Il culto di Sant’Isidoro a Crotone ed il sedile dei massari

Localizzazione della chiesa dell’Annunziata (1) e del monastero dei francescani minori conventuali (2), in un particolare della carta americana 1:5000 intitolata “Porto di Crotone”, realizzata dal War Office (1943) modificando una carta italiana.

Sant’Isidoro detto l’agricoltore (Isidoro = dono di Iside, dea egiziana della fertilità) è un santo spagnolo, che si festeggia il 15 maggio. È patrono dei massari, dei braccianti, degli ortolani, dei contadini e protettore dei raccolti. Povero contadino, nato e vissuto a Madrid (di cui è patrono) tra l’Undicesimo ed il Dodicesimo secolo (1070? – 1130?), per tutta la vita si dedicò al duro lavoro dei campi ed alla preghiera. Gli si attribuiscono numerosi miracoli. Fu dichiarato beato il 12 maggio 1619 da Paolo V e santo da Gregorio XV il 12 marzo 1622. La sua canonizzazione tardiva è molto probabilmente legata al periodo storico dei primi decenni del Seicento, segnati da siccità, rincorrenti carestie e fallimento di raccolti.

Il culto di Sant’Isidoro

Il culto di Sant’Isidoro compare nella chiesa di Crotone alla metà del Seicento. Culto particolare della città di Crotone, in quanto risulta raramente negli altri paesi del Marchesato.[i] Il santo è raffigurato in preghiera con in mano uno zappone, o uno strumento agricolo, accanto ad una coppia di buoi aggiogati all’aratro, condotto da un angelo.

Sant’Isidoro.

La cappella di Sant’Isidoro

L’undici aprile 1655 i procuratori della confraternita della SS.ma Annunziata Cola Mario Lucifero, Bartolo Rodrigues e Giulio de Squillace, stipulano un contratto con il procuratore di Sant’Isidoro Vittorio Jannici. Lo Jannici ha chiesto ai procuratori dell’Annunziata di avere un luogo sacro dentro la chiesa dell’Annunziata, chiesa situata fuori le mura, lungo la strada, che dalla porta della città andava al ponte sull’Esaro, nel luogo detto comunemente “il Fosso”. Il luogo richiesto è situato nella parte del Vangelo e lo Jannici vuole erigervi una cappella dedicata a San Isidoro con il suo altare e “farci tutto quello che vi bisognerà per ridurne in tutta perfetione la cappella e portare in detta chiesa della SS.ma Annunziata tutti li cantoni che bisognerà per farsi l’arco di detta chiesa”.

I confrati della SS.ma Annunziata concedono la cappella seconda nella parte dell’Evangelo con altare e cappella vicino al coro, permettendo ai procuratori di San Isidoro di portare dalla “perrera” nella chiesa tutti i cantoni, che saranno necessari per fare l’arco di detta chiesa “et che li si dia una sepoltura nell’istesso loco e proprio innanti la Cappella, che si erigerà, conche habbino da pagare per quella ducati cinque all’ultimo del mese di Agosto prossimo”. I confrati della SS.ma Annunziata Colamaria Lucifero procuratore, Bartolo Rodrigues procuratore, Giulio Squillace procuratore, D. Andrea Nanno Cappellano, D. Vincenzo Greco Cappellano, Fabritio Vetero Confrate, Gio. Paulo Spina, Scipione Lantaro, Francesco Facente confrate, Domenico Papasodaro confrate, Alfonso Giuliano, Gio Paulo Tesorero confrate, Dionisio Mezacroce, Agostino Mantello, Mingo Russo confrate, Gio. Dionisio Siciliano confrate, Gio. Maria Griffi confrate, Gio. Paulo Corineo confrate, Gio. Pietro Ferraro confrate, Masi Mazzulla Confrate, riuniti in presenza del notaio Felice Gerolamo Protentino, approvano tutti con il segno di Croce, a condizione che “nel fare li procuratori di Sant’Isidoro, vi habbino anco intervenire e dare la voce li procuratori di detta SS.ma Annuntiata, tante volte, quante volte si faranno detti procuratori”, e qualora si venisse meno a quanto pattuito, i procuratori della SS.ma Annunziata potranno ripigliarsi il luogo e levare il quadro.[ii]

Istituito il culto, con il passare del tempo, il nome del santo è assunto come protettore dapprima da alcuni nobili e successivamente da massari, braccianti, ortolani e lavoratori della terra. A metà del Seicento vivono a Crotone il clerico nobile Isidoro Pelusio,[iii] il notaio Isidoro Galatio,[iv] ed il nobile Isidoro Papasodaro.[v] Sul finire del secolo ci sono i mercanti di grano e alcuni appartenenti al clero: il canonico Isidoro Iannice,[vi] il sacerdote Isidoro Venturi,[vii] i massari Isidoro Messina,[viii] Isidoro Giaquinta,[ix] e Isidoro Scarnera.[x] Nel Settecento il nome del patrono si è esteso anche ai braccianti, agli ortolani ed altri della società civile, come evidenziano i catasti onciari di Crotone: Isidoro Calabria ortolano di an. 45; Isidoro Jorio ortolano di an. 45; Isidoro Giaquinta massaro di an. 67; Isidoro Cavalieri Mastro sartore di an. 33 Tiene applicati in negozio di grani ed altro la summa di ducati 200; Isidoro Fallacca sartore di an. 44 assente e commorante a Napoli;[xi] Isidoro Puglise orefice di an. 74; Isidoro Camposano Bracciante di an. 32; Isidoro Tancredi Bracciante di an. 20.[xii]

Crotone, elementi architettonici reimpiegati in un magazzino della zona Acquabona, nel luogo in cui si ritiene sia esistita la chiesa dell’Annunziata.

Dalla chiesa dell’Annunziata al convento dei francescani conventuali

La cappella di Sant’Isidoro non è più richiamata nelle visite alla chiesa dell’Annunziata compiute dai vescovi Marco Rama (1690-1709) e Anselmo dela Pena (1719-1723). L’otto agosto 1720 il vescovo Anselmo dela Pena visitò la chiesa dell’Annunziata ed ordinò al procuratore della confraternita di demolire due altari. Segno che già da tempo la cappella di Sant’Isidoro era stata abbandonata ed il culto si era trasferito all’interno delle mura, nella chiesa di San Francesco dei minori conventuali.[xiii]

Ritroviamo la cappella nel catasto onciario di Crotone del 1743, dove così sono descritte le sue rendite: “Cappella di S. Isidoro, del ceto de’ Massari, eretta nella chiesa del Convento de’ padri di S. Francesco d’Assisi de’ minori conventuali. Possiede sopra li beni di D. Diego Tronca per capitale di ducati 175, annui ducati 10:50; sopra li beni di Geronimo Bruno, e per esso della sua vedova, ed erede Vittoria La Nocita per capitale di ducati 50, annui ducati 3; Sopra la vigna del quondam Francesco Puglise, per capitale di ducati 30, annui ducati 1: 80; Sopra la casa di Paolo Artusi, adesso dotale di Teresa Cereza, e per essa di Giuseppe figlio, per capitale di ducati 30, annui ducati 1:80. La cappella tiene di peso la celebrazione di 80 messe.”[xiv]

La cappella rimarrà nella chiesa dei francescani conventuali fino alla sua soppressione. Durante il vescovato di Giuseppe Capocchiani (1774-1788) la chiesa di San Francesco aveva sette altari: S. Francesco d’Assisi (fam. Montalcini), Immacolata (fam. Aragona), S. Giuseppe (fam. Barricellis), S. Maria del Carmine, S. Lucia e S. Barbara (ne avevano cura gli stessi frati), S. Isidoro Agricola, “in cui ogn’anno vi fanno dire la messa cantata per loro divozione gli agricoltori e lo provvedono di suppellettili e ne è procuratore il massaro Antonio Federico”, S. Antonio di Padova (protettore della città di cui ne avevano cura gli stessi frati) e S. Giovanni Battista (fam. Barricellis).[xv]

Ritroviamo la cappella dopo il terremoto del 1783, nella “Lista di Carico formata dal Sig.r Ispettore D. Domenico Ciaraldi Avvocato Fiscale della Cassa Sacra conferita da S. M. al Sig. D. Giacono d’Aragona d’ Ajerbe nel di due Giugno 1790”. Da questa risulta che essa possedeva solamente alcuni censi bollari, che davano una rendita annua di circa 22 ducati. Censi Bullari: Angela Pangari per Capitale di D. 40 deve in agosto annui carlini 2:00; Isidoro Pugliese per Capitale di D. 200 deve in ogni mese di 8bre annui duc. 10; (Oggi si pagono da Gaetano Alfì qual compratore del sud.o capitale); Mag.co Gio. Pietro Messina ed Elena Campagna per due capitali uno di D. 30 e l’altro di D. 40 devono in ogni dì 18 Novembre annui carlini trenta cinque D. 3:50: Dionisio Carvello e Michele Manica per Capitale di D. 50, deve ogni mese di 8bre annui carlini venticinque D. 2:50: Paolo Varano possessore del magazino fuori le porte della Conicella per capitale di D. 50 deve in ogni dì 28 Marzo annui carlini trenta D. 3:00; Tot. Ducati 22:80. I censi appartenenti alla Cappella di S. Isidoro saranno in quello stesso anno 1790 assegnati in tenuta a D. Antonio Giaquinta, parroco della chiesa di S. Margherita, per supplemento della sua congrua e come tali saranno dedotti dalla Lista di Carico.[xvi] Dopo pochi anni la cappella di San Isidoro fa parte dei luoghi pii assegnati al Capitolo ed al clero dal marchese di Fuscaldo.[xvii]

Crotone, gli edifici appartenuti al convento di S. Francesco d’Assisi poi inglobati nel moderno palazzo vescovile.

Il ceto dei massari

Nella “Lista delle 40 ore per la gra(zia) dell’acqua, ed in mancanza si dovrà portare la R.ma Vergine del Capo in Nao”, del dicembre 1760, alla 35 ora troviamo i massari col M(ol)to Rev(eren)do Can(oni)co Soda e il R(everen)do D(on) Fran(ces)co Antonio Renzo ed il chierico Scicchitano.[xviii] Essi vengono prima dei mastri ferrari, sartori, calzolari, barbieri e falegnami, e dopo i dottori, i notai, i medici, gli speziali, i chirurghi e i maestri di scuola. L’importanza che il ceto dei massari rappresenta nella società civile ed economica della città è evidenziata dal catasto onciario di Crotone del 1743. In una popolazione censita di 3524 abitanti, i “fatigatori di campagna” sono 338 (compresi i braccianti 37, gli ortolani 18, i “vignieri” 1, i giardinieri 2), i massari sono 100 e un centinaio sono tra nobili e clero.

Per la loro particolare posizione sociale di mediazione tra i proprietari di terre, di animali e di capitali da una parte, ed i braccianti dall’altra, lo stato economico dei massari indica la situazione di tutta la popolazione in un particolare periodo storico. I massari vivono costantemente indebitati, a volte i più fortunati possono contare anche su qualche piccolo vignale, su due o tre paia di buoi da aratro ed una somara, su alcuni tomoli di grano, orzo e ceci, due o tre vomeri di ferro, aratri di legno, “pajora”, qualche pala e tridente di legno, che usano per l’aia, uno o due carri, qualche capo di bestiame. Essi devono obbligarsi con i proprietari di terre, con gli usurai ed i mercanti.

Per fare il “sementato” impegnano tutto il loro avere per i buoi, gli affitti delle gabelle, la semente e per poter sostenere le “spese del mietere e dell’aria”. Essi non dispongono di mezzi sufficienti per resistere alle annate calamitose, causate dalla siccità e dai bruchi. Per sfuggire alla persecuzione dei creditori spesso devono “ponersi in un rifugio”, o cedono i pochi averi; a volte, perché insolventi, finiscono in carcere. Per fare la massaria utilizzavano: “zappuliaturi”, “roncaturi”, “vanghieri”, ecc. i quali compiono i lavori stagionali. Questo bracciantato locale, chiamato “giornatari”, o braccianti, in quanto lavorava nei campi per alcuni giorni, era pagato a giornata. I “fatigatori di campagna” erano utilizzati per “roncare” la gabella ed il maggese, “adoccare”, “zappoliare”, “scorrere”, “nettare il lino”, “sfellorazzare i lavori” e “ammaesare e sciuppare le fave”, ecc. Tutti lavori di pochi giorni. Non possedevano niente, si cibavano di erbe e frutta e si vestivano “malamente”; perciò, specie d’inverno e durante le carestie, erano i primi ad essere esposti alle infermità e ad una morte precoce.

Lavori di aratura nelle campagne calabresi durante il secolo scorso (foto Archivio ARSAC).

La condizione dei massari

Quanto fosse precaria la condizione di vita dei massari ed il loro rapporto con gli altri ceti della città, si evidenzia durante le ricorrenti crisi agricole. Cotrone, 19 agosto 1719. Il mercante Domenico de Laurentis di Cotrone, corrispondente del barone Ignazio Barretta, durante l’inverno si accaparra grano e maiorche con contratti alla voce della Maddalena, dai massari crotonesi Isidoro Messina per tomoli 200, Mimmo Suriano per tomoli 116, Domenico e Gaetano Capocchiano per tomoli 371 e ½, Matteo e Francesco Arrighi tomoli 62, Leonardo e Francesco Avarelli tomoli 65 e ½, Domenico Manfreda per tomoli 6 ½, Domenico Barbieri tom. 16, Antonio Marino tom 50, Isidoro La Nocita e Diego Miscianza tom 25 ed Antonio Paglia tom. 15., a costoro egli anticipa denaro per la caparra e con l’obligo di consegnargli il grano e la maioca alla voce nel giorno della Maddalena. Venuto il dì della Maddalena, 22 luglio 1719, i massari per la scarsa raccolta non consegnano il grano pattuito e “fanno li sordi, poco curandosi del danno”, che patisce il De Laurentiis, il quale deve mandare il grano a Reggio per fare il pane alle milizie regie.[xix]

La condizione del ceto dei massari e quella della popolazione sono evidenziate dalle suppliche, che i governanti della città rivolgono al re: “Em.mo Sig.re. Li Sindici della Città di Cotrone umilmente fanno intendere a V. E. come essa poverissima, e piccola città vive senz’altra industria di seminare grani, et altre vettovaglie, e nella raccolta li poveri massari vendono il grano raccolto à mercanti per Napoli, et altri luoghi per esimersi dalli debiti contratti nell’inverno per vivere, e coltura del loro seminato, e quando li riesce fruttuosa la raccolta si ritengono parte del grano per la nuova semenza, e per il loro vitto, et alla magior parte anche li manca questo, si che si vede chiaramente, che nel mese di Agosto il grano passa tutto in potere de Mercanti, e pochi ritengono li loro bisognevole à tal segno, che à tre giorni, che in q(ue)sta piazza non vi e stato pane, e se non fusse stato che li supplicanti non havessero pigliato tumola cinquanta di grano da D. Annibale Suriano mercante di questa città à forza, la Città e suoi Cittadini sentivano grandissimo patimento, e perche in questo anno sintende, che il proveditore  della soldatesca alemana, che si ritrova in Reggio vuole pigliare il grano di questi poveri cittadini per uso di detta soldatesca, havendono li mercanti ottenuto ordini, che non fussero loro astretti, per asserire haverli comprati per la Città di Napoli, ne siegue perciò, che pigliandosi detto proveditore li grani di questi poveri cittadini, restano senza pane nel presente anno, et seguente, che però ricorrono alla piatosa giustitia di V. E. supplicandola resti servita ordinare al detto proveditore, et ad ogni altro che spetta non molesti quelli poveri Cittadini, che tengono pochi grani per loro vitto, di loro famiglia, e semente, e che non impedisse essi sindaci supp.ti di far ritenere o dà Cittadini trovandosi, o dà mercanti da diece mila tumola di grani, che certamente possano bisognare per semente di chi non la tiene, e per il publico pane della piazza, qual è necessario per poveri cittadini, e per forastieri, che vengono per agiuto della cultura de campi, e per pascolare con mandre di pecore, et altri animali, e per li marinari che vengono à caricare per la Città di Napoli, e di passagio in questo porto, che il tutto l’haverà a gratia. ut Deus”[xx]

In caso di carestia poi “non vi è cittadino, che per campare miserabilmente con la sua famiglia, non sia stato costretto vendersi a baratto tutto il suo avere, per comprare a caro prezzo il grano per proprio sustentamento, e a chi non è bastato il vendersi li beni di fortuna, hanno pignorato le proprie persone a creditori e li rustici astretti dalla necessità per non restare dell’in tutto insementati li campi, non si sono curati soggiacere a qualsivoglia patto vantaggioso verso li loro creditori e perché la maggior parte non solo de cittadini ma del marchesato tutto, che circa il negotiare dei grani siegue la norma di detta città, si sono accredenzati il grano con patto di doverlo pagare a quel prezzo che si vende nel mese di maggio nel qual tempo si suole ordinariamente alterare più del dovere, …di modo che dovendo un povero huomo pagare diece tumola, se lo volesse ricompensare in tanto grano nuovo…, non li basterà tutta la sua massaria per pagarli o dovendoli pagare in denaro, dovrà stare per più anni schiavo con li suoi creditori per estinguere con le sue fatiche il debito.”[xxi]

Il sedile dei nobili e quello dei massari evidenziati in una elaborazione della “Pianta della Città e Castello di Cotrone” di Michele Cristiani (1777-1778). ISCAG-FT 73/B 4697.

Il sedile dei massari

Crotone, 9 giugno 1769. I notai Gerardo de Meo, Gio. Domenico Siciliano e Vitaliano Pittò ed i maestri barbieri Benedetto Stabile e Vincenzo Zurlo chiedono ai governanti della città (Rafaele Zurlo sindaco dei nobili e D. Annibale Berlingieri, eletto dei nobili, D. Francesco de Vennera e D. Dionisio Cimino, eletti dei civili) un suolo pubblico accanto alle mura.

“Essendo la città tutta murata, ed in maniera tale angusta che non vi è luogo di potervi fare edifici, per la qual caosa non tanto facile si ritrovano luoghi, e botteghe in affitto senza portar grande interesse a Cittadini”, chiedono perciò all’università la concessione di poter edificare cinque botteghe, una per ciascuno, di larghezza palmi quattordici e di lunghezza palmi settanta, appoggiate alle regie mura e nello spiazzo dirimpetto ad altre botteghe di barbieri e all’ospedale di San Giovanni Dio, proprio nel luogo detto “il sedile delli massari”. Una volta ottenuto il regio assenso di appoggiare le nuove botteghe alle regie mura, i richiedenti si obbligheranno a pagare all’università un annuo canone in perpetuo di carlini cinque per ciascuno per il suolo.[xxii]

Note


[i] Isidoro Mirandola bracciale di an. 42 (ASN, Regia Camera della Somm., Patrimonio Catasti Onciari, Busta 6974, Catasto onciario di Isola, 1745, f. 88v); Isidoro Foresta bracciante di an. 41; Isidoro Arcuri, bracciante di an.26 (Ibidem, Busta 6959, Catasto Onciario di Cutro, 1741, ff. 42, 160); Isidoro Bruno bracciale an.33; Isidoro Carnovale massaro an. 28 (Ibidem, Busta 7009, Catasto Santa Severina, 1743, f. 63).

[ii] ASCZ, Not. Protentino Felice Girolamo, Busta 229, anno 1655, f. 74.

[iii] Crotone, 17 settembre 1654, Clerico Isidoro Pelusio. ASCZ, Not. Hieronimo Felice Protentino, Busta 229, anno 1654, f 122v. Crotone, 6 settembre 1670, il canonico Isidoro Pelusio, procuratore del capitolo della cattedrale di Crotone. ASCZ, Not. Pelio Tiriolo, Busta 253, f. 104v.

[iv] ASCZ, Not. Gio. Tomaso Salviati, Busta 312, anno 1664, f. 25.

[v] ASCZ, Not. Antonio Varano, Busta 335, anno 1670, f. 74v.

[vi] AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama Ordinis Eremit.rum S.ti Augustini A. D. 1699 Confectae, f. 104; Anselmus dela Pena, Visita, 1720, f. 37v.

[vii] AVC, Anselmus dela Pena, Visita, 1720, f. 44v.

[viii] AVC, Anselmus dela Pena, Visita, 1720, f. 49.

[ix] AVC, Anselmus dela Pena, Visita, 1720, f. 28.

[x] AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama Ordinis Eremit.rum S.ti Augustini A. D. 1699 Confectae, f. 147.

[xi] ASN, Cam. Som., Catasto Onciario Cotrone, 1743, vol. 6955, ff. 139-140.

[xii] AVC, Catasto di Crotone, 1793, f. 97v.

[xiii] AVC, Anselmus dela Pena, Visita, 1720, f. 48v.

[xiv] ASN, Cam. Som., Catasto Onciario Cotrone, 1743, vol. 6955, ff. 247v-248.

[xv] AVC, Nota delle chiese e luoghi pii, Cotrone 18 febbraro 1777.

[xvi] AVC, D. Aragona d’Ajerbe, Cotrone, Lista di carico, 1790, ff 44, 74.

[xvii] I luoghi pii assegnati al capitolo e al clero dal marchese di Fuscaldo erano: Le cappelle del SS. Crocifisso, di S. Maria del Capo, dei SS. Cosma e Damiano, dei SS. Crispino e Crispiniano, di S. Isidoro Agricola, del SS. Rosario, la chiesa di S. Giuseppe, il monte de’ morti del Purgatorio e la congregazione e monte de’ morti dell’Immacolata. AVC, Elenco dei luoghi pii laicali, 1805.

[xviii] AVC, Decembre 1760. Lista delle 40 ore per la gra. dell’acqua, ed in mancanza si dovrà portare la R.ma Vergine del Capo in Nao. 1 – La R.ma Vescovil Curia; 2 – La Giornata del Lunedì; 3 – La giornata del Martedì; 4 – La Giornata del Mercoledì; 5 – La Giornata del Giovedì; 6 – La Giornata del Venerdì; 7 – La Giornata del Sabbato; 8 Li R.ndi P.ri dell’Osservanza; 9 – Li R.ndi P.ri Conventuali; 10 – Li R.ndi P.ri Paulini; 11 – Li R.ndi P.ri Capoccini; 12 – Li R.di P.i dell’Ospedale; 13 – Arciconfraternita del SS.mo Sacramento e suo Cappellano; 14 –  La confraternita del Carmine e Suo Cappellano; 15 – La confraternita della SS.ma Pietà e suo canonico; 16 – La confraternita della SS.ma Annunziata e suo canonico ed il R.ndo D. Paolo Fonte; 17 – La confraternita de SS. Crispino e Crispiniano e suo cappellano; 18 – La confraternita del SS.mo Rosario e suo cappellano; 19 – La confraternita dell ‘Immacolata Concezione e suo Cappellano; 20 – Li Sig.ri Governadore, Giudice, e tutta la Corte con il Molto R.ndo Can.co D. Giuseppe Suriano, D. Fran.co Riccio del q.m Antonino ed il Chierico Giaquinta; 21 – Li Sig.ri del Regim.to della Città con il M.to R.ndo Can.co D. Alessandro Albani, il R.ndo D. Paolo Varano ed il Chierico Smerz.; 22 – Li Sig.ri Officiali della Dogana col M.to R.ndo Can.co D. Gio. Fran.co Albani, il R.ndo D. Dionisio Soda, ed il Chierico Oliverio, ed il Cl.o Avarelli; 23 – Il R.ndo Paroco di S. Maria, suoi Economo, e Parocchiani; 24 – Il R.o Paroco de SS. Pietro e Paolo, il R.ndo D. Tramonte e suoi Parocchiani; 25 – Il R.ndo Paroco e M. R. Economo del S.mo Salvadore, e suoi Parocchiani; 26 – Il R.ndo Paroco di S. Veneranda e suo Economo e Parocchiani; 27 – Il R.ndo Paroco ed Economo di S. Marg.ta con suoi Parocchiani.; 28 – Li Off.li del Pio Monte del Purgatorio Eletti; 29 – Il Prefetto, e Maestro del Seminario con Seminaristi; 30 – Il M.to R.ndo Rettore del Monte di Petrolillo; 31 – Li Rettori del Monte di Mazzulla , e SS. Pietà; 32 – Li Sig.ri Dottori, e Notari col M.lto R.ndo Can.co D. Petro del Castillo, il R.ndo D. Coccari, e Greco;  33- Li Sig.i Medici, Speziali, e Chirurghi col M.to R.ndo Can.co D. Giuseppe Messina, il R.ndo D. Gabriele Messina e D. Salvadore Messina; 34 – Tutti li Maestri di Scola, li sacerdoti Marinelli e Camposano ed il Chierico Artesi; 35 – Li Massari col M.to Rev.do Can.co Soda e il R.do D. Fran.co Antonio Renzo ed il chierico Scicchitano; 36 – Li Maestri Ferrari con il M.to Rev.do Can.co Gio. Giacomo Messina, il R.do D. Puglise ed il chierico Torromino; 37 – Li Maestri Sartori col M.to R.ndo Can.co Manfredi, il R.ndo Giaquinta ed il chierico D’Oppido; 38 – Li maestri Calzolari col m.to Rev.do Can.co Fanele e li R.ndi Papaleo e Lucifero e di Bona; 39 – Li maestri Barbieri con li R.ndi D. Antonio Avarelli, D. Fran.co Riccio q.m Giuseppe e il D. P. Gallucci, 40 – Li maestri Falegname con li R.ndi Montefusco e D. Carlo Gallucci ed il chierico Asturelli. Dydacus Can.cus Zurlo Vic. Gen.”

[xix] ASCZ, Not. Stefano Lipari, Busta 612, anno 1719, ff. 84v-85.

[xx] ASN, Prov. Caut. Vol. 328, ff. 62-63 (1709).

[xxi] ASN, Prov. Caut. Vol. 103, ff. 15-16v, (1720).

[xxii] ASCZ, Not. Nicola Rotella, Busta 1129, 1769, ff. 100-108.


Creato il 28 Dicembre 2024. Ultima modifica: 28 Dicembre 2024.

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