La torre di Fasana (Strongoli)

Casino di fasana 2

Casino di Fasana (Strongoli).

I primi anni Ottanta sono caratterizzati oltre che dai raccolti scarsi e dalle pestilenze anche dalle continue incursioni turche che si spingono fino all’interno della regione.[i]

Particolarmente insicuri sono i luoghi costieri ionici e le campagne, specie nella bella stagione, tanto da spingere il potere centrale a rinforzare l’apparato difensivo ed a rafforzare la guardia delle marine.[ii]

Il 7 luglio 1583 dopo aver visitato i luoghi marittimi della Calabria Ultra l’ingegnere militare Pignalosa Cafaro fornisce “il disegno ad alcuni partitari che hanno fatto partito con la Regia Corte d’alcune turri s’hanno da fabricare in detta Provincia et a fare mesura di alcune turre sono incominciate”.[iii]

Lelio Lucifero seniore, figlio di Giovannella Pica[iv] e di Gio. Paulo seniore, sposato con Hipolita Pipino, alla metà di marzo del 1586 parte da Crotone per Napoli.

Il viaggio era già stato preparato da diversi giorni e molto probabilmente doveva rappresentare l’ultima speranza di salvezza per Lelio.[v]

Lelio infatti ai primi di marzo aveva istituito suo procuratore e fattore Gio. Andrea Puglise concedendogli le più ampie facoltà sia nell’amministrare che nel disporre di tutte le sue proprietà “mobili, stabili et semoventi presenti et future qualsivoglia luoco siti et posti, vendere alienare, permutare et pignorare in tutto o in parte a quelle persone che havessero voluto comprare o vero ascrivere dette robbe sue”.

Poco prima di partire egli fa testamento e si fa autenticare tre fedi che porta con sé: una dal Capitolo di Crotone, un’altra dai domenicani del convento di Santa Maria della Grazia e una terza dal procuratore della cappella della Madonna del Capo.

Lo accompagna come servitore Masi La Nocita che lascia la sua massaria per servire il suo padrone.

Lelio non ritornerà più a Crotone, egli infatti morirà alla metà di giugno a Napoli.

Egli lascia in amministrazione a Gio. Andrea Puglise una avviata azienda agricola articolata in massaria, vaccarizzi, caprarizzi, giardino, stalle e magazzini, dove trovano stabile lavoro un capo massaro (Gio. Montileone), due capi vaccari , ognuno con una propria morra di vacche (Paolo Spina e Cola Pirrotta), alcuni guardiani di vacche, dei caprai, dei porcari, un giardinaro , un guardiano di giardino (Artuso di Cutro) un creato di casa addetto alla cura dei cavalli e dei muli.

A queste persone occupate stabilmente bisogna aggiungere  i lavoratori giornalieri, che prestano la loro opera per i lavori stagionali, cioè i “zappuliaturi”, i “roncaturi”, i “metitori”, i “ligaturi” ecc.

L’azienda produce soprattutto grano, che viene sportato verso gli altri paesi della Calabria e Napoli, e formaggi (raschi, casi cavalli, caso pecorino) venduti a Napoli.

Le proprietà che Lelio dispone, parte delle quali portate in dote dalla moglie[vi], sono situate alla foce del fiume Neto in territorio di Strongoli e Crotone.

Qui a Fasana sorge la masseria con i magazzini e si estendono i territori di Poherio, Pizzuta, Mossa, Pantano, Volta dio Vitetta ecc. che per tre anni sono lasciati a maggese a uso di pascolo e per tre anni sono seminati a grano.

Lelio per far fronte alle necessità della sua azienda caratterizzata da un importante allevamento di bestiame, deve prendere in fitto ad uso “herbaggio” molti altri territori vicini appartenenti ad enti ecclesiastici e ad aristocratici.[vii]

Egli inoltre possiede un “giardino” e magazzini e stalle, con cavalli e muli, presso la sua casa palatiata dove abita, sita a Crotone in parrocchia di Santo Stefano.

Gio. Andrea Puglisi ricopre la carica di procuratore dal 14 marzo al 23 giugno, cioè dal giorno della partenza di Lelio al giorno in cui perviene la notizia della sua morte.

Durante questo periodo egli amministra l’attività lasciata da Lelio che tra l’altro comprende la continuazione della costruzione di una torre presso la fattoria di Fasana. I lavori sono condotti dal mastro fabricatore Gioseppe Lamacchia, che è aiutato da due altri mastri e da alcuni manipoli.

Nelle vicinanze è stata costruita una calcara che, sotto la guida del calcararo Pietro Giovanni Lamacchia, è alimentata con la frasca tagliata nel vicino bosco e con la pietra e fornisce la calce per proseguire la costruzione.

Si comperano tre pale di ferro, quarantacinque tiylli, settantotto tavole di butiello, dieci canne di pietra, cento palmi di cantoni ed uno travo di palmi quarantaquattro. Si affitta una scala grande dal priore della chiesa di Santa Maria della Pietà di Crotone e oltre a pagare a giornata i mastri e i manipoli, si fornisce loro giornalmente vino e altre vettovaglie.

Durante il periodo in cui è procuratore il Puglise è costruita la scala e si voltano le “lamie” della torre.

“Adi 22 d’Aprile 1586 al m.co Horatio Lucifaro ducato uno per comprarne tre pale di ferro, che servino alla fabrica della torre di fasana.

Adi 16 maggio a Gio. Monteleone per comprar pane vino et altre robbe per portarle alla torre di fasana dove si voltava la lamia un tari.

Adi detto a mastro Gioseppe la macchia docati dieci et carlini sette per haver fabricato esso con dui altri mastri et manipuli alla torre et scala di fasana.

Adi 25 di maggio 1586 a m.s Ursino di Napoli ducati sei, tari uno, et grana dieci, per lo prezo di quarantacinque tiylli, a grana quattro l’uno et per lo prezo di tavole cinquanta di butiello, servino per voltare la lamia di fasana.

Adi detto al m.co Cosmo lo epitropo, ducati dui et tari quattro , per lo prezo di tabule n. venti otto di mesura, servino per fenire le lamie della torre di fasana.

Adi detto a Gio. Monteleone massaro car.ni dieci otto per pagarne le genti che tagliorno tanta frasca per cocere un’altra volta la calcara di fasana.

Adi 29 maggio 1586 a Gio.  Monteleone capo massaro car.ni trentasei per le genti che tagliorno la frasca per cocere le calcare di fasana.

Primo giugno a m.s Gioseppe lamacchia  fabricatore ducati dieci et carlini sei per haver fabricato esso con altri mastri, et manipuli alla torre di fasana.

Adi detto a Pietro Giovanni lamacchia cra.ni trenta sei , per havere caricato la calcara a fasana et per sua mastria, et cuocerla.

Adi 8 giugno 1586 a m. gioseppe lamacchiua fabricatore duc. Dieci tari quattro et grana quindeci per havere fabricato esso con altri mastri et manipoli alla torre di fasana.

Adi detto al R.do don alfonso d’aless.o d.ti dieci debito per prezzo de due canne di pietre, et palmi cento di cantoni, et uno travo di palmi n. quarantaquattro venduti a d.o q.o S.r Lelio.

Adi 20 di giugno 1586 a m. gioseppe lamacchia car.ni quaranta due per havere fatigato con altri mastri alla torre di fasana.

Adi 23 giugno 1586 pagato a Ger.mo Varano carlini dui et sello pagorno come Priore intardo della chiesa di s.ta maria della pietà de ditta città per haverli prestato una scala grande di detta chiesa et quella mandata a fasana per serv.o di detta fabrica, quale dice haversi rotta, et per elemosina et pagamento di quella li donò detti carlini due.”.[viii]

La decisione di costruire la torre a Fasana si inserisce nel tentativo da parte dei grandi proprietari terrieri di mettere al sicuro il raccolto e la vita dalle sempre più frequenti razzie turchesche. In breve tempo il pericolo turco cambia il paesaggio agrario favorendo la scomparsa di numerosi abitati. Accanto ai magazzini, alla casa e al pozzo si innalzano dappertutto torri[ix] dove gli abitanti delle masserie possono rifugiarsi mentre nei luoghi maggiormente esposti lungo la costa si edificano per conto della Regia Corte una catena di torri costiere seguendo le indicazioni date dai regi ingegneri. Così dopo ulteriori devastazioni, tra le quali quella del 1594[x] che aveva colpito tutta la fascia costiera del marchesato compresa la vicina città di Strongoli, nelle vicinanze della torre di Fasana, Petruczo de Franco, partitario della nuova torre che deve essere costruita alla foce del Neto, su incarico della Regia Corte alla fine dell’estate del 1602 ne inizia la costruzione in “tempo atto a fabricare li pedamenti poiché s’appeda dentro de l’acqua, conforme il disegno del regio ingegnero”.[xi]

A quel tempo il territorio di Fasana con torre e magazzini, come tutte le altre proprietà di Lelio, era passato agli eredi.[xii]

Morto Lelio senza figli subentrò il fratello Jo. Paulo Lucifero ma, essendo anche costui morto, ereditò il figlio Lelio Lucifero juniore. Per la minore età di quest’ultimo, il tutto passò sotto la tutela della madre Isabella Leone, moglie del fu Jo. Paulo.

Durante il periodo della tutela il patrimonio cominciò a venir meno. Nell’aprile del 1591, su istanza di Fabio de Aquino, conte di Martorano, creditore di 1000 ducati, il Sacro Regio Consilio fece mettere all’asta i beni di Lelio ed il conte nel maggio dello stesso anno entrò in possesso del territorio di Siviglia.[xiii] Due anni dopo interviene la vedova Ippolita Pipino: in forza di un legato che le assegna 300 ducati annui, da tre anni disatteso, richiede l’intervento della Regia Corte di Crotone, che mette all’asta il giardino di Maccoditi.[xiv]

Poiché parte delle proprietà si trovava nel territorio di Strongoli, feudo dei principi di Bisignano, gli eredi di Gio. Paulo Lucifero, in quanto suffeudatari, dovettero pagare l’adoha al feudatario di Strongoli, che nel 1605 diviene il conte di Melissa Gio. Battista Campitelli, al quale seguì poco dopo il figlio Annibale.[xv]

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Casino di Fasana (Strongoli). Antica croce murata.

 

Nel frattempo Scipione Pisciotta, barone di Casabona, aveva incominciato ad allargare le sue proprietà nella zona ed in poco tempo si impossessò dei beni che erano stati di Lelio Lucifero e poi degli eredi.

“Il territorio di Fasana con principio di torre, e con magazzeni, cisterna, e cappella” ed i territori di Mossa, Pantano di Taccone, Pantano di Vitetta, Poerio, Siviglia, Castellana, la peschiera alla foggia del Neto, l’isoletta dalla parte di Neto verso Crotone, li troviamo tra i numerosi averi che il marchese di Casabona, Scipione Pisciotta, lascia nel 1622 agli eredi[xvi] che se li litigano.

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Casino di Fasana (Strongoli). Piastrella raffigurante S. Antonio.

 

Alla morte di Scipione Pisciotta subentrò nei feudi e suffeudi la nipote “ex frate” Dianora o Eleonora Pisciotta col peso però di pagare all’erede universale ducati 50000. Eleonora l’anno dopo (1623) si unì in matrimonio con Pompeo Campitelli.

Nel testamento di Scipione Pisciotta erano inserite alcune clausole. Una di queste era che la moglie Isabella Protonobilissimo godesse di una rendita annua di ducati 500 sui frutti e le entrate provenienti dai territori di Pantano di Zuccone, Pantano di Vitetto, Poerio, Siviglia, Castellana e Fasana, “li quali sia tenuto lo mio herede à peso suo affittarli col consenso però in scritto della mia consorte, se così lei resterà contenta, e quando lei non si contentasse, possa essa D. Isabella sola affittarli in tutto o in parte come li piacerà …”.

Così in questi anni troviamo che parte dei suffeudi, sui quali già verte una lite, sono in tenuti in fitto da Francesco Campitelli, principe di Strongoli.[xvii]

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Casino di Fasana (Strongoli). Arme dei Campitelli.

 

Alla morte di Eleonora Pisciotta (1643) Fasana assieme ai beni feudali e burgensatici passò al marito Pompeo Campitelli, che la tenne fino alla morte, avvenuta nel 1658.

La successione fu tuttavia contrastata da Cornelia Pisciotta, sorella di Eleonora, che intentò lite al cognato.

La torre di Fasana, posta nel territorio di Strongoli nei pressi del bosco Pantano alla foce del Neto e sulla strada costiera, rimase per tutto il Seicento luogo importante di sosta e punto di incontro tra Crotone, Strongoli e Cirò.[xviii]

Poco dopo la metà del Seicento il feudo di Strongoli era passato dai Campitelli ai Pignatelli. Nell’inventario compilato il 26 giugno 1668 dal nuovo principe di Strongoli Domenico Pignatelli, che aveva ereditato il feudo alla morte dello zio Francesco Campitelli, si legge che sul territorio di Fasana verteva ancora lite nel Sacro Consilio con gli eredi del marchese di Casabona Scipione Pisciotta. Fasana con la sua torre di Fasana, molto probabilmente era rivendicata dai Campitelli per il matrimonio tra Francesca Pisciotta, nipote del marchese Scipione Pisciotta, e Francesco Campitelli.[xix] In seguito Fasana risulta in pieno possesso dei Pignatelli. Infatti il 17 marzo 1689 in Strongoli, per atto del notaio Giuseppe Fortuna, il principe di Strongoli Domenico Pignatelli, come patrono  del beneficio o cappellania sotto il titolo di Santa Maria del Rosario e dei santi Agostino, Domenico e Antonio, esistente con cappella e altare nella torre di Fasana, presenta il nuovo rettore. Essendo morto il prete D. Jacobo Pilò di Strongoli ultimo rettore della cappella, il principe nomina nuovo rettore il reverendo Domenico Riccardi. Il nuovo rettore sarà confermato dal vescovo di Strongoli o dal suo vicario generale.[xx]

Pianta torre di Fasana

Pianta di Fasana (Strongoli).

 

Durante il periodo in cui fu possesso dei Pignatelli la torre subì delle trasformazioni divenendo nei primi decenni del Settecento un casino di soggiorno, usato dal principe di Strongoli quando veniva in Calabria.[xxi]

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Casino di Fasana (Strongoli). Arme nobiliare murata.

 

Nelle sue vicinanze, per aumentare le rendite, i coniugi Ferdinando e Lucrezia Pignatelli fecero iniziare nel 1743 la costruzione di tre mulini d’acqua al Neto.[xxii]

L’edificio ospitò nel febbraio 1735 Carlo III di Borbone ed il 4 aprile 1799 vi pernottò il cardinale Ruffo, proveniente da Crotone.

Il territorio seminativo di Fasana, con terre olivetate, l’orto, i pascoli “con grandioso casino, magazzini, trappeto ed ogni altro comodo annesso”, fu venduto nel 1831 per debiti da Francesco Pignatelli ai fratelli germani Nicola e Leonardo Giunti.[xxiii] Ai Giunti subentrarono da ultimo i Massara.

 

[i] L’università di Castiglione nel 1583 chiede l’esenzione dal pagamento per la fabrica di Crotone perché è “roinata per lo incendio della peste, come de turchi et se ritrova impedita allo murar delle case brusciate et reparatione delle mura”. ASN, Dip. Som. Fs. 197, Torri e Castelli, f. 105.

[ii] Nel 1577 l’università della Rocca di Neto contribuisce fornendo due carri ogni mese per servizio della fabrica di Crotone e paga i fiscali ordinari e straordinari e inoltre altri oneri come la “guardia per la marina et acconcio delle strade”. ASN, Dip. Som. Fs. 197, Torri e Castelli, f. 111.

[iii] ASN, Dip. Som. Fs. 197, f. 89.

[iv] Rimasta presto vedova Giovannella Pica nel 1555 si è già risposata con Gio. Tomaso Campitelli. ASCZ, 913, 1749, 270v.

[v] “A Pompeo Galatiio, spetiale, per tante medicine servite per la casa di detto Lelio, duc. 6”. ASCZ, Cart. 108, 1614, 193–211.

[vi] La  mastrodattia di Strongoli era in possesso di Nicola Pica, genero di Giovanbattista Poerio e padre di Giovannella (Vaccaro A., Fidelis Petilia, 1933, p. 98). Nicola Pica suffeudatario del principe di Bisignano possedeva il feudo rustico di Frasso, Pantano e cornacchia in territorio di Strongoli. Alla sua morte passò a Giovannella e quindi in dote a Gio. Paulo Lucifero ed ai suoi eredi (Galasso G., Economia e società nella Calabria del Cinquecento, p. 427).

[vii] I terreni affittati sono: La gabella il passo della Scafa dei Caraccioli, la gabella del Patrimonio di Giulio Suriano, il Parapotomo detto d’Autilia di Ferrante d’Andreotta di Cosenza, la gabella Pizzutella di Fabrizio Ricca di Taverna, la gabella dello Frasso di Simoni d’Amato, la gabella del Frasso di Neto di Gio. Paulo Labruto, la gabella Cannizola del cantore don Ger.mo Valenti, la gabella del passo del Priorato a Nato di Nicola Prato. ASCZ, Cart. 108, 1614, 193–211.

[viii] ASCZ, Cart. 108, 1614, 193-211.

[ix] In territorio di Crotone esistevano numerose torri.

[x] ASV, Rel. Lim. Strongulen. 1594. Nel giugno 1594 il vascello di N. Greco inseguito dai Turcheschi era riuscito ad approdare a Capo di Neto vicino alla torre di Strongiolo. ASCZ, 49, 1594, 118-121.

[xi] ASCZ, 1602, 328-329.

[xii] Le proprietà ereditate erano costituite dai territori di Poerio, Siviglia, Castellana, la Mossa da Fasana con torre e magazzini, da una casa palaziata a Crotone in parrocchia di S. Stefano, da un oliveto in località “pampo” e dalla mastrodattia di Strongoli. ASCZ, 49, 1591, 56-58.

[xiii] Il 16 maggio 1591 a Crotone in asta pubblica Flaminius della terra di Crucoli, come agente di Carlo di Aquino, conte di Martorano, compra il territorio di Siviglia per 1000 ducati. ASCZ. 49, 1591, 56-58.

[xiv] Altra lite per l’eredità ha per protagonista Gio. Teseo Sillano. Le liti per la successione dopo un secolo non sono ancora finite. ASCZ, 635, 1710, 17-18.

[xv] Nel 1606 gli eredi di Gio. Paulo Lucifero e per essi il possessore dei feudi di Frasso, Pantano, Cornacchia e mastrodattia di Strongoli, che furono di Cola Pica dovevano versare ancora l’adoha al principe di Bisignano. Vaccaro A., cit., 98.

[xvi] Nel 1609 Scipione Pisciotta, barone di Casabona, dichiara che negli anni passati era divenuto possessore per i crediti che vantava del territorio di Pantano “quod fuit q. Consalvi Lucifero olim venditi q. Lelio Lucifero seniore”. ASCZ, 49, 1612, 25.

[xvii] L’affitto della mastrodattia di Strongoli e lo suffeudo delo pantano e cornacchia  quali si possedevano per il q. Scipione Pisciotta olim marchese di Casabona se li litigano con l’heredi e se trovano affittati l’anno 1624 per duc. 315. Informat.ne del Relevo di D. Fran.co Campitello Principe di Strongoli p. morte d. Annibale suo fra.llo seguita a 27 gennaro 1624 (ASN, Relevi Vol. 383, Fs. 29, f. 12). Pellizzi C. – Tallarico G., Casabona, pp. 179–180.

[xviii] Il 13.11.1687 presso la torre di fasana J. P. Presterà vende a D. Zito di Tarsia, il suffeudo di “Curso di Puzzello” in territorio di Cirò con la torre da antichissimo tempo fabbricatavi (ASCZ, 333, 1676, 24-30). I soldati della Regia Udienza conducono a piedi dei prigionieri da Cirò a Crotone. Alla sera arrivano alla torre di Fasana dove pernottano e poi ripartono il giorno successivo (ASCZ, 497, 1710, 137-138).

[xix] Nel 1605 il conte di Melissa G. B. Campitelli acquista dal principe di Bisignano N. B. Sanseverino, il feudo di Strongoli per duc. 7000. A Giovan Battista succede il figlio Annibale, che muore nel 1624, e a questi il fratello Francesco che sposa Francesca Pisciotta. Morto Francesco senza figli, gli succede nel 1668 il nipote Domenico Pignatelli, figlio della sorella Giovanna Campitelli, andata in sposa a Girolamo Pignatelli. Morto anche Domenico senza figli, gli successe la sorella Lucrezia Pignatellio, sposata con Giovan Battista Pignatelli, A costei seguì il figlio Girolamo, del quale fu figlia ed erede un’altra Lucrezia Pignatelli che nel 1719 sposò Ferdinando Pignatelli, secondogenito della duchessa di Monteleone. Nacque Salvatore che ereditò tutti i beni ed alla sua morte nel 1792 seguì Ferdinando, morto nelle vicende del 1799. Seguì Francesco. ASN, Prov. Caut. Vol. 215, f. 91; ASN, Archivio Pignatelli Ferrara Fs 75, inc. 83.

[xx] ASCZ, B. 373.

[xxi] Nel maggio 1748 Ferdinando Pignatelli, principe di Strongoli, si trovava nel casino e torre di Fasana per verificare le entrate del feudo. ASCZ, 855, 1751, 132-134.

[xxii] ASCZ, 1063, 1744, 38-51, 56-63.

[xxiii] ASN, Arch. Pignatelli cit.

 


Creato il 17 Febbraio 2015. Ultima modifica: 1 Luglio 2020.

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