Bucchi o Parapotamo da territorio a Borgo della città di Crotone

La località “Villaggio Bucchi”, particolare del Foglio 1:50.000 N. 571 “Crotone” (IGM).

Il territorio di “Bucchi” (Bocche, Foce) detto anche “Parapotamo” in località “Neto”, confinava con le gabelle “Vezza”, “Telese”, “La Comunità” e “Volta della Scafa”. Esso era attraversato dalla strada che da “Cotrone per Botteghella, Cerza, Vignale dell’Angona, Passovecchio, Barbarella, Ponticelli, Margherita, Cantorato, Bucchi conduceva a Nieto” (1868).[i]

La località “Buchi”, particolare della tavola 29 (1789) della Carta di G. A. Rizzi Zannone).

 

Primi documenti

Alla fine del Quattrocento Martino Palazzo, procuratore dell’abbazia di Santa Maria di Altilia, a nome e parte del “Dominus” Francesco de Allegro di Napoli, compilava un quaderno con le entrate e le uscite dell’abbazia per l’annata dell’ottava indizione (primo settembre 1490/ 31 agosto 1491). Il Palazzo iniziò la sua amministrazione il primo ottobre 1490 e la finì alla fine di agosto 1491.

Tra i possedimenti dell’abbazia vi era la “cabella delo parapotamo”, che era stata affittata alla nobile “donna andreana de Cutroni”. La nobile, per contratto stipulato presso il notaio Romano di Crotone, aveva affittato il tenimento dell’abbazia detto “lo parapotamo ubi d(icitu)r ad neto” per un pagamento annuo di otto salmate di frumento e di tomoli 4 ½ di orzo.

Per l’affitto di questa gabella, l’ultimo di ottobre 1490, la nobile consegnò al procuratore tomoli 64 di grano alla misura di Crotone, e il 25 novembre 1490 tomoli quattro di orzo.[ii] Della gabella di Parapotamo rimarrà traccia in una platea dell’abbazia del 1582, quando ormai come “pezzo di terra detto S. Maria di Autilia”, essa farà parte dei beni del catanzarese Gio. Francesco Piterà.[iii]

Arme della famiglia Piterà. “Piterà, fa in campo rosso un vaso con tre fiori gialli.” D’Amato V., Memorie Historiche dell’Illustrissima, Famosissima e Fedelissima Città di Catanzaro, 1670.

 

Gio. Francesco Piterà

Gio. Francesco Piterà della città di Catanzaro, per testamento del 2 settembre 1597 istituì eredi i suoi fratelli Alonso, Giovanni e Ottavio,[iv] lasciando per legato pio (iure legati) all’ospedale di Santa Croce dei Benefratelli di Catanzaro, e al monastero delle monache di Santa Maria Maddalena di Catanzaro, il territorio “le piane di bucco e lo parapotamo”, e un pezzo di terra detto S. Maria di Autilia, con l’obbligo però di pagare un annuo censo annuo su ducati 200 ad un altro suo figlio Mario Piterà Seniore e ai suoi discendenti, sia di linea maschile che femminile, con la condizione che detto obbligo restasse estinto a favore dei due luoghi pii, mancando gli eredi.[v]

L’ospedale ed il monastero furono così immessi nella gestione delle terre, spettando a loro di affittare ed amministrare le entrate provenienti dal fitto delle gabelle, con la condizione di pagare l’annuo censo a Mario Piterà. Rimaneva agli eredi di Gio. Francesco Piterà di pagare ducati 41 di annuo censo per un capitale di ducati 400, che il testatore doveva al convento di San Domenico di Catanzaro e per i quali aveva ipotecato le sue rendite sullo stesso territorio “le Piane di Bucco”.

Ben presto l’ospedale dei Benefratelli, posti in possesso del territorio, dichiararono di avere difficoltà a far fronte al pagamento annuo del censo. Le terre, sulle quali vigeva la rotazione triennale di pascolo e semina, esposte alla siccità ed alle alluvioni del vicino fiume Neto, per il succedersi di annate scarse e per la mancanza di coloni e pastori a causa delle pestilenze, rendevano sempre di meno. Di questa diminuzione delle entrate del territorio furono accusati gli stessi Benefratelli, i quali dichiaravano di dovere affittare a prezzi bassi per mancanza di richieste o di essere costretti a lasciare le gabelle incolte per mancanza di affittuari.

 

Gli eredi di Francesco Piterà

A Mario Piterà (seniore) successe il figlio Francesco. Maria, Mario juniore, Vitaliano e Cintia, figli di Francesco Piterà, ereditarono l’annualità dei ducati 200 annui ed i crediti maturati per il mancato pagamento annuo dell’ospedale di Santa Croce di S. Giovanni di Dio dei Benefratelli e del monastero di Santa Maria Maddalena delle Pentite di Catanzaro. Nel frattempo, sia perché le entrate provenienti dall’affitto di detto territorio erano di gran lunga diminuite, sia perché gli eredi di Gio. Francesco Piterà non riuscirono a pagare l’annuo censo di ducati 41 per un capitale di ducati 450, che dovevano ai domenicani del convento di San Domenico di Catanzaro, questi ultimi ricorsero e si rifecero sopra la somma dovuta a Francesco Piterà; così tanto Francesco Piterà, figlio di Mario, quanto i suoi figli continuarono a ricevere assai meno della annualità dovuta, maturando così nel tempo crediti sempre maggiori verso l’ospedale ed il monastero parzialmente inadempienti.

 

Mario Piterà Juniore

Nel 1669 Mario juniore fece causa ai Benefratelli nella corte vescovile di Catanzaro per gli arretrati maturati, sia dovuti a lui che al padre Francesco, ascendenti a più di ducati 5000, accusando i Benefratelli di falsità e di non amministrare bene il territorio. I Benefratelli, pur risultando insolventi, tuttavia accrescevano le loro entrate, liberando le terre dall’annuo censo di ducati 41, affrancandolo pagando il capitale di ducati 450 ai domenicani. Dopo un primo accordo, la lite riprese. Morti Mario juniore, Vitaliano e Cintia, subentrò la sorella Maria Piterà, la quale si dichiarò di “haver fide commisso” della detta annualità di ducati 200 e degli arretrati, ai quali si aggiunsero per donazione quelli che spettavano alla signora Caterina Bosco. La quale, in quanto erede del suo primo marito, doveva avere gli arretrati, tanto dai Benefratelli, quanto dagli eredi del fu Gio. Francesco Piterà, che erano tenuti a pagare il censo ai domenicani e liberare il detto territorio dal detto capitale. La Caterina Bosco fece donazione del tutto alla signora Maria Piterà nel mese di marzo 1702. In quell’anno Maria Piterà dichiarava che per la durata di circa 22 anni, che essa aveva il diritto di esigere l’annualità dei 200 ducati annui, non ne aveva avuto che la metà.

 

Maria Piterà ed il figlio Diego Passarelli

Il 14 marzo 1702, Maria Piterà di Catanzaro, vedova di Gio. Battista Passarelli, fece donazione al figlio Diego Passarelli di alcuni suoi crediti ascendenti a molte migliaia di ducati, che gravavano due territori e particolarmente “Le Piane di Bucco”, in territorio di Crotone presso il fiume Neto. Continuavano le liti e per non andare incontro ad ulteriori spese e rancori Diego Passarelli decise di raggiungere un accordo con la parte avversa Il 25 settembre 1706 il Passarelli tramite il fratello Antonio, stipulò in Napoli un accordo di transazione, convenzione e cessione e pagamenti con Andrea Cafaro rappresentante il convento del Sacro Ospedale di Santa Croce di Catanzaro e pagando la somma di mille cinquecento e quindici ducati rientrò in possesso del territorio, restando a “suo carico risico e pericolo l’articolo se debba corrispondere gli annui ducati 200 agli eredi e discendenti di Mario Piterà”.

I frati, infatti, dichiararono che erano ben contenti di liberarsi di questo territorio, che essi avevano avuto per legato; infatti esso “mai have dato rendita sufficiente a poter sodisfare per intiero, oltre il detto censo d’annui ducati 41 – 2 – 10 il detto peso di ducati 200 dovuto in beneficio del detto Mario e suoi discendenti”.

L’undici ottobre 1706 il romano Paolo Francesco Crivelli, in qualità di procuratore di Diego Passarelli, assieme al notaio Giuseppe Parisio di Catanzaro, si recò per prendere possesso dei territori di “Le Piane di Bucco seu lo Parapotamo” e del pezzotto di terra nominato “Santa Maria di Autilia”, situati in località Neto. Le Piane di Bucco erano formate da tre gabelle: la gabella “del Frasso”, che confinava con “le terre Tilesi, Spina, il vignale del S.or Dionisio Pipino e Vizza via pu.ca”; la gabella chiamata “della Fiumara”, che confinava con “la Volta della Schiafa, il fiume Neto, Santa Maria d’Autilia et il Cenzo”, e la gabella detta “Bucco”, che confinava con la gabella “del Pirajno e il Laganeto del S.r marchese di Crucoli, via publica mediante”. Quali gabelle tutte unite si chiamavano “le Piane di Bucco seu lo Parapotamo”. Vi era poi un pezzo di terra chiamato “S. Maria d’Autilia”, che era unito medesimamente con le dette gabelle di Bucco.

Arme della famiglia Passarelli. “Passarelli, uno scudo in campo azurro con due fascie à traverso rosse nel basso, e una fascia larga, che scende dalla sommità della destra à sinistra nell’ultimo dello scudo, entro la quale vi sono tre aquile, e nella sommità un rastello.” D’Amato V., Memorie Historiche dell’Illustrissima, Famosissima e Fedelissima Città di Catanzaro, 1670.

 

Diego Passarelli e la torre di Bucchi

Diego Passarelli per tre anni pagò la bonatenenza di ducati 46 annui all’università di Crotone poi smise. Egli nel dicembre 1709 divenne chierico, portando con sé come patrimonio sacro un territorio con torre posto in territorio di Crotone “loco dicto le Piane di Bucco seu Parapotamo”, una continenza di terre in territorio di Rocca Falluca ed un giardino fuori le mura di Catanzaro. Così Diego, rettore del Jus Patronato della sua famiglia sotto il titolo di Santa Barbara, eretto nella cattedrale di Catanzaro, con il pretesto di avere vestito l’abito clericale, rifiutò di pagare, anzi chiese che gli fossero restituite le tre annate pagate e non fosse più molestato dall’università di Crotone, né lui né i suoi coloni. A causa di ciò l’università di Crotone nel 1717 mosse lite. Seguirono alcune annate scarse.

Il Passarelli affittava le gabelle tramite il canonico Raymondo Torromino, suo procuratore in Crotone, per tre anni a semina e tre a pascolo. Tuttavia a volte non era raro, che i coloni a causa della “orridezza dei tempi” fallivano o preso in fitto le gabelle, ritenevano più vantaggioso lasciare incolto il terreno e non proseguire con la semina. È il caso del colono Gio. Battista Caivano, il quale prese in fitto la vasta continenza di terre detta Li Bucchi in territorio di Crotone ad uso massaria per tre anni continui, il primo franco a maggese, ad iniziare dal 15 agosto 1717 con pagamento di tomoli 750 di grano nella raccolta 1719 ed altrettanti nella raccolta 1720. Presagendo cattivi raccolti, il Caivano, che si era anche ammalato, non curò di maggesare, né mostrò intenzione di proseguire con la semina nell’ottobre seguente. Egli, infatti, cedette le vacche e aveva intenzione di portare a vendere i buoi alla fiera di San Marco. Il padrone delle terre informato sulle intenzioni del fittavolo, per paura che i suoi fondi inselvatichissero e si rompesse la rotazione “per non essere stata rotta d’arato nell’annata che li toccava”, nell’aprile 1718 si rivolse alla Regia Udienza Provinciale, chiedendo giustizia. Per non incorrere nel sequestro dei suoi beni, il Caivano fu costretto a cercare un accordo con il Passarelli. Il contratto fu sciolto ed il Caivano in compenso si obbligò a risarcire 260 ducati per non aver maggesato ed altri ducati 29 per le spese della causa. Non avendo denaro liquido, vendette 10 paia di buoi a ducati 30 in paio al nobile Decio Suriano.[vi]

Il 9 novembre 1720 in Napoli, Nicola Rocchi, procuratore di Diego Passarelli, e Vincenzo Pugliese, procuratore dell’università di Crotone, raggiungevano un accordo per porre fine alla lite per il mancato pagamento della bonatenenza per le terre dette le Bucche, Frasso e Fiumara, tassate per 46 ducati. L’accordo prevedeva che Diego doveva pagare ogni anno all’università di Crotone per i suoi territori tassati per salme cento, annui ducati venti, e per quanto riguardava gli arretrati, il Passarelli doveva dare per una sola volta ducati ottanta.[vii]

 

Nicola Passarelli

A Diego Passarelli successe Nicola Passarelli. Nel Catasto Onciario di Crotone del 1743 così è descritto: il suo possedimento in questo territorio: “Un comprensorio di terre detto li Bucci, Frasso, e Fiumara logo detto Nieto di tomolate 520, d’annua rendita effettiva stimato ducati 300.”[viii]

Morto il detto Nicola, il 5 maggio 1757 il mastro Falconeri su mandato e procura della signora Francesca Passarelli, sorella di Nicola e coerede ab intestato, si recò assieme al notaio Giovanni Tirioli al regio giudice a Contratti ed a testimoni, “in loco detto li Bucchi, Frasso e Fiumara iuxta flumen dicto Neto”. Qui il Falconeri a nome della Passarelli, prese reale possesso delle gabelle “caminando, e passeggiando per dette terre, dimorando in quelle, zappando, strappando erba con le mani, buttando terra da un luogo ad un altro, e fare tutti quelli atti dominiali, che averebbe potuto fare detto q.m Nicola prima di morire”.[ix]

Arme della famiglia Zurlo: D’azzurro, sbarra dentata d’argento, accompagnata da tre stelle d’oro, due in capo ed una in punta (da Wikipedia).

 

Gli Zurlo

Il 29 giugno 1770, i nobili Diego e Francesco Antonio Zurlo dichiaravano di possedere un tenimento di Gabelle nominate li Bucchi, che essi avevano comprato dagli eredi di D. Nicola Passarelli della città di Catanzaro. Il tenimento era franco e libero d’ogni e qualunque peso, censo o servitù.[x]

Dopo avere acquistato Bucchi gli Zurlo incaricarono i mastri fabricatori Domenico e Nicola Scaramuzza e si fecero costruire un casino di campagna.[xi] Il 7 marzo 1772, su richiesta di Diego, Francesco Antonio, Nicola, Raffaele e Baldassarre Zurlo, i mastri fabbricatori Pasquale Iuzzulino e Domenico Scaramuzza, e il mastri falegnami Antonio Negro ed Antonio Lucà, apprezzarono e valutarono gli edifici appartenenti agli Zurlo in località Bucchi. Il casino di campagna era costituito dal casino con scala, da uno stallone, cioè un magazzino attaccato al casino e da una tavernella. Vi erano poi una chiesuola,[xii] il magazzino del forno, il magazzino attaccato al forno ed un pozzo di fabbrica, dentro il vaglio del casino. Poco distante dal casino vi era un altro pozzo col biviero. Il tutto fu stimato del valore di ducati 1852 e grana settanta.[xiii]

In seguito il tenimento passò a Giuseppe Zurlo. Nel catasto Onciario del 1793. Giuseppe Zurlo di anni 43. Possiede un territorio detto Li Bucchi.[xiv] Rimase agli Zurlo, nel 1934 è di Giuseppe Zurlo. Nel 1950 il fondo Bucchi di Ha. 179.12.30 fu espropriato dall’O.V.S. e diviso tra i quotisti. Fu costruito allora il “Borgo Bucchi”.

 

Il “Borgo”

Il “Borgo Bucchi”, così chiamato dal toponimo della località ove sorge, si compone di Chiesa con canonica, Spaccio cooperativo, Ufficio Postale, Ambulatorio medico, Ufficio consortile, Edificio scolastico con 4 aule, asilo e abitazione insegnante. I centri abitati più prossimi sono Crotone, a Km.13, Rocca di Neto, a Km. 14. È servito dalla SS. 106 – litoranea ionica – e dalla strada provinciale SS.106 – Poderi e dalla rete delle vie poderali ed interpoderali. La zona d’influenza è di Ha. 2.800. La popolazione servita è di circa 600 famiglie corrispondenti a circa 3.000 unità. Occupa complessivamente mq. 17.000 di cui 6.000 mq. per la espansione.[xv]

Crotone, “Borgo Bucchi”.

 

Note

[i] “La strada che da Cotrone, Botteghelle, Cerza, Vignali dell’Angona, Passovecchio, (Barbarella), Ponticelli, Margherita, Cantorato, Bucchi conduce a Nieto.” AVC, s.c., 1868.

[ii] ASN, Cam. Som., Liquidazione dei Conti. Dip. Som. Prima serie. 306, Quaterno facto per me martino palaczo procurator delabatia de s(anc)ta m.a de altilia nome et parte domini fran.ci de allegro de neapoli delo introyto delo anno viiij ind(ictione) dela predicta abatia, f. 2v.

[iii] Le tenute in territorio di Crotone sono “Manca di Cane”, “Brasimatello”, “S.ta Marina” e “Altilia”. ASCz, Copia di Platea antica, f. 26v, in Miscellanea Monastero di S. Maria di Altilia, 529, 659, B. 8.

[iv] Il 27 settembre 1610 Ottavio Piterà, nobile di Catanzaro ma abitante a Crotone, marito di Livia Lucifero di Crotone, in qualità di procuratore e marito della stessa, prende possesso dei beni che la moglie ha ereditato come erede universale del fu Gio. Pietro Lucifero juniore, nipote della stessa Livia e figlio di Gio Pietro seniore, quest’ultimo a sua volta figlio di Gio. Francesco Lucifero. Tra i beni ereditari ci sono le case dove, in tempo che viveva, abitava lo stesso Gio. Pietro Lucifero e che ora sono abitate dalla stessa Livia Lucifero e dalla sua famiglia. Le case sono costituite da più membri superiori e inferiori, “cum cortilio et scalis lapideis a parte interiori” e sono poste nel luogo detto “La Judeca”, in parrocchia di San Pietro e confinano con le case degli eredi di Hieronimo Galatio, via pubblica ed altri confini. Da Livia Lucifero ed Ottavio Piterà seniore nasceranno il figlio ed erede Lucantonio ed Isabella. Isabella Piterà sposò Ottavio de Nobili. ASCz, Not. Gio. Francesco Rigitano B. 49, f.lo 1610, f. 104; Not. Antonio Varano, B. 334, f.lo 1678, ff. 198–202.

[v] 1714. Acta Civilia inter Universitatem Civitatis Cotroni cum Cl.o Didaco Passarello Civitatis Catanzarii. ASCz, Regia Udienza, Fasc. VII.

[vi] ASCz, Not. Stefano Lipari, B. 612, f.lo 1718, ff. 80-83.

[vii] ASCz, Not. Pelio Tiriolo, B. 661, f.lo 1721, ff. 53-58.

[viii] ASN, Cam. Som., Catasto Onciario dell’università di Cotrone del 1743, Vol. 6955, f. 262.

[ix] ASCz, Not. Ioanni Tirioli, B. 1267, f.lo 1757, ff. 92-93.

[x] ASCz, Not. Vitaliano Pittò, B. 1589, f.lo 1770, f. 51.

[xi] ASCz, Not. Io.es Siciliano, B.1528, f.lo 1776, f. 1v.

[xii] 26 marzo 1760. Indulto per oratorio privato a favore dei fratelli Giovanni, Domenico, Diego, Pietro, Francesco, Antonio e Nicola e della sorella Lucia e di Maria del Castillo, moglie di Nicola. Russo F., Regesto, 64636.

[xiii] “Fabbriche del casino canne centonovantadue à carlini trenta sei la canna importano docati seicento novanta uno, e grana venti, ed in esse canni compresa anche la scala 691=20; Astraco, ceramidi, e cantoni colla scala docati cento e sedici 116; Legname, e tutto come siano tavole, travi, fenestre, e porte per docati cento sessanta e grana cinquanta 160=50; In tutto importano docati novecento sessanta sette e grana settanta 967=70. Stallone, e tavernella:Fabbrica di creta canne novanta à carlini ventiquattro la canna importano duc. duecento e sedici 216; Ceramidi, e cantoni duc. quarantatre e grana sessanta 43=60; Legname in tutto duc. settantotto 78; In tutto importano docati trecento trenta sette e grana sessanta 337=60. Chiesuola: Canne cinque e tre quarti fabbrica di creta a raggione di carlini ventiquattro la canna 13=80; Ceramidi, mattonate, e cantoni duc. sei e grana cinquanta 6=50; Legame docati dieci 10; In tutto importano docati trenta e grana trenta 30=30. Magazzino del forno di calce misurato canne trenta à carlini trentaquattro la canna importano docati cento e due 102; Ceramidi, cantoni e forni duc. venti cinque e grana cinquanta 25=50; Legname docati trenta e grana venti 30=20; In tutto importano duc. cento cinquanta sette e grana settanta. 157=70.

Magazzino attaccato al magazzino del forno: Fabbrica di creta canne trenta cinque e mezzo alla raggione di carlini ventiquattro la canna duc. ottanta cinque e grana venti 85=2; Ceramidi, e cantoni valutati per duc. cinquanta nove e mezzo 59=50; Legname duc. novanta 90; In tutto detto magazzino duc. duecento trenta quattro e grana settanta 234=70. Pozzo e fabbrica dentro il vaglio del casino: duc. quindici 15. Pozzo col beviero canne venti tre quarti di calce alla ragione di carlini trenta sei la canna duc. settantaquattro e grana settanta oltre d’altri docati quindici di cantoni duc. ottanta nove e grana settanta 89=70. Travi di palmi quaranta sistenti nel vaglio di detto casino num. Cinque docati venti 20.” ASCz, Not. Vitaliano Pittò, B. 1589, f.lo 1778, ff. 69-70r.

[xiv] AVC, Catasto Onciario Cotrone 1793, f. 73v.

[xv] Rogliano G., La casa rurale nel comprensorio dell’O.V.S., Cosenza s.d., pag. 60.


Creato il 14 Gennaio 2022. Ultima modifica: 14 Gennaio 2022.

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