Crepacore ossia Precacore, in diocesi di Gerace, “terricciuola edificata in luogo molto alpestre ove respirasi buon’aria”

Precacore (da touringclub.it).

“Senza prendere congedo dai selvaggi abitanti di Condojanni … scendemmo attraverso le piantagioni di gelsi, e tirammo diritti alla punta di Bruzzano … tutta questa plaga non presenta che rive tristi, d’una sabbia grigia e mobile, assai faticosa alla marcia; lasciammo a destra il borgo di Crepacore, sulla vetta di una montagna, non avendo trovato sulla nostra strada che una sola casa dove ci volemmo arrestare … Bisognò doppiare il promontorio d’Ercole, attualmente nominato Capo Spartivento.”[i]

“I Crepacuore sono così frequenti in Italia, come i Crèvecoeur in Francia, e debbono tutti prosaicamente il nome alla loro ubicazione sempre sulla sommità di qualche ripida costa, su cui si giunge faticosamente ed affannosamente”.[ii]

“Precacore”, particolare del Foglio N° 603 “Bovalino” della carta d’Italia 1:50.000 dell’IGM.

Entrate ed uscite feudali

Il 5 luglio 1662[iii] nella Regia Camera Sommaria compare il dottore nei due diritti Gio. Battista Bambace, procuratore di Alessandro Tranfo, 2° duca di Precacore e Sant’Agata della Provincia di Calabria Ultra, unico figlio maschio e dichiarato figlio legittimo e naturale ed erede il 23 agosto 1661 del Duca Carlo Tranfo.

Egli a nome del Duca denuncia la morte del padre Carlo Tranfo, morto il 20 luglio 1661, e presenta petizione di Relevio con la lista delle rendite dei beni feudali, chiedendo che venga spedita l’investitura del feudo. Carlo Tranfo I° Duca di Precacore, come da dichiarazione del parroco di Sant’Agata D. Bernardino Trongari, fu seppellito il 20 luglio 1661 nella chiesa matrice di Sant’Agata, ed Alessandro Tranfo, 2° Duca di Precacore, ebbe significatoria di relevio il 31 ottobre 1662, e intestazione il 13 febbraio 1663.[iv]

Nel Relevio presentato il 5 luglio 1662 sono descritte le entrate e le uscite annue feudali. Le entrate erano stimate in 1307 ducati, mentre le spese assommavano a 294 ducati. Al netto rimanevano alla Corte Ducale ducati 1013. Le entrate erano: “In primis percipe dall’affitto di pietre di mole D.ti 6. Dalla fera della Verda franca di guardia D.ti 7. Per la Mastrodattia della Corte D.ti 50. Per l’affitto del setto del furno della pece D.ti 60. Per lo quinto delli musti D.ti 10. Per l’Herbaggio di ferraina D.ti 50. Per le frondi delli giardini della Corte D.ti 200. Per l’accordio delli bestiami à Corapolito D.ti 30. Per transatione di contumacie D.ti 15. Per censi perpetui sopra stabili D.ti 3. Per proventi civile D.ti 4. In questo anno non vi sono state aghiande, solo si sono perceputi D.ti 50. Per la Bagliva, Catapania, et Doghana D.ti 40. Per li pegioni di casa dentro l’habitationi D.ti 30. Per affitto delli molini grano tomola quattrocento, et per herbaggi del territorio, altre tomola quattrocento, che à carlini otto il tomolo sono D.ti 640. Per tomola cento di jermano à carlini quattro il tomolo D.ti 40 pervenuti dalli terragi feudali. Per tomola sessanta di fave à carlini cinque il tomolo sono D.ti 30 pervenuti dalli terragi feudali. Per tomola quaranta di orgio à carlini tre il tomolo D.ti 12. Pervenuti dalli terragi feudali. Si è fatto novamente una serra piccola di tavole che macina la quarta parte dell’anno, dalla quale franchi se ne percepono annui D.ti 30. Tot. 1307. Mentre le uscite erano: Provisioni di Capitanio D.ti 40. Per pietre di molini, che si portano venti miglia lontano D.ti 60. Per ferri et acconti di ferri per d.e molina D.ti 10. Per accomodatione di aquadotti D.ti 10. Per accomodatione di saette, tavolami, chiovi e mastri D.ti 20. Per censi che si pagano ogni anno a Chiese uno ducato. Per accomodationi delle case et molini ogni anno D.ti 10. Per carta ogn’anno per la Corte D.ti 3. Per Provisione dell’erario ogn’anno D.ti 25. Per l’adhoo ordinario D.ti 25. Per l’adhoo extraordinario novamente imposto sopra la Bagliva et Catapania, che la Corte li fa pagare per forza senza pregiuditio stante la pendenza della lite in Camara D.ti 8. Per condottura de grani, et altre vettovaglie nelle fosse D.ti 30. Per la scrivania del granettiero D.ti 8. Per la provisione del Mastro di Camara D.ti 4. Per advocato, et procuratore in Napoli D.ti 40. Tot. 294.”

“Crepacore sopr.” in un particolare della carta del Regno di Napoli di G. A. Rizzi Zannoni (1799).

L’affitto dei beni feudali

L’affitto dei beni feudali era fatto “ad extintum candelae”. Nella piazza pubblica di Sant’Agata il servitore della Corte accendeva la candela e bandiva. Chi voleva affittare il bene, doveva presentarsi e fare la sua offerta, offerta che sarà poi liberata al maggior offerente. Una volta spentasi la candela, il bene era assegnato a colui che aveva offerto di più. Quindi per mano di un notaio e in presenza dell’erario del Duca si stipulava l’atto di affitto con tutti gli obblighi.

All’asta pubblica di solito partecipavano gli abitanti del luogo e le offerte a seconda della natura del bene bandito potevano essere in denaro, grano, germano, orzo, fave e mosto. La maggior parte delle aste pubbliche avvenivano ad agosto o nei primi giorni di settembre, facevano eccezione quelle che riguardavano il setto del forno della pece nella foresta di Ferrayna e la serra delle tavole di Ferrayna, che erano bandite a maggio, ed i terraggi feudali alla fine di dicembre.

Il pagamento dell’affitto, di solito trasformato in denaro, era versato all’erario del duca nell’agosto dell’anno successivo. La durata degli affitti, come fa fede il protocollo dell’anno 1660 del regio pubblico notaio Vittorino Spataro di Sant’Agata, variava a seconda del bene: così il setto del forno della pece nella foresta Ferraghina fu affittato per due anni, dal 10 agosto 1660 all’agosto 1662, l’“herbaggio” di ferraghina per quattro anni, dal 12 agosto 1660, i mulini della Corte per quattro anni dal 10 settembre 1660, l’“agliandaggio” di Campologo dal primo settembre 1660, ma non vi fu ghianda, la bagliva, catapania e dohana per anni tre, dal 3 settembre 1660, “le pietre di mola che servino per li mastri ferrarii e barbieri”, dal primo di agosto 1660, per quattro anni, la mastrodattia dal 2 di agosto 1660 per quattro anni.

Descrizione dei beni feudali fatta da Gio. Battista Begonzo, erario del Duca:

“In primis dalla fera della Verde, quale sole rendere ogn’anno da sei in sette docati in circa franca di guardia, si suole esigere per il luogo dalli merceri, scarpari, lanari et altri venditori, da chi un carlino, da chi due carlini, et d’alcuni tre carlini per luogo, et in detto anno 1661, da me come erario si esigirono dalla detta fera docati sette.

Secondo vi sono alcune poche vigne, che rendono la quinta parte del musto qual si fa in esse, quali rendite non si affittano ma il Padrone di dette vigne in tempo della vendemmia vanno l’erario della Corte, a fin che manda a pigliare detta sua quinta parte de musti e da me come erario nell’anno passato 1661, ne furono esatti due botte di musto, quali ha valuto à D. 5 la botte, importano Ducati Dieci.

Terzo vi sono secondo succedono dentro l’anno alcune contrasti d’inobedentia quali si fanno dal Capitano, e si notano in lista, et poi stanno ad esigere al mastro di Camera della corte quali parte si esigono, et parte se ne fa gratia à chi del tutto a chi della metà et a volta di tutto, quali rendite sono incerte e si sogliono affittare, et possono importare l’un anno per l’altro D.ti 14 ò D.ti 15 al più, e nel detto anno 1661 a tempo della morte del quondam Ill.e Sig.r D. Carlo Tranfo passato da me come erario ne furono esatti docati quindeci.

Quarto Vi sono alcuni perpetui s(opr)a stabili di particolari cittadini della summa, quali e solito darsi ad esigere a quello che affitta la bagliva et catapania, et non possono importare più di docati tre in circa l’anno, ne s’affittano separatamente per esser che la magior parte si perdono, per esser li rendite molto minime et da me in detto anno 1661, come erario, si sono esatti fra censi e danari docati tre.

Quinto vi sono alcuni accordi che si fanno di animali in detta contrada feudale chiamata Campolito, nella quale vanno pascolando et pagano a raggione di due carlini per bova, et questi non s’affittano, ma tiene il pensiero di esigerli il Mandriaro, seu boscolano delle montagne, quale dopo fatta l’esatione consegna il danaro all’Erario della Corte, et in detto anno 1661 a me come erario me furono consignati da detto Mandriaro docati trenta.

Sesto Vi sono li proventi civili, che si fanno dal Mastro D’atti della Corte per contraventione de mandati civili, quali possono importare d. 3 – 0 – 4 l’anno e questi non s’affittano ma si danno ad esigere all’istesso mastro di camera, il quale consegna poi il danaro all’erario, et da me come erario nell’anno passato 1661 ne furono esatti docati quattro.

Settimo Tiene la Corte in Sant’Agata et Crepacore alcune case picciole, quali si sogliono piggionare a diversi persone per dieci carlini, quindici et al più venti carlini l’anno delli quali non si fanno affitti in scriptis ma si notano allo libro dell’erario, e poi si esigono che possono importare ducati trenta in circa l’anno e dette rendite si fanno in demanio, et da me come Erario nel passato anno 1661 si sono esatti docati trenta

Ottavo Vi è il territorio feudale della baronia il quale si dona a vassalli per seminare a chi un pezzo e a chi uno altro pezzo di terra e poi nel mese di Giugnio si mandano l’estimatori a estimare dette terre quante tumole si sono seminate delle quali si paga la coperta o metà coperta cioè in alcune parti di ogni tumolo seminato si paga un tumolo di grano et d’altra parte mezo tumolo et in una contrada feudale chiamata il Prato si paga la quinta parte di quanto rende che in tutto l’uno anno per l’altro può importare quattro cento tumola di grano in circa l’anno e non si affittano ma si fa un libro e si consegna al granettiero per esigere tutte dette partite e così detta rendita resta in demanio, et da me come Erario nell’anno passato 1661 se ne esigerno tumola quattro cento di grano, poi calcolandoli alla raggione di carlini otto il tumolo, computando il prezzo l’anno passato importano docati trecento venti.

Nono L’istesso modo si fa per delli grani Jermani che non si affittano ma si paga ex stima si fa un libro quale si consegna al granatiero ad esigere, quali possono importare tumola novanta ò cento al più l’anno e nell’anno passato 1661 da me come Erario pervenuta dalle dette rendite ne sono esatte tumola cento di hiermano, quali computati alla raggione di carlini quattro il tumolo conforme la voce dell’anno passato, ne furno esatti da me docati quaranta.

Decimo L’istesso anco si fa nell’esatione di fave et orgio quello si pagha e stima, e si fa il notamento et si consegna al Granatiero per esigere et queste intrate non si possono affittare, mentre chi semina pagha, ma da me come Erario nell’anno passato 1661 ne furono esatti tomola sessanta di fave a carlini cinque il tumolo et tumula quaranta di orgio a carlini tre il tumolo quali in unum fanno la somma di D. 42 che da me l’anno passato come Erario furono esatti di D.ti quarantadue.

Undecimo Si fece novamente una serra piccola di tavole nella montagna, che sino la quarta parte dell’anno secondo tiene l’aqqua, cio è dalle prime piogge insino che fà neve, che in detto tempo non si può stare nella montagna et dal mese di Maggio insino a parte di Luglio da che è liquefatta la neve per insino che si settano le lave seu valloni, et non si affitta, ma quante tavole si fanno, si reducono alla abitatione, e poi parte servono per accomodamento d’acquedotti di molini, et parte si vendono, et non po rendere franche di spese più di D.ti trenta l’anno. Et non s’affitta ma sta in demanio, et in detto anno 1661 da me furono esatti come Erario dalla detta rendita docati trenta, che a fede della verità ho fatto la presente scrittura et sotto scritta di mia propria mano et sigillata col sigillo.”

“Precacore” in un particolare del Foglio 31 della carta di G. A. Rizzi Zannoni (1788).

Beni burgensatici del Duca

Oltre ai beni feudali il Duca di Precacore possedeva anche alcuni beni burgensatici. Si trattava di “giardini”, alcuni dei quali acquistati di recente, di terre e di una vigna. I “giardini” erano nei luoghi detti: “Verde che fu del qm Fran.co d’Andrea”, “battendiero che fu del qm Gio. Paolo Pedulla”, “Verde che fu del qm Luca Codispoti qm Confidio di Bartolo et altri”, “Scafatio che fu del qm Gio. Pietro Sotira”, “Franco che fu del qm Gio. Maria Bottig.ri et figli”, “Franco che fu del qm Colamaria Gug.to”, “S. Carlo che comprò da Francesco di Luna l’anno 1661”, “la Stalla comprato da Filippo Sotira l’anno 1662”, “Chorio che fu del qm Giolorenzo Gligora”, “Varvino che fu del qm Gio. Dom.co Minniti” e “S. Venera comprato da Gios.e Battigari et hoggi lo possiede il S.r Diego Franze”. Le terre erano in località “Buda che furono del qm Fran.co Marrapodi”, mentre la “Vignia in loco d.o Lo Prato che furno del qm Cola Panaya viti n. 500, olive 6, fronda 6”.

“Nota di entrate feudali della Ducal Corte di S.ta Agata e Precacore affittate da me Gio. Batt.a Borgonzo Erario alli sottoscritti particolari in questo anno 1661.

-4 Settembre 1660 il fondo del loco detto Argadi dove si cavano le pietre affittato per uno anno a Jacino Panaya docati 6.

-Il jus della fera della Verde franco di guardia affittata à 4 settembre 1660 a Gio. Ant.o Marapodi et Antonino Russo che si fa nel mese di maggio 1661 affittato per docati 7.

-La Mastrodattia della Ducal Corte affittata à tre di settembre 1660 per uno anno à Gio. Batt.a Manella per docati 50.

-Il setto del forno della pece di ferrayna affittato a quindici maggio 1660 à Francesco Russo per docati 60.

-Il quinto delli musti delle vigne di Particolari sito in territorio esatti da Giopietro Capogreco e Pietro Audino salme … docati diece.

-Le fronde di celsi delli giardini della Ducal Corte affittati à quattro settembre 1660 à Marco Manella per 200.

-Accordio delli bestiami à Campolaco esatti da Domenico Mauro e Domenico Zangari 30.

-Transazioni di contumacie.

-Li proventi civili.

-Li censi perpetui sopra li stabili affittati à 4 7bre 1660 à Placito Gligorace e Giov.e Zangari 22.

-Le foreste et herbaggi del territorio con le gliande l’affittai à Gio. Batt.a La Face per docati novanta. (?)

-La Baglia Catapania e Dohana affittata à cinque settembre 1660 à Gio. Angelo … 40.

-Li Piggioni delle case della Ducal Corte esatti da Domenico mauro e Domenico Zangari.

-Li tre molini della Ducal Corte affittati à primo di settembre 1660 per uno anno à Nicodemo Agostino Giov.e Blefari per 400 tomola di grano bianco.

-Le terre aratorie della Ducal Corte affittate à quindici settembre 1660 per tomola 400 di grano bianco e tt.a 60 di fave à Colangelo….

-Li terraggi feudali della Ducal Corte affittati l’ultimo di decembre 1660 per tumula cento di germano e 40 di orgio a Paolo Galea e Domenico Stilo.

Germano 100

Orgio 40

-La serra di tavole nel loco detto ferrayna affittata à quattro di maggio 1660 a Paolo Veglianto per 30.

Precacore, la fiumara La Verde (foto Touring Club Italiano, Puglia Lucania Calabria, Vol. VIII, foto 158).

Primi documenti

Il feudo di Crepacore, poi Precacore, fece parte della baronia di Bianco e della contea di Condoianni, fu più volte venduto con patto di ricompra e, a volte, le sue rendite furono messe all’asta dal Sacro Regio Consilio per sanare i creditori.[v]

Il Regio Consigliere e Camerario Andrea de Pol, con privilegio di re Ferdinando dato in Capua il 10 luglio 1458, ebbe concessa la baronia di Bianco, tolta al ribelle Tommaso Caracciolo “nec non terras mote de bubalino panduri, de Potamea, de crepacoro, turri de burcano, mote de vurcano cum castris forteliciis et vaxallis”.[vi] Quattro anni dopo, il 24 giugno 1462, lo stesso re reintegrava il marchese Antonio Centelles e la moglie Errichetta Ruffo, nel possedimento del Marchesato di Crotone, ed inoltre: “… confirmamus et de novo concedimus et donamus, vobis eisdem marchioni et marchionisse, et v(estr)is, et cuilibet v(estr)um her(ed)um et succ(essor)um quibuscumque baroniam branci et turri bruzani cum moctis et castris bovalini, petre pandute et crepacore et aliis eiusdem baronie, castris, turribus, …”.[vii]

La baronia di Bianco con le altre terre tra cui Crepacore, fu poi concessa da Antonio Centelles al fratello Alfonso, che le tenne fino al 1466, anno in cui i feudi del Centelles furono espropriati e ritornarono in potere della Regia Corte.[viii]

Il 12 ottobre 1496 re Federico vendeva al nobile messinese Tommaso Marullo, la baronia di Bianco, consistente nelle terre di Bianco, Bovalino, Garreri, Crepacore, Potamia, Motta e Torre di Bruzzano, ed inoltre, il castello e terra di Condoianni. A Tommaso Marullo, primo conte di Condoianni, seguì nel 1518 il figlio ed erede Giovanni Marullo, conte di Condoianni, il quale nel 1554, per far fronte ai debiti, vendette a Umberto Squarciafico per ducati 6411 le terre di Crepacore e Sant’Agata.[ix]

Seguono Stefano Squarciafico, figlio di Umberto, e nel 1569 Giulio Cesare Squarciafico, figlio ed erede di Stefano. Quindi Crepacore ritornò ai Marullo. Prima a Vincenzo e poi a Giovanni. A causa dei debiti, nel 1589 Crepacore fu nuovamente venduta all’asta per 21.000 ducati a Giacomo Giovanni Tranfo, patrizio di Tropea. Seguirono Alessandro (1612), Francesco (1613), Carlo (1625), che fu il primo duca di Crepacore per privilegio di re Filippo IV del 26 novembre 1654, Alessandro (1662), Carlo, Laura (1701) e Giuseppe Antonio Tranfo (1735). Il 15 giugno 1743 Domenico de Franco acquistò all’asta per ducati 55.200 il feudo di Precacore, seguì nel 1765 il figlio ed erede Enrico.[x]

“Pregatore” (sic, ma Precacore) in un particolare della carta austriaca del Regno di Napoli Sez. 15 – Col. VI e VII (1822-1825).

Popolazione

Crepacore nel Giuzierato di Calabria risulta assente nella tassazione delle terre del 1277, mentre è presente Sancta Agatha tassata per unc. 39 tar. 4 gr.16.[xi] Nell’agosto del 1490 si ordina al regio tesoriere di Calabria Ultra Battista de Vena, di tassare i fuochi a ragione di dieci corone per ogni fuoco, ed a ragione di corone 5 e grana 2 per ogni tomolo, il diritto di un tomolo e mezzo di sale per ogni fuoco; “Crepacordum” deve versare ducati 38, mentre “Sancta Agathes” ducati 410.[xii]

Nella prima metà del Cinquecento vi fu un costante aumento della sua popolazione come denota la tassazione dei fuochi, che passò dai 45 fuochi nel 1521,[xiii] ai 79 fuochi del 1532, ai 115 del 1545. Seguì dapprima un lento declino, che si trasformò in un vero e proprio spopolamento durante il Seicento. Dai 114 del 1561 e del 1580,[xiv] ai 50 del 1595 e del 1648, ai 21 del 1669.[xv] Durante il Settecento vi fu un lieve incremento della sua popolazione: dai circa 50 fuochi[xvi] dei primi anni di quel secolo, ai 72 fuochi del 1732,[xvii] per contare alla fine di quel secolo quasi 500 abitanti.[xviii] Abitanti che conserverà ancora alla metà dell’Ottocento.[xix]

Ruderi di Precacore (da amicidellacalabria.blogspot.com).

Economia e società

Il piccolo abitato di Crepacore subì la distruzione causata dal terremoto del 1783. Per sollevare la popolazione, la Cassa Sacra nel 1790, stanziava 330 ducati per la costruzione di casette per le 55 famiglie povere di Precacore. Nonostante questo evento gli abitanti non abbandonarono il luogo; ciò avvenne dopo il terremoto del 1908.[xx] Era parroco Placido Stilo.[xxi]

Nel 1811 l’abitato è annoverato tra i comuni del distretto di Reggio nella giurisdizione di Bianco.[xxii] “Il suo territorio fa molto grano, lini, e vi allignano molto bene i celsi per l’industria de’ bachi da seta”, così il Giustiniani descriveva Crepacore, divenuto Precacore alla metà del Seicento, per non confonderlo con altri omonimi. A questi prodotti sono da aggiungere vino, olio, “caso”, orzo, “germano”, fave, seta, “salume”, legumi, fichi, peri, “mendole”, miele, ecc. Vi si allevano ovini (soprattutto capre) suini e bovini. Oltre a questa economia tipica di tutto quel territorio, vi sono anche alcune attività proprie del luogo, legate soprattutto allo sfruttamento delle risorse minerarie, e della vicina foresta di Ferrayna, quale il “setto del forno della pece” e la “serra di tavole”, quest’ultima fatta per ordine del duca Alessandro Tranfo, la miniera di Argadi “dove si cavano le pietre di mole di mastri barberi e di mastri ferrarii”, le pietre di molini, che si portano venti miglia lontano.[xxiii] Altre attività sono i tre mulini sulla fiumara La Verde. Importante è anche la fiera della Verde, dal nome della fiumara, che si svolge ogni anno a maggio, trovando la partecipazione di “merceri, scarpari, lanari et altri venditori”.[xxiv]

Precacore, chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista (da viaggiatorenonpercaso.com).

Le chiese

“Crepacordium cum casali Sanctae Agatae” era in diocesi di Gerace.[xxv] Attraverso le provviste vaticane, sappiamo che c’erano le chiese di Santa Venere, di San Sebastiano, di Santa Maria delle Grazie e la parrocchiale di San Giovanni Battista.

Una prima notizia sulle chiese esistenti nel territorio della diocesi di Crepacore, riguarda la chiesa senza cura di Santa Venere. Il 29 gennaio 1532, il Papa Clemente VII, essendo la chiesa rimasta vacante per rassegnazione di Paolo Perroni, è concessa al chierico di Gerace Gio. Antonio Cicada.[xxvi] Alcuni anni dopo, il 19 aprile 1554, Gio. Francesco Felice in lite con Bernardino Brizegnam, rassegna spontaneamente la chiesa di Santa Venere in favore del chierico di Gerace Vincenzo Paneta.[xxvii]

La prima notizia sulla chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista è del novembre 1653. La chiesa rimasta vacante per morte del parroco Giovanni Faraco, è concessa a Domenico Mercurio.[xxviii] Due anni dopo, le due chiese senza cura col loro beneficio dedicate a Santa Maria delle Grazie ed a San Sebastiano, rimaste vacanti fin dall’aprile 1653, per morte di Giovanni Ferrari, sono concesse a Baldassarre Caracciolo.[xxix] Morto il parroco Domenico Mercurio nel luglio 1659, segue nel gennaio 1660 Gio. Geronimo Maggio.[xxx] Sette anni dopo, il Maggio la lascia per la parrocchiale di Bruzzano.[xxxi] Nel marzo 1668 la chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista è concessa a Petro Augusto Bruzanita.[xxxii]

Alla fine del Seicento nella chiesa parrocchiale ci sono i due altari di San Sebastiano e di Santa Maria delle Grazie con i loro benefici, che sono stati uniti alla parrocchiale. Morto nel novembre 1694 Nicola Maria Borgia rettore dei due benefici degli altari di San Sebastiano e di Santa Maria delle Grazie, succede nel novembre 1698 e nel luglio 1699 Petro Paolo Brancatisano.[xxxiii]

Note


[i] Valente G., La Calabria dell’abate Saint-Non, Chiaravalle C., 1978, p. 53.

[ii] Lenormant F., La Magna Grecia, Frama Sud 1976, II, p. 144.

[iii] ASN, Relevi Vol. 360, Fs. 11. Nel luglio 1662 era sindaco di Sant’Agata Gio. Pietro Sotira ed eletti Francesco de Luna e Francesco Piromalli, mentre Gioanne Padellà era sindaco di Crepacore.

[iv] Pellicano Castagna M., La Storia dei feudi e dei titoli nobiliari della Calabria, IV, pp. 165-166.

[v] “Oggi però si possiede da Carlo Tranpho nobile tropeano benchè si affitta dal S.R.C. per li creditori”, Fiore G., Della Calabria T. I, p. 163. Nel pagamento della tassa dei fuochi della Provincia di Calabria Ultra, troviamo: “feudi di D(omi)na Ramundetta Gentilles Motta babylina f(ochi) CLXVI/ Pandurum F(ochi) CL unce 1 T(ar)r(i) 15/ Pocomia f(och)i LXX/ Blanchum f(ochi) CLXXXX/ Crepacordium f(ochi) LIV T(ar)r(i) 8/ Turris Bruzani f(ochi) LXXX”. Biblioteca Civica Berio di Genova. Liber Focorum Regni Neapolis, X, 3, 20, f. 88. “In oggi si appartiene in feudo alla famiglia Franco col titolo di Baronia. Un tempo si appartenne al contado di Contoiando. Nel 1554 Giovanni Manelli, che n’era conte, la vendè a Roberto Squarciafico per ducati 6411.3.15, col patto di ricomprarla; ma nel 1569 Vincenzo Marcello la cedè a Tommaso Marcello, al quale vendè pure la detta terra per ducati 12000.” Giustiniani L., Dizionario, IV, p. 177.

[vi] Pellicano Castagna M., La Storia dei feudi e dei titoli nobiliari della Calabria, I, p. 215.

[vii] AVC, Processo grosso di fogli cinquecento settanta due della lite che Mons. Ill.mo Caracciolo fa fatto con il S.r Duca di Nocera per il detto Vescovato nell’anno 1564, f. 44v.

[viii] Alfonso Centelles ebbe in cessione, o concessione, dal fratello Antonio, la baronia di Bianco con le terre di Charerj, Torre Bruzzano, e Crepacore, che tenne fino al 1466. Pellicano Castagna M., La Storia dei feudi e dei titoli nobiliari della Calabria, I, p. Pellicano Castagna M., La Storia dei feudi e dei titoli nobiliari della Calabria, I, p.216.

[ix] Pellicano Castagna M., La Storia dei feudi e dei titoli nobiliari della Calabria, IV, p. 164.

[x] Pellicano Castagna M., La Storia dei feudi e dei titoli nobiliari della Calabria, IV, pp. 164-167.

[xi] Reg. Ang. XLVI (1276-1294), p. 207.

[xii] Fonti Aragonesi, XII, p. 233.

[xiii] Pedio T., Un foculario del Regno di Napoli del 1521 e la tassazione focatica dal 1447 al 1595, in Studi Storici Meridionali, 3/1991, p. 264.

[xiv] Crepacore Tax. F.114 deve D. 8.0.71/2. A 21 di Gen.o 80 fran.co mercurio 3.2.10. A 2 di mag.o 80 lo detto 3.0.0. A 19 di Ag.o 80 Gio. m.a papaleo 1.2.17 ½ ; Adi 17 de Gen.o 1580. Da Crepacore per mano di francesco Mercurio ducati 3 tari dui e grana dieci et sono per pagamento de torri de sett.e e gen.o 8 Ind.s 3.2.10; A 2 di maggio 1580. Da Crepacore per mano di francesco mercurio duc.ti tre et sono per la guardia de torri de feb.ro per tutto maggio 8 Ind.s.; A 19 di Agosto 1580. Per mano di Gio. Battista Papaleo ducati uno tari due grana 17 e mezzo et sono per guardia de torri per tutto agosto 8 Ind.s. ASN. Tesorieri e Percettori. Conto del Tesoriero di Calabria Ultra dell’anno 1579 – 1580 f.lo. 506/4109, ff. 3v, 66v, 72v, 86v.

[xv] Giustiniani L., Dizionario, IV, p. 177.

[xvi] Fiore G., Della Calabria Illustrata, t. I, p. 163.

[xvii] Barbagallo de Divitiis (a cura di), Una fonte per lo studio della popolazione del Regno di Napoli: La numerazione dei fuochi del 1732, Roma 1977, p. 58.

[xviii] “Crepacore, o sia Precacore, terra: pertinenza di Gerace, d’aria buona, fa di popolazione 471.” Alfano G. M., Istorica descrizione del Regno di Napoli, Napoli 1798, p 99.

[xix] Tedesco V. Memoria su luoghi antichi e moderni del circondario di Bianco, Napoli 1856, p. 24.

[xx] ASCZ, C. S. Segreteria ecclesiastica, fasc. 1239 – 1790. Atti relativi ai duc. 330 liberati alle 55 famiglie povere di Precacore per la costruzione delle loro casette.

[xxi] ASCZ, C. S. Segreteria ecclesiastica fasc. 838. 1790. Atti relativi alla liquidazione delle rendite e pesi della parocchiale chiesa di Precacore, sotto il titolo di S. Giovambattista ed assegnamento della congrua dovuta al reverendo parroco D. Placido Stilo.

[xxii] Caldora U., Calabria napoleonica, Brenner Cosenza 1985, p. 157.

[xxiii] “Vi è la pietra molare, e la cote di rasoio … Al Sud-ovest poi vi è il monte detto Scapparone, che offre qualche miniera”. Tedesco V. Memoria su luoghi antichi e moderni del circondario di Bianco, Napoli 1856, pp. 23 -24.

[xxiv] “Al Nord di Precacore vi è il monte Rodinì, sul quale, si dice, facevasi una fiera, della quale i Precacore ci asseriscono di aver conservato sino all’altro ieri alcuni oggetti”. Tedesco V. Memoria su luoghi antichi e moderni del circondario di Bianco, Napoli 1856, p. 24.

[xxv] Ughelli F., Italia Sacra, t. IX, 394.

[xxvi] Clemente VII, 29.1.1532. “Castellamaris et Casertan. Episcopis ac Abbati monasterii (s. Philippi) de Argirò, hieracen. Dioc. Io Antonio Cicada, clerico Hieracen. Providetur de s.c. ecclesiis S. Nicolai de Rosamaris et S. Venerae de Mocta Crepacori, que de iuris patronatus est N.V. Domini Civ. Hieracen… vac per resignationem Pauli Perroni.” Russo F., Regesto, III, 17058.

[xxvii] 19.aprile 1554, “D.nus Io Franciscus Felicis, clericus Ieracen, decanus, cantor et cappelanus D. pp.e, presens sponte resignavit… S. Veneris invocatione in casale Crepacore, Ieracen. Dioc. In causa con Bernardino Brizegnam resignavit in favorem d.ni Vincentii Paneta, clerici Hieracen.” Russo F., Regesto, VI, 29169.

[xxviii] Novembre 1653, “De parochiali ecclesia S. Io. Baptistae, loci Precacordi, Hieracen. Dioc., cuius fructus 18 duc., vac per ob. Ioannis Faraco, de mense Aprilis def., providetur Dominico Mercurio, pbro approbato in concursu. “Russo F., Regesto, VII, 37170.

[xxix] Dicembre 1655, “De S. Mariae Gratiarum et S. Sebastiani, loci de Precacore, Hieracen. Dioc., s.c. ecclesiis seu cappellis, vac. per ob. Ioannis Ferrari de mense aprilis 1653, def., providetur Balthassarri Caracciolo, pbro Hieracen.” Russo F., Regesto, VII, 37724.

[xxx] 24. 1. 1660, “Io. Hieronimo Maggio providetur de parochiali ecclesia S. Ioannis Baptistae, Terrae Precacordis, vac. per ob. Dominici Mercurii de mense Iulii anni praeteriti.” Russo F., Regesto, VII, 38844.

[xxxi] 3.9.1667, “Io. Hieronimo Maggio, rettore della chiesa parrocchiale di Precacore, la lascia per la chiesa parrocchiale della SS.ma Annunziata della terra di Bruzzano.” Russo F., Regesto, VIII, 41231.

[xxxii] Marzo 1668, “De parocchiali ecclesia loci Precacore, vac. per translationem Io. Hieronimi Maggio ad parrocchialem ecclesiam SS.mae Annuntiatae, terrae Bruzzani, providetur Petro Augusto Bruzanita, pbro diocesano.” Russo F., Regesto,VIII, 41412.

[xxxiii] Novembre 1698, “De beneficio simplici S. Sebastiani, in parochiali ecclesia terrae Precacordis, vac. per ob. Nicolai mariae Borgia, de mense Novembris 1694 def. providetur Petro Paulo Brancatisano pbro.” Russo F., Regesto, IX, 48001. Luglio 1699, “De beneficio simplici ad altare S. Mariae Gratiarum in parochialis ecclesia Terrae Precacordis vac. per ob. Nicolai Mariae Borgia, de mense Novembris 1694 def. providetur Petro Paulo Brancatisano pbr.” Russo F., Regesto, IX, 48135.


Creato il 19 Dicembre 2022. Ultima modifica: 20 Dicembre 2022.

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