Crotone moderna. La città dei Borboni

Crotone panorama

“Vue de la Ville moderne de Cotrone dessineè par Desprez”. Estratto da Voyage pittoresque ou description des Royames de Naples et de Sicilie, di Jean Claude Richard Abbé de Saint-Non, Parigi 1781-86.

L’aristocrazia è compromessa. Numerosi “forestieri”, in città da anni per commerciare, entrano nel sedile, rompendo un dominio secolare.[i] Mentre l’uditore Eleazzano Berardi, il 17 dicembre 1735, aggrega nuove famiglie al seggio, si ordina a Giuseppe Cimino di informarsi per aumentare quelle degli honorati o piazza del popolo.[ii] L’opposizione[iii] è vanificata dal decreto emanato il 4 novembre 1737 dalla Real Camera di Santa Chiara. Il marchese Francesco Cesare Berlingieri tenta di dividere gli avversari. Bottega per bottega raccoglie adesioni al suo progetto: chiedere al re di affiancare ai due sindaci un altro eletto del popolo. Invece di ampliare il secondo ordine, cerca di formare un terzo ceto in mano ai “suoi aderenti e coloni”, mettendo fine al connubio tra borghesia e parte della nobiltà.[iv] Il decreto del 3 marzo 1738 pone fine ad ogni tentativo aristocratico annoverando le famiglie del secondo ordine.[v]

Non cessano gli agguati dei barbareschi ai “legni regnicoli” e di altre nazioni che, dalle Puglie, in convoglio, costeggiano per Napoli.[vi] Alla mietitura i pirati razziano e fanno schiavi.[vii] Si munisce il forte delle Castella[viii] e tre galeotte regie catturano due navi turchesche a Capo delle Colonne e a Capo Rizzuto.[ix]

Nella primavera 1735 alcuni coloni al primo anno di semina, prevedendo un raccolto scarso a causa della siccità, ricorrono ad una antica consuetudine: sciolgono i contratti e lasciano al padrone il raccolto. Altri a causa dei debiti se ne fuggono dalla città.[x] Ritornano le burrasche autunnali e invernali.[xi] L’inclemenza dell’aria[xii] e le mortali epidemie colpiscono i bambini dal gennaio 1736 ad aprile 1738.[xiii] A Crotone “piazza di negozio e città maritima, per la Dio Grazia florida nel commercio”,[xiv] continua la costruzione di magazzini fuori mura nelle terre ortalizie del “beviere”, nel vignale di “Gesù e Maria alias di S. Francesco di Paola”,[xv] a “li furchi”, presso il “vallone delli mattoni”, e lungo la strada pubblica “delli pignatari”.[xvi]

La chiesa del convento paolano di Gesù Maria, “celebre e riguardevole per la sua antica struttura e per la fondazione accaduta in vita del Santo Padre Francesco”, essendo “malamente disposta nell’architettura”, è ridotta in forma “più perfetta all’uso moderno”, secondo il parere del regio tabulario mastro Scipione di Paula di Rogliano.[xvii] I lavori iniziati nel 1742 proseguono l’anno dopo ed un’ala è chiusa e trasformata in magazzini.[xviii]

Tra contrasti,[xix] alcuni cittadini elevano le loro case “per godere la vista del mare e dei monti”.[xx] Lo spazio pubblico si restringe:[xxi] vie e larghi sono riempiti da palazzi all’uso moderno,[xxii] con sale, logge e rimessa per uso di stalla,[xxiii] “ristaurati, abbelliti, migliorati e ridotti in meglior forma”,[xxiv] arredati “con molti mobili moderni e ricchi.[xxv] Su tutte domina il palazzo del mercante Domenico Aniello Farina di Nocera dei Pagani, edificato “isolato da tutti li quattro angoli”[xxvi] al largo del castello, sul casamento in decadenza che fu dei Nola Molise.[xxvii]

 Louis-Jean Desprez, Vue de la Ville de Crotone 79, 1778. Stoccolma Kunglig Akademien för de fria Kosterna, P49:1, pp. 198-199 (da Lammers P., Il viaggio nel Sud dell’Abbé de Saint-Non, Electa Napoli, Napoli 1995, p. 236, fig. 224a).

Avanza il privato.[xxviii] Il bosco si trasforma in oliveto e agrumeto, con casini e case per coloni.[xxix] Sui corsi si impiantano vigneti, giardini, orti ed alberi da frutto. Chiudendoli con profondi fossi, si impediscono i diritti civici con pene pecuniarie e minacce.[xxx] Crescono gli armenti e si allarga il pascolo. Il disboscamento facilita le alluvioni,[xxxi] le acque stagnanti il paludismo.[xxxii] Complici i governanti, i possidenti indebitano le università e si impossessano delle terre demaniali.[xxxiii] Liti oppongono università, feudatari ed ecclesiastici sul diritto di pascolo[xxxiv] e di decima,[xxxv] altre coloni e padroni sugli usi.[xxxvi]

Le chiese ed i conventi sono immuni.[xxxvii] Scomuniche vescovili colpiscono chi attenta al diritto di asilo e gli avversari.[xxxviii] Il guardiano del porto esige tasse illecite,[xxxix] ed una contesa oppone il feudatario di Isola al portolano.[xl] Il “jus naufraggi” è ostacolato dal portolano, il quale invia i suoi ufficiali con “moltitudine di svizzari e carra”, a sequestrare il carico delle navi affondate nelle coste di Isola.[xli]

Il 1739 non è dei migliori. Dopo un’arida primavera i forti caldi si prolungano in autunno, seccando tutto. Scarseggia l’erba e aumenta la domanda di terreni: i mandriani ed i pecorai devono procurarsi “erbaggio molto più del solito” per assicurare il pascolo.[xlii] Poi il freddo non cessa. Burrasche primaverili con neve e pioggia,[xliii] ostacolano la navigazione[xliv] e ritardano le messi.

I governanti, per garantire il pane ai cittadini fino al nuovo raccolto, che si prevede scarso, obbligano i mercanti a consegnare parte del grano.[xlv] Per colpire il contrabbando, a metà maggio arriva in città, e vi rimane per più di un mese, il caporuota della regia udienza, ma è subito corrotto.[xlvi] Ritornano i pirati.[xlvii] Ai primi di giugno 1740 il colonnello Geremia Dean, ispettore generale delle marine, visita i luoghi. Elaborato un piano di difesa delle coste, egli ordina alle università di rifornire di polvere e palle da cannone le regie torri di guardia,[xlviii] e di assumere nell’aprile di ogni anno dei cavallari, provvisti di buoni cavalli, per battere e vigilare le marine.[xlix] Vengono appaltati grandi lavori per “le fabriche, acconci e ripari” del castello.[l]

La notte del 12 luglio 1740 i turcheschi sbarcano da due galeotte a capo Bianco. Catturate due persone, sono alle mura di Isola, ma i cavallari hanno dato l’allarme. Ripreso il mare, catturano una marsigliana ragusea sopra capo Rizzuto, ed alle Castella un pinco napoletano, abbandonato dai marinai,[li] poi due tartane al largo di Strongoli.[lii] Nonostante le tregue concordate col pascià di Tripoli,[liii] e le disposizioni del nuovo editto reale, che facilitano il commercio, molti rimangono gli ostacoli, perchè con vari pretesti esse non vengono applicate.[liv]

Sede del nuovo regio consolato,[lv] il cui tribunale vigila sulle società e sul commercio, la città esporta soprattutto grano e formaggio, anche se non mancano nuove iniziative con risultati mediocri.[lvi] La tonnara di Bernardino Suriano, piantata a capo delle Colonne, entra in attività a primavera, sotto la guida di Andrea Jarucadi, rais di Parghelia.[lvii] Nella baracca, piantata a terra, accadono furti di denaro, pezzi di lardo e sgombrino salato, dati da alcuni lavoranti ai cappuccini, in cambio di “tabacco di pippa, minestra e pane”.[lviii]

Tre mulini d’acqua sorgono al Neto, presso il rinnovato casino di Fasana dei coniugi Ferdinando e Lucrezia Pignatelli, feudatari di Strongoli.[lix]

Erano cominciate alla fine del 1741 le rilevazioni per la formazione del catasto onciario. La compilazione, che si concluderà nell’estate del 1743,[lx] riaccende vecchie controversie. L’università di Papanice protesta perchè gli apprezzatori crotonesi censivano i suoi terreni,[lxi] mentre i governanti di Isola denunciano l’inserimento di sei loro corsi nel catasto di Crotone.[lxii] Anche il marchese Francesco Lucifero, contestato nel possesso del feudo,[lxiii] reclama la distinta e separata giurisdizione di Apriglianello, perchè abitato e con propria università.[lxiv] Mentre proseguivano le liti,[lxv] la sterilità del 1741 lasciava alla scarsità del 1742, anno di nubifragi.[lxvi]

Pianta di Crotone di Emanuele Giovine conservata all’Archivio di Stato di Napoli (Carte Montemar, vol. 73/16), in Alessandra Anselmi, La Calabria del viceregno spagnolo storia arte architettura e urbanistica, 2009.

Inizia il 1743 e presto si fa sentire il terremoto, poi da giugno la paura della peste ed il blocco. Ai primi di luglio arrivano i soldati[lxvii] a rafforzare i cordoni, e dal porto salpa il grano per le guardie di torre del Cavallo presso Scilla, dove si vigila il contagio.[lxviii] A metà agosto il vicario generale delle Calabrie, il conte Mahony, invia in città l’uditore per reperire 10.000 tomolate di grano per Reggio. Fatto il censimento, si ordina ai proprietari con più di 300 tomola, di consegnare la quota ratizzata al marchese Francesco Lucifero, persona delegata a conservare il grano, che verrà saldato alla voce che uscirà lo stesso mese.[lxix]

Con il maltempo nelle baracche ai confini territoriali,[lxx] giorno e notte a turno, i cittadini sorvegliano la città dalla peste che, da Messina, si è propagata al Reggino. Aumenta il prezzo del grano e la sua estrazione deve essere autorizzata.[lxxi]

Alla carestia si associa il vaiolo:[lxxii] “… a die 7.ma m. Xmbris praeteriti indesinenter terra tremuit, et nunquam quievit, cum terribilibus concussionibus, ita ut in pluribus locis ecclesiae, et aedificia appellari possunt maceriae depulae, et personae habitant in capannis, et in papilionibus, sive ligneis, sive caneis, sive lineis in maximum salutis detrimentum … Media Provincia peste affecta, et clausa a tribus cordonibus facit, ut victualia caro pretio vendant, impedito commercio adjacentium civitatum, et terrarum. Frumenta et alia victualia, atq. bona fuerant per vim sublata, pro subveniendis terris, et persones clausis, et restrictis in cordonibus … Accessit continuus gressus et regressus militum ob parata bella, impedito tabellariorum cursu, et negotiorum decursu in maxima rerum confusione. Et ad presens repullulavit epidemia febrium acutarum per totum grassantium”.[lxxiii]

L’uditore procede ad altri sequestri. Il 17 dicembre 1743 è la volta dei mercanti di Cutro, i quali minacciano di non far fronte ai loro impegni. Mentre il grano è trasportato a Crotone per essere imbarcato, la popolazione manifesta per il timore della fame.[lxxiv]

Il 21 marzo 1744 il Marchesato è scosso. La gente impaurita in processione implora la protezione divina.[lxxv] Nella marina della città vengono costruite 52 barracche e sei barracconi in legno,[lxxvi] e si rinforzano gli edifici con catene di ferro da muro a muro.[lxxvii] Il vicario ordina ai proprietari di mandrie di provvedere Reggio,[lxxviii] e permette l’estrazione di grano, quasi sempre di cattiva qualità, solo per rifornire gli assentisti delle truppe regie.[lxxix] Alle macerie[lxxx] si uniscono i disagi della vicina guerra[lxxxi] e le continue piogge.[lxxxii] Cessate le scosse, si riparano gli edifici.[lxxxiii] Le molte rovine hanno abbassato il prezzo dei materiali,[lxxxiv] e favoriscono la costruzione di nuovi palazzi.[lxxxv]

Un gruppo di privilegiati crotonesi, facilitati nel commercio,[lxxxvi] al possesso della terra aggiunge il potere di controllo del mercato locale. Incrementa l’allevamento del bestiame e delle api, estende le colture dell’olivo, della vite, e degli alberi da frutto, costruisce casini con magazzini, “trappetto, copelliera, stalla, chiesa”, e case per i coloni: le prime strutture di una moderna impresa agricola.[lxxxvii] Sulle terre “rase ed aratorie” si estende il paesaggio del giardino mediterraneo, con le sue colture arboree e arbustive, ricche e pregiate, con le chiusure limitate da fossi e muretti di pietra secca, dominate dai casini[lxxxviii] e dalle torri, dove i proprietari trasferiscono la loro dimora per una piccola villeggiatura al tempo del raccolto.[lxxxix] Operano al loro servizio magazzinieri, fattori, curatori degli affari, scritturali, dipendenti, salariati, cuochi, camerieri, servitori, servi, ecc.[xc]

“Pianta della Città e Castello di Cotrone” di Michele Cristiani (1777-1778). ISCAG-FT 73/B 4697.

La modernizzazione delle campagne ed un trend con prezzi agricoli in aumento, facilitano l’ascesa.[xci] Feudatari alla ricerca di capitali per la riconversione, vendono le terre fuori dalla loro giurisdizione e difficilmente integrabili nel nuovo sistema produttivo.[xcii] I forestieri cedono le proprietà bersagliate dalle tasse ed in continuo degrado.[xciii] Commendatari e vescovi, colpiti dalla nuova legislazione, che limita la proprietà ecclesiastica, ed interessati a rendite sicure, lasciano le terre per un censo annuo.[xciv]

Il Concordato del 1741 ed il Catasto onciario, accertando e tassando per metà gli antichi beni ecclesiastici e per intero i nuovi,[xcv] pongono fine alle finte vendite e donazioni, sulle quali si reggeva la complicità tra chierici e laici nell’evadere i tributi. Il declinare dell’interesse taglia le rendite. Gli enti religiosi in difficoltà per il collocamento del capitale, che affrancato si ammassa inoperoso, devono ridurre i tassi.[xcvi] Le nuove prammatiche, che limitano i privilegi e l’accumulazione ecclesiastica, una maggiore liquidità ed un minore rendimento, permettono di soddisfare esigenze proprie della concezione moderna di rinnovamento apprese nella capitale.[xcvii]

La piccolissima chiesa della congregazione laicale della Immacolata Concezione e delle Anime del Purgatorio, durante la prefettura di Gerolamo Cariati,[xcviii] è ampliata.[xcix] Essendo “malamente disposta nell’architettura”, i confrati decidono di allungarla e modernizzarla, portandola alla perfezione secondo le regole, le misure e le disposizioni dell’ingegnere e dei periti. Acquistate due casette confinanti e demolite, si innalza il nuovo “cappellone”.[c] Riedificata la chiesa, essa è decorata dallo stuccatore Pasquale Ciamboli di Maratea.[ci] Nel 1758 i lavori sono finiti,[cii] e si eleva l’altare in marmo di Massa Carrara dello “scultore ed artefice marmoraro” Nicola Boccacci di Napoli.[ciii] Concessa una delle nuove cappelle ai mastri barbieri per poter festeggiare i loro santi tutelari,[civ] ed un’altra a Benedetto Milioti,[cv] la chiesa ornata e fornita di nuovi arredi, verrà consacrata il 22 giugno 1777[cvi] dal vescovo Giuseppe Capocchiani.[cvii]

Sul terreno detto il “casaleno della Palma”, Leonardo di Cola col figliastro Gerolamo Cariati, comincia a costruire nel 1736, spendendo diverse migliaia di ducati, la chiesa di San Vincenzo Ferreri.[cviii] Completata ed arricchita di molte suppellettili sacre, nel 1748 edifica la sacrestia,[cix] e vi fonda cinque cappellanie laicali.[cx] Il seminario è ampliato e ristrutturato “ita ut in viciniis simile, aut par minime inveniatur”.[cxi] La chiesa di San Giuseppe con le nuove cappelle degli Sculco[cxii] e dei Lucifero,[cxiii] dedicate a S. Nicola, vescovo di Mira, e a S. Michele Arcangelo, è decorata e riconsacrata.[cxiv]

La sacrestia della cattedrale è allargata.[cxv] È eretto un conservatorio di vergini sotto il titolo della Madonna Addolorata,[cxvi] o della Beata Vergine dei Sette Dolori. La chiesa di San Francesco d’Assisi dei minori conventuali, “edificata e disposta malamente nell’architettura”, è ridotta “alla moderna polizia e perfezionata”, erigendo sei sole cappelle, tre per lato, all’uso romano.[cxvii] Nella nuova sacrestia, dietro il cappellone dei Montalcini, prende sede e vitalità la congregazione dei Nobili.[cxviii]

Il monastero di Santa Chiara, in decadenza nelle fabbriche per il venir meno di nuove professe, è rilanciato. Ridotta la dote spirituale agli usuali ducati 200,[cxix] rifatta e portata “all’uso moderno, come al presente si vede” la chiesa,[cxx] ed allungata la sacrestia,[cxxi] il vescovo Costa nel 1752 si accorda con i nobili. L’anno dopo cinque novizie danno vita alla comunità e i capitali per la ricostruzione,[cxxii] alla quale contribuisce lo stesso vescovo.[cxxiii] Dopo continui lavori,[cxxiv] nella chiesa solida[cxxv] ed elegante,[cxxvi] il vescovo Capocchiani il 31 ottobre 1774, consacrerà l’altare maggiore.[cxxvii] Devastato in parte da un incendio nel 1782,[cxxviii] il monastero sarà nello stesso anno ripristinato dall’ingegnere Tommaso Novellis.[cxxix]

Crotone, chiesa dell’Immacolata (foto di Raffaella Varano).

Risse e ferimenti rendono insicure le campagne[cxxx] e la città;[cxxxi] siccità, calura e gelo, rovinano i giardini[cxxxii] e causano moria alle mandrie.[cxxxiii] Il 1751 terminava, come era iniziato,[cxxxiv] con un susseguirsi di violente burrasche, causa di naufragi e gravi danni alle barche in navigazione, o ormeggiate al porto.[cxxxv] Dopo il raccolto ottimo ed abbondante[cxxxvi] del 1752, un tempo “acquoso e freddoso” fa patire il bestiame.[cxxxvii] Inizia il nuovo anno con ripetute tempeste di mare[cxxxviii] e piogge. Rialza il prezzo del grano prima del nuovo raccolto,[cxxxix] che si prevede di cattiva qualità.[cxl] Con lo scarso grano di poco prezzo ma pessimo, si riforniscono le università.[cxli]

I patroni protestano per lo stato di abbandono e di precarietà del porto, inadatto a proteggere i bastimenti dalle tempeste,[cxlii] ed essi subiscono le illecite tassazioni del governatore[cxliii] che, da ogni bastimento che carica, esige venti carlini col pretesto del “jus licentiae”.[cxliv] Al largo la vigilanza è rafforzata;[cxlv] gli sciabecchi del re combattono il contrabbando[cxlvi] ed i pirati. Nonostante le frequenti tregue concordate,[cxlvii] non cessa il pericolo.[cxlviii] Frattanto, con dispaccio del 2 luglio 1753, il re aveva ordinato la costruzione del porto e molo, incaricando a dirigere l’opera l’ingegnere militare Giuseppe Laurenti,[cxlix] ed utilizzando come manodopera i forzati.[cl]

L’anno dopo per rafforzare la vigilanza delle marine, si emana il bando per la costruzione della nuova torre di guardia o fortino a Capo Rizzuto, e per riparare le regie torri di Mariello, Scifo, Capo Rizzuto e Castella, secondo il piano elaborato dall’ingegnere militare Adamo Romeo.[cli] Seguono lavori di riparazione e costruzione al castello,[clii] ed alla porta “picciola della Pischeria”.[cliii]

A Capocolonna, nel maggio 1754, sotto la sorveglianza del sovrastante piemontese Agostino Mazzia, inizia il lavoro di reperimento delle pietre. I continui furti di attrezzi da lavoro, costringono dapprima l’intendente a trattenersi una quota dalla paga settimanale dei lavoratori, e poi a licenziare il sovrastante.[cliv] Viene costruito un piccolo villaggio. Ripristinata la torre Mariello, si costruiscono le abitazioni e la chiesa di San Carlo Borromeo.[clv] I forzati, con “algozzini”, “guardapalco” e altri lavoratori, eseguono gli ordini del soprastante Pascale Landi e del capopeone Dionisio Alfì. Con mine, mazze di ferro e picconi, si spezza la scogliera e si prepara la pietra, che la lancia, il sandalo e le marricane noleggiate, scaricano al porto. Presso il regio magazzino della marina arriva il ferro da Stilo, per le zappe, i picconi, le manuelle ed i cerchi, mentre da Policastro giungono il carbone, la pece e le travi. Affianca il Laurenti nella direzione dei lavori Salvatore Mazza, mastro falegname di mare che ha operato a Viareggio, e da Napoli per la verifica, giungono gli esperti militari Giuseppe Gonsales, commissario di guerra, ed il capitano di mare Pietro Fisiero.[clvi]

Con l’inizio dei grandi lavori mastri, artigiani e negozianti arrivano in città. Nuove botteghe aprono appena dentro la porta, rifornite di merci napoletane.[clvii] Riprende vigore e prestigio la fiera col nuovo titolo della Madonna del Capo delle Colonne.[clviii] L’annata piovosa[clix] ed una terribile invasione di topi, distruggono il raccolto[clx] del 1754,[clxi] segue un inverno gelido ed una primavera arida e fredda, poi il raccolto sterilissimo del 1755.[clxii] Per l’incertezza dei raccolti ed il fallimento dei coloni i possessori delle vaste estensioni feudali ed ecclesiastiche non trovano da affittare, mentre i pochi affittuari subaffittano a pascolo e non a semina. Interrompendo la rotazione, i terreni si rovinano.[clxiii]

SCENOGRAFIA della Scogliera del Porto di Cotrone, fatta per tutta la Campagna del 1756” (foto di Bruno Mussari).

Accresce il deterioramento dei fondi oltre alla povertà, anche la mancanza di coloni, causata dal vaiolo e dalla malaria.[clxiv]

Le gabelle lontane dai paesi, soggette alle ripetute inondazioni dei fiumi, arenose o sassose, poste “in luogo di mala aera dove i coloni in tempo della raccolta, vi perderebbero la vita”, non più “rotte a massaria”, diventano in breve boscose, pantanose ed incolte.[clxv] Mentre i patroni al porto stanno imbarcando il grano, arriva il 18 settembre 1755 l’ordine del Preside di Calabria Ultra, che vieta tutti i caricamenti. I patroni protestano e riescono a completare il carico, ma per “li tempi avversi che da più giorni sono corsi e corrono”, non possono salpare.[clxvi]

L’annata 1756 fu fertilissima; in autunno il grano è trattato a soli 97 grana e 6 cavalli il tomolo,[clxvii] ma per la scarsezza dell’erba muore parte del bestiame.[clxviii] La promozione di Domenico Zicari alla metropolitana di Reggio, e la nomina regia del nuovo vescovo Mariano Amato, evidenziano le frodi nell’affitto dei fondi ecclesiastici.[clxix] Il passato economo in combutta con speculatori, ha fittato sottoprezzo le terre della mensa, per poi subaffittarle ai coloni e spartirsi gli utili,[clxx] ma il nuovo proeconomo lo accusa “con studiati artificii” per lucro proprio. Quest’ultimo, infatti, ha fittato per poco e privatamente, i territori del seminario a suoi congiunti.[clxxi]

“Accadde … un’alluvione grande, e i torrenti menarono intorno alle mura della città, ed in mare un così strabbocchevole numero di serpi di varie specie ammonticchiati in globi, che svilluppandosi minacciavano d’infestarla tutta se non si fosse prevenuta questa sventura con situare gran fochi passo passo all’intorno, e con mettere sulle mura tutti i galeoti, che stavano al travaglio, con far coni, ed altri legni, uccidendo quelle spaventevoli bestie, che cercando uscire dal sottoposto mare, salivano a schiere per le muraglie”.[clxxii]

I deputati della salute intensificano la vigilanza al porto per prevenire il contagio.[clxxiii] Vanamente, nella primavera del 1758, il vaiolo comincia a colpire i bambini.[clxxiv] A più di un anno dalla consacrazione,[clxxv] la sera del 16 aprile 1758, tra luminaria e spari di mortaretti, con seguito di nobili e truppa, entra in città il vescovo Mariano Amato.[clxxvi] Alla buona annata del 1757 era seguito lo scarso 1758; causa del gelo primaverile. Le città si vettovagliano. A fine agosto arriva un ufficiale della Regia Udienza con l’ordine di sequestrare 4000 tomolate di frumento per l’annona di Catanzaro. Emanato il bando per censire e ratizzare il prodotto, poichè i mercanti fanno resistenza, e vogliono essere pagati al prezzo corrente e alla consegna, egli va con la scorta al “Fosso” e, aperti o scassati i magazzini, si impadronisce del grano.[clxxvii]

Arrivano un centinaio di nuovi forzati con due “barcaccie e sandali”, per incrementare il lavoro di costruzione del porto e lo scavo ed il trasporto delle pietre da Capo Colonna.[clxxviii] Nel 1759 si ripete la penuria[clxxix] con grave danno per i coloni ed i piccoli proprietari.[clxxx] Mentre i mercanti tardano le consegne per spuntare prezzi migliori,[clxxxi] temporali con forti venti danneggiano i bastimenti,[clxxxii] e mettono fine alla lunga siccità. Inizia un inverno burrascoso.[clxxxiii]

Aboliti molti privilegi e diminuita la ricchezza degli ecclesiastici, dalle nuove disposizioni anticuriali, cresce il potere dei mercanti e degli usurai, i nuovi padroni della città. Essi, in combriccola con sindaci ed eletti, non fanno tassare “secondo l’equità e giustizia ma con danno notabile al Pubblico e massime delli poveri”.[clxxxiv] Affittano i territori “la metà più” del valore catastato,[clxxxv] il denaro che hanno impiegato in grano, orzo e formaggi, che non è meno di centomila ducati, lo dichiarano per trentamila, nascondono il guadagno delle vendite, non denunciano le entrate, ed evadono le tasse di compra-vendita per conto di terzi.[clxxxvi]

Renitenti al pagamento delle imposizioni universali,[clxxxvii] con costose e lunghe liti e la complicità dei potenti,[clxxxviii] tentano di costringere i cittadini a rinunciare ai diritti,[clxxxix] ma non sempre ci riescono.[cxc]

La raccolta del 1760 fu “ubertosa”[cxci] anche se non del tutto soddisfacente.[cxcii] Ad un’estate caldissima, con improvvisi e violenti temporali,[cxciii] seguirono un autunno “infuocato” ed una magra vendemmia.[cxciv] A gennaio le campagne nude per la mancanza delle piogge,[cxcv] furono coperte da copiose nevicate che imbiancarono le marine, spazzate “dall’orridezza de’ venti”[cxcvi] con grave moria del bestiame.[cxcvii] Sopraggiunse una memorabile aridità. Per “la siccità dell’acqua, e mancanza dell’erba tutte le mandre hanno patito”,[cxcviii] e nelle campagne muore il frumento.

In primavera, “perché in questo corrente anno li seminati fattovi sono malamente riusciti per la mancanza delle piogge e secondo l’apparenza poco frutto si potrà raccogliere”, i coloni cercano di rescindere i contratti di fitto, di annullare gli impegni di vendita,[cxcix] e di dilazionare i pagamenti.[cc] Arriva maggio e “invece di portare a maturare li frutti delle biade, si vedono giornalmente andar mancando”. Alcuni fittavoli al primo anno di semina rinunciano al raccolto, lasciando al padrone “tutti li sementati in essi esistentino e con tutte le colture”;[cci] altri, persa “la semenza, fatiche e bovi già morti in gran numero”, sono ridotti in miseria.[ccii] “Per la generale fallenza e sterilità … in una annata cotanto calamitosa che non si fa raccolta di grani”,[cciii] essi non riescono a pagare i debiti ed a nutrire le famiglie. Minacciati di rovina e carcerazione, sono costretti ad impegnare, o svendere, i pochi averi agli usurai, tra i quali spicca Fabrizio Suriano.[cciv]

“Disegno del porto di Cotrone e sue adiacenze” dell’ingegnere Gennaro Tirone, approvata il 13 ottobre 1770 (foto di Bruno Mussari).

Al fallimento dei contadini del Marchesato si aggiunge l’indebitamento dei proprietari di terreni e di mandrie.

Il marchese di Valleperotta Carlo Berlingieri, colpito da più anni nelle sue industrie e “per caggion di grossi danni sofferti specialmente … per la fallenza del raccolto che non percepì frutto alcuno de suoi sementati che della generale mortalità de suoi armenti”, deve ricercare un accordo con i numerosi creditori,[ccv] dai quali ha ottenuto la caparra in cambio della promessa dei prodotti.[ccvi]

Anche i fornitori di pasta di liquirizia cercano di evadere le consegne,[ccvii] e la produzione del formaggio risulta la metà dell’anno precedente.[ccviii] Arriva l’autunno e per poter seminare si devono stipulare contratti capestro.[ccix] Molte gabelle rimangono sfitte e incolte, con grave pregiudizio[ccx] per la rendita ed il commercio.[ccxi] Il raccolto del 1762 non fu come le attese,[ccxii] anzi fu peggiore del precedente,[ccxiii] e gravò ancor più i coloni che, per le annate “calamitose e scarse”, rischiano la carcerazione.[ccxiv] Violenti burrasche dall’autunno,[ccxv] si prolungano fino a primavera,[ccxvi] con inondazioni e danneggiamenti al bestiame ed alle colture.[ccxvii]

Con la bella stagione riprendono vigore, sotto la guida dell’ingegnere Gennaro Tirone[ccxviii] e del capomastro Salvatore Mazza, i lavori di costruzione del porto.[ccxix] A fine maggio improvviso arrivò il gelo, che rovinò le biade[ccxx] e subito lievitarono i prezzi.[ccxxi] Dopo il pessimo raccolto giunge il tempo dei pagamenti, ed i contadini fuggono o finiscono in carcere.[ccxxii] La certezza della scarsità e l’imminente pericolo di una pestilenza, creano il panico nella popolazione indebitata. Per proteggere la città dal tifo petecchiale,[ccxxiii] si costruisce un casino “con sua loggia tutta stacchiata a due registri”, per poter rifornire di viveri le navi in contumacia senza pericolo per la pubblica salute.[ccxxiv]

Il 15 agosto veniva eletta la nuova amministrazione cittadina, e ai primi di settembre uscì la voce a carlini 12 e grana 8 e 1/3. Prevedendosi la carestia, il 18 settembre l’università stabilì che occorrevano 10.000 tomolate di grano per assicurare il pane alla città fino al nuovo raccolto, e formò il ratizzo delle tomola che dovevano versare all’annona i mercanti, cittadini e forestieri, che avevano magazzini in città. Non si accumulò la quantità stabilita. Molti mercanti erano pronti a speculare e, corrompendo, ottennero, con provvisioni della regia camera e con ordine della udienza di Catanzaro, di essere esentati dal fornire la loro parte, e di non essere impediti nell’estrazione. Così delle oltre 10.000 tomola se ne racimolarono solo 7.000.[ccxxv]

Poichè i prezzi dei cereali salivano, a novembre dispacci reali li fissarono a carlini due più della voce, con rigorosissime pene per i trasgressori e per coloro che avessero rifiutato di vendere, si ordinò inoltre di fare le rivele dei grani presenti nei magazzini, così gran parte fu imboscata. A Cutro la corte principale aveva accolto la richiesta dell’università di vietare l’estrazione del grano nato nel suo territorio,[ccxxvi] ma ai primi di dicembre arriva l’uditore con alcuni acquirenti di Catanzaro. Dato ordine che ognuno rivelasse il grano che teneva, egli fa girare per Cutro i compratori con soldati e testimoni, “per far incorrere alla pena delli regii editti tutti coloro che negavano la vendita di detti grani”. Comprati così forzatamente circa 700 tomoli di grano, subito li manda con carri a Catanzaro,[ccxxvii] poi va a Crotone.

Qui la situazione si aggravava, sia perchè si alimentavano i numerosi forestieri che lavoravano nelle vicine campagne, sia perchè il grano, ammassato per l’annona, non era stato panizzato, ma rivenduto fraudolentemente in natura, e quel poco pane che si era fatto, se ne era fatto commercio con i paesi vicini, o ne avevano usufruito le famiglie facoltose legate ai governanti. Non trovandosi grano, il re, il 31 dicembre, accoglieva la richiesta fattagli dall’auditore F. Labanchi, di vietare l’estrazione di 4500 tt.a di grano, destinate alle truppe di Messina, ed ordinava di metterle sul mercato per alimentarlo. Ne approfittava l’università che pochi giorni dopo, deliberava di acquistarlo tutto per l’annona al prezzo di 2 carlini più della voce, prezzo stabilito dal dispaccio reale, decidendo anche di venderne una parte “a minuto per i poveri bisognosi della città”.[ccxxviii]

Crotone e alcuni centri vicini in un particolare della tavola N.° 29 (1789) della carta di G. A. Rizzi Zannoni.

Ormai il grano si acquista solo in contanti e la fame incalza. Interviene presso i mercanti il sindaco dei nobili, che riesce a far vendere “a credenza” alcune quantità di grano “secondo la qualità delle persone”.[ccxxix] La situazione peggiora e cominciano a morire e ad essere uccisi gli animali. A fine gennaio il governatore ed i sindaci sequestrano orzo ed avena ad un bastimento, che per il maltempo, si era rifugiato nel porto, per poter sfamare le mule ed i cavalli rimasti, e consentire la macina del grano, poichè in città “non ci sono molini d’acqua ma tutti gentimoli”.[ccxxx]

Mentre nei luoghi vicini le università, per assicurare il pane ai cittadini, continuano a sequestrare grano, dal castello partono due compagnie di soldati per sedare i tumulti di Monteleone, dove la popolazione affamata si è ribellata. Dal porto, per paura che per la protesta popolare, non “sopravenisse qualch’ordine pello disbarco de grani”, i bastimenti, pur non avendo il carico al completo, tolgono l’ancora per Napoli.[ccxxxi] Continua l’estrazione di grandi quantità di cereali, ma la popolazione non ha di che sfamarsi.

All’inizio di febbraio 1764 sale la protesta con i primi assalti ai magazzini. I Rossanesi “d’ogni stato e condizione”, ben armati, scassati i magazzini a Torretta, nella marina di Crucoli, trasportano per terra e per mare il grano in piazza a Rossano, dove viene venduto pubblicamente.[ccxxxii] A Crotone rimanevano all’annona solo 1100 tt.a di grano. L’acquisto delle 4500 tt.a era stato momentaneamente sospeso per l’opposizione del proprietario che, facendo pressione sul re, aveva ottenuto che, pur rimanendo il divieto di estrazione, il grano non potesse essere venduto fino a nuovo ordine. Era stata abolita la limitazione del prezzo di vendita del grano che il re aveva stabilito, così il grano, ritornato sul mercato a prezzi altissimi, ben presto andava ad esaurirsi “per la gran concorrenza de bastimenti e forastieri”: Rimanevano soltanto alcune migliaia di tomola di grano nei magazzini di alcuni mercanti del Fosso. Carlo Minieri, segretario della regia udienza di Catanzaro, arriva a Crotone e, accertata la quantità di grano, ne impedisce sia l’imbarco che la pubblica estrazione. Sentendosi le funeste notizie di quello che succedeva in diversi luoghi del regno, per tranquilizzare la popolazione, viene proposto un nuovo ratizzo per l’annona cittadina di tomola 2200, pari alla decima parte dei grani accertati.

L’università elegge alcune persone del primo e del secondo ceto, affinché vigilino e costringano i proprietari a consegnare il prefissato.[ccxxxiii] Quest’ultimi, mentendo e imboscando,[ccxxxiv] accelerano le vendite, eludendo il sequestro. Furtivamente, il grano di notte lascia con le condotte, i depositi per gli imbarchi e le montagne.[ccxxxv] Mentre i mercanti per fini speculativi, rifiutano di consegnare il grano ratizzato e, ricorrendo in Regia Udienza, ottengono di farne l’uso che vogliono, un subalterno rimisura il grano nei magazzini, e ne trova la metà di quello presente pochi giorni prima. Su pressione popolare l’università decide di comprarlo tutto per l’annona, e tenta di accordarsi con i mercanti che fingono di accondiscendere. Poichè il popolo non si fidava, si adottò l’espediente di far consegnare le chiavi dei magazzini in mano a Francescantonio Sculco, nobile “circospettissimo ed onestissimo”. Fatto uscire dal tetto e da altre parti dei depositi, il grano di soppiatto veniva venduto a prezzi sempre più esorbitanti.

Il 25 febbraio, mentre pubblicamente il governo cittadino dibatteva sul prezzo da dare ai mercanti, arriva la notizia che si sta estraendo da un magazzino del Fosso. Sospesa la seduta ed accertato che numerosi animali erano pronti a partire per Nicastro, si sequestra il carico e lo si porta in città. Il popolo reclamava che tutto il grano fosse preso e portato dentro le mura. I governanti trovavano nuovi espedienti per calmarlo, aggiungendo nuovi catenacci e sollecitando i mercanti a consegnare le chiavi. Correva voce che nella notte, dovevano arrivare 45 carri, ognuno con due armati, mentre continuava ad andare a vuoto il bando di consegna delle nuove chiavi, anzi si trovò che alcuni magazzini erano senza maschiature, perchè anche le vecchie erano state tolte dai proprietari.

Crotone, la porta di un vecchio magazzino in zona Acquabona.

Poichè i mercanti, “congregati in un scandaloso monopolio a guisa di tanti Dardanarii con far incetta di grani, e seccando ogni rivolo della Divina Munificenza, an fatto alterare i prezzi de grani, in guisa tale che an recato un gran scandalo ad ambedue le province di Calabria”, continuano ad evadere le consegne e, trovandosi la “città nel deplorabile stato che si sentono moltissimi luoghi di q.sta e dell’altre Prov.e e di quasi tutto il Regno”, la mattina di domenica 26 febbraio, su ordine del regio governatore, i deputati eletti dall’università, costretti da una folla sempre più inferocita, fatto bandire vanamente per tre volte l’ordine di consegnare le chiavi dei magazzini, altrimenti si procederà con la forza, si portano al “Fosso” e, scassati i magazzini sospetti di traffico illecito, requisiscono il grano,[ccxxxvi] lasciando ai proprietari il sufficiente per l’uso familiare e per la semina. Troppo tardi, il grano è quasi del tutto sparito.[ccxxxvii] Pochi giorni dopo arriva l’avvocato fiscale della Regia Udienza, per vagliare le proteste dei proprietari e vedere se poteva approvvigionare altre città bisognose. Visto che il grano preso dai cittadini era appena sufficiente per il loro sostentamento, non impose la restituzione e se ne ritornò a Catanzaro.

Entrò marzo con piogge dirotte e nevischio, mettendo in pericolo i seminati che il sereno e caldo febbraio aveva prematuramente fatto germogliare. Il grano, che era trattato a carlini 24 il tomolo,[ccxxxviii] balza prima a ducati 4 e mezzo, e subito dopo a 5 e mezzo.[ccxxxix] Ormai in città non si macina più per mancanza di animali. Il grano requisito per il pubblico pane, parte è dolosamente venduto,[ccxl] parte è scortato nei mulini ad acqua. Le popolazioni dei paesi vicini, affamate e “armate di scopette, mazze ed altri sorti d’istromenti”, assaltano i mulini di Corazzo,[ccxli] ed i convogli con i cereali che escono dalla città.[ccxlii] Il prezzo cresce ancora;[ccxliii] la fame spinge gli abitanti dei paesi ad accorrere presso i magazzini della città dove alcuni, cercando di alimentarsi, lasciano violentemente la vita.[ccxliv]

Più volte viene il Preside con armati a cercare cereali per Catanzaro e altri luoghi; a metà maggio Crotone è una delle poche città dove si può ancora trovarne.[ccxlv] Anche da lontano e spesso inutilmente, giungono le delegazioni.[ccxlvi] A volte riescono con la violenza e a caro prezzo, a trovarne un po’ che poi scortano per non essere depredate.[ccxlvii] “Multi exteri his mensibus ob summam frumenti penuriam hic mendicantes fame periuntur, quia nomen et cognomen eorum ignoratum fuit”.[ccxlviii]

Tutti attendono il nuovo raccolto, che si annuncia buono. Dopo una primavera con improvvisi temporali,[ccxlix] si affaccia la “staggione in cui l’aere s’infetta e ne produce i suoi soliti funesti malori”.[ccl] I magazzini del Fosso si riempiono, arrivano i procuratori dei mercanti napoletani che si accaparrano il grano, impegnandosi a pagarlo ad un carlino più del prezzo della voce che verrà stabilita a fine mercato.[ccli] Gli incaricati dell’università annotano le quantità ed i prezzi di compra e di vendita, per poter stabilire la voce,[cclii] così tra furti e frodi riprende il commercio.[ccliii]

Sigillo dell’Università di Crotone.

Con l’autunno ritornano i fortunali che ostacolano i bastimenti che caricano al porto, e quelli che dalle Puglie trasportano gli alimenti a Napoli.[ccliv] Le messi nel 1765 furono abbondanti[cclv] anche se una improvvisa gelata all’inizio di aprile aveva seccato le gemme, e fatto lievitare i prezzi dell’olio e del vino.[cclvi] Dopo un autunno piovoso,[cclvii] il 1766 si affacciò freddo e nevoso; seguì una primavera arida, presagio di imminente sterilità. Rialza il grano; prima del raccolto è a carlini 16 il tomolo.[cclviii] “Li seminati tutti fallirono e particolarmente il Marchesato che quasi tutto restò di mietere e quel poco di grano che si fece è del tutto secco”.[cclix] Il sindaco, per assicurare il pane, vieta l’esportazione del grano prodotto sul territorio cittadino, e procede a sequestri.[cclx] Il costo del cereale, di qualità scadente, giornalmente aumenta e già alla metà di settembre vale 18 carlini il tomolo.[cclxi]

Il prematuro arrivo di venti freddi e “furiosi”, annuncia il gelido inverno.[cclxii] La penuria tiene alti i prezzi e le violenti piogge ed i venti gelidi, si prolungano fino alla soglia dell’estate, prospettando un raccolto tardivo e pessimo. In previsione del ripetersi della carestia, già a maggio si stipulano i contratti per la fornitura del nuovo raccolto, ed il cereale è scambiato a carlini 4 al tomolo più della voce.[cclxiii] Verso la metà di maggio 1767 arriva al porto con una speronara Johann Hermann Von Riedesel, che così descrive la città: “Cotrone … è la città più infelice dell’Italia e forse del mondo tale che essa non conta più di cinquemila anime … Il re vi fa costruire un porto e sono ormai parecchi anni che si lavora; la spesa ascende circa a centottantamila ducati napoletani, e intanto le navi non trovano sicurezza per gettare l’ancora nè per difendersi dai venti, sicché è evidente che il re è stato tratto in inganno”.[cclxiv]

Terminata dopo molti anni con un accordo la lite sull’accatastamento di sei corsi con la confinante Isola,[cclxv] l’università di Crotone proseguiva nel tentativo di rivendica delle terre demaniali usurpate.[cclxvi] L’annata 1767 fu misera e pessima, e già alla fine di agosto la maiorca è trattata a carlini 19 il tomolo.[cclxvii] Il ripetersi di scarsi raccolti giova i contrabbandieri e gli strozzini,[cclxviii] e colpisce gli industrianti.[cclxix] Favorisce la città a scapito dei paesi.[cclxx] Molti coloni sono in carcere o ricercati,[cclxxi] altri, indebitati per più anni,[cclxxii] devono fuggire da paesi, immiseriti dalle tasse e dagli usurai crotonesi.[cclxxiii]

Gli imboscatori, ai quali nel febbraio 1764 i deputati dell’università avevano fatto scassare i magazzini e sequestrare il grano per l’annona, vengono premiati. Essi, dopo aver ricorso alla regia udienza provinciale, e in regia camera della sommaria, costringono l’università di Crotone a pagar loro il grano al prezzo corrente al momento del sequestro, ed in più le spese sostenute per la lite.[cclxxiv] La fame ed il tifo hanno spopolato,[cclxxv] ma a Crotone l’attività edilizia è in piena espansione. Il mastro Pasquale Juzzolino, essendoci forte richiesta di materiale edile, costruisce una fabbrica per la produzione di ceramidi e mattoni,[cclxxvi] edifica magazzini[cclxxvii] e palazzi, ed acquista piccole case che, rifatte ed ampliate, rivende.[cclxxviii] Con i soldi accumulati grazie alla carestia, i padroni ingrandiscono i loro palazzi,[cclxxix] occupando i pochi suoli liberi all’interno delle mura[cclxxx] e, attratti dalla salubrità dell’aria, dalla ricchezza di acque sorgive e dai celebri resti,[cclxxxi] costruiscono dei casini di villeggiatura a Capo Colonna.[cclxxxii]

Louis-Jean Desprez, La toré de la Cape Colonne, 56p, 1778. Stoccolma Kunglig Akademien för de fria Kosterna, P49:1, pp. 204-205 (da Lammers P., Il viaggio nel Sud dell’Abbé de Saint-Non, Electa Napoli, Napoli 1995, p. 236, fig. 223a).

Il proseguimento dei lavori del porto richiama in città molti forestieri, che favoriscono la nascita di nuove attività e non mancano tentativi di rinnovamento culturale.[cclxxxiii] Crescono gli affitti e per la carenza di luoghi vuoti, l’abitato si dilata verso le mura. Presso la porta, da una parte e dall’altra, lungo la strada maggiore di S. Francesco d’Assisi,[cclxxxiv] dietro la torretta o magazzino delle munizioni,[cclxxxv] dirimpetto alle “scale della casa della Regia Corte ed al portone del palazzo vescovile”,[cclxxxvi] sotto il torrione dell’orologio,[cclxxxvii] accanto e nella piazza di fronte all’ospedale, nel luogo detto “il sedile delli massari”,[cclxxxviii] in poco tempo, sorgono numerose botteghe appoggiate alle mura,[cclxxxix] altre si rinnovano e si elevano gli edifici.[ccxc]

Le numerose concessioni di suoli pubblici, dentro e lungo le mura, gestite dal Fondo della Separazione de Lucri Reali, aiutano il commercio[ccxci] e l’attività edile.[ccxcii] Parti della cinta, inutili per le mutate condizioni militari, ed edifici dismessi da anni, sono ceduti a privati, che li trasformano in botteghe, casamenti,[ccxciii] magazzini,[ccxciv] o vi allargano le dimore.[ccxcv] Luoghi incolti e solitari diventano orti e giardini, con “fogliame”, “fiori e alboretti”.[ccxcvi]

Sulla spiaggia a Capo Colonna è piantata una tonnara, gestita da una società composta dal marchese di Apriglianello, Giuseppe Maria Lucifero, e da Francesco Antonio Zurlo.[ccxcvii] Ai due si associa Annibale Montalcini, che poi cede parte della quota al marchese di Valle Perrotta, Carlo Berlingieri.[ccxcviii] Fornita di ancore, barche e attrezzi necessari, ed edificati alcuni magazzini, casette, ed altre comodità, tra le quali una “taverna con alcuni camerini”,[ccxcix] nel maggio 1771 la tonnara entra in attività, sotto la guida di un rais e di alcuni marinai di Pargalia.[ccc] “Non ostante le grandi spese fattevi e danaro impiegato invece di esser fruttuosa è stata molto dannosa non essendosi ricavato dalla pesca fattasi ne pure il quarto”, e la società dopo tre anni è di fatto sciolta.[ccci]

Al maltempo e ai parassiti,[cccii] si uniscono i nuovi vincoli burocratici che, impedendo l’esportazione del grano, colpiscono la speculazione.[ccciii] La mancanza dei coloni “cosentini”, che trovano più conveniente la coltivazione del “germano” in Sila, riduce in pochi anni ad un quarto la produzione del grano del Marchesato.[ccciv] Su molti terreni i pastori prendono il posto dei seminatori. L’affitto dei terreni a pascolo e la pastorizia sono divenuti più redditizi. Si ripetono raccolti scarsi.[cccv] Nel 1772 il maltempo causa difficoltà e danni alla navigazione.[cccvi]

Il succedersi di annate calamitose ed i pochi terreni a grano,[cccvii] accrescono la miseria,[cccviii] e mettono in difficoltà i primi pastifici.[cccix] Il vaiolo e la malaria fanno ristagnare la popolazione.[cccx] Parte del territorio non più arato si è inselvatichito, parte è diventato pantanoso per le riccorrenti inondazioni causate dal disboscamento della Sila.[cccxi] D’estate i possidenti lasciano la città e vanno a villeggiare nei nuovi casini, accanto ai quali hanno costruito magazzini, abitazioni e chiese rurali, per comodità delle loro famiglie, dei coloni e di quanti stabilmente vi lavorano.[cccxii]

Crotone, l’orologio pubblico del Municipio vecchio in corso Vittorio Emanuele.

Nelle magre annate 1775 e 1776,[cccxiii] i morti superano i nati.[cccxiv] L’anno dopo, per un’epidemia del bestiame, il vescovo supplica il papa a concedere l’indulto di poter mangiare latticini e uova in quaresima, essendo “i salumi generalmente scarsi, notabilmente più cari del solito e di mala qualità e perciò anche nocivi alla salute”.[cccxv] Sempre più la città di Crotone si differenzia dai paesi vicini, abitati quasi solamente da braccianti e massari, ai quali nella presila si aggiungono i custodi di armenti. La città è in mano ad un gruppo di nobili e usurai, con interessi su tutto il Marchesato, che si spartiscono favori e beni comunali.[cccxvi] Opera un robusto ceto cittadino composto da artigiani, bottegai, esperti nel trattamento e nella commercializzazione del grano e del formaggio, e dagli addetti al servizio del porto.[cccxvii]

La vita è scandita dagli obblighi. Dopo Carnevale arriva Pasqua, con la seconda rata dell’affitto sugli orti, sui giardini,[cccxviii] sulle case,[cccxix] e sulle botteghe. Poi la fiera della Madonna del Capo e quella di San Giovanni dell’Agli, terza domenica di maggio, con il pagamento annuale dei terreni a pascolo.[cccxx] Il primo giugno inizia l’affitto annuale dei magazzini.[cccxxi] Fatto il raccolto, ecco il giorno della Maddalena, ventidue luglio, con il pagamento del grano preso a prestito per seminare.[cccxxii] Quindi il 15 agosto, con la terza ed ultima rata dell’affitto sugli orti e sui giardini, e l’inizio dei fitti dei terreni a semina e a pascolo, dei giardini e degli orti. A Molerà, otto settembre, scade il pagamento annuale delle gabelle, con fitto triennale a semina o ad ogni uso,[cccxxiii] ed il 13 settembre i fitti sulle case e sulle botteghe, con il pagamento della terza ed ultima rata, fitti iniziati il 14 dell’anno precedente con la prima rata. Dopo la semina, a Natale, si paga la prima rata dell’affitto sugli orti e sui giardini.

Protetta da altissime mura e da un forte castello,[cccxxiv] l’agguerrita guarnigione sorveglia una città dove, ai pochi residenti, si aggiunge un gran numero di coloni e custodi di animali armentizi, vaccini e pecorini, che all’inizio dell’inverno, con i loro aiutanti, calano dalle montagne. Eretti pagliari, capanne e altri ricoveri, e mandrie per gli animali, essi rimangono nel piano fino alla tarda primavera,[cccxxv] quando i padronali, o custodi di mandrie, con curatoli e caporali, dopo aver affittato le difese ed assunto i pecorai, anticipandogli grano, scarpe e bisognevole, salgono in Sila con i loro armenti, e con quelli avuti in custodia dai nobili,[cccxxvi] che pagano il “servimento”.[cccxxvii]

“Pianta della piazza e castello di Cotrone” (ISCAG-FO 105/8118 B, foto di Bruno Mussari).

Ai pastori ed ai lavoratori dei campi si aggiungono i marinai dei bastimenti, “che vanno e vengono in questo porto”, gli equipaggi dei reali sciabecchi, che inseguono gli ultimi corsari barbareschi,[cccxxviii] ed i pescatori amalfitani e pugliesi,[cccxxix] con le loro barche.[cccxxx] Alcuni galeotti[cccxxxi] sono nel quartiere dei forzati, addetti al “travaglio del porto”;[cccxxxii] altri trecento a Capocolonna, assieme a “individui asallariati”, sotto la guida del capomastro Saverio Viviano,[cccxxxiii] tagliano le petriere,[cccxxxiv] sorvegliati da una cinquantina di soldati.[cccxxxv]

L’opera, soggetta a continui insabbiamenti, si trascina tra frodi[cccxxxvi] ed inganni sotto la direzione dell’ingegnere Gennaro Tirone e di suo nipote.[cccxxxvii]

Dopo la raccolta la città diventa deserta. A causa dell’insalubrità dell’aria che colpisce specie i forestieri,[cccxxxviii] il piano è abbandonato durante l’estate e l’autunno.[cccxxxix] La malaria spopola gli abitati prossimi alle acque stagnanti. Santa Severina “civitas quondam Nobilis, Populoque frequens, in presentiarum vero civitatis tantummodo servat nomen, quo incertu fato pene ad desolationem diminuta, civibusque destituta, cum octingentos circiter cives solum enumeret, nisi coeli, aerisque gravitas culpanda veniet”.[cccxl] Si susseguono inverni con micidiali infezioni.[cccxli]

Per prevenire disturbi e sollevazioni per mancanza di pane, i sindaci nella primavera 1780 sequestrano il grano che si sta imbarcando.[cccxlii] In espansione è il commercio della pasta di liquirizia. Raffaele Suriano costruisce due nuovi conci,[cccxliii] e colloca il prodotto anche nei mercati esteri.[cccxliv] Nonostante una accurata vigilanza,[cccxlv] una epidemia iniziata nell’autunno 1781 si prolunga.[cccxlvi] Grandi e continue piogge autunnali, nel 1782 causano allagamenti e danni.[cccxlvii] Il 5 febbraio 1783 la Calabria è scossa.

Note

[i] Famiglie aggregate al sedile di S. Dionigi: Alessandro Albani fu Annibale, Domenico e Carlo Blasco, Michele Castillo fu Antonio, Francesco Gallucci, Valerio Grimaldi, Nicola Marzano, Giuseppe Antonio Oliverio, Domenico Rodriguez, Francesco Antonio Sculco, Giovanni Duarte, Pietro Zurlo, Diego Tronca, Nicola Milelli, Rocco Susanna, Pietro Ipolito de Berlingieri, Pietro Silva, Giovanni Bartolo Galasso e Carlo Ventura. Vaccaro A., Kroton, Cosenza 1965, I, pp. 408-409.

[ii] ASCZ, Busta 911, anno 1737, ff. 5v-6.

[iii] Il sedile di S. Dionigi era ormai composto solo dai componenti delle famiglie Amalfitani, Pipino, Barricellis, Presterà, Montalcini, Suriano, Berlingieri e Lucifero. Presterà G., Note araldiche sulla nobiltà generosa di Cotrone, Calendario d’oro, Roma 1897.

[iv] ASCZ, Busta 911, anno 1737, ff. 5v-6.

[v] Rinunciano di appartenere al secondo ordine alcune famiglie che, rivendicando possesso di suffeudi e ascendenza nobiliare, rimangono fuori seggio piuttosto di aggregarsi con famiglie popolari. ASCZ, Busta 665, anno 1738, ff. 37v-39.

[vi] Alcuni patroni caricano olio e cereali a Gallipoli per Napoli. Avvisati dai padroni dei carichi, aspettano la tartana corsara del capitano Donato Cafiero che li accompagna fino a Crotone, da dove verranno scortati a Napoli dalla nave armata a guerra del capitano Nicola Vignola. ASCZ, Busta 793, anno 1736, ff. 15-16.

[vii] I turcheschi nell’estate 1736 sbarcano da tre galeotte nelle marine di Strongoli e di Simeri, rubando frumento e facendo schiavi. Messi in fuga dai paesani, assalgono una tartana ma sono respinti dai soldati che erano nella nave, i quali catturano una galeotta turca, uccidono 20 pirati ed altri 13 li catturano, perdendo 5 soldati. ASV, Nunz. Nap. 196, f. 81.

[viii] Nell’aprile 1736 per sostenere l’“incursione che vien minacciata da Turchi”, si rifornisce di munizioni l’artiglieria del forte delle Castella. ASCZ, Busta 665, anno 1736, ff. 58-61.

[ix] ASV, Nunz. Nap. 196, ff. 94, 117, 227v.

[x] Nel 1733 O. La Piccola e D. Doppido prendono in fitto per tre anni da F. C. Berlingieri delle gabelle, il primo anno franco a “maesare” e gli altri due a semina. Nel primo anno di semina, “perchè non torna conto raccogliere per la sterilità che si prevede”, ricorrono “all’uso e municipale legge di questa città”, e rilasciano i seminati al proprietario in estinzione dell’affitto. ASCZ, Reg. Ud. 429, fasc. V, 1761.

[xi] Il 28.10.1736 naufraga per una tempesta nella marina di Manna loco d.o li Civiti la barca di B. Blasi di Taranto (ASCZ, Busta 840, anno 1738, f. 5). Nel settembre 1737 una tempesta fa naufragare due tartane nella marina di Strongoli (ASV, Nunz. Nap. 198, f. 179). Nel gennaio 1738 affondano nella marina di Crotone due tartane (ASV, Nunz. Nap. 199, f. 22).

[xii] Umbriatico: “Coeli intemperies in tota Diocesi, prasertim aestivo et autumnali temporibus cui immaturae episcoporum mortis fatum extremum attribuitur” (ASV, Rel. Lim. Umbriaticen., 1735). Isola:”civitas cuius aer est crassus, et concretus, et ob eius incostantiam valde insalubris” (ASV, Rel. Lim. Insulan., 1741). Cerenzia: “sita in loco sulfureo et pessimi aeris, praesertim tempore aestivo et autumnali quam ob causam Episcopus ibi residere nequit” (ASV, Rel. Lim. Cariaten. Geruntinen., 1733).

[xiii] AVC, Liber Mortuorum, ad annum.

[xiv] ASCZ, Busta 1063, anno 1744, f. 70v.

[xv] Tra il 1739 ed il 1744 vengono costruiti i 4 magazzini di Dionisio Ventura (1739), i tre dei certosini di Rocca di Neto (1741-1742), i cinque di Giuseppe Grasso (1742), i due dell’arciprete Rinaldi (1742), quello di Domenico Giglio (1743), i due di Girolamo Cariati (1744), quello di Gio. Contestabile di Scandale, di Andrea Scicchitano, ed i due di Domenico Rodriguez. AVC, Platea della Mensa Vescovile, Cotrone 1780-1781, ff. 18-22. ASCZ, Busta 912, anno 1744, ff. 77v-78. M. Messina chiede di poter costruire un magazzino sul vignale di S. Francesco di Paola, vicino all’orto del Biviere, terreni della mensa vescovile sui quali già sorgono 18 magazzini, e che si trovano da una parte e dall’altra, confinanti alla via pubblica che va al convento dei paolotti. ASCZ, Busta 860, anno 1759, ff. 480-487.

[xvi] Nel 1741 un vignale del beneficio dell’Immacolata Concezione presso “li furchi”, è concesso ad annuo canone perpetuo a D. A. Farina, P. Asturelli e F. Gallucci, affinché possano costruirvi 12 magazzini. ASCZ, Busta 911, anno 1741, ff. 18-21; Busta 854, anno 1746, ff. 38-40.

[xvii] La chiesa viene ridotta alla sola nave, chiudendo l’ala in cornu epistolae. La cappella, fondata al tempo della costruzione da Garretto Berlingieri, è trasformata in magazzino. ASCZ, Busta 911, anno 1742, ff. 73-77.

[xviii] I frati nel maggio 1743 chiedono di utilizzare duc. 50 per completare i lavori, perchè così in breve tempo ritorneranno in possesso della somma col ricavato dei nuovi magazzini ASCZ, Busta 666, anno 1743, ff. 61-62. Nel 1749 G. A. Oliverio, barone di Paparone e di Crepacuore, vi costruisce la cappella di famiglia sotto il titolo di S. Francesco di Paola, collocandovi la statua del santo che si trovava in una nicchia. ASCZ, Busta 668, anno 1749, ff. 90-92.

[xix] Lunga lite tra i La Piccola e D. Greco i cui palazzi sono vicini. I La Piccola hanno elevato un muro occupando “l’aere che riceve da una delle finestre del quarto inferiore” il palazzo del Greco. ASCZ, Busta 916, anno 1764, ff. 149v-152. Lite tra i Messina ed i Duarte. I primi vogliono elevare la casa, ma i Duarte lo impediscono perchè verrebbero privati della vista del mare e dei monti. ASCZ, Busta 1125, anno 1755, ff. 119-120.

[xx] ASCZ, Busta. 911, anno 1739, ff. 19v-20.

[xxi] L’università concede a D. Tirioli un terreno demaniale attaccato alla casa nel luogo detto “il Cavaliero”, affinché possa costruirvi una scala che conduca al nuovo quarto superiore. ASCZ, Busta 913, anno 1751, ff. 88-91. A. Grasso costruisce un quarto superiore alla sua casa al largo del castello, ed ottiene dall’università un pezzo di terra pubblica per fabbricarvi le scale. ASCZ, Busta 854, anno 1746, f. 46.

[xxii] Una volta le case dei Tirioli “erano tre bassi e tre camere di sopra e fra queste e quelle di Cirrelli vi era una via larga che vi si giocava alle smarre … ed alla punta di dette case vi era la timpa ed immediate a questa vi era un casaleno lungo”. Su ordine del decano Sisca esse furono demolite e rifabbricate “a nuova pianta di palazzo includendovi dette case e casaleno e fattone un palazzo”. ASCZ, Busta 912, anno 1745, f. 11. Il mercante G. Orsini, comprato da G. Giunti un palazzo che fu del decano Sisca, vicino alle mura della città ed alla “porta secreta della Piscaria”, lo riduce all’“uso moderno”, ampliandolo ed innalzandolo. ASCZ, Busta 915, anno 1762, f. 46; Busta 912, anno 1747, f. 16; Busta 1128, anno 1762, ff. 193-194.

[xxiii] G. Montalcini allarga in forma migliore il suo palazzo in par. del SS. Salvatore. ASCZ, Busta 1128, anno 1762, f. 66v. F. De Vennera alza alcune casette e le fa uniformi ed uguali al suo palazzo per renderlo “magnifico”. ASCZ, Busta 1125, anno 1756, ff. 369-370. Il marchese F. Lucifero allarga il palazzo comprando parte delle case confinanti dei De Vite. Il figlio G. M. Lucifero acquista la parte restante e la aggrega. ASCZ, Busta 912, anno 1745, ff. 74-78; AVC, Catasto Onciario Cotrone, 1793. B. Suriano smantella una casa palaziata dotale in par. di S. Maria Protospatari, compra altre case vicine e fa edificare un gran palazzo. ASCZ, Busta 1343, anno 1770, f. 78v.

[xxiv] I fratelli Suriano dopo aver rifabbricato “all’uso moderno” il loro palazzo sito a “li rivellini”, riedificano ed allargano la vecchia rimessa per uso di stalla al “modo moderno”. ASCZ, Busta 912, anno 1746, ff. 64v-65.

[xxv] F. A. Sculco compra ed abbatte due casette, e poi ha “molto più ampliato ed ingrandito con nuove fabriche ed adornato con molti mobili moderni e ricchi” il suo palazzo in parrocchia dei SS. Pietro e Paolo. ASCZ, Busta 857, anno 1754, f. 445v.

[xxvi] Lunga lite tra D. A. Farina ed i Monteleone, i quali, nel restaurare e modernizzare la loro casa, sono costretti a non alzarla oltre un certo livello e a mantenere il fabbricato entro certe misure. ASCZ, Busta 1266, anno 1753, ff. 100-103.

[xxvii] D. A. Farina acquista nel 1738 dalle clarisse le “case di Nola”, confinanti a tramontana con la strada e chiesa del SS. Salvatore, a levante via mediante con le mura della città, a mezzogiorno con largo del castello e a ponente con le case del fu parroco Carlo Bonelli. ASCZ, Busta 911, anno 1738, ff. 23-30; ASN, Catasto Onciario Cotrone 1743. Le case di Gio. Batt.a di Nola, confratello della confraternita del Rosario, passarono al monastero di S. Chiara per dote della sorella Lucretia de Nola. ASCZ, Busta 117, anno 1622, f. 31; Busta 119, anno 1641, f. 24; Busta 119, anno 1643, ff. 69-70.

[xxviii] A. Vigna fitta a pascolo le terre di Buggiafro della mensa vescovile ma vuole lo sconto perchè dieci tomolate sono occupate da F. Trapasso, che vi ha impiantato olivi e fatto una “privata chiusura”. AVC, Cartella 117, s.d.

[xxix] I fratelli Soda possiedono il territorio di Carbonara che è composto da terre aratorie e “parte alberato di olive”. ASCZ, Busta 1130, anno 1770, f. 110; Busta 857, anno 1754, ff. 443-452. F. A. Sculco disbosca parte di Jannello e vi fa una chiusura con giardini, piante di olivi e da frutto. ASCZ, Busta 1129, anno 1767, f. 13. Il vescovo di Umbriatico D. Peronacci disbosca due fondi incolti e li trasforma in oliveto ed agrumeto. ASV, Rel. Lim. Umbriaticen., 1753, 1771.

[xxx] I Crotonesi godevano diritto di pascolo sui vasti territori di Isola (Buggiafaro, Li Pozelli, Domine Maria, S. Andrea, Forgiano ed il Bosco), ma ne erano impediti perchè gran parte di essi erano stati convertiti in vigne e oliveti, e circondati da fossi. ASCZ, Busta 854, anno 1746, ff. 30-34.

[xxxi] Nell’autunno 1736 alcuni massari vanno nelle gabelle Volta della Corte e Volta del Salico in territorio di Rocca di Neto, per seminarle e trovano che erano state allagate dal fiume Neto. ASCZ, Busta 911, anno 1743, f. 156. Alla foce il fiume aveva cambiato corso, infatti, la gabella Vitetta confinava con il fiume Neto e con Neto Vecchio, e quantunque si trovasse al di là del fiume, apparteneva al territorio di Crotone. ASCZ, Busta 912, anno 1747, f. 8. ASN, Catasto Onciario Cotrone 1743.

[xxxii] “Fluvius excurrit, quem Brausium vocant, ipse lentus et lacunosus, qui aestate graves, crassosque emittit vapores, humanis corporibus infestos. Quod malum etiam ipsi cives, dum linum in eo macerare consueverunt”. ASV, Rel. Lim. Strongulen., 1747, 1749.

[xxxiii] Gli abitanti di Papanice si oppongono ad alcuni governanti che, dopo aver indebitata l’università, vogliono ora alienare e ipotecare i due territori dell’università: il Prato e la Botte, i “quali da loro Antennati furono sempre con gelosia conservati senza averne voluto far uso nemeno nel tempo del grande bisogno come fu quello della ricompra del Regio Demanio nell’anno Mille Seicento trenta sette”. ASCZ, Busta 912, anno 1747, ff. 180-181.

[xxxiv] Lite tra il marchese Doria, barone di Tacina, ed i Gesuiti, vertente “da dieci anni a questa parte”, su alcune gabelle dei Gesuiti del corso di S. Leonardo, ricadenti nella giurisdizione della baronia di Tacina, si aprissero o si sbarrassero ogni primo maggio. ASCZ, Busta 584, anno 1741, f. 9.

[xxxv] Lite tra l’arcivescovo di Santa Severina ed il commendatario di S. Angelo de Frigillo, sul diritto di esigere le decime sulle terre di Terrata e Camerlingo. ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1750. Il barone Pignatelli non riconosce al vescovo di Strongoli D. Morelli il diritto di esigere le decime sui corsi Virga Aurea, S. Mauro, Serpito e Zuccaleo. I capimandra delle pecore che pascolano a Serpito e S. Mauro, rifiutano di pagare il “jus decime” all’economo del vescovo. Quest’ultimo si rivolge al governatore che invia il mastrogiurato con armati, che si prendono 68 agnelli e 36 forme di formaggio per il diritto di decima, ed altri 2 agnelli, 4 forme di formaggio e 24 ricotte per la loro giornata. Pochi giorni dopo gli armati ritornano e si prendono altri agnelli, formaggio e ricotte. ASCZ, Busta 1124, anno 1753, ff. 59-61; ASV, Rel. Lim. Strongulen., 1753, 1759.

[xxxvi] Per apprezzare i terreni si usava la salma. Nelle terre fertili la salma era formata da 3 o 4 tumula, o moggia, di terre e valeva da ducati 50 a 60, nelle terre montuose comprendeva 4 o 5 tumula e valeva da 40 a 50 ducati, e nelle terre sterili, o sciollose, era di tumola 6 ed il suo prezzo variava da 20 a 25 ducati. L’affitto a pascolo era annuale e oscillava intorno a 20 carlini la salma, a seconda della fertilità e della richiesta dei terreni. Il terratico variava per qualità delle terre da tumulo uno, tumolo uno e mezzo, a tumula due di grano e maiorca per ogni tumulo di terra, ed era chiamato “pagamento di copertura, copertura e meza et due coperture”. I territori si fittavano tre anni a pascolo e tre anni a semina, e nel triennio di semina “si costuma il primo anno maggesare et non si paga cosa alcuna alli padroni di essi, ma l’affitto ed estaglio di tutti detti tre anni quando si è in grani si corrisponde mettà nella raccolta del primo anno della semina che viene ad essere il secondo del triennio ed l’altra mettà nella seconda raccolta in cui viene a terminare detto triennio di semina”. ASCZ, Busta, 667, anno 1746, f. 166; Busta 860, anno 1759, f. 246.

[xxxvii] Il comandante del castello Antonio Fenoza chiede al vicario che gli siano consegnati due soldati spagnoli che, dopo aver ferito un commilitone, si sono rifugiati nella chiesa di S. Francesco, impegnandosi a non metterli a morte. AVC, Cutroni 19.11.1734. A. Le Pera si rifugia nel convento dei Cappuccini “per un delitto commesso in persona di G. Garasto”. ASCZ, Busta 1266, anno 1754, ff. 44-45.

[xxxviii] Il vescovo Costa scomunica Vincenzo Amalfitani e Rosa Berlingieri, figlia del marchese Francesco Cesare. ASCZ, Busta 911, anno 1739, f. 19; Busta 911, anno 1740, ff. 42-43.

[xxxix] I mercanti di Napoli protestano per l’estorsioni che di continuo commette il guardiano del porto di Crotone, che non osserva la pandetta stabilita nel 1692, che prevede per ogni tomolo di grano che si estrae, cavalli 4, d’orzo e legumi cavalli 5, per ogni cantaro di biscotto tornesi 5. ASCZ, Busta 665, anno 1739, ff. 105-107.

[xl] Il barone di Isola affermava che il privilegio concesso alla città dai re Ferdinando I e II , da Alfonso e da Carlo V, e poi conferito alla corte baronale, fu da essa sempre esercitato nonostante i tentativi di usurpazione da parte dei regi portolani. ASCZ, Busta 840, anno 1738, ff. 3-5.

[xli] A metà marzo 1738 per una mareggiata, la tartana di V. Vincione imbarca acqua. Approdata a Capo Ricciuto i marinai, coll’assistenza delle guardie di Isola, salvano parte del carico e lo pongono in una chiesola vicina alla marina. Arriva un rappresentante del portolano di Crotone e porta via il carico. ASCZ, Busta 840, anno 1738, f. 1. Lo stesso succede per il carico della nave del napoletano N. Vignola, naufragata il 2 novembre 1738 a Capo Piccolo. ASCZ, Busta 840, anno 1738, f. 3.

[xlii] L’affitto dei terreni ad ogni uso, o in semina, costava circa un terzo di più del prezzo del fitto a erbaggio per il pascolo d’animali. ASCZ, Busta 911, anno 1739, ff. 29-30.

[xliii] La polacca del capitano F. Del Giudice parte da Castellamare carica di vino per Corfù. Una burrasca “con grugni di neve et acqua”, la sorprende il 19 marzo 1740 nel golfo di Catanzaro. Non riuscendo a entrare nel porto di Crotone, si ancora sulle secche. Sopraggiunge un violento fortunale che dura due giorni “con neve et acqua”. I marinai col battello si rifugiano a terra mentre parte del carico va perso. ASCZ, Busta 911, anno 1740, ff. 24-25.

[xliv] La tartana di M. Cacace, carica di orzo, il 29 marzo 1740, “per li tempi fortunali e pessimi”, finisce sugli scogli ed imbarca acqua, rovinando parte del carico. Riparata, dopo cinque giorni di mare tempestoso, il quattro aprile riprende il viaggio. ASCZ, Busta 911, anno 1740, ff. 33v-34. La tartana di G. Ametrano, carica di olio, l’otto aprile 1740, subisce un temporale che causa danni all’albero di maestra e alle botti. ASCZ, Busta 911, anno 1740, f. 34.

[xlv] Il 23 luglio 1740 i patroni genovesi G. B. Magliane e G. Garasina dichiarano che, all’inizio di aprile, fecero contratto con G. Capocchiano per la fornitura di 4100 tt.a di grano a grana 11 e ½ il tt.o. Portatisi a Crotone per caricare, trovarono che “per ordine di Sig. superiori porzione di essi grani si erano esitati e consumati per uso dell’annona di questa città per la penuria sortita di d.i generi”. È stato possibile perciò caricare una sola barca con tt.a 2050 di grano, mentre l’altra deve attendere che venga il grano nuovo. ASCZ, Busta 854, anno 1740, ff. 97-98. All’inizio di agosto F. Suriano si impegna a consegnare sulla spiaggia di Tropea, tt.a 2000 di grani duri a carlini 12 e ½ il tt.o per l’annona di quella città. ASCZ, Busta 854, anno 1740, ff. 111-112.

[xlvi] Il giudice S. Sabbatini è inviato per investigare sul contrabbando praticato dal mastrogiurato. Avvisati, i contrabbandieri lasciano il porto. Il giudice sarà accusato di aver preso denaro. ASCZ, Busta 666, anno 1741, ff. 163v-164.

[xlvii] Il pinco di A. Paulillo carica grano a Trani per conto di N. Pedimonte, per portarlo a Livorno e Genova. Arrivato a Capo Spartivento il 6 aprile 1740, per sfuggire a due bastimenti barbareschi, va ad incagliarsi sulle secche presso Brancaleone. Aiutati dai paesani i marinai riescono a mettere in fuga i corsari, ma perdono quasi tutto il carico, parte del quale è gettato in mare per disincagliare la nave, e parte è predato dai paesani che li avevano aiutati. ASCZ, Busta 854, anno 1740, ff. 32-34.

[xlviii] G. Dean ordina di rifornire le regie torri di guardia di Nao, detta il Mariello, e di Scifo, nonché i cinque cavallari che battono le marine di Crotone, con polvere. La torre di Nao è rifornita anche di 20 palle per cannone. ASCZ, Busta 854, anno 1740, ff. 72-73.

[xlix] L’università di Cutro che già paga due cavallari, protesta perchè le si vuole addossare parte del pagamento del cavallaro che custodisce la marina “la Catinella” in territorio di Le Castella. ASCZ, Reg. Ud. Cart. G, 198-7, fasc.XX, 1764.

[l] I mastri Messina, Asturi e Ricciolillo si impegnano a completare i lavori entro un anno. I lavori prevedevano la costruzione dei quartieri dei soldati, delle abitazioni degli ufficiali e del castellano, ed il riparo della muraglia del corpo di guardia. ASCZ, Busta 666, anno 1740, ff. 102-104.

[li] ASCZ, Busta 840, anno 1740, f. 6.

[lii] ASV, Nunz. Nap. 203, f. 247v.

[liii] Nel 1742 Giacinto Voschi, ministro plenipontenziario del re, era a Tripoli per concordare la tregua. Il bassà in segno di cordialità gli regalò due prigionieri cristiani. ASCZ, Busta 668, anno 1750, ff. 121-123.

[liv] Protesta contro il guardiano della dogana, che impedisce l’estrazione del grano per Napoli, se prima non sono pagati carlini 5 per cibarie, carlini 2 al giorno per assistenza al magazzino, e carlini 2 “per ragione di mesa”, ogni volta che si fa. Il guardiano asserisce che l’ufficio non è nè nominato nè riformato dal nuovo editto reale. ASCZ, Busta 666, anno 1741, ff. 127-128.

[lv] Il marchese F. Lucifero, già priore del consolato del commercio, consegna ai nuovi priore, consoli ed assessore, parte del denaro ricevuto dalla tesoreria provinciale, per l’acquisto di grano da inviare a Reggio. ASCZ, Busta 912, anno 1745, f. 14.

[lvi] G. Niceforo di Stilo e B. Orsino di Scandale, si associano per commercializzare la pasta di liquirizia. Il primo mette l’esperienza, il secondo il capitale. La copia dell’accordo è depositata al regio tribunale del consolato del commercio. La società dopo poco si scioglie. ASCZ, Busta 912, anno 1746, f. 83. F. Suriano nel 1741 si associa con F. Pavarelli di Taranto. Egli versa metà del costo di un bastimento, che possiede il Pavarelli, e sostiene metà delle spese per accomodarlo. L’anno dopo il Suriano rivende la sua parte al Pavarelli. ASCZ, Busta 854, anno 1742, ff. 79-81.

[lvii] A. Orsini di Catanzaro protesta perchè essendosi avvicinato il tempo per mettere in attività la tonnara a Capo Colonne, loco detto Nao, il “raiso” A. Jerocadi di “Pragalia”, casale di Tropea, incaricato con alcuni marinai ad erigere la tonnara e a farla funzionare, non è ancora arrivato. ASCZ, Busta 854, anno 1742, ff. 28-29.

[lviii] ASCZ, Busta 793, anno 1743, f. 15.

[lix] Per completare i lavori il principe di Strongoli nel 1744, prende in prestito duc. 2500 all’otto per cento da Pietro Asturelli, “cassiere dell’arrendamento de ferri e doana” di Crotone, e commerciante di grani e formaggi. ASCZ, Busta 1063, anno 1744, ff. 38-51, 56-63.

[lx] Compilatori furono: il sindaco dei nobili Carlo Berlingieri, il sindaco della regia piazza Onofrio Sezza, due rappresentanti dei nobili (il marchese di Apriglianello Francesco Lucifero e Francesco Sculco), due del ceto dei nobili viventi (Domenico Farina e Girolamo Cariati), e due cittadini del popolo (Gaspare Cavalieri e Dionisio Curcio). ASN, Catasto Onciario di Cotrone, 1743.

[lxi] ASCZ, Busta 981, anno 1742, ff. 3-4.

[lxii] L’università di Isola rivendicava sei corsi, di cui cinque (Buciafaro, Le Cezzelle, Domine Maria, S. Andrea e Le Comunelle), erano posseduti da enti ecclesiastici crotonesi, e uno Forgiano, della badia di S. Nicola, era stato concesso dal commendatario, il cardinale Luigi Carafa, al marchese Cesare Berlingieri. AVC, Controversia tra l’università della città di Cotrone e la università della città di Isola.

[lxiii] Antonio Suriano già nel 1699, rivendicando che il feudo doveva rimanere per volontà di Gio. Dionisio Suriano “sempre nella famiglia Suriano della linea mascolina più propinqua”, aveva costretto Fabritio Lucifero a sborsare 1200 ducati. Il figlio di Antonio, Berardino, all’inizio del 1742 riapre la lite rivendicando il feudo, e viene tacitato nel 1746 da Francesco Lucifero, figlio di Fabritio, con altri 2300 ducati. ASCZ, Busta 913, anno 1752, ff. 120-130.

[lxiv] La Camera della Sommaria accogliendo il ricorso del Lucifero, intimava agli apprezzatori di Crotone di astenersi dall’apprezzare il feudo. ASCZ, Busta 981, anno 1742, ff. 7-8.

[lxv] Mancando il governatore di Crotone, che esercita anche a Papanice, assunse la carica il sindaco dei nobili di Crotone, che perciò “pretende di firmare il catasto di papanice”. Il sindaco di Papanice protesta sostenendo che, in mancanza del governatore, deve sostituirlo il mastrogiurato di Papanice, mentre il sindaco di Crotone sostiene che sempre il governatore di Crotone pro tempore ha esercitato giustizia anche a Papanice, la qual terra è edificata nella gabella Cortina, facente parte del regio demanio crotonese e, per tal motivo, gode dei privilegi di Crotone e ne è soggetta alle tasse, come risulta dai catasti. ASCZ, Busta 981, anno 1742, ff. 36-38.

[lxvi] I marinai del pinco di F. A. de Angelis, carico di olio, il 19 marzo 1742 a causa dei venti impetuosi, che “fracassarono la gabbia del pinco e la mandarono via in mare”, per salvarsi sono costretti ad alleggerire la nave gettando in mare parte del carico. ASCZ, Busta 911, anno 1742, ff. 40-44.

[lxvii] I soldati rimarranno fino alla fine di settembre. ASCZ, Busta 856, anno 1753, ff. 299-302.

[lxviii] Contratto del vicario generale delle Calabrie con B. Suriano per la fornitura di tt.a 8000 di grano per le guardie di torre del Cavallo. ASCZ, Busta 856, anno 1753, f. 299v.

[lxix] I proprietari maggiori erano: B. Suriano, F. A. Sculco, P. Zurlo, A. Oliverio, G. B. Venturi, F. C. Berlingieri, M. Barricellis, F. Gallucci, A. Albani, F. Lucifero, e il duca di Santa Severina. ASCZ, Busta 793, anno 1743, ff. 1-12.

[lxx] AVC, Nota di fatti e … a pro’ dell’uni.ta della citta di Cotrone contro la uni.ta della citta di Isola, s.d., ff. 10v-11.

[lxxi] Ai primi di settembre alcuni mercanti si impegnano a fornire, una volta ottenuta l’autorizzazione, tomolate 1500 di grano per l’annona di Calopezzati, al prezzo di carlini 16 e mezzo il tomolo, comprese le spese di trasporto, ed eccettuati “li passi” ed i pagamenti di dogana. ASCZ, Busta 911, anno 1743, ff. 137-139.

[lxxii] Il periodo di alta mortalità infantile si prolungherà fino all’inizio del 1747. AVC, Liber Mortuorum (1698-1756).

[lxxiii] ASV, Rel. Lim. Bellicastren., 1745.

[lxxiv] I sindaci di Cutro supplicano che con l’estrazione di tt.a 1700 di grano “resteranno privi di pane cotidiano e li supplicanti nell’evidente pericolo d’esser lapidati da’ cittadini e di vedere le proprie case abbrugiate, restando l’annona sprovvista delli grani partiti, e la piazza senza pane”. ASCZ, Busta 584, anno 1743, ff. 24-29.

[lxxv] Il 21 marzo 1744 a Cutro, sindaci e popolo in processione si portano alla chiesa di Santa Caterina, presso la cappella dell’Immacolata Concezione, dove in ginocchio fanno voto che se la Madonna preserverà Cutro dai pericoli del terremoto, che ha devastato molti luoghi della provincia, la festa dell’Immacolata Concezione sarà celebrata in modo solenne e col versamento di duc. 6 annui alla cappella. ASCZ, Busta 584, anno 1744, ff. 19-20.

[lxxvi] ASCZ, Busta 666, anno 1744, f. 54.

[lxxvii] La torre del barone Lucifero risulta lesionata dal terremoto nonostante le catene poste per la sua sicurezza. ASCZ, Busta 666, anno 1744, ff. 113v-114.

[lxxviii] C. Presterà, D. Soda, G. A. Oliverio e G. B. Ventura, chiedono il pagamento delle 15 vacche consegnate allo scrivano per le provviste di Reggio. ASCZ, Busta 912, anno 1744, f. 21.

[lxxix] ASCZ, Busta 912, anno 1744, f. 62.

[lxxx] “Terremotus formidabiles edificia tam sacra, quam prophana quassaverunt et non pauca solo aequarunt, et non quiescente adhuc terra ruina super ruinam non inaniter timetur”. ASV, Rel. Lim. Crotonen., 1744.

[lxxxi] “Sub belli pondere, peculiari modo misere haec Civitas ingemiscit, tum in eadem et in castro quingenti milites morantur”. ASV, Rel.Lim. Crotonen., 1744.

[lxxxii] ASV, Rel. Lim. Strongulen., 1747. La tartana di patrone M. Cappiello va in Puglia a caricare olio e rimane ferma a Brindisi tutto marzo per il maltempo. Partita, il 23 aprile è all’alba a Capo Colonne, assieme a due navi veneziane ed ad un pinco. A causa della “nebbia e maltempo non vedendo troppo buono”, il pinco ed una nave veneziana si infrangono sugli scogli, mentre la tartana subisce danni. ASCZ, Busta 912, anno 1744, ff. 19-20. Il 18 febbraio 1746 naufraga per il maltempo sulle secche del porto, la martigana di B. di Rose di Gaeta. ASCZ, Busta 912, anno 1746, f. 25. “A 22 luglio 1745 orribile tempesta di vento, acqua e grandini che colpì e denudò tanti alberi, e precisamente le viti”. Pugliese G. F., Descrizione ed istorica narrazione dell’origine e vicende politico-economiche di Cirò, I, Napoli 1849, p. 110.

[lxxxiii] I coniugi Vaccaro, essendo la loro casa inabitabile, sia perchè vecchia sia a “causa de tremoti, li quali in tutto, e dappertutto la sconquassarono”, chiedono in prestito 100 ducati e la fanno ricostruire. ASCZ, Busta 1124, anno 1747, ff. 1v-2. Per l’incapacità del costruttore, il nuovo campanile minacciava di rovinare la cattedrale. Per proteggere la facciata principale della chiesa, troppo appesantita ed inclinata, la si rinforzò con grandissime pietre. L’accorgimento si rilevò provvidenziale perchè preservò la cattedrale dal terremoto. Finito il pericolo, riprese la costruzione con mastri più esperti, e nel 1747 il campanile era già più alto del tetto della chiesa, e tre anni dopo era completo. ASV, Rel. Lim. Crotonen., 1747, 1750.

[lxxxiv] ASCZ, Busta 1069, anno 1747, f. 33v.

[lxxxv] Il mercante G. Grasso nel 1746 inizia la costruzione del suo palazzo in par. di S. Veneranda, vicino alla porta del castello. La costruzione proseguì per 6 anni e la spesa fu di 3000 ducati. ASCZ, Busta 1124, anno 1751, ff. 40v-42.

[lxxxvi] Tra i privilegi che godevano i Crotonesi, vi era quello concesso nel 1483 da re Ferdinando, che li esentava dal pagamento di tutti i diritti spettanti al Regio Arrendamento de Ferri, sia nell’estrazione che nell’immissione delle loro mercanzie in tutti i luoghi del regno. ASCZ, Reg. Ud. 426, fasc. XI (1752).

[lxxxvii] Il marchese di Perrotta, F. C. Berlingieri, ottenuto nel 1743 il corso di Forgiano, consistente in “terre inculte, alpestre et aratorie senza alberi fruttiferi e senza alcuna fabrica”, tranne i “vestiggii d’una chiesa diruta di già profanata”, per l’annuo canone perpetuo di duc. 180, dal commendatario dell’abbazia di S. Nicola de Jaciano, P. L. Carafa, tra il 1744 ed il 1748, costruisce due bivieri, 3 caselle per pastori, un porcile grande, una cisterna, la chiesa di S. Nicola quasi dalle fondamenta, e due giardini circondati da fossi e mura di pietra secca, pieni di alberi fruttiferi e viti, spendendo oltre 7000 ducati. ASCZ, Busta 911, anno 1743, ff. 74-76; Busta 1063, anno 1748, ff. 16-18; Busta 854, anno 1748, ff. 7-10. F. A. Sculco, tra il 1734 ed il 1754, impianta un esteso oliveto e costruisce un casino con più camere, vaglio, magazzini e “copelliera” a Jannello, restaura il palazzo e fa costruire trenta casette da locarsi a Papanice, edifica due nuovi magazzini al Fosso, compra due casette vicino al suo ampliato palazzo di Crotone, e due magazzini e sei botteghe a Catanzaro, incerementando di molto il bestiame. ASCZ, Busta 857, anno 1754, ff. 443-452. A. Aragona possiede il podere “li Ponticelli” consistente “in terre vacue, vigne, alberi fruttiferi, capelliera di presente esistente in caselle seu case di ape numero duecento ed un casino con diversi membri ed edificii con chiesa rurale”, di San Giovanni Battista. ASCZ, Busta 860, anno 1760, ff. 240-241.

[lxxxviii] B. Suriano migliora il suo feudo della Garruba facendo una chiusura “serrata di fossi e mura di pietra secca”, impiantandovi “più migliaia di piante di olive, vigne ed altri alberi fruttiferi di diverse specie”. Nel 1751 vi costruisce un casino e “altre diverse fabriche per uso di chiesa, magazzini, trappeto, stalla e altro” e, nel confinante territorio di Giambiglione, una fontana ed un biviere. Il feudo che prima dei miglioramenti valeva 2000 ducati, ora ne vale 15.000. ASCZ, Busta 1343, anno 1770, ff. 75-79. Il marchese di Crucoli, Nicola Amalfitano, possiede il casino della “Sala”. ASCZ, Busta 1343, anno 1764, f. 165.

[lxxxix] Gli Orsini dimoravano nella torre di Corazzo, dove era la loro grossa massaria, “in occasione di una picciola villegiatura”. ASCZ, Busta 1411, anno 1761, ff. 27v-28.

[xc] Stipendiati dal decano F. Suriano: D. Varano e A. Varano, magazzinieri, A. Piromalli, cuoco, F. Lungo, cameriere, F. Scalercia, scritturale, L. Villarroja e F. Villarroja, fattori degli affari di campagna e del concio della liquirizia, B. Messina, soprintendente agli affari di campagna per la masseria, G. Gerace, esercita per conto della casa l’ufficio del peso a cantaro e di vicesecreto, M. La Piccola, addetto ai servizi della casa e utilizzato come sovracarico per l’estrazione dei grani, R. Gerace e G. Cavaliere, dipendenti. ASCZ, Busta 1124, anno 1748, f. 31.

[xci] Feudi in territorio di Crotone: La Cerza o Giordano (Montalcini), Valle Perrotta (Berligieri), Aprilianello (Marchese Lucifero), Bagliva di Crotone e Papanice (Barone Lucifero), La Sala (nel 1779 passa dagli Amalfitani ai De Mayda), Crepacore (nel 1729 passa dai Filomarino agli Oliverio), e Carbonara o Sacchetta (passa dai Barricellis ai De Castillo ai Gallucci). ASCZ, Busta 912, anno 1747, f. 190; Busta 911, anno 1743, f. 74; Busta 912, anno 1747, f. 191.

[xcii] I coniugi Caracciolo, feudatari di Isola, possessori di feudi in Puglia, vendono nel 1767 ai fratelli Zurlo, le proprietà che possiedono nel territorio di Crotone, per investire il ricavato con maggior profitto nei feudi pugliesi. AN. G. B. Bonfante, Napoli 13.5.1767. ASCZ, Busta 1343, anno 1767, ff. 53-54.

[xciii] G. Montalcini compra la Garrubba di Nao dai Rotella di Taverna. AVC, Platea del Capitolo 1758/1759. L. Volcano vende il podere “la torre di Piterà” a F. C. Berlingieri, perchè per la lontananza non può governarlo, e sono “assai minorati li poderi e la torre, il pozzo e pila rotti e diruti”. ASCZ, Busta 663, anno 1729, ff. 55-58. Gli Zurlo posseggono “Bucchi” con casino, stallone, magazzini, tavernella e chiesiola. “Bucchi” faceva parte di un comprensorio di terre alla foce del Neto, che essi avevano comprato dagli indebitati eredi di Nicola Passarelli di Catanzaro. ASCZ, Busta 1589, anno 1777, ff. 60-62; Busta 1589, anno 1778, ff. 69-70.

[xciv] Il marchese Berlingieri corrompe testimoni, autorità, cittadini e notai, e fa passare il corso di Forgiano dell’abbazia di S. Nicola, come “infertile e petroso” e di poca estensione. Impedisce che venga affisso e conosciuto l’editto di vendita. Avutolo per un censo annuo basso, impedisce poi i diritti civici. ASCZ, Busta 667, anno 1745, ff. 59-61; Busta 911, anno 1743, ff. 74-76.

[xcv] Colletta P., Storia del Reame di Napoli dal 1734 al 1825, Firenze 1864, pp. 104-105.

[xcvi] Nel 1750 il tasso sui capitali dati in prestito dal Capitolo è ridotto al 5% per i vecchi e per i nuovi al 4,5%. AVC, Platea del Capitolo di Cotrone per gli anni 1758 e 1759. I Presterà, avuto nel 1727 un prestito al 6 % dal beneficio dell’Immacolata Concezione, ottengono la riduzione al 5 %, perchè “l’annualità de sei per cento più non corre in questa città e specialmente per li luoghi pii ma bensì quelle del cinque per cento”. ASCZ, Busta 1126, anno 1759, ff. 280-283.

[xcvii] Il marchese F. C. Berlingieri manda a studiare a Napoli i due figli Annibale e Pompilio, e dà duc. 6 al mese al napoletano F. Sportelli affinché vigili sulla loro condotta. ASCZ, Busta 1124, anno 1752, ff. 8-9v. Nel 1758 chiamato da alcuni benestanti, arriva F. Bifano, maestro di musica e cappella nella città di Napoli. Il Bifano si impegna per tre anni, a dare lezioni in casa ad alcuni nobili e, come maestro di cappella, ad accompagnare con la musica le principali funzioni religiose. ASCZ, Busta 859, anno 1758, ff. 163-169.

[xcviii] Lapide in chiesa: HIC IN SINU ECCLESIAE / QUAM PROPRIO AERE FUNDAVIT / ULTIMAM TUBAM EXPECTAT / LEONARDUS DE COLA / ET / HIERONYMUS CARIATI / 1736.

[xcix] Nel 1738 per costruire il cimitero nella chiesa, la congregazione comprò una casetta ed un magazzino. Sul cimitero fu poi edificata la porta della chiesa, ed un corrispondente atrio “per quanto si era il luogo di detta casetta e magazeno”. Davanti all’atrio rimase un piccolo largo che la congregazione chiuse con un muretto. ASCZ, Busta 1063, anno 1750, ff. 117-118.

[c] Nel maggio 1750 la congregazione permuta con il vicario D. G. Suriano, una casetta del Monte dei Morti della confraternita, con un’altra di proprietà del vicario, attaccata alla chiesa, per demolirla. ASCZ, Busta 913, anno 1750, ff. 97-102. Il prefetto G. Cariati, compera a sue spese una casetta matta nei pressi della chiesa, per demolirla e poter innalzare il nuovo cappellone. ASCZ, Busta 913, anno 1751, ff. 156v-158.

[ci] Lo stuccatore P. Ciamboli si impegna ad iniziare i lavori nell’aprile 1756, e finirli entro giugno dell’anno dopo, per la somma di ducati 400 e secondo il disegno concordato. ASCZ, Busta 1267, anno 1756, ff. 6-10.

[cii] D.O.M./ AETERNAT HOC MARMOR/ HIERONYMI CARIATI/ LIBERALITATEM RELIGIONI DESPONSAM/ QUI SACRAM HANC AEDEM DEIPARAE/ IMMACULATAE VIRGINI/ DICATAM/ PRIUS HUMILEM NIMISQUE RUDITER/ EXTRUCTAM/ SUA LARGITER PROFUSA IMPENSA/ INCENSO ANIMO AC MUNIFICE/ REDEGIT HONESTAVIT EXPOLIVIT/ AN. REPAR. SAL. MDCCLVIII. Il Cariati restaurò ed ampliò la chiesa spendendovi di proprio oltre 4000 ducati, e lasciò ogni diritto che perciò poteva avere, alla chiesa e alla congregazione, con le condizioni che non fossero mai rimossi la lapide con le sue insegne sotto i gradini dell’altare maggiore, il suo ritratto nel medaglione sotto il dipinto della Vergine in mezzo all’oratorio, e l’iscrizione su marmo all’entrata della chiesa. ASCZ, Busta 862, anno 1763, ff. 182-185; Busta 1345, anno 1781, ff. 19-30.

[ciii] Alla fine di maggio 1756 il prefetto della congregazione, Geronimo Cariati, si accorda con N. Boccacci di Napoli per la costruzione dell’altare maggiore da farsi in un anno con “marmore di Massa Carrara”, secondo le misure, qualità, lavoro e colori concordati nel disegno, per il prezzo di duc. 450. ASCZ, Busta 858, anno 1756, ff. 104-107. Nell’aprile 1758 l’altare maggiore, portato da Napoli, è eretto dal Boccacci dentro la chiesa. ASCZ, Busta 859, anno 1758, ff. 135-137.

[civ] Trovandosi nella chiesa della Congregazione dell’Immacolata Concezione due cappelle di stucco, costruite ultimamente nel restauro ed ampliamento della chiesa, i mastri barbieri ne chiedono una da dedicare ai santi Cosimo e Damiano. ASCZ, Busta 862, anno 1763, ff. 182-185. La cappella nello stesso anno è abbellita con un quadro rappresentante i santi tutelari dipinto dal pittore Vitaliano Alfì, come si rileva dall’iscrizione: Alfì P. 1763/ Giovanni Spataro e Vito Curcio P. P.vi F. C. P. E. Questi ultimi erano i procuratori della cappella e loro stessi mastri barbieri.

[cv] B. Milioti compra per duc. 60 una cappella con altare, impegnandosi a “farvi scolpire un quadro coll’effigie del SS. Crocifisso e nei lati la Beatissima Vergine Addolorata e S. Gio. Evangelista e sopra d.o altare l’effigie del P. Eterno. Inoltre … far scolpire altri santi nelli due medaglioni vacui dell’orchesto ove sta situato l’organo”. ASCZ, Busta 1130, anno 1773, ff. 2-4. Oltre alla cappella del SS. Crocifisso, l’anno dopo il Milioti fonda un monte di maritaggi. ASCZ, Busta 1130, anno 1774, ff. 62-64. Nel 1767 aveva fatto fare un dipinto rappresentante Gesù di ritorno dai dottori. Il quadro attribuito a Nicola La Piccola è in cattedrale.

[cvi] TEMPLUM HOC/ MAGNAE DEI PARENTI/ A LABE PRIMIGENIA IMMUNI/ IAM AB ANNO CI)I)CLXXXII/ DICATUM/ QUOD/ SODALITAS CROTONENSIS DEVOTA/ PROXIMIS ANNIS/ SUB PRAEFECTURA/ HIERONYMI CARIATE/ VIRI IN EAMDEM MUNIFICENTISSIMI/ AFFABRE ET BASILICE/ HANC IN FORMAM AMPLIAVIT/ IOSEPH CAPOCCHIANI/ CROTONENSIUM PONTIFEX/ RITU SOLEMNI CONSECRAVIT/ DIE XXII MENSIS IUNII A. D. MDCCLXXVII/ FRIDERICO LETTERIO SODALIUM PRAEFECTO”.

[cvii] Durante il vescovato del crotonese Giuseppe Capocchiani (1774-1788), furono riparati il tetto, il pavimento e le finestre della cattedrale. Fu costruita la cantoria, istallato l’organo e rifatto l’altare del Sacramento. Riedificato con travature in ferro il tetto del palazzo vescovile, vi fu sistemato l’archivio della curia dove furono conservate e messe in ordine tutte le scritture della chiesa. ASV, Rel. Lim. Crotonen. 1778.

[cviii] Nel marzo 1736 L. Di Cola compra per duc. 20 da M. Del Castillo, palmi 60×30 di terreno nei pressi della chiesa di S. Maria Prothospatariis, con l’obbligo di costruirvi una chiesa. ASCZ, Busta 665, anno 1736, ff. 45-47. La chiesa di S. Vincenzo Ferrerio era filiale e in parrocchia della real chiesa di Santa Maria de Prothospatariis. ASCZ, Busta 911, anno 1740, ff. 42-43; Busta 911, anno 1741, ff. 6-7.

[cix] L. di Cola compra da C. Ciambrone un pezzo di terra attiguo alla chiesa per costruirvi la sacrestia. ASCZ, Busta 667, anno 1748, f. 94.

[cx] ASCZ, Busta 667, anno 1748, ff. 102-106. Le cappellanie furono poi portate a sette. ASV, Rel. Lim.Crotonen. 1774.

[cxi] ASV, Rel. Lim. Crotonen. 1760.

[cxii] D.O.M./ THOMAE DOMINICO SCULCO CROTONIATA/ E DYNASTARUM GENTE/ SACELLI HUIUS FUNDATORI/ IRO EXIMIA PIETATIS AC ANTIQUIS QUIBUSQUE MORIBUS EXCULTO/ IN PUBLICIS PRIVATISQUE REBUS/ USU PRUDENTIA ATQUE AUTORITATE CLARISSIMO/ FRANCISCUS FR CAROLUS EQUES HIEROSOL. AC BONAVENTURA FILI/ ET VICTORIA LUCIFERO UXOR/ EHU PATRI OPTIMO ET PIENTISSIMO CONIUGI PP/ VIXIT ALIIS POTIUS QUAM SIBI ANNOS LXX MENSES VII DIES XXV/ OBIIT CUM LUCTU PENE PUBLICO KALENDIS NOVEMBRIS AERAE VULGARI/ (I)(LCCXXXIV.

[cxiii] Nel 1745, ottenuto il permesso del vescovo e del cappellano della chiesa, il marchese Francesco Lucifero costruisce a sue spese con patronato laicale, una cappella gentilizia nella parte laterale in cornu epistole, vicino a quella degli Sculco, simile per forma a quelle già esistenti di S. Nicola degli Sculco e di S. Gregorio degli Aragona. ASCZ, Busta 912, anno 1745, ff. 107-109.

[cxiv] D.O.M./ TEMPLUM HOC DIVO IOSEPHO DICATUM/ STUDIO AC PIETATE SACERDOTIS IOANNIS ANDREE/ DE SANDA/ MIRIFICE EXCULTUM/ IPSO SUPPLICITER PETENTE/ ILL.MUS AC R.MUS D. DOMINICUS MORELLI/ STRONGOLEN AEPISCOPUS/ RITU SOLEMNI CONSECRAVIT/ DIE XIII MENSIS IUNII 1756.

[cxv] Il vescovo D. Zicari (1753-1757), con i soldi lasciati dal predecessore C. Costa, compra due bassi attaccati alla sacrestia per ampliarla. ASCZ, Busta 858, anno 1755, ff. 263-268.

[cxvi] Eretto dal vescovo Zicari in parrocchia del SS. Salvatore il 16 luglio 1755. Prima superiora fu Teodora Lapiccola. ASCZ, Busta 858, anno 1755, ff. 194-196. Al reclusorio e ritiro di povere vergini periclinanti, il vescovo, già eletto dal re arcivescovo di Reggio, nel novembre 1756 lascia duc. 736, somma che deve avere dal suo economo, il canonico T. Capocchiani, con la condizione che, se il reclusorio cesserà, il denaro vada al Capitolo per il mantenimento di due sarcedoti anziani. All’inizio di febbraio 1757, prima di partire per Reggio, l’arcivescovo riduce la donazione a 500 ducati. ASCZ, Busta 858, anno 1756, ff. 438-442; Busta 858, anno 1757, ff. 4-9.

[cxvii] I lavori iniziati nel 1741 proseguono ancora nel 1747. In quell’anno la chiesa è tutta rustica e, prima di procedere ai lavori di stucco, i frati raggiungono un accordo per smantellare la vecchia cappella dei Pipino-Barricellis, concedendo in cambio una di quelle nuove. ASCZ, Busta 912, anno 1747, ff. 121-124.

[cxviii] La congregazione dei nobili di M. V. dei Sette Dolori, istituita nel 1712 con sede nel convento dei conventuali, in fase di estinzione, nel 1750 è ripristinata. I nuovi statuti verranno nel 1764 approvati da Ferdinando IV. L’anno dopo Francescantonio Sculco dispose nel suo testamento, la fondazione di un Monte di Pegni o di Prestanza per i poveri, dotandolo di mille ducati, da amministrarsi dai priori pro tempore della congregazione, e da un appartenente alla famiglia Sculco. ASCZ, Busta 668, anno 1750, ff. 32-33; AVC, Stato presente delle rendite e dei pesi della Congregazione de Nobili de’ Sette Dolori, 1789, Cartella 118.

[cxix] Il vescovo Costa, essendo le clarisse ridotte al miserevole numero di dieci, riduce la dote da ducati 300 a 200. La dote era stata elevata al tempo del vescovo La Pena, quando il monastero era al completo. ASCZ, Busta 861, anno 1761, ff. 130-132.

[cxx] Le clarisse acquistano da G. Gerace un pezzo di muro di un magazzino e lo utilizzano per allungare la sagrestia. ASCZ, Busta 912, anno 1748, ff. 31v-33.

[cxxi] ASCZ, Busta 855, anno 1752, ff. 24-48; Busta 856, anno 1753, ff. 100, 105, 110; Busta 857, anno 1754, ff. 392-396.

[cxxii] Le monache chiedono di poter impiegare i capitali di dote di due monache defunte, per riparare dall’imminente rovina la loro chiesa. AVC, Supplica del 29.1.1745. La richiesta di impiegare a tale scopo i 400 ducati, è accettata dalla Sacra Congregazione il 10 marzo 1745. AVC, Cartella 117.

[cxxiii] Il vescovo Costa, morto il 24 gennaio 1753, lasciò per testamento alle clarisse duc. 300 “per applicarli in fabrica della chiesa, e de monastero”. Ma il successore Zicari si oppose. Le clarisse ricorsero in Camera Reale, che rese esecutiva la loro istanza con dispaccio reale del 20.3.1756. ASCZ, Richiesta al Capitolo, al Seminario ed al canonico Messina di concorrere nelle spese sostenute dal monastero per il pagamento dei legati del testamento di Monsignor Costa, s.d., in Carte Antiche del Monastero di S. Chiara, C. 26, n. 1784/96.

[cxxiv] Tra agosto e dicembre 1769, sono spesi oltre 1400 ducati per costruire la camera delle nuove educande ed una mattonata nella chiesa. Operano i mastri Domenico e Nicolò Scaramuzza ed il falegname Giuseppe Cirrelli. AVC, Platea del monastero di S. Chiara, 1769-1770.

[cxxv] ASV, Rel. Lim. Crotonen. 1775.

[cxxvi] Tra le donazioni: Antonia Sculco (1752 – Immacolata con Angeli, SS. Francesco e Antonio), Angelica Gallucci (1774 – tre dipinti nell’abside e 2 busti lignei), Cecilia Lucifero (1753 – organo a canne) e Aloysia Gallucci.

[cxxvii] DEO OPTIMO MAXIMO/ SUB INVOCATIONE SANCTAE CLARAE VIRGINIS/ AUGUSTAM HANC AEDEM/ A MARIA ANGELICA GALLUCCIA/ PROXIMI PATRICIARUM VIRGINUM COENOBI./ IAM IIII. ANTISTITA/ SIMULACRIS PICTURIS THECIS ARGENTEIS/ OMNIGENAQUE SUPELLECTILI/ AERE CONSILIOQUE ORNATAM/ IOSEPHUS CAPOCCHIANUS CIVIS ET EPISC. CROTONIATES/ DOCTRINA ET PIETATE APPRIME CLARUS/ ARA MAXIMA/ SS. MARTYRUM SIMPLICI FELICIANI ET CONSTANTI/ RELIQUIS DITATA/ SOLEMNI RITU DEDICAVIT/ PRIDIE KAL. NOV. AN. (I)I)CCLXXIIII/ ATOVE FIDELIBUS PIE IN EA ORANTIBUS/ CULPARUM POENAS EXOLVENDAS MORE MAIORUM INDULSIT/ HOC MONUMENTUM BENEFACTA POSTERIS TESTATOR.

[cxxviii] Vertenza tra il procuratore del monastero e gli eredi del canonico V. Smerz. AVC, Cartella 109.

[cxxix] “Notamento di spese che occorrono nella rifazione del luogo incendiato nel ven. monastero di S. Chiara di Cotrone dal 10 maggio 1782 fino al 13 decembre anno medesimo”, in ASCZ, Carte Antiche del Monastero di S. Chiara, C. 26, n. 1784/96.

[cxxx] A. Barone di Belvedere nel luglio 1751 è ferito con più colpi di sciabola da F. Lupinazzo. ASCZ, Busta 1124, anno 1751, ff. 47v-48. G. Falbo di Garropoli nel mese di giugno 1752, mentre lavorava nella masseria di A. Garasto, è ferito a colpi di falce da G. Guzzo, suo compaesano. ASCZ, Busta 1124, anno 1752, ff. 40-41. Nell’aprile 1752 P. Pezzimenti, sorpreso mentre rubava, è ferito da una scopettata dal guardiano del sementato di F. Paglia a Bernabò. ASCZ, Busta 855, anno 1752, ff. 130-131.

[cxxxi] C. Abramo, priore del convento di S. Giovanni di Dio, ricorre al re per far chiudere una vicina taverna, dove notte e giorno urla e risse disturbavano non solo i padri del convento ma anche gli ammalati dell’ospedale. ASCZ, Busta 1124, anno 1752, f. 37.

[cxxxii] F. Suriano nell’estate 1752, affermava che il giardino di Maccoditi, composto da vigne ed alberi fruttiferi, era “quasi totalmente distrutto per la siccità in tanti anni occorsa in modo che il frutto non uguaglia la spesa che annualmente si fa per la di lui cultura”. ASCZ, Busta 913, anno 1752, ff. 132-134.

[cxxxiii] I capimandria affermano che nel 1748, nel Crotonese ci fu grande mortalità di pecore a causa “che non si vidde in quel tempo piovere, e tirò sempre tramontana, con seminarsi in detto anno nevigando”, mentre delle 2100 pecore di G. Andreotti, che pascolavano a Turrotio, ne morirono circa 700. ASCZ, Busta 1124, anno 1752, ff. 9, 37.

[cxxxiv] Il 10 gennaio 1751, la nave del capitano inglese Francesco Boway, arrivata da Napoli per caricare tt.a 5000 di grano da portare a Lisbona, deve subire una “fiera tempesta di mare”. Per salvare la sua nave il capitano ordina di recidere gli alberi. Per ripristinarli egli fa venire l’albero di maestra dalle montagne di S. Giovanni in Fiore, mentre fa ricavare l’albero di mezzana dal tronco di quello che si trovava nella sua nave. ASCZ, Busta 1063, anno 1751, ff. 19-22. Il 2 febbraio 1751, la nave SS. Concezione e S. Aniello del capitano Romano di Piano di Sorrento, carica di fave, ceci e lenticchie, partita da Taranto per Livorno, Genova, Marsiglia o Cadice, sorpresa da una tempesta al largo di Le Castella, non riuscendo a ripararsi nel porto, si ancora sulle secche. Mentre i marinai sono portati in salvo da alcune feluche, la nave finisce sugli scogli. ASCZ, Busta 1069, anno 1751, ff. 3-4.

[cxxxv] La nave del capitano svedese Sven Kamp arriva al porto il 7 dicembre 1751, riuscendo a superare indenne una burrasca con venti di scirocco e levante, ma la sera del 19 dicembre sopraggiungono “venti gagliardi di mezogiorno e scirocco ed acqua di cielo”, così la nave finisce sulle secche e naufraga. ASCZ, Busta 855, anno 1752, ff. 8v-9.

[cxxxvi] I governanti ed i magistrati di Crotone stabilirono la voce dei grani duri a 88 grana il tomolo, ma il grano fu venduto anche a meno. ASCZ, Busta 1124, anno 1753, f. 20.

[cxxxvii] ASCZ, Busta 1069, anno 1752, ff. 25-26.

[cxxxviii] Il 4 gennaio 1753 una burrasca danneggia alcuni bastimenti ancorati al porto, e fa naufragare nella marina delle Castella la tartana di P. Cafiero. ASCZ, Busta 1124, anno 1753, ff. 7-8; Busta 1266, anno 1753, ff. 165v-166. Il 22 gennaio 1753 un fortunale fa naufragare al porto il pinco di A. Cacace, carico di grano. ASCZ, Busta 1266, anno 1754, ff. 19v-21.

[cxxxix] P. Asturelli vende al mercante napoletano C. Vantepane, tt.a 6000 di grano maiorche del raccolto 1752, del peso di non meno di rotola 44 e mezzo per tomolo, da consegnarsi al porto tra i mesi di febbraio e aprile a carlini 13 il tomolo. ASCZ, Busta 1124, anno 1753, ff. 30-31.

[cxl] D. Cosimo di Pallagorio vende a R. Suriano, tt.a 2650 grani mischi, tt.a 2200 a grana 82 e mezzo, e tt.a 450 a grana 85. Alla consegna i grani risultano bagnati, patiti, punti, di mala qualità e marciti. ASCZ, Busta 1266, anno 1754, ff. 7v-9.

[cxli] P. Asturelli vende tt.a 4500 di grano del raccolto 1753, a carlini 10 e grana 9 il tomolo alle università di Scilla e Calanda. ASCZ, Busta 1124, anno 1753, ff. 140-141, 165-166.

[cxlii] Una nave livornese, carica di grano, partita da Taranto il 23 marzo 1747, a causa del mare tempestoso si rifugia al porto. Il giorno dopo “una continua pioggia” ed “una fiera tempesta”, costringono i marinai a buttare a mare il carico per alleggerire e salvare la nave. ASCZ, Busta 854, anno 1747, ff. 17-18.

[cxliii] Il re, venuto a conoscenza delle illecite tassazioni praticate dai governatori della città ai patroni dei bastimenti col pretesto del diritto di licenza, nonostante i continui richiami spediti dalla Camera della Sommaria, il 24 marzo 1751 intima al governatore di astenersi dal praticare le predette tassazioni sotto pena di mille ducati, al fine di evitarsi in futuro un abuso così pregiudizievole “non solo per i patroni dei bastimenti ma anche al pubblico commercio”. ASCZ, Busta 1063, anno 1751, ff. 51-52.

[cxliv] ASCZ, Busta 1125, anno 1754, ff. 105-106.

[cxlv] Ai primi di giugno 1750, P. Asturello si reca alla tesoreria di Monteleone per prendere il denaro, col quale pagherà “le mensuali paghe alle tartane e galeotte che corseggiano questi mari”. ASCZ, Busta 913, anno 1750, ff. 102v-103.

[cxlvi] Nel 1751 per proteggere il commercio dai pirati furono armati due sciabecchi, il Sant’Antonio ed il San Gennaro, per il mantenimento dei quali fu posto un dazio del 2% sui generi che si estraevano. Galanti G. M., Della descrizione geografica e politica delle Sicilie, Napoli 1969, Rist. Vol. I, p. 394. Il capitano G. Martines, comandante degli Scaibecchi del re, sorprende al largo di Trebisacce alcuni bastimenti che hanno caricato grano di contrabbando. Portatili al porto di Crotone, procede all’inventario ed al loro sequestro. ASCZ, Busta 1124, anno 1752, ff. 57v-60.

[cxlvii] T. di Vito di Isola afferma che, quando si trovava schiavo a Tripoli assieme a R. Varano di Catanzaro, quest’ultimo fu rilasciato senza riscatto a G. Voschi, ambasciatore mandato dal re presso quella corte per trattare la tregua. ASCZ, Busta 1124, anno 1752, f. 25.

[cxlviii] Il 11 marzo 1748, presso il lazzaretto della chiesa del Carmine, i marinai della marticana del patrone D. Bianco, dichiarano che, partiti da Procida per caricare olio a Gallipoli, per conto di alcuni mercanti napoletani, giunti di notte nei pressi di Crotone con una tartana che si era dimostrata amica, all’improvviso “li scridarono colla tromba maritima, che avessero amajnato le vele scaricandoli nell’istesso tempo più colpi d’archibugiati e cannonati”. Mentre i marinai sono costretti ad abbandonare la nave, la tartana barbaresca porta via la marticana. ASCZ, Busta 1063, anno 1748, ff. 2-3. “A 23 feb.ro al can. Sig. D. A. Albani per un corriero mandato per avvisare a mons. Zicaro che si guardasse dalli Siambecchi turchischi”. AVC, Platea del R.mo Capitolo di questa città di Cotrone, 1756 e 1757.

[cxlix] ASN, Dip. Som. Fs. 521, fs. 1, f. 1. Il Laurenti rielaborò un precedente progetto fatto dall’ingegnere Pietro Sbarbi. Lucifero A., Cotrone dal 1800 al 1808, Cotrone 1922, pp. 285-308.

[cl] “Spese fatte per alcuni lavori alla porta del calavozzo della torre Marchesana per serrarvi li forzati venuti da Capocolonna la sera del 22 7bre 1753”. ASN, Fondo Torri e Castelli, Vol. 47, f. 352. Nel settembre 1754 vi erano cento forzati sorvegliati da 40 soldati. ASCZ, Busta 1266, anno 1754, ff. 150-153.

[cli] Il bando fu emanato in piazza a Crotone il 20 ottobre 1754, ma solo il 27 aprile 1755, i lavori furono aggiudicati ad una società composta dal mastro fabbricatore M. Messina, e dai mastri ferrari D. D’Oppido e L. Lucente, i quali si impegnarono a riparare le torri di Scifo, Capo Rizzuto e Castella, ed a costruire la nuova torre di Capo Rizzuto, secondo il disegno dell’ingegnere Adamo Romeo e seguendo le istruzioni dell’ingegnere Pietro Sbarbi. ASCZ, Busta 1125, anno 1755, ff. 60-81.

[clii] Il 25 aprile 1756 veniva affisso in piazza il bando per le “riparazioni e fabriche” al castello, secondo la relazione fattane dal regio ingegnere Amato Polet. ASCZ, Busta 1125, anno 1756, ff. 192-201.

[cliii] ASCZ, Busta 1125, anno 1756, ff. 144-145.

[cliv] ASCZ, Busta 1125, anno 1755, ff. 157-159.

[clv] La chiesetta costruita per ordine del re, era retta da un cappellano nominato dal cappellano maggiore del regno. AVC, Nota de’ luoghi pii della città e diocesi di Cotrone, 1777.

[clvi] ASN, Dip. Som. Fs. 521, fs.1.

[clvii] Padron M. Guarino del Piano di Sorrento con la bottega di merci in piazza. ASCZ, Busta 1125, anno 1754, f. 50. G. Cirillo deve molte migliaia di ducati a negozianti napoletani e di altri luoghi del regno. ASCZ, Busta 1125, anno 1754, ff. 133-135. Nicola Lucente d’Aprigliano, mastro ferraro, residente a Crotone. ASCZ, Busta 1125, anno 1755, f. 59v.

[clviii] ASCZ, Busta 1127, anno 1761, f. 100; Busta 1528, anno 1767, f. 2.

[clix] Il patrone G. Ruggiero il 5 dicembre 1753 noleggia il suo pinco, per recarsi da Napoli a Crotone a caricare grano per Palmi, ma a causa “dei cattivi tempi sopraggiunti e che correrono sempre dopo detto contratto”,solo ai primi di aprile salpa da Napoli. ASCZ, Busta 1123, anno 1754, ff. 70v-73.

[clx] C. Albani affitta da Faraldi alcuni terreni ma, a causa dei topi, il raccolto è distrutto ed egli vuole rinunciare al terreno. ASCZ, Reg. Ud. 4, fasc. 8 (1754).

[clxi] Il primo settembre 1754, R.Suriano vende ad alcune persone di Squillace, 4000 tomoli di grano della raccolta 1754, parte “scelto” e parte “ammajorcato”, a carlini 13 e grana 8 il tomolo. ASCZ, Busta 914, anno 1755, ff. 19-20.

[clxii] Il 20 ottobre 1754, P. Zurlo vende a N. Cervino e G. Marinelli di Cotronei, tt.a 600 di grano a carlini 15 e grana 4 il tomolo, compreso il trasporto, da pagarsi in più rate. Arriva il raccolto penurioso del 1755 ed i cittadini di Cotronei, ai quali il grano era stato venduto, non riescono a pagare, così N. Cervino e G. Marinelli rischiano il carcere. ASCZ, Busta 1125, anno 1756, ff. 24-28v.

[clxiii] L’abbate di San Giovanni in Fiore, dopo tre anni di inutili tentativi, riesce a fittare per quattro anni (1753-1757) ad uso semina, le gabelle Camerlingo e Terrata, ma l’affittatore non rispetta l’accordo, con la scusa che nello stato di Cutro, vi sono molte terre aratorie e pochi coloni e massari. ASCZ, Busta 1070, anno 1757, ff. 32-33.

[clxiv] Tra il 1744 ed il 1765, la popolazione del Marchesato subisce un calo di circa il 10%, causato soprattutto dal vaiolo, che imperversò dal 1743 al 1746. ASV, Rel. Lim. Crotonen., S. Severina., Bellicastren., Strongulen., Geruntinen. Distribuzione per età dal catasto di Cotrone del 1793. Nel quadriennio 1743-1746 a Crotone ci furono 783 morti, a fronte dei 489 del quadriennio precedente e dei 439 di quello successivo. AVC, Liber Mortuorum 1698-1756.

[clxv] Alcuni Cutresi attestano che, da molti anni, numerose gabelle non sono state più date a masseria, ma lasciate al solo pascolo, e che “molte cabelle de Baroni e particulari del Marchesato, per la sudetta mancanza de coloni, sono romaste a più tempo inarate, a segno tale, che si sono rese boscose”. ASCZ, Busta 496, anno 1764, ff. 16-22.

[clxvi] ASCZ, Busta 914, anno 1755, ff. 97v-98. Il bastimento “La Maddalena” del francese G. Maunier, diretto da Negroponte per Malta, carico di mercanzie e con alcuni passeggeri turchi, naufraga per una tempesta l’otto dicembre 1755 a capo Alice. Mentre i governanti di Cirò mettono in “contumacia” l’equipaggio, un’altra tempesta distrugge completamente il bastimento. ASCZ, Busta 858, anno 1756, ff. 48-54. La mercanzia ed i 44 naufraghi, francesi e turchi, devono essere imbarcati dalla polacca di F. Cafiero e portati a Malta, ma alla fine di marzo la barca è ancora ferma al porto di Crotone, in attesa che arrivino le “robbe” salvate da capo dell’Alice. ASCZ, Busta 914, anno 1756, ff. 90-91.

[clxvii] ASCZ, Busta 914, anno 1757, f. 117.

[clxviii] Nel 1756 la camera principale di Isola lamenta la perdita di 26 vecche “figliate” e 34 “stirpe”. ASCZ, Busta 1267, anno 1757, ff. 76-77.

[clxix] Morto il 26 gennaio 1753 il vescovo Costa, il 25.7.1753 veniva consacrato vescovo di Crotone Domenico Zicari che, il 3 gennaio 1757 diveniva arcivescovo di Reggio. Il 28 marzo 1757 era consacrato vescovo di Crotone Mariano Amato,cappellano della regia cappella del palazzo reale. Russo F., Regesto XII, p.74 e sgg.

[clxx] T. Capocchiano è accusato di avere fittato le terre della mensa privatamente, sottoprezzo e senza bandi pubblici a speculatori, che poi le hanno subaffittate a semina nonostante esse dovessero essere maggesate. ASCZ, Busta ANC. 1267, anno 1756, ff. 168-171; Busta 1267, anno 1757, ff. 105-106.

[clxxi] Il proeconomo F. Messina, rettore del seminario, ha affittato “alla sordina e clandestinamente”, per molti anni, alcuni territori del seminario al fratello. ASCZ, Busta 1323, anno 1756, ff. 28-31.

[clxxii] De Leone A., Giornale e notizie de’ tremuoti accaduti l’anno 1783 nella provincia di Catanzaro, Napoli 1783, p. 137.

[clxxiii] Il patrone P. di Costanzo è imprigionato nel castello perché ha sbarcato un passeggero senza aver avuto il permesso dai deputati della salute. ASCZ, Busta 859, anno 1757, ff. 229-231. Un bastimento, proveniente dall’Albania, per il cattivo tempo si rifugia al porto. I deputati della salute lo sorvegliano con guardie, isolandolo completamente. ASCZ 859, anno 1757, ff. 448-450.

[clxxiv] L’alta mortalità colpisce soprattutto i bambini e si prolunga dal 1758 al 1761. AVC, Liber Mortuorum. La popolazione di Crotone dai circa 5000 abitanti del 1727, nel 1769 è scesa a circa 4500. ASV, Rel. Lim. Crotonen. 1727, 1769.

[clxxv] M. Amato era stato confermato dal papa il 28 marzo 1757. Russo F. Regesto XII, p. 90.

[clxxvi] ASCZ, Busta 1267, anno 1758, ff. 27v-28.

[clxxvii] A fine agosto 1758 il grano era già a carlini 12 il tomolo. ASCZ, Busta 1323, anno 1758, ff. 60-65.

[clxxviii] I forzati sono trasportati via mare da Taranto, dove avevano pulito il fosso del castello. ASCZ, Busta 1323, anno 1758, ff. 107-108; Busta 1323, anno 1759, ff. 3-5.

[clxxix] L’università di Catanzaro compra in Crotone 6000 tomoli di grano a carlini 1,33 il tomolo che, portato a Catanzaro, “alla colma venne a carlini 19 incirca”. Moio G. B.- Susanna G., Diario di quanto successe in Catanzaro dal 1710 al 1769 A cura di U. Ferrari, Chiaravalle Centrale, 1977, p. 172.

[clxxx] G. Aragona non potendo far fronte ad alcuni suoi impegni, “per l’annata accaduta molto scarsa e quasi sterile nel raccolto”, vende tre salmate di terra a R. Suriano. ASCZ, Busta 860, anno 1759, f. 299. F. Follone per la sterile raccolta, è costretto a dare in pegno i suoi buoi a F. A. Sculco. ASCZ, Busta 860, anno 1759, f. 328.

[clxxxi] G. Paturzo venuto con la sua tartana da Trani, per caricare 4500 tomoli di grano da portare a Napoli, protesta perché F. B. Suriano si rifiuta di consegnare il grano. ASCZ, Busta 915, anno 1759, ff. 43-44.

[clxxxii] La marticana di P. Scotto, per ordine della Regia Corte, carica grano a Sciacca per portarlo a Brindisi. Giunta nel golfo di Taranto, il 13 settembre è sorpresa da un temporale con forti venti, che porta via “lo sperone di prora con tutto il bollaccone”, e straccia la vela maestra. Imbarcando acqua riesce il giorno dopo a rifugiarsi nel porto di Crotone. ASCZ, Busta 915, anno 1759, ff. 45v-46.

[clxxxiii] La marticana di C. Montefusco, noleggiata dalla Regia Corte, parte il 3 novembre 1759 da Procida, per imbarcare grano a Sciacca e portarlo a Barletta e Trani. Mentre si carica arriva il maltempo che costringe la nave a riparare a Marsala. Otto giorni dopo la marticana ritorna per completare il carico, ma un improvviso temporale con mare tempestoso la costringe a due giorni di “penoso navigare”. Il 6 gennaio 1760 finalmente attracca a Crotone, dove a causa del maltempo è ancora ferma il 15 dello stesso mese. ASCZ, Busta 915, anno 1760, f. 20.

[clxxxiv] I deputati del ceto dei massari e dei mastri di Isola, eletti per assistere alla confezione del catasto onciario, denunciano che, fatta la liquidazione del testatico a carlini 17 a testa e l’oncia a grana 7 e cavalli 8, già il giorno dopo l’oncia era stata portata a grana 8 ed il testatico a carlini 17 ed un grano. Dopo un mese l’oncia era arrivata a grana 10 ed il testatico a carlini 17 e grana 6, mentre il libro dell’once risultava tutto manomesso. ASCZ, Busta 1372, anno 1763, ff. 105-106.

[clxxxv] ASCZ, Busta 1127, anno 1760, ff. 201-205.

[clxxxvi] Protesta di T. Roselli, cantore e deputato degli ecclesiastici, per assistere alla formazione delle tasse, o sia onciario annuale, il quale fa presente al re che, il sindaco e gli incaricati alle tassazioni, sono tutti o familiari, o essi stessi mercanti. ASCZ, Busta 915, anno 1760, ff. 62v-63.

[clxxxvii] L’esattore incaricato di riscuotere i pagamenti fiscali di Cutro, non esige i pagamenti dai facoltosi e benestanti. Essendo l’università in debito verso la Regia Corte, arriva un commissario della tesoreria e soggiorna a spese dei cittadini. ASCZ, Busta 1069, anno 1753, ff. 17-18.

[clxxxviii] Numerose persone che avevano denunciato le ingiuste tassazioni, e richiesto la formazione di un nuovo catasto, sono costrette a ritrattare. ASCZ, Busta 1127, anno 1760, ff. 201-215, 210-214.

[clxxxix] I compilatori del catasto onciario di Cutro tassano la bonatenenza ed i vitalizii. I benestanti ricorrono e riescono a non pagare. I cittadini a loro spese incaricano un regio ministro del tribunale, che ripropone e vince la causa ma, per le spese eccessive, essi non riescono a farsi pagare gli arretrati. Dopo alcuni anni i cittadini ritentano e ci riescono. I benestanti si rivolgono allora al feudatario. Il principe della Rocca, minacciando che “qualora li rimedi per il capo o per il petto sono troppo violenti, tutto il restante de’ membri del corpo anche assai patisce e sta in evidente periglio di precipitare”, impone ai cittadini di moderare le loro richieste. ASCZ, Busta 1070, anno 1757, ff. 26-30.

[cxc] G. Lucifero e D. Ventura, che hanno avuto in fitto ad uso pascolo, dalla camera principale di Santa Severina, il corso di Gullo in territorio di Scandale, composto da gabelle e vignali, protestano perchè i cittadini di Scandale, come da ordini del Sacro Regio Consiglio, dal 9 marzo 1755 hanno sbarrato e pascolato liberamente con il loro bestiame tutti i vignali da 36 tomolate in giù. ASCZ, Busta 1125, anno 1755, ff. 45-48.

[cxci] ASCZ, Busta 915, anno 1761, f. 47.

[cxcii] Nel 1760 G. Micilotto coltiva un orto a meloni.

[cxciii] La marticana di V. Scuotto di Procida, imbarcato grano in Abruzzo per Napoli, il 13 e 14 agosto 1760 è sorpresa dal maltempo al largo di Corigliano. Perso l’albero di maestra a causa dei forti venti, ed imbarcando acqua, riesce il 16 a rifugiarsi a Crotone. ASCZ, Busta 915, anno 1760, ff. 112-113.

[cxciv] Moio G. B.- Susanna G., Diario di quanto successe in Catanzaro dal 1710 al 1769 A cura di U. Ferrari, Chiaravalle Centrale, 1977, p. 176.

[cxcv] A fine dicembre si elevano preghiere e si fanno processioni. 26 Decembre 1760 Cotrone, Lista delle 40 ore per la gratia dell’acqua, ed in mancanza si dovrà portare la B.ma Vergine del Capo in Nao. AVC, Cartella 107.

[cxcvi] La feluca S. Maria di Porto Salvo del patrone G. Iannolo, partita da Messina per Gallipoli, per i forti venti contrari, ripara nella marina di Cariati. Ripreso il largo, la burrasca la spinge al porticello di capo Ricciuto dove, il 12 dicembre 1760, naufraga sugli scogli del capo a causa di un fortunale. ASCZ, Busta 1372, anno 1760, ff. 280-283. Naufraga alla fine di febbraio 1761, nel lido della città, la barca di D. Luppino di Scilla, proveniente da Taranto. ASCZ, Busta 861, anno 1761, f. 43.

[cxcvii] A causa della neve, nel gennaio 1761 muoino 278 pecore,440 agnelli e numerosi buoi della mandria di G. Le Pera, che sverna a Ritani. ASCZ, Busta 1268, anno 1761, ff. 74v-76.

[cxcviii] I capi mandra per la siccità che ha colpito il bestiame, chiedono al re di ordinare ai padroni delle gabelle di conceder loro “l’escomputo sopra l’estaglio dell’affitto, giusto il danno, che cadauno di essi loro ha patito”. ASCZ, Busta 1372, anno 1761, ff. 37-39.

[cxcix] In marzo il massaro A. Mune si impegna a vendere a G. Cannoniero, tt.a 150 di grano a carlini 10 il tomolo. Il Cannoniero manda le condotte per caricare il grano ma esse ritornano vuote. ASCZ, Busta 1127, anno 1761, ff. 195v-196.

[cc] I massari Giaquinta e Riccio, che hanno in fitto delle gabelle dei Presterà, ottengono di poter pagare la metà del fitto e l’altra metà l’anno dopo. ASCZ, Busta 915, anno 1761, ff. 46-47.

[cci] La consuetudine prevedeva che “qual’ora nel primo anno della semina non torna conto all’affittuario di raccogliersi i frutti, sta a sua dispositione di poter cedere, e renunciare al padrone del territorio il sementato, che si attrova in quello fatto, e con tal rinuncia resta dismesso il contratto di detto fitto, nè tenuto più l’affittuario cosa alcuna per d.o affitto, ed estaglio”. ASCZ, Busta 1342, anno 1761, ff. 17-19.

[ccii] G. Micilotto che ha in fitto alcune terre, semina tt.a 250 di grano, tt.a 8 di linusa, tt.a 1 e 1/4 di fave, e tt.a 3 di orzo, e dopo tutte le spese sopportate, raccoglie tt.a 493 di grano, tt.a 6 di orzo, tt.a 1 e mezzo di fave e tt.a 3 di linusa. ASCZ, Busta 1342, anno 1761, ff. 33-36; Reg. Ud. 429, fasc. V (1761).

[cciii] A fine aprile 1761, alcuni massari verificano il raccolto. A causa della siccità “da tumolate cinquanta di sementato, ne stimarono, e le passarono per tumola tre o quattro, e tumolate venti le stimarono tumola uno circa, e per gl’altri seminati li stimarono dove un quarto, dove un mondello poco più, o poco meno, ed alcune parti non le stimarono per causa di non esservi frutto”. ASCZ, Busta 1268, anno 1762, ff. 35-36; Busta 1268, anno 1761, f. 61.

[cciv] I Varisano prendono in prestito da F. Suriano duc. 100, impegnando le loro case, per non far morire di fame i loro congiunti e per sfuggire alle minacce dei creditori. ASCZ, Busta 861, anno 1761, ff. 158-160. Il colono C. Condaruo di Scandale, che vive “con qualche picciola industria di sementato e colla fatiga delle proprie braccia”, è perseguitato perché non può pagare i creditori “per la generale sterilità accaduta in questa predetta città e suoi convicini paesi”. ASCZ, Busta 861, anno 1761, ff. 307-308. I fratelli Gallucci, a causa dei debiti contratti, prendono a prestito duc. 1000 al 5% da F. Suriano. ASCZ, Busta 861, anno 1761, ff. 196-197.

[ccv] ASCZ, Busta 861, anno 1762, ff. 149-158.

[ccvi] C. Berlingieri fitta un territorio al massaro G. Falbo, il quale si impegna a pagarlo in grano al raccolto. Il Berlingieri si impegna a cedere il grano al mercante F. A. Farina, dal quale ottiene una caparra. Per la siccità il massaro non consegna il grano, così il Berlingieri si indebita col mercante. ASCZ, Busta 1342, anno 1761, ff. 17-19.

[ccvii] Ai primi di luglio 1761, l’olandese C. Strop arriva con la sua nave al largo di Fasana, per imbarcare un carico di liquirizia da portare a Livorno. Egli manda alcuni marinai con una sua barca al lido, per consegnare le lettere di avviso ai corrispondenti del venditore ed avere il carico, ma i cavallari impediscono l’attracco sparando contro la barca. ASCZ, Busta 915, anno 1761, ff. 62-63.

[ccviii] B. Barbiero nel 1760 fornisce a P. Zurlo 4000 forme di formaggio pecorino, l’anno dopo la sua mandria a causa della neve e della siccità, ne produce solo la metà. ASCZ, Busta 1268, anno 1761, ff. 71-76.

[ccix] Cutro, 16 novembre 1761. F. Gulli compera 50 tomolate di grano nuovo da B. Pietrà a carlini 12 il tomolo, prezzo stabilito per l’annona di Isola, impegnandosi a pagare il 22 luglio 1762. Il grano serve per seminare alcuni terreni della mensa vescovile di Isola, e si trovava nei magazzini di Le Castella. Esso era stato comprato per conto di Scherini di Napoli a favore del quale va la vendita. AVC, documento senza segnatura.

[ccx] Il colono A. Barbiero, che ha in fitto un terreno del monastero di S. Chiara, a causa dell’annata sterile nella primavera del 1761, cerca di rescindere il contratto, poi in autunno non vuole seminare. ASCZ, Busta 1268, anno 1761, ff. 128-130.

[ccxi] Il monastero di S. Chiara lamenta la perdita di tomola 600 di grano. Mancando il sostentamento per la comunità, deve indebitarsi col Monte dei Morti. ASCZ, Busta 1268, anno 1761, ff. 130-133.

[ccxii] Nel 1761 F. Fallacca, “il di cui mestiere è massaro, non ne fu di detta sterilità esente, anzi fu il maggiore in essa”, restò debitore con P. Manfredi e, per non esser carcerato, impegnò la casa dotale, sperando di poter estinguere i debiti con il raccolto del 1762, ma non ci riuscì anzi, essi aumentarono e fu perciò costretto a cedere la casa. ASCZ, Busta 1128, anno 1762, ff. 225v-227.

[ccxiii] Il colono C. Rinaldi, indebitato per la sterilità del 1761, continua a seminare. Poichè il raccolto del 1762 fu peggiore del precedente, per non andare in prigione, deve vendere un magazzino. ASCZ, Busta 1128, anno 1762, ff. 214-216.

[ccxiv] B. Russo, indebitato e perseguitato dai creditori, impegna la casa dotale per ottenere dai paolotti ducati 50 al 6%. ASCZ, Busta 915, anno 1762, ff. 103-104.

[ccxv] La marticana di M. Scuotto di Procida, caricato olio alla marina di Rossano, si dirige su Gallipoli per completare il carico, ma il 6 novembre 1762, a causa di una tempesta, perde la vela di maestra ed il trinchetto di mezzovento. Invertita la rotta e malconcia, la nave il giorno dopo riesce a riparare a Crotone. ASCZ, Busta 915, anno 1762, ff. 139v-142. La marticana del patrone P. Custagliola, partita da Napoli e caricato grano il 13 ottobre 1762 a Crotone per portarlo a Roccella, non può salpare a causa dei “tempi contrari”. Preso il largo il 3 novembre, arriva a Roccella il 5 e comincia lo scarico, ma sorpresa dal temporale, ripara di nuovo a Crotone. Finito il maltempo ritorna a Roccella, ma il 20 novembre un fortunale spinge la nave, dapprima nel canale di Messina e poi a Spartivento, da dove il 24 ritorna a Roccella, con parte del grano bagnato e marcito. Lasciata di nuovo Roccella per il maltempo, ripara a Crotone, e qui è ancora il 17 gennaio 1763, in attesa del tempo favorevole per ritornare a Roccella e finire lo scarico. ASCZ, Busta 915, anno 1763, ff. 3v-5v.

[ccxvi] Il bastimento greco S. Pantelerainon del patrone C. Dimitrio, partito dalla Morea per Livorno, è sorpreso il 30 gennaio 1763 al largo di capo Spartivento, da una “fiera borasca con gagliardissimi venti di libecci e mezzogiorno”. Rotta la vela maestra latina e imbarcando acqua, la nave va alla deriva e riesce ad ancorarsi a capo Bianco. Continuando il brutto tempo e temendo di finire sugli scogli, il bastimento alla fine riesce a rifugiarsi al porto di Crotone. ASCZ, Busta 862, anno 1763, ff. 16-17.

[ccxvii] Nel 1762 il Tacina inonda alcuni terreni causando l’affogamento di 16 capi di bestiame. ASCZ, Busta 696, anno 1764, f. 21v.

[ccxviii] L’ingegnere Gennaro Tirone era subentrato nella direzione dei lavori del porto, dopo la morte di Giuseppe Laurenti avvenuta nel 1761. Severino G., Crotone, Bari 1988, p. 63.

[ccxix] Ai primi di marzo i patroni delle tartane che hanno trasportato pozzolana da Pozzuoli a Crotone per il porto, protestano perché l’ingegnere Tirone ed il capomastro Mazza non riconoscono la quantità certificata del carico. ASCZ, Busta 915, anno 1763, ff. 23-26.

[ccxx] Moio G. B.- Susanna G., Diario di quanto successe in Catanzaro dal 1710 al 1769 A cura di U. Ferrari, Chiaravalle Centrale, 1977, p. 197.

[ccxxi] All’inizio di settembre in città il grano era già trattato a carlini 14, grana 3 ed un terzo al tomolo. ASCZ, Busta 862, anno 1763, ff. 213-215.

[ccxxii] I massari dichiarano: “Come la raccolta in questa città per l’affitti delle gabelle affittate in semina, tanto in grano, che in danaro, è stata , ed è sino alla metà del mese di agosto di cadaun anno e dopo detta mettà di agosto si può liquidare l’obliganza di detto affitto e non prima”. ASCZ, Busta 915, anno 1763, f. 83.

[ccxxiii] Papa E., Carestia ed epidemia nel Regno di Napoli durante il 1763-64 nella corrispondenza tra la nunziatura e la Segreteria di Stato, in Rivista di Storia della Chiesa in Italia, a. XXVIII, 1974, p. 192.

[ccxxiv] Il casino è costruito in mare vicino al molo vecchio, la via dell’Osservanza e propriamente dove ci sono molti scogli a fil d’acqua, dirimpetto alla bocca del porto dove solitamente ormeggiano i bastimenti in quarantena. ASCZ, Busta 915, anno 1763, ff. 97-98.

[ccxxv] ASCZ, Reg. Ud. CZ. Cart. M 270-16, fasc. XX. ASCZ, Busta 1343, anno 1766, ff. 35-38.

[ccxxvi] B. Piterà di Cutro deve consegnare in Crotone a G. Orsino tt.a 500 di grano, ma ne è impedito “per la prelatione che spettava alla università di Cutro”. ASCZ, Busta 696, anno 1764, ff. 32v-33.

[ccxxvii] Il grano viene pagato a circa 15 carlini il tomolo. ASCZ, Busta 696, anno 1764, f. 30.

[ccxxviii] Gio. Carrozza, assentista generale dei viveri per le truppe di Messina, aveva incaricato D. de Silva di comprare il grano. Su pressione del mercante, alla fine di gennaio il re era ritornato sulle sue decisioni. ASCZ, Reg. Ud. C. M -270-16, fasc. XX.

[ccxxix] ASCZ, Busta 1324, anno 1764, ff. 133-135.

[ccxxx] ASCZ, Busta 1342, anno 1764, ff. 6-9.

[ccxxxi] ASCZ, Busta 1342, anno 1764, ff. 10-14.

[ccxxxii] Vengono svuotati i magazzini di Annibale Montalcini e di Giuseppe Orsini. Il grano è venduto da deputati eletti dall’università in Rossano a duc. 4 il tomolo. ASCZ, Busta 916, anno 1764, f. 62v; Busta 1326, anno 1772, ff. 71-72.

[ccxxxiii] ASCZ, Busta 1324, anno 1764, ff. 24-27.

[ccxxxiv] D. Cannoniero deve fornire al patrone N. Treglia tt.a 2200 di grano per Napoli, ma dichiara di esserne impedito dai governanti della città. Quest’ultimi rispondono che il Cannoniero all’inizio di febbraio, aveva dichiarato al Minieri solo 1200 tt.a, e che inoltre quelli gli servivano per rifornire la truppa e per uso familiare. ASCZ, Busta 1342, anno 1764, ff. 21-25.

[ccxxxv] ASCZ, Busta 916, anno 1764, f. 65.

[ccxxxvi] ASCZ, Busta 1324, anno 1764, ff. 24-27.

[ccxxxvii] Vengono scassati i magazzini di Giuseppe Orsini, Orazio Montalcini, Francesco Antonio Farina e Giuseppe Micilotta, e si sequestrarono 5228 tt.a di grano, che fu trasportato in altri magazzini per uso dell’annona della città. ASCZ, Busta 916, anno 1764, f. 63; Busta 862, anno 1764, ff. 74-80; Busta 1343, anno 1766, ff. 35-38.

[ccxxxviii] ASCZ, Busta 1343, anno 1766, ff. 34-38.

[ccxxxix] Ai primi di aprile l’inviato dell’università di S. Caterina e quello di Montesoro, venuti in città per reperire grano, attestano che dopo molti giorni, sono riusciti a comprarne un po’ a ducati 4 e mezzo, e ora per averne ancora dovrebbero pagarlo a ducati cinque e mezzo il tomolo. ASCZ, Busta 1324, anno 1764, ff. 57v-58.

[ccxl] G. Carrozza protesta perchè i 4000 tomoli di grano a lui requisiti, col pretesto che servivano per l’approvvigionamento della città, erano stati invece venduti all’università di Tropea. ASCZ, Reg. Ud. Cart. C 76, sott. 20, fasc. XIX, 1764.

[ccxli] In marzo una “moltitudine di persone” si impadronisce con la violenza, del grano portato da Crotone ai mulini di Corazzo per essere macinato. ASCZ, Busta 1324, anno 1764, ff. 105-106.

[ccxlii] Gli abitanti di Scandale, per non morire di fame, si impadroniscono del grano comprato dall’università di Policastro. ASCZ, Busta 1324, anno 1764, ff. 55v-57.

[ccxliii] “Domenico Morelli (vescovo di Strongoli, nel 1764, anno di carestia, nel quale il prezzo del grano era stato elevato a duc. 6 al tomolo), allontanò la fame dal popolo comprando grano col denaro proprio e curando personalmente la distribuzione del pane”. Vaccaro A., Fidelis Petilia, Palermo 1933, p. 105.

[ccxliv] Il periodo di alta mortalità, quando alla carestia si aggiunge un’epidemia, si prolunga dall’estate 1763 all’autunno 1767. AVC, Liber Mortuorum.

[ccxlv] Il 12 maggio il re ordinò al Preside di lasciare alla città 12.000 tomola del suo grano, e ciò che avanzava lo si distribuisse alle università bisognose, pagandolo al prezzo che il tribunale della Camera avrebbe poi deciso. Il Preside parte con una scorta armata e con la forza riesce ad estrarre da Crotone 700 tomola per darle a Catanzaro, “non ostante che se ne avea preso tomola 1400 e dopo se ne ha preso altri tomola 600 quel caporuota”. ASCZ, Reg. Ud. Cart. M, 270-16, fasc. XX.

[ccxlvi] La città di Tropea non riesce a rifornirsi di grano perché esso è stato requisito per l’annona della città di Crotone. ASCZ, Busta 862, anno 1764, f. 338. A. Orsino si impegna a consegnare alla città di Ischia 2000 tt.a di grano. Giunge al porto il bastimento che deve caricarlo, ma il grano è stato sequestrato dai deputati della città. ASCZ, Reg. Ud. Cart. M, 270-16, fasc.XX.

[ccxlvii] L’annona di Policastro nel marzo 1764, compra grano a Crotone, ma una parte “colle cavalcature a ciò destinate”, durante il trasporto è con la violenza preso dai paesani di Scandale. ASCZ, Busta 916, anno 1764, f. 69. Moio G. B.- Susanna G., Diario di quanto successe in Catanzaro dal 1710 al 1769 A cura di U. Ferrari, Chiaravalle Centrale, 1977, pp. 198-199. La popolazione della diocesi di Santa Severina, comprendente 13 abitati, diminuisce dal 14956 abitanti del 1744 a 13298 nel 1765. ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1744, 1765.

[ccxlviii] Annotazione nel giugno 1764. AVC, Liber Mortuorum.

[ccxlix] “Ob tempestate subito exortam, in loco huius maris dicto Bocca d’Inferno, naufragium fecit navicula una piscatoria Barensium, et cum ea, qui erant, nautae mersi sunt, evenit die ultima maij 1764.” AVC, Liber Mortuorum.

[ccl] Il patrone G. Idone giunge alla fine di giugno, per scaricare un carico di ferro, ma ne è impedito perchè non è in regola con la patente di salute. “Pel pericolo evidente di perdere la vita esso patrone e marinari tutti per causa del cattivo aere che in q.a città e particolarmente in essa sud. marina, vicino la quale sono situati ed edificati li magazini ed anco per la stagione avanzata”, decide di non sottomettersi a contumacia ma di andarsene. ASCZ, Busta 1342, anno 1765, ff. 81-83.

[ccli] ASCZ, Busta 916, anno 1764, ff. 106v-107.

[cclii] G. Cirillo e G. Maistre, persone del secondo ordine, assistono nel fosso annotando i prezzi di vendita e di compra dei grani e majorche nel mese di agosto per farsi la voce dei medesimi grani secondo l’uso di qui”. ASCZ, Busta 917, anno 1769, f. 177v.

[ccliii] Nell’ottobre 1764 si trasportano da Fasana a Crotone tt.a 1660 di grano, ma ne arrivano solo 1624 e mezzo, che bagnati all’imbarco diventano 1650. ASCZ, Busta 916, anno 1765, ff. 109v-110r. P. Ambrosino si porta con la sua marticana allo scaro di Fasana per imbarcare grano, orzo e fave, che deve fornirgli l’agente del principe di Strongoli. Per portare i cereali dalla torre al bastimento, vengono assunti alcuni vaticali di Crotone, che sono sorvegliati da soldati mandati dall’agente. I vaticali si accordano con i soldati e rubano parte del carico. Il patrone ed i marinai, accortisi, recuperano parte del carico nel vicino bosco, e denunciano per complicità l’agente del principe. ASCZ, Busta 1129, anno 1769, ff. 40-42.

[ccliv] Il bastimento di G. Romano, carico di grano pugliese, il 12 ottobre 1765, a causa dei venti impetuosi, perde una vela, imbarca acqua e deve rifugiarsi al porto. ASCZ, Busta 1128, anno 1765, ff. 225-227. Alla fine di ottobre il pinco del patrone F. Esposito subisce seri danni, e perde parte del carico a causa di ripetute e violenti tempeste. ASCZ, Busta 1342, anno 1765, ff. 165-168. Il pinco di R. Ruggero, partito da Brindisi, è sorpreso il 6 novembre da un fortunale nel golfo di Taranto. Per non naufragare i marinai buttano a mare parte del carico. ASCZ, Busta 916, anno 1764, ff. 144v-145. I trabaccoli di A. e G. Russo, partiti da Mola di Bari, il 22 novembre sono sorpresi da una burrasca. Con i pennoni di maestra rotti e con i trinchetti “sbracati”, riparano a Brindisi. Ripreso il mare il 6 dicembre arrivano a capo Alice, ma una tempesta li risospinge a Gallipoli, subendo gravi danni ma salvando la vita. Salpati, il 17 dicembre arrivano a capo Spartivento, ma un nuovo fortunale li spinge a capo Colonne, dove riescono a dare fondo. ASCZ, Busta 916, anno 1764, ff. 162-163.

[cclv] A metà agosto 1765 G. Orsini che ha immagazzinato “più migliaia di tumula di grani e majorche nuovi”, si impegna a consegnare a sue spese nella marina delle Pietre Nere ai Parpagliolo di Palmi, tt.a 3000 di grano e 100 di majorca “per il prezzo di grana 45 il tumulo più della pubblica voce liquidanda fra giorni in questa città di Cotrone”. ASCZ, Busta 916, anno 1765, ff. 72v-74.

[cclvi] Moio G. B.- Susanna G., Diario di quanto successe in Catanzaro dal 1710 al 1769 A cura di U. Ferrari, Chiaravalle Centrale, 1977, pp. 207-208.

[cclvii] La marticana di N. Treglia giunge il 24 ottobre 1765 nella marina di Calopezzati. Mentre aspetta il carico di olio subisce diverse burrasche. Il primo novembre salpa per la marina di Amendolara, dove imbarca grano, orzo e avena. Ripreso il largo, il 9 novembre è sorpresa da un temporale sopra Rossano ed imbarca acqua. Dopo varie peripezie e danni, il giorno dopo riesce ad ancorarsi a capo Alice ed il 16 arriva a Crotone, dove il 25 è ancora ormeggiata a causa delle continue piogge e del maltempo. ASCZ, Busta 916, anno 1765, ff. 126v-127.

[cclviii] Il 14 giugno 1766 il negoziante A. Farina vende al capitano di pinco, A. Pesante di Marsiglia, tomolate 1200 di grano della raccolta 1765, a carlini 16 il tomolo. Il Farina si impegna a portare il grano fino all’imbarco. ASCZ, Busta 916, anno 1766, ff. 53v-54.

[cclix] Moio G. B.- Susanna G., Diario di quanto successe in Catanzaro dal 1710 al 1769 A cura di U. Ferrari, Chiaravalle Centrale, 1977, p. 210.

[cclx] Il sindaco requisisce 1200 tomoli di grano ai Certosini di S. Stefano del Bosco, i quali protestano perchè il grano proveniva dalla grangia di Rocca di Neto. ASCZ, Reg. Ud. Cart. C – 80 Sott. 24, fasc.III, 1767.

[cclxi] G. Orsini, possessore di più migliaia di tomoli di grano, parte riposti nei magazzini di Crotone, parte in quelli di Torretta di Melissa, vende a O. Martelli di Scilla 3500 tomolate di grano di fermo e 500 di rispetto, al prezzo di carlini 18, grana 7 e cavalli 6 il tomolo. L’Orsini si impegna a consegnare a sue spese il grano a Scilla entro il mese di ottobre. ASCZ, Busta 916, anno 1766, ff. 113-114.

[cclxii] La marticana del patrone G. Spinelli, partita da Gallipoli per Napoli il 13 ottobre 1766, è sorpresa nel mare di Cutro da una tempesta furiosa. Mentre la nave si rompe e va a picco, i marinai si salvano col battello. ASCZ, Busta 916, anno 1766, f. 153.

[cclxiii] F. A. Farina, tramite il suo internunzio di Napoli, si impegna a consegnare in agosto tomolate 3000 di grano di fermo e 1000 “meno e non più” di rispetto, della prossima imminente raccolta, agli amministratori dei posti di Costanza e di Chiaia, da consegnarsi in Napoli per il prezzo di carlini 4 di più al tomolo della voce. ASCZ, Busta 916, anno 1767, ff. 50-51.

[cclxiv] Zangari D., Viaggiatori stranieri in Calabria. I) Johann Hermann Von Riedesel (1740-1785), in Rivista di Cultura Calabrese, a. IV, 1924, p. 21.

[cclxv] La vertenza, i cui atti vennero formati in Regia Camera della Sommaria fin dal 1745, si concluse il 9 dicembre 1765 con un decreto che recepiva l’accordo raggiunto tra le due università, sull’accatastamento dei corsi di Forgiano, Puzelle, Domine Maria, Communelle, Buciafaro e Santa Andriella. In esecuzione del Regio Assenso, il 5 giugno 1766 veniva stipulata “la trattazione” presso il notaio Nicola Partale. L’università di Crotone doveva pagare 200 ducati di arretrati a quella di Isola, mentre per il futuro ogni università avrebbe esatto la metà della tassa da ciascun possessore dei sei corsi “a quella ragione che rispettivamente verranno tassati”. ASCZ, Busta 1343, anno 1766, ff. 82-83. AVC, Cartella 119 bis.

[cclxvi] Nel luglio 1771 su istanza di F. A. Zurlo veniva esaminata una causa civile in Regia Camera della Sommaria, avente per oggetto le gabelle demaniali La Foresta e Le Marine del Comune, in possesso rispettivamente di Cesare Oliverio e di Raffaele Suriano. ASCZ, Busta 917, anno 1771, f. 60

[cclxvii] “A 21 agosto (1767) per tum. 6 maiorche a carlini diece nove 11.40.” AVC, Platea del Capitolo di Cotrone del 1767.

[cclxviii] Il bastimento del francese Merli, arrestato per contrabbando, è venduto all’asta per ordine del supremo magistrato del commercio. ASCZ, Busta 1343, anno 1768, ff. 106-108.

[cclxix] I Trapani e i De Martino di Piano di Sorrento si associano: i primi mettono l’esperienza i secondi il capitale. Nel marzo 1764 si trasferiscono a Crotone “coll’ingegno de’ maccaroni”. Affittato un magazzino fuori porta, producono fino al febbraio 1765 quando, fatti i conti, i Trapani risultano in grave debito con i De Martino; debito accumulato sia per pagare obblighi precedenti, sia per l’annata “calamitosa e carestosa” del 1764, quando il prezzo del grano arrivò fino a 5 ducati il tomolo. I Trapani si impegnano a risarcire in più anni. ASCZ, Busta 1128, anno 1765, ff. 110v-111.

[cclxx] Il vescovo T. Fabiani così descrive: “Aedificiorum destructioni, et Civitatis desolationi conspirat non solum temporis aedacitas, extremaq. incolarum paupertas, sed pessimi etiam nonnullorum civium mores; undiq. enim audiuntur furta, assassinia, incendia, scelera hominum perditorum furentium, et ruinas minitantium, qui in obscuro me vivere cogunt ergastulo, noctuq. diuq. a viris armatis custodito, ut meae vitae consulam”. ASV, Rel. Lim. Bellicastren., 1765.

[cclxxi] ASCZ, Busta 1130, anno 1770, f. 137; Busta 1130, anno 1771, f. 77.

[cclxxii] I fratelli Cannoniero, corrispondenti del napoletano C. Vantapane, assentista delle truppe regie, comunicano di aver acquistato una grande partita di grano a prezzo vantaggioso, e si fanno inviare 3130 ducati. Il mercante manda un bastimento che ritorna vuoto perchè il grano non c’è. I Cannoniero sono denunciati. Uno è incarcerato nelle carceri della vicaria ed un altro è ricercato. Dopo alcuni anni, per togliere la denuncia ed uscire di prigione, i fratelli Cannoniero si impegnano a dare subito al mercante duc. 120 ed a consegnargli duc. 80 all’anno per undici anni. ASCZ, Busta 1130, anno 1770, ff. 137-142.

[cclxxiii] F. A. Sculco, proprietario di Cortina, territorio entro il quale fu edificata Papanice, i cui abitanti gli pagano il jus pagliaratico, gli affitti di vignali, di case, di chiuse, orti, censi di vigne e di capitali in grano e in denaro, ordina per testamento di continuare ad impegnare ogni anno duc. 300 al 4 %, per sottrarre quella povera terra agli strozzini ed allo spopolamento, ed aiutare quella università a far fronte ai pagamenti della Regia Corte, del fisco o dell’annona, e questo aiuto lo dà “per ragione de’ propri interessi che sono l’annuali rendite” che gli pagano gli abitanti. ASCZ, Busta 1129, anno 1767, ff. 9-32.

[cclxxiv] Nel maggio 1766 A. Montalcini, G. Orsini, G. Micilotto e F. A. Farina, ottengono dall’università carlini 24 per ogni tomolo sequestrato, ed in più 500 ducati per le spese sostenute per la lite. ASCZ, Busta 1343, anno 1766, ff. 34-38; 41-43.

[cclxxv] Mortalità a Crotone: 1763(163); 1764 (198); 1765 (243); 1766 (179); 1767 (223); 1768 (88). AVC, Liber Mortuorum. ASV, Rel. Lim. Bellicastren. 1765.

[cclxxvi] Essendoci forte richiesta di materiale edile, Pasquale Juzzolino nel settembre 1765, ottiene dall’università la concessione di un pezzo di terra in località “il ceramidio”, per costruirvi una loggia, o baraccone, presso il quale poi sorgerà un magazzino per produrre ceramidi e mattoni. ASCZ, Busta 916, anno 1765, ff. 50-52.

[cclxxvii] Ottenuto il Regio Assenso della Real Camera di S. Chiara e quello dei governanti della città, il mastro P. Juzzolino ottiene nel giugno 1767 a censo perpetuo, un pezzo di terra dell’università per edificarvi tre magazzini che poi rivende speculando. ASCZ, Busta 917, anno 1771, ff. 48v-49.

[cclxxviii] Il mastro P. Juzzolino per terminare la costruzione di alcune case palaziate, parte comprate e parte da lui costruite, chiede in prestito duc.100 al 6% a F. Suriano. ASCZ, Busta 1129, anno 1769, ff. 231-232.

[cclxxix] G. A. Oliverio compera un appartamento confinante con il suo palazzo per ampliarlo. ASCZ, Busta 1411, anno 1762, f. 21. Tommaso Sculco tra il 1767 e il 1768, compra alcune casette da T. Falbo, dai coniugi La Piccola e Ruffo, uno spiazzo dai francescani, e le concessioni per poter allargare ed alzare il suo palazzo in par. dei SS. Pietro e Paolo, che chiude la vista del mare e dei monti a quello del canonico G. B. Schipano, e ostacola e sovrasta quello di F. Marzano. ASCZ, Busta 1129, anno 1767, ff. 73v-74, 116-118, 137v-138; Busta 1129, anno 1768, ff. 308v-309.

[cclxxx] I Grasso, volendo ampliare il loro palazzo al largo del castello, ottengono dall’università, dapprima un pezzo di terreno pubblico per costruire le scale, e poi spiazzo pubblico vuoto. ASCZ, Busta 854, anno 1746, f. 46; Busta 1128, anno 1765, ff. 79-81; Busta 1129, anno 1768, ff. 180-186.

[cclxxxi] Alle nuove camere costruite dall’arcidiacono Torromino, segue il casino fatto costruire da Pietro Asturelli che, nel 1763, aveva chiesto all’arcidiacono in enfiteusi, per un annuo canone di carlini 10, mezzo tomolo di terra infruttuosa a Capo Colonne “che consiste in palmi centotantadue di lunghezza ed 8o in larghezza principiando la prima dalla cantoniera delle nuove camere fatte colà dal Signor arcidiacono Torromino e va verso la colonna e da detta si distende verso la città”. AVC, Richiesta di Pietro Asturelli al vescovo, Napoli 27.8.1763, Cartella 114. L’arcidiacono concede a N. Marzano mezzo tomolo di terreno, vicino a quello già concesso a R. Suriano, a capo delle Colonne “nel luogo d.o la colonna”, per edificare un casino per l’annuo canone di carlini 10. ASCZ, Busta 862, anno 1764, ff. 144-151. Carlo Sculco (?) costruisce un casino nel 1767 e Annibale Montalcino un’altro nel 1771. Sculco N., Ricordi sugli avanzi di Cotrone, 1905, p. 45.

[cclxxxii] Tra la fine del 1763 e l’inizio del 1764, Pietro Asturelli, Francesco Antonio Sculco, Annibale Montalcini e Nicola Marzano ottengono dall’arcidiacono mezzo tomolo di terra infruttuosa a testa. Su ogni striscia di terra di palmi 132 X 80, in concessione enfiteutica, con l’annuo canone perpetuo di carlini 10, ognuno potrà edificare un casino e piantarvi alberi “affine di godere l’amenità di quell’aere”. L’arcidiacono R. Torromino possedeva la gabella il Capo di Nao nel luogo detto Nao, o Capo delle Colonne, con “chiesa e cappella della B. V. del Capo Principale Padrona di questa città con torre e casino per servizio dell’istessa, che s’appartengono pure a detto arcidiacono”. ASCZ, Busta 862, anno 1764, f. 144; Busta 916, anno 1764, ff. 37v-45. Egli aveva apportato dei miglioramenti alla chiesa ed alla torre, ed aveva fatto costruire tre nuove camere e tre bassi attaccati alla torre. I miglioramenti erano stati valutati del valore di duc. 480. ASCZ, Busta 917, anno 1770, ff. 66v-67. Nel 1771 il marchese Giuseppe Maria Lucifero ottiene dall’arcidiacono la concessione enfiteutica di un suolo “nelle vicinanze della colonna del tempio antico e de ruderi esistenti”, dell’estensione di un tomolo per costruirvi un casino. Il casino non verrà costruito e nel 1840 il terreno verrà ceduto a Nicola Berlingieri. AVC, Notaio Vitaliano Pittò 20 maggio 1771, Cartella 115.

[cclxxxiii] Il vescovo B. Amoroso (1766-1771), non essendoci in città scuole dove gli adolescenti possano imparare le discipline delle buone arti, ottiene l’assenso regio a favore del seminario, per poter utilizzare alcune rendite del Monte dei Morti della congregazione del Purgatorio, in modo da poter istituire una scuola di grammatica e due cattedre, una di matematica e filosofia, e l’altra di diritto civile e canonico, per i seminaristi ed i paesani. AVC, Real dispaccio del 20.5.1769, Napoli 12.6.1769; Lettera di B. Amoroso, Napoli 12.6.1769.

[cclxxxiv] Nel 1760 il mastro G. di Perri fabbrica una bottega di fabbrica ad uso di Caffetteria, nella strada maggiore di S. Francesco d’Assisi attaccata alle mura. ASCZ, Busta 1411, anno 1761, f. 12.

[cclxxxv] . I Mastri sartori A. Brunello e D. Loiaco ottengono il permesso di costruire le loro botteghe sopra la real muraglia, dirimpetto al convento di S. Francesco d’Assisi, dietro la torretta per uso di munizione. ASCZ, Busta 1326, anno 1772, f. 104.

[cclxxxvi] R. Perri possiede due botteghe con sopra due camerini, edificate su suolo pubblico e attaccate alle mura, una attaccata all’archivio dell’università, e l’altra alle botteghe costruite da R. Suriano. ASCZ, Busta 1344, anno 1771, f. 95.

[cclxxxvii] Il mastro M. Di Sole, ottenuto il permesso del re, apre una bottega sotto il torrione dell’orologio, occupando lo spazio che l’ospedale utilizzava per alloggiare i pellegrini. ASCZ, Busta 1267, anno 1759, f. 256.

[cclxxxviii] I notai G. De Meo, G. D. Siciliano e V. Pittò, ed i barbieri B. Stabile e V. Zurlo, ottengono dall’università e dal re, la concessione di poter edificare 5 botteghe appoggiate alle mura, ciascuna di palmi 14×70, sullo spiazzo pubblico davanti all’ospedale ed ad altre botteghe. ASCZ, Busta 1129, anno 1769, ff. 100-108.

[cclxxxix] G. De Meo ottiene in concessione un suolo pubblico per costruire una bottega appoggiata alle mura, davanti all’ospedale, tra le botteghe di M. Messina e F. Liglio. La costruzione potrà essere elevata sino a palmi 22, “conforme gl’altri edifici fatti in esso luogo da più persone”. ASCZ, Busta 1131, anno 1779, ff. 22-23.

[ccxc] S. Mazza, volendo ingrandire la casa, ottiene il permesso di poter costruire sopra quattro botteghe accanto al convento dell’ospedale, di fronte alle mura della porta. Egli si impegna a rifare i muri ed i pavimenti delle botteghe ed ad intonacarle. ASCZ, Busta 1324, anno 1765, ff. 134-144.

[ccxci] Da una verifica del marzo 1776, risultava che tra il 1770 ed il 1773, erano state concesse 17 autorizzazioni all’uso di suolo presso le mura, mentre altri 9 suoli risultavano occupati abusivamente. Inoltre, le quote che i concessionari pagavano al Fondo reale risultavano quasi la metà di quanto valevano i suoli. ASCZ, Busta 1327, anno 1775, ff. 144-156.

[ccxcii] Morto mastro P. Juzzolino, subentra mastro Cesare Scaramuzza che, rilevata dal mastro A. Lepera una “casella di creta colla fornace per uso di ceramidio”, presso il colle detto di Cipriano, ottiene la concessione del suolo comunale su cui è costruita, e del terreno confinante che fu concesso allo Juzzolino. ASCZ, Busta 1330, anno 1782, ff. 55-56.

[ccxciii] R. Di Perri ottiene dall’università una piccola stanza terrana “ab antico e di sopra voltata a lamia”, attaccata alle mura e alla cappella di S. Giovanni Battista, a man sinistra nell’entrare la porta di terra. L’edificio era stato in precedenza usato come archivio cittadino, ma poi abbandonato per l’umidità. ASCZ, Busta 1326, anno 1773, ff. 192-196. A. Brunello e D. Jacone, allargano la loro bottega e fanno un casamento, utilizzando un edificio antico detto torrazzo, posto dirimpetto ai conventuali, ed utilizzato in passato come magazzino per la polvere. ASCZ, Busta 1326, anno 1773, ff. 69-71.

[ccxciv] B. Zurlo ottiene un “vacuo” nel luogo “li pozzilli”, dietro la chiesa di S. Giuseppe, e attaccato al baluardo delle Armi o dei Sette Cannoni, per costruirvi un magazzino. ASCZ, Busta 1329, anno 1781, ff. 24-25.

[ccxcv] T. Soda costruisce su uno spiazzo con alcune antiche fabbriche dirute davanti al suo palazzo, luogo detto “la Croce”, e utilizza anche una lingua di terra “che al presente non serve, se non che per puro passaggio”. ASCZ, Busta 1327, anno 1777, ff. 109-112. A. Orsini ottiene un suolo davanti al suo palazzo presso le mura della Pescheria. ASCZ, Busta 1327, anno 1775, ff. 186-189.

[ccxcvi] N. Zurlo ha in concessione un ottavo di tomolo sopra le mura, davanti ai conventuali, per uso di giardino. ASCZ, Busta 1327, anno 1775, f. 245. G. Sersale costruisce una casa con giardinello sul cavaliere. ASCZ, Busta 1327, anno 1776, f. 152. E. Coppola può “seminare e piantarvi fogliame” su un timpone infruttuoso di circa un tomolo e mezzo nel luogo “le Fontanelle”, tra il castello, le mura ed il mare. ASCZ, Busta 1327, anno 1776, ff. 80-83.

[ccxcvii] Nel giugno 1770, G. A. Lucifero e F. A. Zurlo ottengono dalla regia camera, il permesso di piantare per sette anni, il palo della tonnara a capo Colonna in località “l’acqua di Berlingieri”, con l’onere di pagare duc. 25 annui. ASCZ, Busta 1589, anno 1770, ff. 48-50.

[ccxcviii] A. Montalcini possessore di una quota di duc. 600 della società della tonnara, ne cede una parte di duc.200 a C. Berlingieri. ASCZ, Busta 1325, anno 1771, ff. 115v-118.

[ccxcix] ASCZ, Busta 1344, anno 1773, ff. 96-106.

[ccc] ASCZ, Busta 1326, anno 1772, ff. 105-106.

[ccci] La metà del patrimonio della società della tonnara fu venduta a G. Micilotto, il quale per i rimanenti anni della concessione, si interesserà completamente della amministrazione e gestione, con l’accordo che le spese e gli utili andranno divisi a metà. ASCZ, Busta 1344, anno 1774, ff. 42-48.

[cccii] Ai primi di agosto 1770, un pinco sorpreso nella marina di Fasana da una forte burrasca con venti di tramontana, perde l’ancora e deve riparare a Crotone, dove rimane alcuni giorni a causa del maltempo. ASCZ, Busta 1130, anno 1770, ff. 113-118.

[ccciii] L’agente del feudatario di Strongoli, per poter imbarcare grano su una nave genovese, deve attendere che arrivino le provvisioni dalla Regal Azienda e dalla Regia Camera della Sommaria, portate da Napoli da un corriere straordinario. Deve poi mandarle ad Amantea, per far spedire da quel mastro portolano, un mandato diretto agli ufficiali del fondaco di Rossano, affinchè si rechino a Fasana per poter caricare in loro presenza ed assistenza. ASCZ, Busta 1130, anno 1770, ff. 113-118; Busta 1130, anno 1775, ff. 64v-67.

[ccciv] Galanti G. M., Giornale di viaggio in Calabria (1792), S.E.N., 1981, p. 155.

[cccv] Il 20 agosto 1768 le clarisse comprano a Strongoli tt.a 100 di mayorca, pagandola duc. 1.54 il tomolo; il 14 dicembre acquistano grano orocavallo a duc. 1.75. AVC, Esito per il Ven.le Monastero di S. Chiara, 1768 e 69, f. 14. G. Cimino compra al fosso in più volte nel mese di agosto 1768, tt.a 1300 di grano, pagandolo a grana 153, 154 e 155 il tomolo. ASCZ, Busta 917, anno 1769, f. 177v. Il 28 agosto 1768, G. Cimino e F. A. Farina vendono al Duca di S. Agata, tt.a 3000 di grano del raccolto 1768, impegnandosi a portarlo a loro spese fino alla marina di Tropea, alla ragione di carlini 19, grana 2 e cavalli 6 il tomolo. ASCZ, Busta 916, anno 1768, ff. 65-66. Alla fine di agosto 1771, il grano è trattato a Crotone a carlini 16 e mezzo il tomolo. ASCZ, Busta 917, anno 1771, ff. 84v-85.

[cccvi] La marticana di A. Lubraro, caricato grano a Vasto, parte il 13 dicembre 1771 per Napoli. Dopo aver subito alcuni danni per il maltempo, il 17 gennaio 1772 ripara a Batisca. Il 9 febbraio 1772 riparte. Sorpresa da un altro temporale, imbarca acqua e perde parte del carico, dovendo riparare a S. Maria, da dove salpa per Crotone. Il 26 febbraio 1772 parte da Crotone ma, arrivata a capo Stilo, è nuovamente danneggiata da un fortunale, e deve rientrare a Crotone, da dove il 19 marzo 1772, riparte, ma giunta a capo Rizzuto, subisce gravi danni da un’altra tempesta, ed imbarcando acqua riesce a ritornare a Crotone. ASCZ, Busta 917, anno 1772, ff. 13v-14, 22. La marticana di N. Ferrero carica grano a Trani e salpa l’undici gennaio 1772. Due giorni dopo, per il vento contrario, ripara a Brindisi, dove per il maltempo rimane per un intero mese. Riparte il 17 febbraio 1772 ma, giorno 20 successivo, è costretta a fermarsi a Taranto. Lasciata Taranto, il 4 marzo è sorpresa da una tempesta al capo dell’Alice, che la spinge nel golfo di Catanzaro, da dove è risospinta a capo Rizzuto. Il giorno 6 marzo ripara a Crotone. ASCZ, Busta 917, anno 1772, ff. 20-21.

[cccvii] A fine settembre 1775 G. Cimino vende tt.a 3000 di grano a grana 167 il tomolo, da consegnare a sue spese nella marina di Siderno. Noleggia perciò un bastimento che gli costa 240 ducati. ASCZ, Busta 1130, anno 1775, ff. 64v-67.

[cccviii] L. Rucciolillo, per liberare il marito incarcerato nel castello per debiti, vende la casa dotale. ASCZ, Busta 1327, anno 1777, f. 46.

[cccix] M. Fuscaldo indebitato con I. Schipano, impegna “un ordegno grande per lavorar maccaroni, con sei trafili, bronzo, ferro e legname necessari al lavoro”. ASCZ, Busta 1327, anno 1777, ff. 44-45. I fabbricanti di pasta svolgevano la loro attività in parrocchia di S. Margherita, dietro la piazza nel “largo delli maccaronari”. ASCZ, Busta 1528, anno 1775, f. 31.

[cccx] La popolazione di Crotone nella seconda metà del Settecento, non subisce grandi variazioni, oscillando dai circa 4500 abitanti, ai 4800: 1760 (4659), 1763 (4480), 1769 (4500), 1774 (4717), 1775 (4722), 1776 (4592), 1779 (4605), 1781 (4700 circa), 1783 (4496), 1788 (4640), 1792 (4831), 1800 (4519). ASV, Rel Lim. Crotonen. 1750-1800. AVC, Stato della popolazione della città di Cotrone. Nel Marchesato la popolazione aumenta nei paesi presilani e diminuisce in quelli del piano. ASV, Rel. Lim. S. Severina.,Bellicastren., Strongulen., Geruntinen.

[cccxi] Le terre Terrata e Camerlingo dell’abbazia di S. Angelo de Frigillo, non più arate, sono “arenose, piene di sterpi, spine, roveri ed arbusti, volgarmente chiamate vruche, incapaci alla semina”, e ogni anno in tempo d’inverno vengono inondate e danneggiate dal Tacina. ASCZ, Busta 696, anno 1764, f. 37v.

[cccxii] Gli Zurlo tra il 1767 ed 1772, costruiscono un casino con magazzini ed altre fabbriche a Scifo; nel 1774 allargano la proprietà comprando la vicina gabella di Scifo di Silva, e nel 1779 costruiscono una chiesa rurale vicino al casino. ASCZ, Busta 1665, anno 1774, ff. 16-18; Busta 1589, anno 1778, ff. 69-72; Busta 1774, anno 1779, ff. 23-24.

[cccxiii] G. Brutto affitta terreni dai Montalcini e ne subaffitta una parte al colono G. Petrolillo. Il mercante napoletano G. Attanasio si accorda col colono, ed in cambio del raccolto, gli paga i debiti del subaffitto e altri che il Petrolillo doveva al Brutto. Venuto un raccolto scarso e non potendo il Petrolillo fornire al mercante il grano promesso, quest’ultimo cerca di rivalersi sul colono con la complicità del Brutto. ASCZ, Busta 1131, anno 1776, ff. 1v-2.

[cccxiv] Nel 1776 a 215 nati si contrappongono ben 333 morti. AVC, Stato delle anime di Cotrone e sua diocesi per l’anno 1774-1775, 1775-1776, 1776-1777.

[cccxv] Supplica al Papa per l’indulto di mangiare latticini e uova nella prossima quaresima del 1778. AVC, Cotrone 21.12.1777.

[cccxvi] Nel 1780, sindaco A. Berlingieri, si concede un terreno pubblico presso la chiesa della Pietà a V. Grimaldi; due anni dopo, sindaco D. Grimaldi, si concede un terreno pubblico presso l’Esaro ad A. Berlingieri. ASCZ, Busta 1590, anno 1780, ff. 8-12; Busta 1330, anno 1782, ff. 246-247.

[cccxvii] Distribuzione per professione del capofamiglia come si rileva dai catasti (in percentuale).

Crotone (1793) Isola (1800) Cotronei (1753)
Braccianti e massari 38 84 64
Nobili e possidenti 11 8 4
Capimandra e custodi 22
Altri 51 8 10

[cccxviii] L’affitto degli orti o giardini variava da 1 a 3 anni, ed il pagamento in denaro era in 3 rate annuali: Natale, Pasqua e 15 agosto. L’anno di fitto iniziava il 15 agosto. Il frutto degli alberi andava al proprietario ed i fittavoli, ogni anno, dovevano prestare gratuitamente due giornate di lavoro “di alberi o in elevare il fosso del giardino”, ed osservare varie condizioni. ASCZ, Busta 1665, anno 1772, ff. 2-3.

[cccxix] Il pagamento dell’affitto delle case e delle botteghe, avveniva in denaro in tre rate annuali: il 14 settembre, Pasqua e 13 settembre. La durata del contratto variava da 1 a 3 anni, ed iniziava il 14 settembre. ASCZ, Busta 1665, anno 1772, f. 4v.

[cccxx] L’affitto annuale dei terreni “ad uso di pascolo d’ogni sorte di animali, forchè porci, ma solamente per quelli servissero per uso di mandra seu vaccarizzo”, era in denaro più alcune forme di “cascio”. I terreni venivano quasi sempre presi in fitto dagli industrianti di animali pecorini, che avevano domicilio nella provincia di Cosenza. ASCZ, Busta 1665, anno 1772, f. 2.

[cccxxi] ASCZ, Busta 661, anno 1722, f. 292.

[cccxxii] ASCZ, Busta 1665, anno 1772, ff. 5-6.

[cccxxiii] L’affitto a semina o ad ogni uso, durava tre anni “colla potestà d’associare e subaffittare”, ed il pagamento era in grano. ASCZ, Busta 1665, anno 1772, f. 4.

[cccxxiv] ASV, Rel. Lim. Crotonen. 1761.

[cccxxv] ASCZ, Busta 1063, anno 1750, ff. 20-21.

[cccxxvi] G. M. Lucifero e T. Sculco, da soli possedevano oltre il 40% degli armenti. Un altro 55% era suddiviso tra A. Gallucci, B. Zurlo, C. Albani, C. Oliverio, D. Ventura, B. Suriano, F. de Vennera, G. Zurlo, L. Messina, R. Zurlo, S. Orsini, G. Micilotto e V. de Lucro, mentre il rimanente 5% ,composto per lo più da bovi aratori,era suddiviso tra 24 massari. AVC, Catasto Cotrone ,1793.

[cccxxvii] Il servimento in Sila prevedeva che chi aveva in custodia le mandrie, doveva far fronte ai pagamenti e soccorsi ai pecorai sino alla calata, “poichè alla marina è obbligato il padrone a soccorrere i pecorai”. Il servimento consisteva nell’affittare e pagare le difese e la fida in Sila, nell’assumere i pecorai necessari per la custodia, nell’anticipare grano, scarpe e tutto il bisognevole ai pecorai, nel fornire le mule, i buoi ed i cavalli, per il trasporto dei vestimenti e del necessario. ASCZ, Busta 912, anno 1748, f. 87.

[cccxxviii] La tartana del patrone F. Cappiello, diretta in Fortore per caricare grano, è inseguita da uno sciambecco e da una galeotta corsari. I marinai col buio della notte abbandonano la tartana, e con uno schiffo prendono terra nella marina di Crotone, dove sono posti in contumacia nel casino del Carmine. ASCZ, Busta 1345, anno 1778, ff. 45-47.

[cccxxix] ASCZ, Busta 858, anno 1756, ff. 362-365.

[cccxxx] “Sebbene la città sta situata sul lido del mare, pure si scarseggia assai di pesce fresco, perchè i paesani non sono addetti alla pesca, ed allora soltanto si ha il pesce quando vengono da altre città lontane pescatori forestieri colle loro barche pescareccie a pescarlo”. AVC, Supplica del vescovo al Papa, Cotrone, 21.12.1777.

[cccxxxi] La razione giornaliera dei “rimieri seu persone condannate alla galera”, era composta da un po’ di pane, olio, fave, sale, legna ed olio per il caldaro. ASCZ, Busta 1345, anno 1777, ff. 77-78.

[cccxxxii] Un regio ospedale, nel palazzo di Manfredi presso la cattedrale, cura i forzati e i soldati che, se muoiono, sono seppelliti nella chiesa della Pietà fuori mura. ASCZ, Busta 1328, anno 1779, f. 52v; AVC, Nota delle chiese e luoghi pii, Cotrone 1777.

[cccxxxiii] ASCZ, Busta 1666, anno 1781, f. 81.

[cccxxxiv] Nel 1771 N. Zurlo protesta per i danni che la “petriera”, fin dal 1753, ha causato al territorio “li Piani di Nao”, ora in suo possesso. Il taglio della pietra ha reso tt.a 12 di terre, non più adatte al pascolo ed alla semina. ASCZ, Busta 1589, anno 1771, ff. 30-31.

[cccxxxv] Lettera del cappellano del castello al vescovo del 10 aprile 1778, per il precetto pasquale de’ forzati della marina. AVC, Lettera del vescovo al marchese Demarco, Cotrone 14.4.1778.

[cccxxxvi] I forzati denunciano al re che il sopraintendente del porto G. Arrighi, col lavoro di alcuni forzati, costruisce utensili (cortelli, baionette, sciabole, ecc.), utilizzando il ferro, l’acciaio ed il legname, appartenente al regio travaglio di Capocolonna. L’Arrighi vendeva i manufatti al tavernaro di Capocolonna ed ai capimandra. ASCZ, Busta 1330, anno 1782, ff. 61-62.

[cccxxxvii] Nel 1781 l’uditore provinciale esamina una denuncia contro l’ingegnere G. Tirone, fatta da alcuni forzati, istigati dal soprastante del porto C. Polenzia, che così cerca di subentrare al Tirone. ASCZ, Busta 1329, anno 1781, ff. 97-99. Il Tirone dirigeva i lavori dal casino presso la marina del porto. ASCZ, Busta 1666, anno 1781, f. 81.

[cccxxxviii] P. Ciamboli da Maratea, venuto in città per stuccare la chiesa dell’Immacolata, si impegna a lavorare fino a giugno e poi a riprendere a novembre, perchè non vuole passare l’estate a Crotone. ASCZ, Busta 1267, anno 1756, ff. 6-10.

[cccxxxix] “Insalubris aeris timore, et indulto quo Insulani Episcopi donari a S. Sede consueverunt de non residendo per sex menses”. ASV, Rel. Lim. Insulan., 1753. “Aestivo vero tempore usque ad primam Domenicam Adventus ad evitandam coeli inclementiam a SS.mo dispensatus abfui”. ASV, Rel. Lim. Umbriaticen., 1745.

[cccxl] ASV, Rel. Lim. S. Severinae, 1735.

[cccxli] Durante il primo trentennio del Settecento, la maggiore mortalità si verifica durante l’estate e l’autunno (agosto- settembre- ottobre), nel secondo trentennio essa prevale in estate e d’inverno (agosto, gennaio), nel trentennio 1760-89 ritorna in estate e autunno (da agosto a novembre). AVC, Libro dei Morti.

[cccxlii] Alla fine di aprile 1780, mancando il grano per l’annona, perchè alcuni mercanti ratizzati sono inadempienti col pretesto di non averne, il governatore ordina ai sindaci di sequestrare il grano che si sta imbarcando, pagandolo al prezzo di carlini 23 il tomolo, e di rivalersi sui renitenti. ASCZ, Busta 1774, anno 1780, ff. 20-23.

[cccxliii] R. Suriano nel 1781 costruisce due conci, uno a S. Antonio di Mesoraca e l’altro a Simbo. Costituisce una società. Ai soci affida l’amministrazione ed il funzionamento dei conci, mentre lui controlla e vende il prodotto. ASCZ, Busta 1774, anno 1781, ff. 18-20, 36-40.

[cccxliv] R. Suriano vende a G. Andrè, agente e console del re di Svezia, 500 cantara di liquirizia da imbarcarsi a Crotone per Nizza. ASCZ, Busta 1666, anno 1781, ff. 66-68.

[cccxlv] L’equipaggio della marticana di M. Assante, carica di legname, munito di patente di salute, non può scaricare a Squillace ed è minacciato con le “scopette” dai deputati della salute, i quali sospettano che la barca sia stata predata dai barbareschi, e poi abbandonata per timore dei reali sciabecchi. La marticana si dirige su Crotone ma, prima di avere la libera pratica, deve rimanere 27 giorni in contumacia. ASCZ, Busta 1666, anno 1781, ff. 84-86.

[cccxlvi] AVC, Liber Mortuorum.

[cccxlvii] M. Lomare vende a G. Messina, una casetta rovinata dalle continue piogge dell’autunno 1782. ASCZ, Busta 1666, anno 1783, f. 29.


Creato il 12 Marzo 2015. Ultima modifica: 30 Maggio 2023.

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