta 229, anno1657, f. 50.

[xvii] ASCZ, Busta 335, anno 1685, f. 13.

[xviii] ASCZ, Busta 661, anno 1722, ff. 53-54.

[xix] ASCZ, Busta 660, anno 1718, f. 80.

[xx] AVC, Anselmus de la Pena, Visita, 1720, f. 50v.

[xxi] Russo F., Regesto, XI, 57209.

[xxii] ASCZ, Busta 911, anno 1742, f. 44.

[xxiii] ASN, Cam. Som., Catasto Onciario Cotrone, 1743, vol. 6955, f. 222.

[xxiv] Giugno 1753. Russo F., Regesto, XII, 63189.

[xxv] Russo F., Regesto, XII, 63942.

[xxvi] ASCZ, Busta 1411, anno 1763, f. 16.

[xxvii] ASCZ, Busta 612, anno 1716, ff. 19-20.

[xxviii] AVC, Platea Capitolo 1730/1731, f. 16v.

[xxix] ASCZ, Busta 665, anno 1738, f. 39.

[xxx] ASN, Cam. Som., Catasto Onciario Cotrone, 1743, vol. 6955, f. 90.

[xxxi] ASCZ, Busta 913, anno 1752, ff. 195v-196.

[xxxii] ASCZ, Busta 1124, anno 1748, ff. 6v-9.

[xxxiii] ASCZ, Notaio Giuseppe Smerz, anno 1780, ff. 29v-30.

[xxxiv] ASCZ, Busta 229, anno 1655, f. 94.

[xxxv] ASCZ, Busta 229, anno 1661, f. 21.

[xxxvi] ASCZ, Busta 229, anni 1661-1662, f. 60.

[xxxvii] ASCZ, Busta 311, anno 1667, f. 8.

[xxxviii] ASCZ, Busta 253, anno 1670, ff. 75v-76.

[xxxix] ASCZ, Busta 337, anno 1684, ff. 177-178.

[xl] Russo F., Regesto, IX, 44689.

[xli] AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama, A. D. 1699 confecta, f. 18.

[xlii] Russo F., Regesto, IX, 50049. AVC, Anselmus de la Pena, Visita, 1720, f. 33.

[xliii] ASCZ, Busta 661, anno 1722, f. 293.

[xliv] Russo F., Regesto, X, 55363.

[xlv] ASCZ, Busta 662, anno 1724, ff. 232-233.

[xlvi] AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama, A. D. 1699 confecta, f. 49v.

[xlvii] AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama, A. D. 1699 confecta, f. 103v.

[xlviii] ASCZ, Busta 337, anno 1684, ff. 177-178.

[xlix] ASCZ, Busta 497, anno 1707, ff. 48-49.

[l] ASCZ, Busta 634, anno 1710, f. 27.

[li] ASCZ, Busta 664, anno 1732, f. 239.

[lii] ASCZ, Busta 611, anno 1710, f. 100v.

[liii] AVC, Anselmus de la Pena, Visita, 1720, ff. 33, 69, 79.

[liv] AVC, Anselmus de la Pena, Visita, 1720, f. 38v.

[lv] ASCZ, Busta 663, anno 1731, f. 159.

[lvi] ASN, Cam. Som., Catasto Onciario Cotrone, 1743, vol. 6955, ff. 213v-214.

[lvii] ASCZ, Busta 666, anno 1743, f. 24.

[lviii] ASN, Cam. Som., Catasto Onciario Cotrone, 1743, vol. 6955, f. 114.

[lix] AVC, Libro dei Morti.

[lx] ASCZ, Busta 860, anno 1760, ff. 107-111.

[lxi] Russo F., Regesto, XI, 61672.

[lxii] ASCZ, Busta 860, anno 1760, ff. 107-111.

[lxiii] ASCZ, Busta 915, anno 1759, f. 45.

[lxiv] ASCZ, Busta 860, anno 1760, ff. 107-111.

[lxv] ASCZ, Busta 916, anno 1766, f. 152v.

[lxvi] ASCZ, Busta 1665, anno 1774, ff. 16-18.

[lxvii] ASCZ, Notaio Giuseppe Smerz, anno 1780, ff. 29v-30.


Creato il 13 Agosto 2016. Ultima modifica: 11 Novembre 2022.

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