Trasformazione di un’area urbana di Crotone in età moderna

crotone pianta

L’area in cui esisteva la parrocchia di San Nicola de Cropis alias deli Pisciuni.

La costruzione delle nuove fortificazioni spagnole determinò anche una ristrutturazione urbana. La città fu chiusa da altissime e robuste mura, furono abolite tutte le porte (quella della marina divenne semplicemente una porta di soccorso da aprirsi solo in casi eccezionali), e fu spostata la porta principale, che collegava direttamente la città alla campagna, facendo confluire in essa tutte le vie, che dall’esterno conducevano all’abitato.

L’intervento determinò nel tempo un mutamento del tessuto commerciale cittadino. In precedenza, l’area economica più importante era situata nella piazza (detta poi piazza Lorda) presso il monastero delle clarisse, alla quale si accedeva dalla vicina porta, distrutta con la costruzione del nuovo baluardo Toledo. Con la nuova ed unica porta di accesso alla città, spostata verso l’area della cattedrale e del palazzo vescovile, anche l’area commerciale si spostò. La parte di città a sinistra della nuova porta, da marginale divenne così un luogo, dove trovarono ben presto posto mercanti, con le loro fosse e magazzini per il grano, ed artigiani con le loro botteghe.

Nel Cinquecento l’area della città compresa tra il baluardo “Marchese”, il convento e la chiesa dei conventuali di San Francesco d’Assisi, la giudecca, la cattedrale ed il palazzo vescovile, era situata in parrocchia di San Nicola de Cropis “alias deli pisciuni”, parrocchia che, alla fine del Cinquecento, andò a far parte della parrocchia di San Pietro. Un’area urbana, che dopo la costruzione delle nuove fortificazioni, subì nel tempo molti cambiamenti.

Dai documenti dei primi decenni del Cinquecento risulta che una parte dell’abitato di Crotone situato nella parrocchia di San Nicola de Cropis apparteneva al feudatario detto dei Pissoni[i]. Feudo che era appartenuto anticamente agli Ospedalieri e poi dai Contestabile fu ceduto ai Campitelli. Il barone di Melissa Giovan Battista Campitelli, come riporta il Fiore, donò alcune case ai conventuali per costruirvi il convento dentro le mura: “l’anno 1540, per sospetto de’ Turchi, fu per ordine di Carlo V imperadore demolito fin da’ fondamenti, e preso a riedificarsi dentro la città con nome di S. Francesco, guaste perciò alcune case date da Gio. Battista Campitelli, barone di Melissa”.[ii]

Il convento, al quale si accedeva dalla porta “da battere” sulla strada S. Francesco, avrà refettorio, celle, chiostro con giardino e pozzo, quattro botteghe a filo sotto il convento (due affittate a spezieria), una casa con basso, magazzini e bassi. A fianco ed intimamente legato ad esso c’era la chiesa di San Francesco d’Assisi. A navata unica e confinante lateralmente con il largo o piazza detta di San Francesco, aveva la facciata rivolta a ponente e vi si accedeva dalla porta principale posta sulla strada S. Francesco, accanto alla porta del convento. È descritta sufficientemente ampia e bene ornata ed in essa si radunava la congregazione nobiliare dell’Immacolata Concezione, titolo che era anche la “divisa” dei conventuali.

Crotone, pianta del convento di San Francesco d’Assisi prima della soppressione.

Tracce di questa antica appartenenza dell’abitato di questa parte della città ai feudatari di Pissoni, le troveremo anche in seguito. Alle case date dal feudatario per la costruzione del convento, a quella data al beneficio di San Lorenzo, ed a quella rimasta alla commenda di Crotone, si aggiungeranno le case concesse previo il pagamento di un censo annuo.

Il 18 agosto 1583 il notaio Luca Montefusco vendeva per ducati 50 al nobile Gio Geronimo de Allegro, una casa palaziata situata in parrocchia di San Nicola de Cropis, che confinava con la casa degli eredi del mastro Mario Pecoro e la casa di Francesco Zagaria, “vinella mediante”. La casa era gravata da un annuo censo di tre carlini da pagarsi in agosto al feudatario di Pissoni.[iii]

In un atto del notaio Giovan Antonio Protentino datato 10 luglio 1626, Felicia Labruto, vedova di Marcello Pipino, ed erede di Josepho Poerio, figlio avuto dal precedente matrimonio con il fu Horatio Poerio di Taverna, dichiara di possedere le case situate in parrocchia di San Pietro “juxta domos episcopales et ecc.am monasterii Sacti Francisci”. Le case sono così confinate: “intus cortilem dictum delli pisciuni juxta ecc.am monasterii S.ti Francisci de assisa ex uno latero et ex altro domos episcopales”.[iv]

Ancora alla fine del Seicento il beneficio di iuspatronato, che era stato della famiglia dei Contestabili e poi di Annibale Montalcini, senza altare e cappella sotto il titolo di San Lorenzo, possedeva una casa in parrocchia dei SS. Pietro e Paolo, che confinava con il seminario ed era contigua alle case di Felice Antico. La casa di solito era affittata per ducati 6.[v] Tracce di questa casa, situata presso la cattedrale, le ritroviamo in un “Notamento et Platea delle robbe et entrade, rendite, e censi che la Prioral Corte della terra de Santa Eufemia, membro della Sacra Religione Hierosolimitana” dell’inizio del Seicento, dove è riportato che “Berardo de Leandro de Cotroni tiene in detta Città una casa e due boteghe, confine tre vie publice, e la casa del’ecc.a che la possiede Don Laurenzo vicino, lo vescovado, n’have pagato e paghi docati cinque l’anno e dice haversela incensuata d’uno affittatore di casa garofalo, però sene potrebbe havere d’affitto docati diece l’anno e più”.[vi]

In seguito, queste proprietà furono usurpate e la casa svanì nelle proprietà dei Montalcini. Alla fine del Settecento Annibale Montalcini possedeva una casa, e due botteghe nel luogo detto “la Piazza”, che prima erano state di D. Gio. Paolo Peluso, decano della cattedrale di Crotone (1614), e “dal medesimo passarono in potere del fu arciprete di questa città Gennaro Peluso, quali casa e bottega confinano colla via pubblica da due lati e con un’altra bottega del Primiceriato della cattedrale, ed in oggi per via di successione sono passate in potere di detto Annibale Montalcini quale paga un annuo canone di ducati 6 annui”.[vii]

Il vescovo di Crotone

Sempre in quella zona della città si allargavano le proprietà del vescovo di Crotone. Così è descritto il palazzo vescovile nel 1566: “Tene il decto vescovato il suo palaczo vescovale il quale confina con la eclesia et la piacza pp.ca et al monasterio de santo fran.co socto del quale palaczo sono undici potighe de decto vescovato due magazenecti che al p.nte sono carcere cum uno cellaro grande una casa grande affronte li spatari una camera cum uno catoyo socto la cocina et dela parte del rebellino sono tre magazeni dela parte di socto et uno di sopra cum la scala di socto et unaltra potiga dove al p.nte nce e la sterraria et dentro il cortiglio de esso palaczo nce e uno poczo deluna parte et nellaltra cortiglio decto deli spatari nce e uno altro poczo nelli quali leclesia  nce ha havuto et have luso cosi nel poczo come nel cortiglio”.[viii]

Il palazzo vescovile oltre alle botteghe, affittate a mastri, che si aprivano sulla piazza davanti alla cattedrale, affittava a mercanti altri magazzini verso le mura della città e dalla parte del monastero dei conventuali. Vi erano “la potighella deli forghi avanti li vocerie”, “uno magazeno avanti santo fran(ces)co ass(i)si dove tieneno la legname de ditta citta”, “uno magazeno avanti s(an)to fran(ces)co assisi”, “lo catoyo de sotto del palazzo versi li speciale resta per carcere del R.do vicario”, “lo catoyo sotto la cocina”, “il magazeno de abascio a muro dela casa de Santo fran(ces)co”, “tre magazeni dela scala de sotto il palazzio avanti “S.to fran(ces)co”, “lo palazetto de dicto palaziio del vesc(ova)to dentro del cortiglio de madamma aurelia” (Morano). Alcuni anni dopo troviamo che Tiberia de Prospero deve ducati tre e tari tre di censo alla mensa vescovile, “per lo affitto del palazetto de dietro del palazzo del vesc.to dentro del cortiglio de madamma aurelia”.[ix]

I Campitelli saranno presenti anche nella seconda metà del Cinquecento. Giovan Lorenzo Campitelli, figlio di Giovan Battista, sposò dapprima Beatrice Ricca, dalla quale ebbe Giovan Maria ed in seconde nozze Aurelia Morano, la quale risulta proprietaria di un palazzetto vicino al palazzo vescovile. Gio. Tommaso e Gio. Domenico Campitelli erano proprietari di alcune case con botteghe vicino al palazzo vescovile, come risulta anche dai censi pagati alla mensa vescovile. Infatti, poco dopo la metà del Cinquecento, in parrocchia di San Nicola deli Cropi, risultano gravate da censi dovuti alla mensa vescovile “le case di Francesco Petrolillo, di Gio. Ramundo Foresta, di Marcantonio Magno, di Matteo Susanna nominata la ferraria, di Gio. Paulo Poherio e la poteca di Gio Th.se Campitello confine la poteca dell’ecc.sia”.[x] La bottega dei Campitelli poi passerà ai “m.ci julio cesare et lelio luciferi”. Nel 1578 Lelio Lucifero possiede “quasdam domos cum apotecis sitas intus dictam Civitatem in parrocchia Santi Nicolai de Cropis jux.a suos notorios confines”.[xi]

Nella seconda metà del Cinquecento avvengono alcune cessioni dell’area in cui si estende il palazzo vescovile. L’undici maggio 1579 con atto del notaio Gio. Galasso, la mensa vescovile, che possedeva “duas aphotecas terraneas iuxta cortile Palatii Episcopalis, iuxta sedile, et domum, seu palatium ipsius universitatis, forum, et ribellinum pubblicum”, essendo vescovo Marcello Maiorana, le diede a censo enfiteutico alla università, “con patto di alzarle all’uguaglianza delle altre case della giustizia, o sia Corte, e di non farci finestre ne lustrera, ne adesso ne per appresso per entro il sud.o cortile del vescovo e di pagar ogni 15 agosto ducati 11 alla mensa vescovile”. Censo annuo di ducati 11 che l’università di Crotone pagava ancora alla fine del Settecento, per “le case contigue al sedile”. Le cessioni continueranno anche in seguito.

L’otto febbraio 1608, essendo vescovo Tommaso de Monti, con atto del notaio Gio. Galasso, il frate Giuseppe di Cotrone, procuratore del monastero di S. Francesco d’Assisi, ottiene, previo pagamento di un censo annuo, un magazzino posto tra il monastero ed il palazzo vescovile, “magazeno del quale non se ne ha la mensa vescovile utilità alcuna per esser quasi tutto rovinato, per poterlo fabbricare et accomodare per bisogno del convento. Il convento de’ PP. Conventuali pagherà ancora alla fine del Settecento un censo annuo di ducati 4 sopra il magazzino. Anche i Montalcini otterranno parte della proprietà vescovile. Annibale Montalcini verserà alla fine del Settecento un censo annuo “sopra li due magazzeni vicini al Palazzo vescovile della parte di dietro”.[xii]

Per lungo tempo il palazzo vescovile fu lasciato andare in rovina. Al tempo della sede vacante per morte del vescovo Niceforo Melisseno Comneno, morto il 17 febbraio 1632, fino all’arrivo del nuovo vescovo Giovanni Pastor, eletto il 10 luglio 1638, esercitò la carica di economo della mensa vescovile il nobile Marco Antonio Barricellis. Con l’arrivo del nuovo vescovo il Barricellis, il 29 febbraio 1639, fu condannato a risarcire ducati 90 per i danni causati dalla sua amministrazione infatti “per lo guasto del palazzo vescovile per esser andato in rovina … et fatto albergo di forastieri, scena di commedianti et loco di baratteria et perciò per esser stato stavolato, bruggiato le porte et fenestre et tutto rovinato”. Inoltre, per sei anni il palazzo non era mai stato riparato e nel 1638 era stato dato in fitto ai soldati: “quest’anno il magazeno ch’anno habitato li soldati del battaglione”.[xiii] Alla fine del Seicento il cortile del palazzo vescovile si era ristretto ad un piccolo spiazzo circondato da muri, come testimonia il vescovo Marco Rama che lo trasformò a giardino: “Imo aeriosum locum palatio contiguum unde aer gravis, et ingratus cum pariculo perturbandae salutis, destinavi in hortulum voluptarium, parvum equidem, sed in his regionibus rarum ut pote qui odorantibus floribus, et desideratis arbusculis est frequens; muros habet pro sepibus, quos gratae picturarum species decorant …”.[xiv]

Crotone, il palazzo vescovile ed il convento di San Francesco d’Assisi, in un particolare della “Pianta della Città e Castello di Cotrone” di Michele Cristiani (1778), conservata presso la Biblioteca Nazionale di Napoli S. M. 21a/12.

Magazzini per il grano

I documenti riportati evidenziano oltre alla presenza di numerosi pozzi, anche di fosse e di magazzini per il grano. Il 7 luglio 1591 il nobile Dionisio Pisanello, fratello del fu Consalvo Pisanello e tutore testamentario di Joanne Battista Pisanello, figlio ed erede di Consalvo e nipote di Dionisio, afferma che tra i beni di Joanne Battista vi è una casa palaziata in parrocchia di S. Nicola de Cropis “cum puteo et granarro intus eam jux.a domum m.corum Joannis et Vincentii Perrette jux.a domum nob. Marci Antonii Drago et alios fines”. La casa era stata comprata dal fu Consalvo da Donna Julia de Falco, vedova di Aurelio Ricca per ducati 50.[xv]

Nel gennaio 1594 il m.co Joanne Perretta scambia la sua casa con quella di Isabella Jannice. Il Perretta possedeva la “domum palatiatam in parrocchia Sancti Nicolai de Cropis (cum scala lapidea foris), jux.a domum m.ci Jacobi Ursi Jux.a domum m.ci Hortentii Labruti, jux.a domum nob. Jo.is baptistae Pisanelli et alios fines”, mentre Isabella Jannice, vedova di Antonino Tiriolo, aveva la “domum palatiatam cum appartamento superiori et inferiori in parrocchia S.ti Nicolai de Cropis jux.a domum magnam p.ti m.ci Joannis perrettae, jux.a domum m.ci d.ni Hortentii Labruto, jux.a domum no. Joannis baptistae pisanelli et alios fines.”. La casa è gravata da un annuo censo di ducati 3 per la celebrazione di una messa al vescovato.[xvi]

Un successivo documento identifica esattamente il luogo dove erano situate le case: Il 6 luglio1594 i coniugi Dionisio Pisanello e Filisdea Carpenteria, dichiarano di abitare “in parrocchia Sancti Nicolai de Cropis alias deli pisciuni iux.a domos m.ci Ioannis Perrettae iux.a rebellinum dictae civitatis et alios fines”.[xvii]

Crotone, il palazzo vescovile ed il convento di San Francesco d’Assisi, in un particolare di una pianta catastale del 1874.

I Montalcini

Alla metà del Cinquecento i Montalcini sono già presenti in parrocchia di San Nicola de Cropis. Un atto notarile riguardante il monastero di Santa Chiara annota che in quella parrocchia, nel 1578 il monastero possedeva alcune case “aliam jux. Marci lo Massaro et aliam jux. Jo.is de Nogale et aliam jux. Annuntiationis B.tae M.ae nec non et aliam jux. Antonii Montalcini in S.ti Nicolai de Cropis”.[xviii] La presenza di questa famiglia in questo luogo è documentata anche in seguito. Sappiamo che l’altare maggiore della chiesa dei francescani era dentro la cappella dei Montalcini ed era intitolata S. Francesco d’Assisi. I Montalcini avevano una particolare devozione verso i francescani. Nel 1592, secondo una iscrizione tramandataci dallo Sculco, Scipione Montalcini, vescovo di Gallipoli, trasferiva il sepolcro, che era stato costruito nel 1412 dai suoi avi nella vecchia chiesa dei francescani fuori le mura, nel nuovo convento, costruendolo a sue spese per sé ed i fratelli Annibale e Giovanni Tommaso.[xix]

Nel 1624 Annibale Montalcini aveva circa 74 anni, fu sindaco dei nobili (1602), capitano, e più volte eletto (1591, 1613). Tra i figli sono ricordati Lelio, la figlia Lucrezia detta Checa, che sposò il chierico Francesco Antonio Peluso,[xx] il capitano Mutio, Fabrizio e Hippolita, che sposò Cesare de Barberiis.[xxi] Un figlio di Fabrizio, il chierico Francesco Maria, il 6 aprile 1648, dichiara di possedere una parte della casa lasciata in eredità dal nonno Annibale. Alla morte di Annibale la casa era stata divisa in tre parti tra i suoi tre figli; una parte era toccata a Mutio (sposato con Margarita de Geraldo), una a Fabritio e l’altra a Lelio. La casa era situata in parrocchia di San Pietro “Juxta domos episcopales via mediante apotecam heredum felicianae de Angelis et vias pp.cas”. Francesco Maria Montalcini la possedeva in comune e indivisa con i figli e gli eredi del nonno Annibale.[xxii]

Il Montalcini vi abitò con la sua famiglia anche negli anni seguenti. Nel dicembre 1663 il clerico coniugato Francesco Maria Montalcini di Fabrizio di circa 40 anni, nipote del clerico Francesco Montalcini di circa 50 anni, mentre passava davanti alla chiesa di San Francesco di Assisi, “venendo io di fuori a cavallo mentre andava alla mia casa per la strada publica che è di innanzi S.to francesco d’assisi, via ordinaria et più vicina alla mia casa”, fu “malamente” ferito assieme allo zio da “più archibusciate” sparate dai chierici Alessandro Suriano, Fabritio Spina e Antonio Urzo.[xxiii] Francesco Montalcini, sposato con Clarice Suriano, morirà dopo poco. Erediterà Valerio Antonio Montalcino.[xxiv]

Crotone, particolare di una pianta che descrive le proprietà esistenti in prossimità dell’incrocio tra le attuali vie Suriano e F. A. Lucifero, presso la cattedrale.

Valerio Antonio Montalcini

Giovan Tommaso Montalcini, fratello di Annibale, sposò Ippolita Lucifero, morì nel 1611.Tra i figli sono ricordati Valerio, Scipione, Carlo e Francesco Maria. Il figlio e capitano Valerio sposò Anna Suriano, nel 1650, poco prima di morire, fece testamento lasciando erede il figlio nascituro Valerio Antonio.

Valerio Antonio Montalcini e Francesco Maria Montalcini furono accusati di aver fatto ammazzare il notaio Gioseppe Lauretta di Santa Severina e di altri delitti. Per tale motivo assieme al loro creato Gioseppe Papara, furono incarcerati nel castello di Crotone. Tuttavia, “stante la potenza delli inquisiti”, su richiesta dei parenti della vittima ed in esecuzione di un dispaccio del preside di Calabria Ultra, il 30 dicembre 1673 fu inviato a Crotone lo scrivano della Regia Udienza di Catanzaro Gio. Battista Marinella con sei soldati di campagna, per farsi consegnare i carcerati.[xxv]

A causa delle gravi epidemie della seconda metà Seicento, molte casate si estinsero e alla fine del Seicento, Valerio Antonio Montalcini è unico erede e possiede oltre al palazzo in cui abita in parrocchia del SS. Salvatore, anche il palazzo vicino al palazzo vescovile. Nell’elenco delle botteghe che il vescovo Marco Rama affittava sotto il suo palazzo, tre di esse erano situate “dalla parte che rimira il palazzo del S. Valerio Antonio Montalcini”.[xxvi] Il Montalcini, inoltre, aveva ottenuto una bottega che era stata data in censo dal vescovo, trasformandola in magazzini. Per tale motivo pagava un censo annuo di carlini 31 alla mensa vescovile “sopra la potega di Gio. Fran.co Riviera, hoggi magazzeni del S. Ant.o Montalcini”;[xxvii] “magazzini nuovi attaccati al suo palazzo”.[xxviii]

Morto Valerio Antonio, ereditò il figlio Gregorio. Nel novembre 1721 i mastri fabricatori Omobono Messina e Gerolamo Camposano, su richiesta di Gregorio Montalcini, accomodano e coprono un magazzino vicino la chiesa cattedrale, attaccato al palazzo di Gregorio Montalcino dove, nel settembre dell’anno dopo, “abitano di quartiere le truppe Alemani”. Il magazzino allora minacciava rovina e fu accomodato e coperto a spese di detto Gregorio, che vi spese ducati 40 e grana 40.[xxix]

Nell’anno seguente, 1722, Gregorio aumentò le sue proprietà, divenendo feudatario del feudo rustico detto la Cerza o Giordano, una parte dell’antico feudo dei Pissoni, per “donazione” fattagli dallo zio Ferdinando Peluso.[xxx] Con questa donazione e con finti acquisti, il Montalcini estese la sua proprietà sugli immobili del feudo ancora esistenti presso il palazzo vescovile. Così nel 1730 risulta proprietario di una casa in parrocchia di S. Pietro, che dice averla comprata dal fu Ferdinando Pelusio.[xxxi]

Il 16 gennaio 1733 Gregorio Montalcini, erede di Lucretia detta Checa Montalcino e del fu Ferdinando Pelusio, afferma di possedere “più e diverse fosse di grano, un astrachello con un vaglio tutto murato parte con mura liberi, e parte con mura incomune col magazeno di d.o S.r Gregorio, due camere, et un magazeno di sotto per quanto sono dette due camere, attaccati tutti al Palazzo di detto Sig. D. Gregorio, che fu del q.m D. Antonio Peluso entro questa città di Cotrone nella Parocchia de SS. Pietro e Paulo, unite dette due camere, magazeno et vaglio, astrachello al magazeno di d.o Sig.r Gregorio dalla parte di sotto e dalla parte di sopra all’altre camere di detto palazzo.” Vende a Nicolao Terrioti di Papanice “La fossa di grano sistente sotto il vignanello della casa del Rev. Sign. D. Paulo Bruno c on tutti li jussi prerogative et preminenze di largo che spettano a detta fossa per il largo dove sono situate tutte l’altre fosse quanto il vignanello, seu astrachello murato porta di cantoni, sotto detto astrachello, vaglio scoverto murato parte libero e parte unito alle mura del magazeno di d.o S.r D. Gregorio, scaletta di pietra e due camere, et proprio quelle che servivano per studio al detto q.m Antonio Peluso, quelle due che al presente abita la sig.ra Maria Teresa N.N.”[xxxii]

Nel catasto del 1743 le proprietà di Gregorio Montalcini (sposato con Rosa Barricellis, figli Lelio, Anibale, Orazio) presso la cattedrale, sono così descritte: “Possiede due altri piccoli magazzini nella par.a S. Pietro e Paolo solito affittarsi per an. Duc. 8, un comprensorio di case nella parrocchia di S. Pietro e Paolo, che loca a più e diverse persone, per l’affitto del quale se ne determina l’annua rendita di duc. 72, paga alla mensa vescovile sopra le botteghe vicino al di lei palazzo an. 3 – 10.”[xxxiii]

È di questi anni la costruzione del palazzo con numerose botteghe presso la cattedrale, che il Montalcini affitta. I Cirillo possedevano come eredi del padre “una bottega locanda di sotto al palazzo locando del Sig. D. Gregorio Montalcini … situato dirimpetto al Pio Seminario della medema nella parocchia di S. Pietro e Paolo, e vicino alla chiesa Catredale … qual bottega sta situata sotto d.o palazzo della porta affacciante a d.a catredale e proprio la quinta numeranda delle botteghe e bassi di d.o palazzo dal portone del medemo da sotto al sopportico del palazzo vescovile, che attacca a detta catredale chiesa”.[xxxiv] Gregorio Montalcini continuò ad abitare nel palazzo in parrocchia del SS.mo Salvatore e ad affittare il palazzo presso la cattedrale.

Il primo giugno 1757 Gregorio Montalcini fa testamento e tra i beni lasciati in eredità ai figli, vi è il “palazzo grande, che loca, sito nella parocchia delli SS.mi Apostoli Pietro e Paolo, vicino lo Palazzo vescovile, ed altri fini”.[xxxv] Ereditò Annibale Montalcini sposato con Teresa Lucifero, figlia del marchese di Apriglianello Francesco Lucifero.[xxxvi]

Così è ricostruito il passaggio di alcuni beni in possesso di Annibale Montalcini alla fine del Settecento: “Annibale Montalcini possiede una casa, e due botteghe nel luogo detto la Piazza, che prima furono di D. Gio. Paolo Peluso decano della cattedrale di Crotone (1614) e dal medesimo passarono in potere del fu arciprete di questa città Gennaro Peluso, quali casa e bottega confinano colla via pubblica da due lati e con un’altra bottega del Primiceriato della cattedrale, ed in oggi per via di successione sono passate in potere di detto Annibale Montalcini quale paga un annuo canone di ducati 6 annui.[xxxvii]

Note

[i] Il feudo de Pissonis detto poi della Cersa o anche Giordano. Il feudo della Cersa era situato in territorio di Crotone ed anticamente era membro del “feudo de Pissonis”. I primi documenti sul feudo de Pissonis risalgono all’inizio dell’occupazione angioina. Tra i signori, che hanno feudi in territorio di Crotone e che perciò per antica consuetudine devono concorrere alle spese di riparazione del regio castello, troviamo nel 1270/1271 Iohanna figlia del fu Alessandro Bufone, che detiene il feudo de Pissonis. Alcuni anni dopo il feudo è oggetto di contesa. Nel 1278 il re Carlo d’Angiò interviene a favore del conte di Catanzaro, Pietro Ruffo, il quale rivendica il possesso del feudo de Pissonis occupato abusivamente da Iohanna de Pissono. Il feudo rimase molto probabilmente ai Ruffo, conti di Catanzaro e poi anche marchesi di Crotone. In seguito passò ai Contestabile. Durante l’ultimo periodo aragonese Venceslao Campitelli, tesoriere di Calabria Citra, sposò Lucia Contestabile, figlia ed erede di Joannocto, che gli portò in dote il “feudo deli Pissuni”. Così nel 1494 il figlio ed erede di Venceslao, Lorenzo Campitelli, è feudatario della terra di Melissa, del feudo di Rivioti e dei feudi di Aprigliano e deli Pissuni, quest’ultimi due in territorio di Crotone. Il feudo rustico di “Brigliarello” o “Briglianello” e il feudo di Pissuni, erano anche detti “li feudi di giannetto di Condestabile”, e rimasero per molto tempo in potere dei Campitelli.Tali feudi anticamente erano appartenuti agli Ospedalieri e poi alla Commenda di Crotone. Il feudo, o territorio feudale, detto il feudo della Cersa era membro del feudo detto “delli Pisciuni antico”. Esso era anche detto Giordano ed era situato in territorio di Crotone nel luogo detto Neto. Nel 1529 il feudo detto “Pescina o li Pessuni”, che apparteneva al barone di Melissa Giovan Battista Campitelli, fu smembrato ed il feudo della Cersa fu venduto a N. Lucifero. Alla sua morte passò al figlio Petruccio, che lo vendette per ducati 660 a Saladino Pancallo (1542). Passò quindi al figlio ed erede Giovanbattista, che lo cedette a Paolo Adamo (1556). Quindi fu del figlio ed erede Innocenzo, il quale nel 1596 lo vendette al crotonese Fabio Pelusio. Rimase per lungo tempo ai Peluso (Giovan Pietro, Mutio, Ferrante, Giuseppe). Nel 1664 Giuseppe Pelusio lo donava al figlio Fabio Ferrante. Esso è descritto confinante con le “terre dette Vizza et Barricellis dell’heredi del q.m Gio Petro Suriano. Nel 1722 Ferdinando Pelusio, zio di Gregorio Montalcini, lo cede a quest’ultimo. Il feudo è descritto confinante con le terre dette Fico, Vezza e l’Olmo. Nel catasto onciario di Crotone del 1743 il territorio feudale è ancora in possesso di Gregorio Montalcini ed è stimato dell’estensione di tomolate 115. Esso era situato presso la località Passovecchio.

[ii] Fiore G., Della Calabria Illustrata, II, p. 400.

[iii] ASCZ, Busta 15, anno 1583, f. 102.

[iv] ASCZ, Busta 117, anno 1626, ff. 58-59.

[v] AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama Ordinis Eremit.rum S.ti Augustini, A. D. 1699 confectae, ff. 34, 152v.

[vi] National Library of Malta, Volume AOM 6196, f. 52v.

[vii] “Censuari e reddenti della grancia di Cotrone”, commenda di Crotone. ASCZ, Busta 1667, anno 1795, f. 31v.

[viii] ASN, Mensa Vescovile di Cotrone 1597, f. 17.

[ix] ASCZ, 1572-1573, f. 5

[x] ASN Dip. della Sommaria Fs 315, f.lo 9, ff. 5v-6, mensa vescovile di Crotone (1570-1571).

[xi] ASCZ. Busta 15, anno 1578, f. 123.

[xii] AVC, Platea Mensa Vescovile, 1780.

[xiii] AVC, documento s.c.

[xiv] ASV, Rel. Lim. Crotonen., 1696.

[xv] ASCZ, Busta 49, anno 1591, f. 19.

[xvi] ASCZ, Busta 49, anno 1594, f. 22.

[xvii] ASCZ, Busta 49, anno 1594, f. 126.

[xviii] AVC, Notaio J. Galatio, Crotone, Fs. 1602, f. 312.

[xix] Sculco N., Ricordi sugli avanzi di Cotrone, Pirozzi 1905, pp. 65-66.

[xx] ASCZ, Busta 659, anno 1715, ff. 64-67.

[xxi] ASCZ, Busta 310, anno 1664, ff. 39-42.

[xxii] ASCZ, Busta 133, anno 1648, ff. 41-42.

[xxiii] AVC, senza segnatura.

[xxiv] ASCZ, Busta 334, anno 1671, f. 68.

[xxv] ASCZ, Busta 333, anno 1674, ff. 1-5.

[xxvi] AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama Ordinis Eremit.rum S.ti Augustini, A. D. 1699 confectae, f. 72v.

[xxvii] AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama Ordinis Eremit.rum S.ti Augustini, A. D. 1699 confectae, f. 72.

[xxviii] ASN, Dip. Som. Fs. 315/24.

[xxix] ASCZ, Busta 661, anno 1722, f. 193.

[xxx] ASCZ, Busta 1125, anno 1755, ff. 11-12.

[xxxi] AVC, Platea del Capitolo 1730, f. 11.

[xxxii] ASCZ, Busta 664, anno 1733, f. 2.

[xxxiii] ASN, Cam. Som., Catasto Onciario Cotrone, 1743, vol. 6955, ff. 102-104.

[xxxiv] ASCZ. Busta 1063, anno 1744, f. 27v.

[xxxv] ASCZ, Busta 1128, anno 1762, ff. 64-67.

[xxxvi] ASCZ, Busta 1128, anno 1762, f. 67.

[xxxvii] “Censuari e reddenti della grancia di Cotrone”, commenda di Crotone. ASCZ, Busta 1667, anno 1795, f. 31v.


Creato il 13 Marzo 2015. Ultima modifica: 12 Dicembre 2022.

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