Vincenzo De Rosa e le torri regie di guardia marittime tra il Tacina ed il Neto

La torre del Mariello nel disegno contenuto in Voyage Pittoresque di Jean Claude Richard Abbé de Saint-Non, Parigi 1783.

Poco dopo la metà del Cinquecento, durante il viceregno del duca d’Alcalà (1559-1571), per contrastare le frequenti incursioni turchesche, proteggere il traffico navale e combattere il contrabbando, si cominciarono a costruire torri di guardia marittime. La Regia Corte impose tasse destinate alla loro costruzione e guardia. Per loro conto le università vicine alla costa assicuravano che, giorno e notte, si facesse la “guardia” e la “sopraguardia” del litorale con “cavallari”.[i]

Le torri dovevano essere disposte a non più di seimila passi l’una dall’altra, in vicinanza delle insenature, dove le navi potevano rifugiarsi facilmente. Rifornite di polvere da sparo e di palle, ciascuna torre era sotto il comando di un caporale, con alcuni aiutanti, o guardiani, i quali, nel caso dell’avvicinarsi di navi sospette, o nemiche, dovevano segnalarle con fuochi, bersagliandole con l’artiglieria, mentre i cavallari, nell’evenienza di sbarchi nemici, allertavano gli abitanti con segnali di avvertimento concordati, approntavano le prime difese e si davano il passaparola.[ii]

carta tommaso aceti

Le torri regie di guardia marittime riportate nella carta della Calabria Ulteriore di Tommaso Aceti (1687-1749), esistente nelle sue note al De Antiquitate, et Situ Calabriae di Gabriele Barrio pubblicate nel 1737.

Sappiamo che nel giugno 1564, era in Calabria Ultra l’ingegnere Petro de Trivegno, mandato “ad designandum et reconoscendum edificium turrium”; egli aveva inoltre il compito di conteggiare le torri che si edificano in quelle marine, per difenderle dai corsari, e di stabilire il denaro occorrente per questo uso. Sempre in quel mese è presente Donato Antonio Camo, ufficiale della regia scrivania “deputato in interventione fabricae dittarum turrium”, mandato dal viceré nelle Calabrie per assistere ai pagamenti delle torri.[iii]

Nonostante che nel marzo 1565 il marchese di Cerchiara, Fabrizio Pignatelli, delegato a seguirne la costruzione,[iv] comunicasse al viceré che la maggior parte delle torri era stata terminata,[v] noi sappiamo che nella penisola crotonese, i lavori non erano ancora incominciati, o erano incompleti. Nel 1570 la torre di capo delle Colonne, prima ancora di essere finita, era stata rovinata dai Turchi, e quella di capo Ricciuto era oggetto di una protesta dell’università di Crotone.[vi] Sempre in questi anni erano attive alcune torri marittime in Calabria Citra. Dai pagamenti effettuati dal tesoriere di Calabria Citra, Antonio Belmusto, sappiamo che nel 1571-1572, erano in guardia le seguenti regie torri:

1) La torre dela Dopna o Domna nel territorio di Guardia di cui era caporale Michele Rodoriques.

2) La torre di Santo Quaranta nel territorio di Longobardi di cui era caporale lo spagnolo Antonio de la Pigna.

3) La torre de lo Capo del Saracino in territorio di Casalnuovo di cui era caporale Thomaso Hernandes.

4) La torre dela Bocha di Sabuto, o Vucca de Savuto, in territorio di Nocera di cui era caporale lo spagnolo Joan de Serra.

5) La torre dela Preta dela Nave.[vii]

Le torri regie di guardia marittime riportate nella carta della Calabria Citeriore di Tommaso Aceti (1687-1749), esistente nelle sue note al De Antiquitate, et Situ Calabriae di Gabriele Barrio pubblicate nel 1737.

Dopo una visita fatta nel 1579 alle coste della Calabria, per la sicurezza della marina dal Crocchio a capo delle Colonne, di continuo infestata dai pirati, il veditore generale dei castelli Sancio de Carrozza e l’ingegnere militare Benvenuto Tortelli, avevano fatto presente al viceré la necessità di costruire almeno dodici torri così distribuite: “al detto capo delle Colonne, alla punta di Maricello, a quello della fontana di Siffo, al capo delle Cimiti, al capo Rizzuto, al porto delle Castella, terra distrutta per le continue scorrerie dei Turchi e … in un luogo que por ser tan buen puesto la religion de Sant Juan pidiò al emperador Carlos quinto para edificar una ciudad a tiempo que perderion la isla de Rodas”, oltre che in due capi non nominati ed, infine, alle foci del Tacina e del Crocchio.[viii]

All’inizio del 1580 molte torri marittime erano già state completate e poste in guardia, di queste ben 49 erano in esercizio in Calabria Ultra e due nel Marchesato: quelle di Capo Rizzuto e di Manna in territorio di Isola.[ix] Altre torri erano in costruzione e molte dovevano essere appaltate. Tra quest’ultime le dodici che Sancho de Sarrocza, “veditore della gente di guerra e fortecze del regno”, aveva segnalato come importantissime da farsi nella marina tra il Tacina ed il Neto. Nel luglio 1583 l’ingegnere militare Pignalosa Cafaro era nei luoghi per misurare alcune torri e per consegnare il disegno di altre ancora da farsi;[x] ma, ancora negli anni Ottanta, esistevano sulla costa dal Neto al Tacina, le sole torri regie marittime di capo Manna[xi] e di capo Ricciuto.[xii]

La “torre di capo riczuto” raffigurata alla fine del Cinquecento, in una delle tavole contenute nel codice Romano Carratelli.

Nell’ottobre 1586, essendo finiti i denari, si stimò che, per completare le 27 torri, che allora erano in fase di costruzione nelle marine del Viceregno, abbisognavano almeno 15.000 ducati. Tra le torri incomplete, alcune si trovavano nelle Calabrie (Ultra e Citra) e precisamente: la torre della Ruffa nella marina di Tropea, le due torri di Briatico, la torre di Angitola nella marina di Pizzo, la torre di Santa Letterata presso Belvedere, le due torri di Cetraro e la torre di Scalea. Per proseguire i lavori, la Regia Camera decise che dei 15000 ducati, stimati necessari, se ne fosse esatta solo la metà nei mesi di gennaio e febbraio 1587. Nel giugno dello stesso anno 1587 il viceré, ritenendo che fosse urgente proseguire i lavori delle torri cominciate, iniziandone altre, decise di imporre una nuova tassa di 10.000 ducati, suddivisa in tre terzi ad iniziare dal primo settembre 1587, gravando complessivamente grana 25 a fuoco le terre vicine alla marina meno di 12 miglia, e metà le altre e quelle abitate da Schiavoni e Albanesi.

Ma i soldi raccolti non durarono a lungo, anche perché subito si appaltarono altre sei torri, tra le quali quella della Bruca, nella marina dell’Abbatemarco, e quella di Pentedattilo, così che le torri in costruzione salirono a trentatré. Ormai l’affare della loro costruzione era diventato ingovernabile ed inghiottiva sempre più denaro, mentre sempre meno erano le torri completate che entravano in servizio. Frodi e corruzione aumentavano, i costi si allontanavano sempre più da quelli preventivati ed i lavori si prolungavano, creando occasioni di speculazione e di complicità tra ingegneri, partitari e funzionari regi. Si era ormai creato un ceto insaziabile che faceva fortuna sul prolungamento e l’ampliamento dei lavori, favorendo l’appalto delle torri meno importanti, e ritardando di continuo l’inizio dei lavori di quelle ritenute strategiche.

Isola di Capo Rizzuto (KR), la Torre Vecchia (dalla pagina fb di Relios Petrocca).

Si decise di ricorrere a nuove tasse, sia per finire le trentatré torri in costruzione, sia per riparare alcune vecchie torri, e sia per costruirne altre, tra le quali, quelle previste fin dal 1579, nelle marine del Marchesato di Crotone. Ai primi di aprile 1590 fu stabilito che, per accumulare i 46.000 ducati occorrenti per portare a termine i lavori, si dovesse imporre una nuova tassa di un carlino a fuoco, da esigersi terziativa in due anni, a iniziare dalla Pasqua 1590 e finendo al Natale 1591.

Appena andata in vigore la nuova tassa riprese la costruzione delle trentatré torri ma, nello stesso tempo, ne furono appaltate altre sei nuove, tra le quali la torre nell’isola di Cirella, la torre di Palizzi, la torre nella marina di Cropani, e la torre di Gallicchio in territorio di Reggio, la quale pur essendo già stata costruita, aveva subito danni dalla piena del vicino torrente. Il numero delle torri da completare salì così a 39, mentre non andavano ancora in appalto quelle importanti tra il Tacina ed il Neto.

All’inizio del 1594 i soldi erano ormai finiti e per ottenerne ancora, si assicurava il viceré che alcune torri erano ormai finite, tra le quali nelle Calabrie: quella dell’isola di Scalea e le due di Briatico, e che occorreva con urgenza appaltare le torri tra il Neto ed il Tacina, ed altre ritenute importanti tra le quali, in Calabria: una in territorio di Joppolo, una nella marina di Cirò, un’altra tra Cassano e Corigliano, già costruita precedentemente, ma poi distrutta dal torrente Coscile, e un’altra nel porto di Santo Nicola a Scalea.

Isola di Capo Rizzuto (KR), la Torre Vecchia.

Si ricorse come al solito a nuove imposizioni e si decise di applicare una tassa di 10.000 ducati all’anno per cinque anni continui ad iniziare dalla terza di Pasqua 1594, gravando ogni fuoco di grana 2 e 5/6 l’anno per le terre entro 12 miglia dalla marina e per metà le altre. Con questa nuova e pesante tassazione si prevedeva anche di dare finalmente in appalto le torri previste fin dal 1579 dal Carrocza, il cui iter burocratico è così descritto in una relazione del gennaio 1594 dal razionale Antonio Falanga, che aveva l’incarico di seguire le vicende delle torri del Viceregno:

“Molto Ill.e S.re havendo vostra E. per viglietto del sec.rio mayorga delli 4 del p.nte or.to alla cam.a li facesse relatione il primo venerdi di quello si contiene in una copia di cap.li di viglietto scritto all’E. sua per il priori di ungaria in materia delle turri designate farrosi nel capo delle colonne vi e stato da V. S. commesso li referisca q.nto possa circa questo par.re e volendo cio esseg.re referisco come detto priore have accosato a sua Ecc.a che dal fiume di Tacina sino al capo delle colonne furo l’anni passati designate farnosi per il qm. Sancio de Sarrocza vedetore generale et alcuni ingegnieri dudici o tredici turri molto importantissime per salvatione de populi le quali furo ultimamente confirmate farnosi per il qm. spettabile don Herrico de Mendocza olim gov.re di quella provintia de Calabria Ultra il quale insieme con lo ingegniero Vinc.o de Rosa ando per or.ne dell’E. Sua visitando le marine de dette provintie et perche il detto ingegniero Rosa a 9 dell’istesso p.nte mese di gennaro ha referito in scriptis al S. Regente Ferrante Fornari come da quelle parti era necessario edificarnoseci quattordici turri cio e tridici nell’infratti luochi del capo delle colonne conforme all’aviso dato per detto priore et una nel fiume de neto perche l’altre due sino al numero de turri sidici referite per detto ingegniero Rosa una chiamata Crocchia nel territorio di Cropani e gia principiata e l’altra e torre vecchia sita nel monte Riczuto quale se ha da reparare a respetto delle quali tridici turri che sua E. ha comandato se neli faccia per la camera relatione il detto ingegniero ha referito esserno state appontate e designate farnosi nell’infrascritti luochi et bisognarci l’infrattra spesa cio e, una nella fiumara de Tacina con spesa de ducati 4000, un’altra in la care de dragone e vallone de Reytano con spesa de ducati 2500, un altra nella cala de posterione per il preczo ut supra de ducati 2500, un altra nella scalea delle castelle per il preczo ut supra de ducati 2500, un altra nella cala porcella per il preczo ut supra de ducati 2500, un altra in lo luoco chiamato sbarcaturo per il preczo ut supra de ducati 2500, un altra in lo luoco chiamato la fenstra cala de malo et acqua delli burghi rossi per il preczo ut supra de ducati 2500, un altra nel monte chiamato Alfiero per il preczo ut supra de ducati 2500, un altra nella cala dela cesa e delle candelle per il preczo ut supra de ducati 2500, un altra nel luoco chiamato Schifo e capo de piczicarolo per il preczo ut supra de ducati 2500 un altra nel capo delle colonne dove se dice lo mareyello per il preczo ut supra de ducati 2500: importaria tutta la spesa de dette 13 turre de ducati 34000 et per l’altra torre da fabricarsi nel fiume de neto a complimento delle 14 ci bisogneriano di spesa ducati 4/m in tutto ducati 38000 et per corroboratione del predetto ho ritrovato che per consulta fatta per la camera a Sua E. a ultimo di ottobre 1586 in consultar. 18 f.o 35 per l’imposetione che se haveva da fare per finire alcune turri che si ritrovavano principiate et per incominciare alcune altre necessarissime fu tra l’altro referito all’E. Sua come nella visita che fe il pr.tto Sancio de Sarrocza nell’anno 1579 de or.ne del Ill.mo qm. marchese de Mondezar all’hora vicere del regno retrovo che nel detto capo delle colonne era necessario per securta di quelli luochi e terri al spesso assaltati da vascelli de infedeli che vi si edificassero 12 torri le quali erano state ordinate farnose et che per essa camera furo fatti publicare piu volte banni per la construttione d’esse in virtu delle quali sibene furo date alcune offerte non parse conveniente accettarle a causa erano ad alti preczi questo e quanto ho potuto referire a V. S. alla quale di continuo mi raccomando e bascio le mani da casa a 13 di gennaro 1594 di v.s. molto Ill.mo Ant.o Falanga.”

Il promontorio di “capo di li colonne” raffigurato alla fine del Cinquecento, in una delle tavole contenute nel codice Romano Carratelli, dove sono evidenziate le località “mariello” e “scifo et pczicaloro”, in cui era previsto si realizzassero due torri (“Dove stan signate le Croce bisognano le torre”).

Nonostante tutto ciò, bisognerà attendere ancora alcuni anni e si dovrà procedere ad altra tassazione prima che alcune delle torri previste fin dal 1579 possano essere appaltate.[xiii] Frattanto, nel gennaio 1594 la nuova torre, chiamata Crocchia, in territorio di Cropani, è già in costruzione. Il mastro fabbricatore che si è aggiudicato l’appalto è Adante, o Dante, Cafaro della città di Cava, che alcuni anni dopo costruirà la torre dei Gesuiti nel villaggio di San Leonardo.

Con le prime perizie iniziano le controversie. Il mastro è accusato di frode per essersi accordato con il delegato della Regia Udienza Provinciale alterando le misure del costruito. In attesa che un ingegnere su incarico della Regia Corte, si porti sul luogo per una verifica, viene concesso un anticipo al mastro affinché possa procedere nei lavori. Il tempo passa e, poiché è ormai iniziata la bella stagione, l’ingegnere delegato, il cavalier Fontana, fa sapere che non intende portarsi sul luogo prima di settembre per paura dei corsari.

Finiti i soldi, si fermano i lavori. Il Cafaro ai primi di luglio protesta per il danno che il fermo dei lavori crea a lui, ai lavoratori ed all’opera. Egli chiede che nell’attesa, venga consegnato un po’ di denaro all’università di Cropani per poter proseguire. La richiesta è accolta e si ordina al tesoriere di Calabria Ultra di consegnare ducati 200, dei denari riscossi per la fabbrica delle torri, all’università di Cropani, affinché li utilizzi nella costruzione della torre. Il versamento è effettuato ai primi di agosto dal luogotenente del tesoriere, che consegna in Crotone il denaro al delegato dell’università di Cropani, Francesco Braczello.[xiv]

La necessità di procedere a rinforzare l’assetto difensivo di tutto il litorale del Marchesato diventò evidente dopo le distruzioni causate dall’“Armata” turca del Cicala che, il 24 agosto 1594, distruggeva nuovamente Le Castella,[xv] ed ai primi di settembre devastava il suburbio di Isola, saccheggiando la chiesa cattedrale,[xvi] a fianco della quale il vescovo Caracciolo aveva costruito una torre, alla quale si accedeva dal cortile del palazzo vescovile attraverso un ponte di legno.[xvii]

Isola di Capo Rizzuto (KR), torre fatta costruire alla fine del Cinquecento dal vescovo Annibale Caracciolo (1562-1605).

Si giungeva così al 14 febbraio 1596 quando, riprendendo ed ampliando il piano del Tortelli, la Regia Corte emanava il bando per l’appalto della costruzione di quattordici torri: tredici dal Tacina a capo delle Colonne ed una alla foce del Neto.[xviii] Le torri dovevano essere situate in posizione dominante ai capi delle insenature e alle foci del Tacina e del Neto.

L’anno dopo i Gesuiti di Catanzaro procedevano per proprio conto, alla costruzione di una torre nel villaggio di S. Leonardo da loro fondato nelle marine di Tacina. Il 17 luglio 1597 era infatti stipulato in Catanzaro, un contratto tra il rettore del collegio, Joannes Maria Santoro, ed i mastri fabricatori della città di Cava Adante Cafaro, Decio de Mauro e Ippolito Jordano; questi ultimi si impegnavano a proseguire e completare entro due anni la costruzione della torre, che era già iniziata, secondo il disegno e con alcuni patti e convenzioni.[xix] Il lavoro alla torre durerà alcuni anni e all’inizio del 1604 mancavano ancora “lo ponte, la porta, fenestre et astraco di sopra”.[xx]

San leonardo di Cutro (KR), ruderi della torre dei Gesuiti.

Anche il castello di Le Castella, costruito a suo tempo da Andrea Carrafa,[xxi] veniva riparato dal duca di Nocera,[xxii] ma risultava male armato[xxiii] così il castellano con i pochi abitanti d’estate si ritirava a Cutro per paura dei Turchi.[xxiv]

All’inizio del 1598 la Regia Corte procedeva all’incanto delle torri. Risalgono a questo anno alcuni atti che dimostrano l’inizio dei lavori. Su richiesta di mastro Carolo Greco, partitario della torre de Porcello, in territorio di Le Castella, la Regia Udienza di Calabria Ultra il 16.5.1598 ordina ai sindaci di Cutro, Marco Fera e Jo. Matteo Oliverio, di comprare tre paia di buoi e tre carri affinché il mastro possa usarli per la costruzione della torre.[xxv] Un altro ordine della Regia Udienza di quell’anno, comanda al capitano Fulvio Antonio Leone, luogotenente del tesoriere di Calabria Ultra nella città di Crotone, di versare all’università di Cutro ducati 500, per il partito fatto dalla Regia Corte col mastro Io. Battista Fico di Cutro della torre di Posteriore, sempre in territorio “marittima Castellorum Maris seu Tacina”. Il Fico nel 1598 riceverà solo ducati 300 in due rate.[xxvi]

I lavori alle torri proseguivano anche nella primavera dell’anno dopo. Nel marzo 1599 i mastri Andrea Jannello, napoletano e partitario della torre di Tacina, e Adante Cafaro, suo compagno e procuratore, stipulavano un contratto con alcuni lavoratori di Cropani. Quest’ultimi promettevano di fornire 32 canne di pietra, da prendersi tra Jacopio e Le Castella, e di portarle sulla spiaggia presso la torre, “quaranta palmi discosto dall’onde”.[xxvii] Da un atto successivo sappiamo che i mastri avevano iniziato il cavamento della torre ma la pietra per costruire era rimasta inutilizzata sul luogo.[xxviii]

Cutro (KR), località Torrazzo, resti della torre di Posteriore.

I pagamenti della Regia Corte in quell’anno si interruppero.[xxix] Il tentativo di Campanella per cacciare gli Spagnoli dalla Calabria e istaurarvi la repubblica, l’arrivo della flotta del Cicala nell’estate 1599 e altri fatti, posero fine ai lavori.[xxx] Domata la rivolta ed allontanatasi la flotta turca, ritornò l’urgenza di riprendere la costruzione delle torri. L’anno dopo la Camera della Sommaria con due ordini inviati il 23 marzo ed il 31 agosto 1600, all’auditore di Calabria Ultra, lo autorizzava a procedere nuovamente all’incanto dei lavori “con li patti, capitoli et conventioni apposti nell’ultimo incanto fatto per le medesime torri nell’anno 1598”.[xxxi]

Sancio de Miranda, auditore di Calabria Ultra e commissario delle nuove torri, che la Regia Corte fa edificare dal fiume Tacina al Neto, fa mettere all’asta nella piazza di Catanzaro l’appalto delle torri. Si attiva contemporaneamente la struttura organizzativa ed amministrativa per finanziare e vigilare le opere. Man mano che gli appalti delle torri sono aggiudicati, i partitari, come per impegno preso, per maggior sicurezza della Regia Corte, nominano un fideiussore, persona facoltosa, che deve svolgere la funzione di cassiere, mentre la Regia Udienza ed il tesoriere di Calabria Ultra, ordinano alle università, sul cui territorio dovranno sorgere le torri, di convalidare i cassieri, o fideiussori, uno per torre, proposti dai partitari.[xxxii]

Le Castella di Isola Capo Rizzuto (KR), località Campolongo, resti della torre di Jacopio, indicati ora come “T.re Brasolo”.

L’uditore di Calabria Ultra, Sancio de Miranda è il commissario destinato dalla Camera della Sommaria in Catanzaro, per la fabbrica delle nuove torri che si edificano nel Marchesato. Dopo aver proceduto a fare eseguire l’incanto e stipulato per conto della Regia Corte i contratti di appalto, egli accoglie le istanze dei partitari per ricevere i denari di acconto e per iniziare e proseguire i lavori. Verificate le richieste, egli emana ordini diretti al tesoriere Camillo Romano in Monteleone, affinché proceda a pagare i partitari e le università. Il tesoriere, che amministra i soldi provenienti dalle imposizioni sulle torri, quelli della guardia, ed altri messigli a disposizione dalla Camera della Sommaria, su ordini dell’uditore, tramite il suo luogotenente nel Marchesato, consegna i soldi di anticipo ai partitari e quelli che spettano alle università.

Da ultimo le università versano ad ogni cassiere il denaro spettante, proveniente dalla tesoreria, a volte anticipandolo con denaro proprio, affinché essi possano spenderlo per la costruzione di ciascuna torre, per i lavoratori e gli operai che vi lavorano, ad ogni ordine e volontà del partitario. Vinto l’appalto, i partitari associano persone facoltose e altri mastri, costituendo delle società miste di capitale e lavoro.

All’inizio del 1601 mastro Ascanio Faylla associa i benestanti Gio. Francesco di Bona e Scipione Azzariti. A questi si aggiunge il mastro Geronimo La Macchia, al quale dopo poco subentra il mastro Andrea Jannello. I mastri lavorano di persona alla costruzione della torre, ricevendo un salario giornaliero di carlini tre, da prendersi dalla cassa comune, mentre per ogni giorno che non lavorano per loro colpa, ne pagano otto. Tutti i soci si spartiscono in parti uguali i guadagni e le perdite.[xxxiii]

Crotone, la torre del Marrello, in località Nao o Capo delle Colonne.

Dai documenti superstiti sappiamo che l’otto novembre 1600, presso il notaio Annibale Juzzolino di Catanzaro, Minico de Messina di Crotone stipula il contratto con la Regia Corte, rappresentata dall’auditore Sancio de Miranda, per l’appalto della torre del Marrello in località Nao in territorio di Crotone[xxxiv] e, sempre presso lo stesso notaio, un altro atto dello stesso tipo è steso il 13 dello stesso mese con Gio. Battista Fico di Cutro, che si è aggiudicato il giorno prima l’appalto della torre di Posteriore in territorio di “Castellorum Maris seu Tacina”, il cui disegno e progetto porta la firma dell’ingegnere militare Vincentio de Rosa.[xxxv]

Ma altre torri erano state appaltate, o lo saranno nei giorni seguenti: la torre di Tacina, nella marina omonima, da edificarsi da mastro Ascanio Faylla, architetto e ingegnere pubblico di Bisignano,[xxxvi] la torre di Jacopio, in territorio di Castellorum Maris, da mastro Marino de Syo della città di Cava,[xxxvii] la torre di Neto in territorio di Crotone, da mastro Petruczo de Franco di Crotone,[xxxviii] la torre di capo Pellegrino sempre in territorio di Crotone, da mastro Gio. Bernardino de Sena di Catanzaro,[xxxix] e le due torri di Civiti e di Zirigotti in territorio di Isola, da Marco Sbarra di Catanzaro.[xl]

Louis-Jean Desprez, La toré de la Cape Colonne, 56p, 1778. Stoccolma Kunglig Akademien för de fria Kosterna, P49:1, pp. 204-205 (da Lammers P., Il viaggio nel Sud dell’Abbé de Saint-Non, Electa Napoli, Napoli 1995, p. 236, fig. 223a).

Arrivati i soldi per l’anticipo ai partitari ed altri ai cassieri, da conservarsi separatamente e spendere alla costruzione delle torri, e per pagare i manipoli e gli operai, iniziano le assunzioni. Francesco Surdano, abitante in Mesoraca, loca la sua persona al mastro Ascanio Faylla per aiutarlo a costruire la torre, di giorno e di notte, con la condizione che, per ogni giorno che mancherà, saranno tolti dal suo salario tre carlini, mentre per l’anno di lavoro, riceverà dal mastro ducati 44, dei quali 5 all’inizio ed il rimanente in rate mensili. Il mastro, inoltre, si impegna a seminare con i suoi buoi e con il suo grano, due tomolate di terra che il Surdano possiede nel territorio di Mesoraca.[xli]

Cominciano i lavori ma spesso si interrompono per mancanza di denaro. Nell’aprile 1601 il mastro Gio. Battista Fico, partitario della torre di Posteriore, che ha già scavato i cavamenti per le fondazioni, protesta “non potendo complire con i partitarii della pietra e calce che a comprato et li cavamenti, per esser detta torre sotto una rupe, da li inimici facilmente potriano empirsi in grandissimo danno della Regia Corte”.[xlii]

Ai primi di luglio dello stesso anno il regio ingegnere militare Vincenzo de Rosa è nelle marine del Marchesato, per ispezionare gli scavi di fondazione delle torri che si incominciano a costruire.[xliii] Dopo un’analisi attenta dei luoghi, egli ordina che il perimetro della torre di Neto, situata sul fiume, sia allargato tutto intorno di palmi quattro “per non fare spesa d’impelliciata”, portando così il cavamento da canne 298 e palmi 34 a 487 e mezzo.[xliv]

Crotone, la torre del Marrello, in località Nao o Capo delle Colonne.

Per maggiore funzionalità e controllo delle opere, al castellano di Crotone, Don Antonio dela Motta Villegas, sopraintendente alla regia fortificazione della città e castello di Crotone, è affidato dal viceré anche il compito di sopraintendere alle 14 torri che si edificano nelle marine del Marchesato,[xlv] funzione prima espletata dall’auditore di Catanzaro. Il castellano, su richiesta dei partitari, ordina al tesoriere di Calabria Ultra, di pagare l’anticipo e di consegnare altri soldi ai cassieri convalidati dalle università, soldi da prendersi dai pagamenti delle imposizioni per la fabbrica delle torri o, mancando questi, da quelli della guardia, oppure da quelli inviati dalla Camera della Sommaria. Egli, inoltre, certifica l’andamento dei lavori e le richieste, vigilando sulla cessione degli appalti.[xlvi]

Mentre lo scavo e la fondazione di alcune torri procedevano, altre non erano state ancora iniziate. Ritardi sono segnalati specialmente per le torri appaltate a prezzi bassi, cioè quelle di Civiti e Zirigotti, da costruirsi a carlini 22 e mezzo la canna, e quella di Posteriore a carlini 23 e mezzo.[xlvii] Cominciano le prime cessioni. Ritrovandosi impedito ad eseguire l’opera, sia per la sua infermità che per altre cause, il 10 ottobre 1602 il mastro Minico de Messina di Crotone cede l’opera fatta, sia di cavamenti che di fabbrica, come anche i materiali che si trovano nella torre del Marrello, al mastro crotonese Renso Pecoro e allo spagnolo benestante Alonso Corrales,[xlviii] quest’ultimo fideiussore anche della torre di Neto.[xlix] Il Messina riceve dai nuovi partitari ducati 50 di rimborso per le “molte spese di scripture, perdita di tempo, et altri interessi”, patiti al momento dell’appalto.

Nel 1603 proseguono i lavori delle torri di Tacina,[l] Jacopio,[li] Neto,[lii] Civiti,[liii] e Posteriore.[liv] Finito lo scavo i mastri gettano le fondamenta ma, sia per le modifiche che per il ritardo dei pagamenti, sono già passati i due anni previsti per l’intera costruzione, e le proteste sono sempre più frequenti. Mastro Petruczo de Franco, partitario della torre di Neto, appaltata a suo tempo a carlini 29 la canna di fabbrica, ora ne esige 39;[lv] i mastri Marino de Syo, partitario della torre di Jacopio, e Jo. Batt.a Fico, partitario della torre di Posteriore, chiedono aumenti, che siano fatte le misure, e che sia saldato tanto lo scavo che il costruito.[lvi]

Le Castella di Isola Capo Rizzuto (KR), località Campolongo, resti della torre di Jacopio, indicati ora come “T.re Brasolo” (foto dalla pagina fb di Relios Petrocca).

Facendosi pressante la richiesta di alcuni partitari che esigono il maturato per poter proseguire, ed essendo assente l’ingegnere de Rosa, deputato a fare le misure delle torri, il castellano di Crotone incarica Pietro Iacomino, misuratore delle fortificazioni della città di Crotone. Nell’ottobre 1603 è misurata la torre di Jacopio, ed il castellano certifica che il partitario aveva maturato ducati 1472, tari 2 e grana 5 e mezzo.[lvii] Il 18.1.1604 lo Iacomino attesta che il partitario della torre di Posteriore aveva scavato sia di cavamenti che di cisterna, canne 112 e mezza, e fabbricato canne 434, per un importo di ducati 1513, tari 1 e grana 10. Fatti i calcoli dei soldi anticipati ai partitari e quelli da avere, il tesoriere salda.[lviii]

Ai primi di aprile 1604 arriva Vincenzo de Rosa, regio ingegnere delle fabbriche di Crotone, Reggio e Lipari, assieme al tesoriere Camillo Romano, per misurare le altre torri e stabilire il maturato. Il giorno 4 l’ingegnere è alla torre di Neto assieme al tesoriere ed al soprastante della torre, Vincenzo Scigliano, dove misura sia il cavamento che il fabbricato di fondamenta: rispettivamente, canne piccole 487 e mezzo ad un ducato la canna piccola e canne 195 e palmi 46 di fabbrica a ragione di carlini 29 la canna, il tutto assomma ducati 1054, tari 4 e grana 13.[lix]

Il 7 è alla torre di Civiti dove i lavori vanno a rilento: cavatura di pedamenti canne piccole 250 a ducati 1 la canna piccola, canne 117 1/3 di fabbrica a carlini 22 la canna, per un totale di ducati 514, tari 3 e grana 15.[lx] Il de Rosa ritornerà alla fine di febbraio dell’anno dopo per altre misurazioni.[lxi] Frattanto il viceré aveva rimosso dall’incarico di sopraintendente alla fabbrica delle torri il castellano di Crotone, Antonio della Motta Villegas, e aveva destinato a commissario e sopraintendente delle fortificazioni delle città, castelli e torri della provincia di Calabria Ultra, il capitano a guerra della città e isola di Lipari, Baltasar Calderon;[lxii] anche il tesoriere Camillo Romano aveva lasciato il posto a Gio. Battista Bonfanti.[lxiii]

Le Castella di Isola Capo Rizzuto (KR), località Campolongo, resti della torre di Jacopio, indicata ora come “T.re Brasolo”.

Per tutto il 1605 i lavori procedevano;[lxiv] sappiamo che in quell’anno, Vincenzo de Rosa aveva misurato due volte, sia la torre di Jacopio che quella di Neto. Tra il primo marzo ed il 22 novembre, aveva certificato che il mastro Marino de Syo aveva fatto 37 canne di fabbrica,[lxv] e che Petruczo de Franco, tra il 26 febbraio ed il 19 novembre, aveva costruito canne 84 e 1/4 di fabbrica, scavato un pozzo nella torre e fatto un terrapieno.[lxvi] L’anno dopo muore Vincenzo De Rosa e gli succede nell’incarico l’ingegnere Giovanni Rinaldini.[lxvii]

Con la morte del De Rosa, artefice principale e disegnatore delle torri, i lavori subiscono un rallentamento, come denota la rarefazione degli atti. Da alcuni documenti risulta che procedeva anche la costruzione, o ricostruzione, di una torre alla foce del Crocchio, di cui era partitario il mastro Dante Cafaro, che già aveva prestato la sua opera alle torri di San Leonardo e di Tacina[lxviii] e che, sempre in questi anni, erano in servizio il caporale Pietro Pizinga, nella torre di capo Ricciuto, e Transo Cesare in quella di Manna,[lxix] ambedue in territorio di Isola, ma sempre nello stesso territorio, andavano a rilento i lavori per la costruzione delle torri di Zirigotti, in località Domine Maria, e di Civiti nell’omonimo capo.

L’appalto di quest’ultima viene infatti ceduto alla fine di giugno 1607, da Marco Sbarra di Catanzaro, che ha in appalto anche la torre di Zirigotti, a Julio e Joanne Antonio Pallone di Catanzaro. I nuovi partitari ai primi di agosto nominano i nuovi mastri fabricatori: Ippolito Jordano di Cava e Joanne Andrea Mannella di Monteleone.[lxx] Anche i lavori alle torri di Neto e di Posteriore si prolungano.[lxxi]

Le Castella di Isola Capo Rizzuto (KR), località Campolongo, resti della torre di Jacopio, indicati ora come “T.re Brasolo” (foto dalla pagina fb di Relios Petrocca).

Nel 1608 non tutte le 14 torri previste dal Tacina al Neto erano state terminate,[lxxii] anzi la costruzione di alcune era stata interrotta e abbandonata, di altre non era stata nemmeno iniziata. È ormai passato un decennio dall’inizio dei lavori, quando il mastro Marino de Syo, nel marzo 1611, esibisce in Cutro a Gio. Domenico Fortino, luogotenente del tesoriere Bonfanti, alcuni ordini da poco emanati su sua richiesta dalla Camera della Sommaria, per avere dal tesoriere altro denaro di acconto da impiegarsi alla torre di Jacopio, “per essere il camino lungo et acciò la fabrica preditta camini avanti”.[lxxiii]

Ma i lavori in altre torri erano terminati ed i mastri erano intenti ad altre costruzioni. Tra questi Petruczo de Franco, che cessato di lavorare alla torre di Neto, nell’estate 1613 in società con Nicola Antonio de Vito e Minico de Missina, costruisce il ponte della città di Crotone,[lxxiv] su ordine di Giovanni Rinaldini, regio ingegnere di tutte le province, e di Diego de Ayala, generale commissario delle fortificazioni del regno.

Crotone, torre di Scifo.

Il nuovo apparato difensivo, parzialmente realizzato, non fece diminuire né il contrabbando né la perdita delle navi. La complicità tra possidenti locali, patroni delle navi e Turcheschi, favoriva truffe e danni. Saltuariamente si allestivano spedizioni anti-corsare. Nel settembre 1606, il marchese di Santa Croce, al comando di una squadra composita di galee del Papa, di Napoli, di Sicilia, dell’ordine di Santo Stefano, dell’ordine di Malta, di Genova e di Carlo Doria, riusciva nei pressi di Crotone a sconfiggere tre galee di Biserta, catturando la capitana.[lxxv]

Ritroviamo il marchese il primo maggio 1613 al porto di Crotone, con sette galee di Napoli.[lxxvi] L’azione difensiva della flotta regia si dimostrerà inadeguata. La costa della penisola crotonese, ricca di scogliere e di insenature, era il luogo preferito dai Turcheschi per portare i loro veloci assalti alle numerose tartane, cariche di generi alimentari che, dalle Puglie e dal Crotonese, costeggiando, navigavano per Napoli. Soprattutto al capo delle Colonne i corsari scendevano a terra per fare acqua, razziare il bestiame[lxxvii] e attendere l’occasione.[lxxviii]

Lo scontro tra le galee cristiane e quelle turche presso Capo Colonne (1606), rappresentato in un disegno conservato alla Biblioteca Riccardiana di Firenze (da Scamardì Giuseppina, Ghiaur Ghiaur).

Se la protezione del commercio marittimo era carente, difettava anche la difesa in caso di una invasione dal mare. Nell’estate 1623 il governatore di Calabria Ultra, Lorenzo Cenami, descrive l’apparato difensivo pronto ad attivarsi, in caso di una incursione turca sulle marine del Marchesato. Esso è costituito dalle due compagnie della cavalleria della milizia di Catanzaro, che all’occasione si acquartierava a circa quattro miglia dalla costa, a Simeri e a Cropani, e di Cutro, che si radunava in quella piazza d’armi difesa da un capitano a guerra, e dalla cavalleria dei duchi di Gravina e Zagarolo, che era pronta a Papanice e Stalettì.[lxxix]

Alla cavalleria, che poteva “manovrare assai bene”, essendo “questa regione terreno assai piano e arenoso”, si affiancavano la compagnia spagnola stanziata di presidio nella piazzaforte di Crotone,[lxxx] il castello di Isola, “ben messo e provveduto di molti pezzi e munizioni” dal barone Ricca, ed i “castelli che sono alla marina di Cutro”. Abbandonati i vecchi castelli e la difesa passiva, la Regia Corte impegnava il denaro in poche e sicure piazzeforti in punti strategici, e nel mantenimento della cavalleria leggera che, alloggiata e mantenuta a spese delle università del luogo,[lxxxi] d’estate si portava presso la marina. L’intento era quello di non permettere ai Turchi di insediarsi stabilmente sul territorio costiero. Agli Spagnoli interessava la sola sicurezza del porto e della città di Crotone, lasciando gli abitati e le campagne esposti alle razzie dei Turcheschi. Dalla piazzaforte di Crotone e dalla piazza d’armi di Cutro, la cavalleria leggera interveniva su segnalazione dei cavallari e dei torrieri.

Le incursioni tuttavia non cessarono. Nel 1633 otto triremi da carico turche devastano Le Castella, portando via una cinquantina di abitanti,[lxxxii] e saccheggiano il convento dei domenicani di Crotone, posto ad un miglio dalla città sulla riva del mare.[lxxxiii] Nel 1638 approfittando del terremoto, i Turcheschi invadono le marine del Crotonese.[lxxxiv] Nel 1644 tutta la fascia costiera del Marchesato è spopolata, e l’abitato di Le Castella è abbandonato per ordine del re, perché non è considerato difendibile. Rimangono qua e là le torri dei baroni, presso i casali distrutti, ed alcune torri regie marittime.[lxxxv]

Note

[i] 1.4.1601. L’università di Cutro mette all’incanto per un anno la guardia e sopraguardia della marina di Tacina, da farsi giorno e notte da due cavallari, con cavallo e guarnimenti adatti. Paulo Scaccia se lo aggiudica offrendo il servizio a ducati 5 al mese per cavallaro. ASCZ, Busta 61, anno 1601, ff. 188-189.

[ii] Fiore G., Della Calabria Illustrata, tomo I, 1691, pp. 26-27. Caracciolo F., Uffici, difesa e corpi rappresentativi nel Mezzogiorno in età spagnola, Reggio Calabria 1974, pp. 178 sgg. G. T. Pigneri, cavallaro ordinario della paranza di Crotone loco detto Nao, il 5 agosto 1724 si reca nel posto dei cavallari di Isola per darsi un passaparola, ma non trovando il cavallaro “per essere andato nella città dell’Isola alla festività della Madonna Greca”, vi si diresse. ASCZ, Busta 662, anno 1724, f. 164.

[iii] ASN, Tesorieri e Percettori di Calabria Ultra, Vol. 4087 (anno 1564-1565), f. 65. Il Trivigno è ricordato come fortificatore di Sorrento e di Lipari. Pasanisi O., La costruzione generale delle torri marittime ordinata dalla R. Corte di Napoli nel sec. XVI, in Studi di Storia Napoletana in onore di Michele Schipa, Napoli 1926, pp. 426, 435.

[iv] Il Fiore afferma che il primo che consigliò la costruzione delle torri fu Fabrizio Pignatelli, già preside di Calabria Ultra nel 1563 e governatore dell’armi in Calabria. Dopo aver avuto l’approvazione dei ministri regi, egli ne ordinò la costruzione. Fiore G., Della Calabria Illustrata, tomo I, 1691, pp. 26-27.

[v] Pasanisi O., La costruzione generale delle torri marittime ordinata dalla R. Corte di Napoli nel sec. XVI, in Studi di Storia Napoletana in onore di Michele Schipa, Napoli 1926, p. 427.

[vi] Pasanisi O., La costruzione generale delle torri marittime ordinata dalla R. Corte di Napoli nel sec. XVI, in Studi di Storia Napoletana in onore di Michele Schipa, Napoli 1926, pp. 434-435.

[vii] ASN, Torri e Castelli Vol.18, ff. 1-51.

[viii] Pasanisi O., La costruzione generale delle torri marittime ordinata dalla R. Corte di Napoli nel sec. XVI, in Studi di Storia Napoletana in onore di Michele Schipa, Napoli 1926, p. 435. Strazzullo F., Architetti e ingegneri napoletani dal 500 al 700, Napoli 1969, p. 314.

[ix] ASN, Cunto del Regio Thesoriero di Calabria Ultra nell’anno 1579-1580 per guardia delle Torri.

[x] Una lettera della Camera della Sommaria del primo luglio 1583 al commissario della fabbrica di Crotone, Raffael Millas, fa presente che il partitario Cola Antonio de Vito ha chiesto che si misuri l’opera fatta alle mura della città. Dovendosi recare in Calabria Ultra Pignalosa Cafaro, “a dare il disegno ad alcuni partitari ch’hanno fatto partito con la Regia Corte d’alcune torri s’hanno da fabricare in detta Provincia et a fare mesura de alcune altre torri sono incominciate”, gli si ordina di misurare anche il costruito da Cola Antonio de Vito. ASN, Dip. Som. Fs. 197, Torri e Castelli vol. 35, f. 89.

[xi] Il 13.5.1591 a capo Manna tre barche cariche di generi alimentari sono catturate dai Turchi; i marinai si rifugiano nella torre. ASCZ, Busta 49, anno 1591, ff. 72-76; Sempre presso la torre di capo Manna, il 29.5.1594 vengono depredate dai Turchi tre barche cariche di grano. ASCZ, Busta 49, anno 1594, ff. 187-188.

[xii] Il 7 luglio 1586 lo spagnolo Adeco Romano era caporale della torre marittima di “Caporizzuto” e aveva come socio il nobile Matteo de Strongiolo, mentre lo spagnolo Nofrio Monsserrato era caporale della torre marittima di Manna e aveva come socio il nobile Cesare Romano. In quel giorno attestano di essere stati pagati per il servizio effettuato nei mesi di maggio e giugno 1586. ASCZ, Busta 12, anno 1586, ff. 55-56. Nel settembre 1588 la custodia della torre di capo Ricciuto era affidata al caporale F. Fucicchio e a L. Marano. Il primo di nomina regia il secondo dell’università di Isola. Maone P.- Ventura P., Isola Capo Rizzuto, Soveria Mannelli 1981, p. 129.

[xiii] ASN, Collaterale, Negotiorum Camere, Vol. 9, ff. 19v-27.

[xiv] ASCZ, Busta 49, anno 1594, ff. 204-206.

[xv] “Dopo la venuta del Armata che fu alli 24 d’Augusto (…) ecclesia ipsa est quasi in totum derelitta et despoliata cum excontinua et creba Turcarum invasione qui totam terram ipsam cum omnibus aliis ecclesiis penitus destruxerunt”. AVC, Visita di Annibale Caracciolo ,1594, ff. 36v-39.

[xvi] AVC, Visita di Annibale Caracciolo, 1594, f. 4. ASV, Rel. Lim. Insulan., 1600.

[xvii] ASV, Rel. Lim. Insulan.,1606; Rel. Lim. Insulan., 1633.

[xviii] ASN, Sommaria Bannorum, Vol. 16, pp. 49-49v.

[xix] I mastri si impegnavano a costruire la torre mettendoci il materiale previsto e gli operai, seguendo le istruzioni ed il disegno, a prezzi prefissati per le singole parti dell’opera. Il rettore doveva imprestare tre travi, sei puntilli e venti tavole di russo, dare un carro con un paio di buoi, ducati 40 alla fiera di S. Nicola e ducati 40 la volta, man mano che il lavoro procedeva. Le misure dell’opera fatta ed il maturato dovevano essere prese da due persone esperte, scelte in comune e secondo la prammatica ed i patti fatti dai mastri con la regia corte. I mastri erano sollevati dai possibili danni causati alla torre da fattori esterni, mentre ne rispondevano se causati dalla loro imperizia o incuria. ASCZ, Busta 17, anno 1597, ff. 199-200.

[xx] Nell’aprile 1604 A. Ponterio e G. Gangutia prendono in fitto dai Gesuiti le terre di S. Leonardo, con la condizione che entro ottobre siano fatti i lavori alla torre e costruiti due nuovi bevieri, ASCZ, Busta 62, anno 1604, ff. 29-31.

[xxi] All’inizio del Cinquecento (1513-1520), il conte Andrea Carrafa ricostruisce, ampliando e fortificando, le mura dell’abitato, che erano in rovina. Viene anche dismesso il vecchio castello, che era situato nel luogo dove sorgeva la chiesa parrocchiale di S. Maria de Castellis, e ne viene costruito uno nuovo, facendolo circondare dal mare. Ancora nel 1598 all’entrata delle case soprane del castello vi era “una effigie di Andrea Carrafa guasta un poco al naso” e le armi di casa Carrafa in marmo erano presso la porta dell’abitato. AVC, Inventario del 1521 del feudo di Le Castella. ASCZ, Busta 69, anno 1598, ff. 56-57, Inventario di Castellorum Maris et castri.

[xxii] Il duca di Nocera aveva fatto fare la calce per i lavori del castello delle Castella con la pietra di Posteriore. ASCZ, Busta 61, anno 1601, ff. 17-25.

[xxiii] Sopra la torre vi erano un falconetto e 4 smerigliotti ed alcuni archibugi erano nelle stanze. ASCZ, Busta 69, anno 1598, ff. 56-57.

[xxiv] AVC, Visita di Annibale Caracciolo, 1594.

[xxv] I sindaci di Cutro il 14.6.1598 ordinano al cassiere del denaro regio della torre di Porcello ,J. B. Oliverio, di pagare ducati 113 e tari 1 a J. F. Florillo e ad A. Foresta, che consegnano due carri ferrati e due paia di buoi a mastro Carlo Greco. ASCZ, Busta 58, anno 1598, f. 583.

[xxvi] Il primo luglio 1598 i sindaci ed eletti di Cutro delegano L. Oliverio a recarsi a Crotone per ricevere il denaro da F. L. Leone. ASCZ, Busta 58, anno 1598, f. 582v; Busta 59, anno 1604, ff. 14-15.

[xxvii] La pietra verrà pagata da Andrea Foresta, cassiere della torre, a carlini 32 e mezzo la canna cupa “quali s’intende palmi 16 lunga, 8 larga et 4 alta”. ASCZ, Busta, 69, anno 1599, ff. 11v-12.

[xxviii] Ancora nel 1602 A. Jannello era creditore verso la Regia Corte delle spese fatte per il cavamento. ASCZ, Busta 58, anno 1602, ff. 474v- 476.

[xxix] ASCZ, Busta 59, anno 1604, ff. 14-15.

[xxx] Documenti sulle novità tentate in Calabria nell’anno 1599, in Arch. Stor. Ital., t. IX, 1846, pp. 405 e sgg.

[xxxi] ASCZ, Busta 61, anno 1601, ff. 17-25.

[xxxii] L’uditore Sancio Miranda da Catanzaro il 12.7.1600, ed il tesoriere Camillo Romano da Monteleone il 16.8.1600, ordinano all’università di Cutro di eleggere un cassiere per la torre di Jacopio. Ciò avviene il 23 settembre dello stesso anno quando è eletto Andrea Foresta di Cutro. ASCZ, Busta 61, anno 1600, ff. 80v-82. Lo stesso avviene per il cassiere di Tacina. Dopo gli ordini dell’Udienza del 2.12.1600 e del tesoriere del 7.12.1600, il 10 dello stesso mese è eletto dall’università di Cutro Joannes Francesco de Bona. ASCZ, Busta 61, anno 1601, f. 49.

[xxxiii] ASCZ, Busta 58, anno 1602, ff. 474v-476.

[xxxiv] AVC, Notaio J. Galatio, Cotrone 23.9.1602, Fs. 1602, ff. 350-352.

[xxxv] ASCZ, Busta 61, anno 1601, ff. 17-25.

[xxxvi] ASCZ, Busta 61, anno 1601, f. 49.

[xxxvii] ASCZ, Busta 61, anno 1600, ff. 80v-82.

[xxxviii] AVC, Notaio J. Galatio, Cotrone 23.9.1602, Fs.1602, ff. 328-329.

[xxxix] AVC, Notaio J. Galatio, Cotrone 23.9.1602, Fs.1602, ff. 330-332.

[xl] ASCZ, Busta 82, anno 1607, ff. 36v-37r; 40-41.

[xli] ASCZ, Busta 61, anno 1603, ff. 53-54.

[xlii] Il primo maggio 1601 il sindaco di Cutro consegna al cassiere della torre di Posteriore ducati 100, come residuo dei ducati 300 che si dovevano pagare come da ordine di S. de Miranda del 28.4.1601 e lettera del luogotenente del tesoriere G. A. Cerasano del 30.4.1601. ASCZ, Busta 69, anno 1601, ff. 85-86.

[xliii] Copia di ordine dela thesoreria per le paghe de Vinc. de Rosa, regio ingegnero, sotto la data deli 4 di luglio 1601. AVC, Notaio J. Galatio, Cotrone 25.9.1602, Fs. 1602, f. 340v.

[xliv] ASCZ, Busta 69, anno 1604, ff. 10-11.

[xlv] AVC, Notaio J. Galatio, Fs. 1602, ff. 331-332.

[xlvi] AVC, Notaio J. Galatio, Fs. 1602, f. 329.

[xlvii] Prezzi stipulati a canna di fabbrica per la costruzione delle torri: Zirigotti e Civiti a carlini 22 e mezzo, Posteriore carlini 23 e mezzo, Marrello carlini 27, Neto carlini 29, Tacina carlini 29 e mezzo. ASCZ, Busta 82, anno 1607, ff. 36v-37; Busta 58, anno 1602, ff. 474v-476; Busta 61, anno 1601, ff. 25v-26; Fs.1602, ff. 350-352; Busta 59, anno 1604, ff. 14-15. Da evidenziare il prezzo per canna pattuito dai Gesuiti per la torre di S. Leonardo, che era ancora inferiore a questi, cioè carlini 18 la canna. ASCZ, Busta 17, anno 1597, ff. 199-200.

[xlviii] AVC, Notaio J. Galatio, Fs.1602, ff. 350-352.

[xlix] AVC, Notaio J. Galatio, Fs. 1602, ff. 328-329.

[l] ASCZ, Busta 61, anno 1603, ff. 53-54. Al 10.9.1602 la Regia Corte aveva versato al partitario della torre di Tacina la somma di ducati 600. ASCZ, Busta 58, anno 1602, ff. 474v-476.

[li] Il 5.11.1603 il partitario della torre di Jacopio riceve dal tesoriere duc.175, tari 1 e grana 1 e 1/3, a complemento di ducati 1472, tari 2 e grana 5 e mezzo che gli competono. ASCZ, Busta 61, anno 1603, ff. 81-82.

[lii] ASCZ, Busta 69, anno 1604, ff. 10-11.

[liii] ASCZ, Busta 69, anno 1604, ff. 12-13.

[liv] ASCZ, Busta 59, anno 1604, ff. 14-15.

[lv] ASCZ, Busta 69, anno 1604, ff. 10-11.

[lvi] La fabbrica della torre di Posteriore da carlini 23 e mezzo la canna è portata a 24 e mezzo. ASCZ, Busta 59, anno 1604, ff. 14-15; Busta 61, anno 1603, ff. 81-82.

[lvii] ASCZ, Busta 61, anno 1603, ff. 81-82.

[lviii] Il partitario della torre di Posteriore aveva incassato di anticipo duc.100 nel 1598, duc.200 nel 1598, duc.200 il 9.12.1600, duc.100 il 28.4.1601, duc.150 il 13.8.1602, e duc.200 il 4.5.1603. ASCZ, Busta 59, anno 1604, ff. 14-15.

[lix] Il giorno 6 aprile da Monteleone, Camillo Romano ordina al suo luogotenente di pagare altri duc.100 al mastro; il versamento avviene in Cutro il 20 dello stesso mese. ASCZ, Busta 69, anno 1604, ff. 10-11.

[lx] Era partitario della torre mastro Marcantonio Sbarra alias de Gasparro e cassiere Prospero Marino di Isola. ASCZ, Busta 69, anno 1604, ff. 12-13.

[lxi] Il 24 febbraio 1605 è alla torre di Neto, dove misura “un’altra maniata di fabrica atorno detta torre”. ASCZ, Busta 69, anno 1605, ff. 47-48.

[lxii] ASCZ, Busta 69, anno 1604, ff. 10-11; Busta 69, anno 1605, ff. 47-48.

[lxiii] ASCZ, Busta 69, anno 1606, f. 2.

[lxiv] Il 13.3.1605 G. M. Oliverio consegna a Petruczo de Franco ducati 334 e grana 19. ASCZ, Busta 69, anno 1605, ff. 47-48.

[lxv] ASCZ, Busta 69, anno 1606, f. 2.

[lxvi] ASCZ, Busta 69, anno 1606, ff. 7v-8. Da ricordare il violentissimo terremoto che scosse il Crotonese la notte del giovedì prima della Pentecoste del 1605. De Mayda B., Splendore della misericordia di Maria SS. di Capocolonne ossia i miracoli, Valle di Pompei 1918, p. 24.

[lxvii] Strazzullo F., Architetti e ingegneri napoletani dal ‘500 al ‘700, Napoli 1969, p. 335.

[lxviii] Il 28.1.1606 a Cutro, il luogotenente versa al cassiere della torre di Crocchio, Pompeo Cito, duc. 400. ASCZ, Busta 59, anno 1606, f. 11; Altri versamenti avvengono il 2.5.1606 e all’inizio del 1607. ASCZ, Busta 59, anno 1606, f. 48; Busta 59, anno 1607, ff. 1-2.

[lxix] Mazzoleni J., Fonti per la Storia della Calabria nel Viceregno (1503-1734) esistenti nell’Archivio di Stato di Napoli, Napoli 1968, p. 346.

[lxx] ASCZ, Busta 82, anno 1607, ff. 36v-37, 40-41. Ippolito Jordano di Cava aveva partecipato alla costruzione della torre di San Leonardo. ASCZ, Busta 17, anno 1597, ff. 199-200.

[lxxi] Il 29.5.1606 Petruczo de Franco, partitario della torre di Neto, dichiara di aver ricevuto pochi giorni prima duc.200 dal luogotenente del tesoriere. ASCZ, Busta 69, anno 1606, f. 7v.

[lxxii] Pasanisi O., La costruzione generale delle torri marittime ordinata dalla R. Corte di Napoli nel sec. XVI, in Studi di Storia Napoletana in onore di Michele Schipa, Napoli 1926, p. 439.

[lxxiii] Il 23.3.1611 l’università di Cutro, ricevuti dal Fortino ducati 150, li consegna al de Syo. ASCZ, Busta 69, anno 1611, f. 1.

[lxxiv] ASCZ, Busta 108, anno 1613, f. 148. Cola Antonio de Vito aveva lavorato alla costruzione del nuovo baluardo del castello e alla riparazione della cortina della Capperrina di Crotone, lavori proposti nel 1573 dall’ingegnere Ambrogio Attendolo. ASN, Torri e Castelli vol. 35, 14.11.1574; 26.9.1581.

[lxxv] Riggio A., Corsari tunisini nei mari di Calabria, Tivoli 1937, p. 21.

[lxxvi] ASCZ, Busta 108, anni 1612-1614, f. 92.

[lxxvii] Nola Molise G. B., Cronica dell’antichissima e nobilissima città di Crotone, Napoli 1649, p. 65.

[lxxviii] Ai primi di novembre 1612 sono assaltate davanti il capo delle Colonne, il galionetto del francese A. Ricors ed alcuni vascelli. ASCZ, Busta 49, anno 1612, f. 53. Il 16.3.1613, sempre presso il capo, è catturata dai Turcheschi la tartana del genovese M. Bruno. ASCZ, Busta 108, anni 1612-1614, ff. 111-117.

[lxxix] Volpicella L., Epistolario del governatore di Calabria Ultra Lorenzo Cenami, A.S.C., a. I, pp. 596-597.

[lxxx] ASCZ, Busta 117, anno 1623, f. 107.

[lxxxi] Le università del Marchesato dovevano versare 4 grana a fuoco al mese “per il soccorso della compagnia di genti d’arme et cavalleria leggera” poste a presidio. Nel settembre 1627, essendo la maggior parte delle terre renitenti al pagamento, il tesoriere ordina al tenente della compagnia di cavalli leggeri del marchese di Sant’Agata, acquartierata a Mesoraca, di inviare in quelle terre i soldati a cavallo, che alloggeranno in numero e per il tempo adeguati al debito. ASCZ, Busta 118, anno 1627, ff. 55-56.

[lxxxii] ASV, Rel. Lim. Insulan. 1635.

[lxxxiii] ASCZ, Busta 108, anno 1634, f. 2.

[lxxxiv] ASV, Rel. Lim. Crotonen., 1667. De Mayda B., Splendore della misericordia di Maria SS. di Capocolonne ossia i miracoli, Valle di Pompei 1918, pp. 46-48.

[lxxxv] ASV, Rel. Lim. Insulan., 1644, 1648. Alla fine del Seicento le torri regie presenti sulle coste del Marchesato saranno solo quelle di Crocchia, Capo Rizzuto, Capo Manna, Scifo e Mariello. Algranati G., Le torri marittime in Calabria nel periodo viceregnale, in Calabria Nobilissima n. 33, 1957, pp. 74-75.


Creato il 15 Marzo 2015. Ultima modifica: 19 Aprile 2024.

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