Il convento dei Carmelitani di Crotone con chiesa di S. Maria di Monte Carmelo

Crotone, il convento del Carmine nella veduta prospettica del 1877 di L. P. Paganini, tratta dal volume “Vedute e descrizioni dei fari e dei semafori sulle coste d’Italia eseguite a bordo del Piroscafo Tripoli comandato dal Capitano di Fregata E. Di Persano”, Civica Raccolta Bertarelli, Milano.

Il convento dei carmelitani sorgeva fuori le mura della città presso la spiaggia, sulla via per Capo delle Colonne, nelle vicinanze dei due conventi di Santa Maria del Soccorso e di Santa Maria delle Grazie, uno degli osservanti e l’altro dei domenicani.

In evidenza il convento del Carmine nel particolare della carta denominata “SCENOGRAFIA della Scogliera del Porto di Cotrone, fatta per tutta la Campagna del 1756”, conservata all’Archivio di Stato di Napoli (foto di Bruno Mussari).

Nella chiesa aveva sede la confraternita omonima.[i] Esso fu fondato nella seconda metà del Cinquecento. È infatti del 1578 un atto notarile che riguarda la donazione al monastero della “Divae Mariae de Monte Carmelo”, di una casa palaziata in parrocchia di San Giorgio.[ii]

Nei primi anni del Seicento il convento risulta attivo e fu ampliato, come testimoniava la data 1609 che era incisa in una pietra del portale della chiesa.[iii]

“Il Carmine”. Particolare del F. 238-III “Crotone”, della Carta d’Italia 1:50:000 (U.S. Army 1943, copiata da una mappa italiana del 1896).

Dalla descrizione che ne fa l’Artaserse, la chiesa di forma rettangolare, ad unica navata a soffitta, aveva un solo altare in rozza muratura ed al lato destro, era congiunta ad una modesta costruzione a due piani, con rare piccole finestre volte al mare: “pochi bassi, breve corridoio angusto ed una fila di umili cellette”.[iv]

In questi anni la piccola comunità è guidata dal padre maestro Girolamo Salviati, il cui nome rimane legato alla scomparsa del manoscritto in latino della storia della città, composto nel 1523 dall’arcidiacono Camillo Lucifero e poi dedicato al vescovo Matteo Lucifero, che, utilizzato dal Nola Molise, fu da questo assieme ad altri documenti, dato in prestito al Salviati che non lo restituì più.[v]

Crotone, ex convento del Carmine.

Sappiamo inoltre che nella chiesa ebbero sepoltura numerosi soldati spagnoli della guarnigione del castello, particolarmente devoti a questo ordine.

Saccheggiato dai Turcheschi dapprima nel 1633, assieme al vicino convento dei domenicani,[vi] dopo il terremoto del 1638, nel mese di giugno è nuovamente devastato e dato alle fiamme.[vii] In stato di abbandono il convento ebbe vita breve e poco dopo la metà del Seicento, nel 1652, fu soppresso per bolla di Innocenzo X e le sue scarse rendite nel 1669, furono assegnate dal vescovo Geronimo Caraffa al sostentamento del nuovo seminario di Crotone.[viii] A ricordo del convento fu eretto un altare in cattedrale intitolato a Santa Maria de Monte Carmelo, con l’onere di celebrare alcune messe.[ix]

Il convento e la chiesa furono abbandonati finché nel 1672, su richiesta della confraternita del Carmine, che aveva continuato ad esistere, lo stesso vescovo Caraffa toglie l’interdizione alla chiesa, la benedice, vi ripone la campana e destina due sacerdoti per la celebrazione di due messe alla settimana.

Crotone, ex convento del Carmine.

Così è descritto l’evento in un documento dell’epoca: “La chiesa di S.ta Maria del Carmine fuori le mura di questa città era un tempo monasterio di Padri Carmelitani, quale essendo stato soppresso nella generalità deli altri con la bulla di Papa Innocentio decimo per la poca rendita che teneva, come che vi erano alcuni legati pii da diverse persone per animi di defunti, vi furono dalla Sacra Congregazione destinati alcuni sacerdoti per soddisfare l’obligo delle messe e dopo furono istesse rendite per ordine pure dalla stessa Sacra Congregazione accumutate a beneficio del seminario di questa città e per incuria di chi n’ebbe pensiero in quelli tempi fu lasciato solamente il servitio in quella chiesa, ma due anni in questa parte ad istanzia delli confrati ed economi dell’istessa chiesa quale anche in tempo che stava interdetta s’eligevano ogni anno et solennizavano la festa, monsignor vescovo ribenedisse d.a chiesa e vi ripose la campana et destinò due sacerdoti per la celebrazione di due messe la settimana, cioè una il mercoledì e l’altra la Domenica in adempimento dell’obblighi antichi che d.a confraternita teneva et di più non mancano quasi giornalmente messe di devote et particolarmente il mercoledì et Domenica vi è gran parte della città per la devotione che vi hanno et continuamente vi assistono due eremiti che dimorano nelle camere dove habitavano l’olim Padri Carmelitani et ogni anno si celebra la festività del Carmine in d.a chiesa con ogni solennità et concorso della maggiore parte della città.”[x]

Sappiamo inoltre che la chiesa fu usata verso la fine del Seicento, sia come deposito per le “robbe” recuperate dal naufragio di navi,[xi] sia come luogo di lazzaretto, dove venivano posti in isolamento i naufraghi sospetti di peste,[xii] e anche come rifugio per coloro che erano ricercati dalla giustizia.[xiii] Infatti, nel lazzaretto della chiesa del Carmine, vengono messi in contumacia e custoditi da guardie, i marinai, i passeggeri e i naufraghi che privi di patente di salute e/o di documenti validi, sono sorpresi (o arrivano al porto) dai deputati della pubblica salute.[xiv]

Crotone, la chiesa del Carmine.

Dalla visita di Marco Rama, effettuata nel 1699, sappiamo che la confraternita del Carmine aveva mostrato così tanto ardore di devozione che, se ne avesse avuto l’autorizzazione, avrebbe ricostruito nuovamente ed integralmente il monastero dei frati carmelitani, e lo avrebbe nuovamente dotato con proprio denaro. Rimasta priva di qualsiasi entrata, alla confraternita rimasero gli onori, tra i quali quello di occupare il secondo posto nelle processioni.[xv]

I confrati indossavano un sacco con cappuccio “ad barbam dimisso” di color moscato, ed il priore oltre al sacco, anche l’almuzio o scapolare di color bianco, ed in mano reggeva una verga con l’insegna dei carmelitani. Sempre i confrati potevano portare il vessillo e la croce con il velo pendente nelle processioni. Poiché la confraternita non aveva più niente da amministrare, i confrati non curavano più di fare le elezioni ma era la curia vescovile a nominare un confrate come priore. Tra i mobili che arredavano la chiesa vi era il quadro grande con l’immagine della Madonna del Carmine con i santi Elia ed Eliseo, una campana, un campanello, 2 banchi grandi in legno, un confessionale, un crocifisso da processione con panno moscato, 10 abiti di sangallo, 1 stendardo da processione, un calice con coppa ed alcune pianete e tovaglie.[xvi]

Crotone, chiesa del Carmine.

La chiesa continuò ad esistere assumendo sempre più la condizione di una cappella rurale, dove un eremita badava alle poche cure del sacro[xvii] e dove trovavano rifugio coloro che riuscivano ad evadere dal castello o erano ricercati dalla giustizia.[xviii] Alla fine del Settecento, “in un casino sito vicino detta marina chiamato del Carmine”, venivano posti in contumacia i marinai ed i naufraghi che arrivavano in città.[xix] Allora “a tale chiesa ampia e resistente era annessa una costruzione per la comodità dell’eremita che adibiva alla medesima”,[xx] la chiesa che era stata ricostruita nuovamente, nel 1795 era retta dal figlio del cittadino fondatore.[xxi]

Danneggiata dal terremoto del 1832, per interesse di G. M. Messina e P. Berlingieri, fu restaurata. Il vescovo Todisco Grande nel 1847 cercò di rianimarla affidandola a 3 cappuccini e 2 laici, ma essi quasi subito l’abbandonarono.[xxii]

Rimase in abbandono finché nel 1887 un nubifragio ne rovinò la facciata e la parete destra. Così si presentava alla fine del secolo con una cupola di tegole colorate e minacciante rovina.

Crotone, statua della Vergine nella chiesa della Madonna del Carmine

Durante il vescovato di Saturnino Peri, su interessamento del prete Artaserse, la chiesa fu riedificata durante gli anni 1911-1912. Fu così che parte delle vecchie mura servirono da fondamenta ad un nuovo edificio di culto, che agli occhi del Gissing appariva con un tetto di tegole rosse che la rendeva di squallido aspetto. Il lazzaretto così è descritto in un inventario dei beni comunali del 1936: “Serve per locale d’isolamento nelle epidemie. È un fabbricato in contrada Carmine presso la spiaggia del mare e vicino al cimitero. Consta di due piani, con tre locali a pianterreno di cui uno interno e due esterni e cinque locali al primo piano. Divenne proprietà del comune per acquisto fattone dal commendatore Bruno”.[xxiii]

Note

[i] ASV, Rel. Lim. Crotonen. 1640.

[ii] ASCZ, Busta 15, anno 1578, f. 255.

[iii] Artaserse C., La chiesuola del Carmine e Padre Girolamo Salviati, Castellamare 1913, p. 20.

[iv] Artaserse C., La chiesuola del Carmine e Padre Girolamo Salviati, Castellamare 1913, pp. 20-21.

[v] Nola Molise G. B., Cronica dell’antichissima e nobilissima città di Crotone, Napoli 1649, p. 54.

[vi] ASCZ, Busta 108, anno 1634, f. 2.

[vii] ASV, Rel. Lim. Crotonen. 1667.

[viii] ASCZ, Busta 253, anno 1671, ff. 76- 78. ASV, Rel. Lim. Crotonen. 1735.

[ix] Con bolla di Innocenzo X furono soppressi i due conventi dei domenicani e dei carmelitani e le messe dei due conventi, che erano tredici, furono celebrate negli altari eretti in cattedrale a spese del seminario, al quale erano stati assegnati i redditi dei due conventi. ASV, Rel. Lim. Crotonen. 1678.

[x] ASCZ, Busta 333, anno 1674, f. 59.

[xi] Le “robbe” recuperate della tartana del patrone Nicola Talamo naufragata al porto, erano poste parte nella chiesa del Carmine, parte nell’orto sotto il castello e parte nella marina vicino i magazzini. ASCZ, Busta 337, anno 1694, ff. 91-92.

[xii] Nel settembre 1696 i superstiti dell’ammiraglia pontificia Sant’Alessandro, che si era schiantata sugli scogli di Capo Colonna, sono posti in isolamento presso la chiesa del Carmine, per sospetto di peste. ASV, Vesc. 88, f. 474.

[xiii] Il governatore della città fa estrarre dalla chiesa di S. Maria del Carmine Domenico e Gio. Battista Castagna, Gio. Domenico Caloiro di Borgia e Gioseppe La Manno di Policastro, che vi si erano rifugiati e li porta nelle carceri del castello. Per questo il governatore è scomunicato dal vescovo (ASCZ, Busta 334, anno 1674, f. 89). Nel marzo 1714 nella chiesa del Carmine si era rifugiato Michele Conavali di Reggio, che era fuggito dalle carceri del castello dove era stato rinchiuso per furto di grano (ASCZ, Busta 611, anno 1714, ff. 194-195).

[xiv] I marinai di una marticana assalita da una nave corsara approdano al porto ma, essendo privi di patente di salute e di passaporto, vengono inviati dai deputati di salute nel lazzaretto della chiesa del Carmine. ASCZ, Busta 1063, anno 1748, ff. 1v-2.

[xv] Nel 1659 nell’uscita dalla cattedrale per le processioni, la confraternita del Carmino occupava il primo posto perché era una tra le più antiche. AVC, Cart. 76.

[xvi] AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama, A. D. 1699 confecta, ff. 44, 264.

[xvii] Eremita del Carmine (1694); Abramo Simeone di Felice della terra di Bernicari romito nel Carmine (ASCZ, Busta 611, anno 1714, f. 194).

[xviii] Nel mese di marzo Michele Caravali di Reggio, accusato di aver rubato grano nei magazzini di C. Suriano e rinchiuso nelle carceri del castello, riesce ad evadere ed a rifugiarsi nella chiesa del Carmine. ASCZ, Busta 611, anno 1714, f. 194.

[xix] I marinai di una tartana assalita dai corsari riescono a raggiungere la costa e sono messi in contumacia nel casino del Carmine. ASCZ, Busta 1345, anno 1778, ff. 45-47.

[xx] “Di cui sono divoti e ne hanno cura i signori Francesco di Vennera e Leonardo Messina laici e vi tengono un eremita”. AVC, Nota delle chiese e luoghi pii, Cotrone 1777.

[xxi] ASV, Rel. Lim. Crotonen., 1795.

[xxii] Artaserse C., La chiesuola del Carmine e Padre Girolamo Salviati, Castellamare 1913, p. 45.

[xxiii] Proprietà comunali, 1936.


Creato il 10 Marzo 2015. Ultima modifica: 13 Ottobre 2022.

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