Le chiese di Roccabernarda

Roccabernarda (KR), croce conservata nella chiesa di S. Maria Assunta.

Itinerario percorso durante la visita pastorale del vicario Gio. Tommaso Cerasia[i]

5 giugno 1559: Matrice Santa Maria La Magna.

6 giugno 1559: Parrocchiale S. Nicola de Plastò – S. Nicola della Piazza o della Porta – Santa Maria de la Valle – S. Maria delo Castello – Santa Caterina* – S. Trinità – S. Maria Annunziata* – Santi Innocenti* – S. Vito* – S. Anna* – S. Nicola de Flumine* – S. Sofia* – S. Giovanni de Fiore* – S. Paolo* – S. Rocco*.

7 giugno 1559: S. Sebastiano- S. Infantino- S. Donato.

Itinerario percorso durante la visita pastorale del vicario Prospero Leone[ii]

11 giugno 1610: Matrice S. Maria La Magna – parrocchiale S. Nicola de Plastò.

12 giugno 1610: S. Nicola de la Porta – S. Maria de la Valle – S. Iacobo – S. Maria Annunziata* – S. Nicola de Flumine* – S. Anna* – S. Vito* – S. Sofia* – S. Innocenti*.

13 giugno 1610: S. Paolo* – S. Trinità – S. Catarina – S. Sebastiano – S. Rocco*.

Itinerario del notaio Gio. Francesco Rigitano[iii]

27 agosto 1620 – La Porta di S.to Nicola – Lo Piano de lo Castello – Fortilitium seu castrum.

Itinerario percorso durante la visita pastorale dell’arcivescovo Francesco Falabella[iv]

18 ottobre 1660: Matrice Santa Maria Assunta – S. Nicola.

19 ottobre 1660: S. Maria Annunziata* – S. Vito* – S. Anna* – S. Innocenti* – S. Iacobo – S. Rocco* – S. Maria della Pietà delle Cinque Piaghe.

20 ottobre 1660: Monte di Pietà (contiguo a S. Maria della Pietà) – S. Maria della Visitazione – S. Sebastiano – S. Maria de Molerà*.

Chiese menzionate nella relazione vescovile del 1678

S. Nicola de Plastò (parrocchiale) – S. Maria Assunta (matrice) – SS. Annunziata (confraternita) – S. Caterina (confraternita) – SS. Rosario (confraternita) – Cinque Piaghe della Madonna – S. Maria della Valle – Santo Vito – Santa Anna (fuori dalla terra vicino al fiume Tacina).

Chiese menzionate nella relazione vescovile del 1765

S. Maria Assunta (matrice) – S. Nicola de Plastro (parrocchiale)* – Delle Piaghe di Gesù Cristo – Beata Vergine Dolorosa – S. Sebastiano – Visitazione della B.V.M. – SS.ma Annunciazione* – S. Vito* – S. Anna* – S. Rocco* – S. Maria de Molerà*.

(*) chiese fuori le mura.

Roccabernarda (KR), particolare dell’arco d’ingresso della chiesa di S. Maria Assunta.

Santa Maria delo Castello

Il 6 giugno 1559, il cantore militese Giovanni Tommaso Cerasia, vicario dell’arcivescovo di Santa Severina Giovanni Battista Orsini, visitò la chiesa di “S.te mariae delo Castello T(er)re p.te”, che era situata dentro il castello. Nell’occasione la trovò che aveva un altare in fabbrica con un altare portatile, tre tovaglie, un telo per la copertura, un vestimento sacerdotale telato completo e due candelabri di legno. La chiesa era a “lamia”, aveva una porta di legno con chiusura, ed il cappellano era Pietro Paolo Moschetta.[v] Non abbiamo ulteriori notizie. C’è da notare che, probabilmente, essa ben presto andò in rovina, in quanto il 26 febbraio 1616, il papa Paolo V concedeva a Marcello Baracco di poter costruire un oratorio privato nel castello, nel quale erano custoditi dei prigionieri.[vi]

Roccabernarda (KR), ruderi del castello.

Santa Maria Magna, o della Piazza

Alla metà del Cinquecento, la chiesa arcipretale di Santa Maria della Piazza di Roccabernarda, chiesa “magiore” del luogo, risulta tra i benefici della diocesi di Santa Severina, che pagano la quarta all’arcivescovo,[vii] e la decima alla Santa Sede.[viii]

Il 5 giugno 1559 Giovanni Tommaso Cerasia, cantore militense e vicario dell’arcivescovo di Santa Severina Giovanni Battista Orsini, alla testa del suo seguito e accompagnato dal tesoriere e dall’arcipresbitero del capitolo cattedrale, giunse “in terra roche ber.de et proprie ianuam d(ic)te terre”, da dove, assieme a tutto il clero ed al venerabile dominus Stefano Masso, vicario foraneo del luogo, che lo avevano accolto al suo arrivo, pervenne “ad ecclesiam in s(an)te mariae magne seu Archipresbiteratus nuncupatus”.

Qui accedette all’altare maggiore e pregò, poi pronunciò ai presenti un sermone sul significato della sua visita, quindi, considerato che era già l’ora sesta, per i suoi impedimenti, si recò nella casa di Roccabernarda dove avrebbe fatto residenza durante la sua visita. Ritornato nella chiesa quando era quasi l’ora ventesima e, dopo aver pregato davanti al SS.mo Sacramento, dette quindi inizio alla sua visita.

Nel muro della cappella dell’altare maggiore, trovò una finestra lignea coperta da un panno di lino e da uno di seta, sopra la quale vi era un’altra finestra dove era riposta la SS.ma Eucarestia. Qui trovò una lampada accesa, ma la serratura della finestra era difettosa e non si apriva. Sopra l’altare maggiore di fabbrica, coperto con tre tovaglie e ante altare, con altare portatile sopra, si trovavano due candelabri “de alvi calco” grandi e due piccoli, ed una piccola immagine della Vergine Maria. Fu quindi ingiunto al Reverendo D. Francisco de Amino, procuratore dell’arciprete, e a D. Nardo de Amino, che affermava di essere socio dell’arciprete che, entro il termine di due mesi, dessero inizio, ed entro il termine di sei mesi, finissero, una nuova immagine grande della Vergine, del valore di ducati 8, facendo realizzare in detto altare un tabernacolo del valore di 4 ducati in cui conservare l’eucarestia.

Il vicario passò quindi a visitare la fonte battesimale di pietra, trovata integra e con l’acqua benedetta, ma sporca, che ordinò di riadattare entro dieci giorni, poi proseguì la sua visita nella sacristia. Qui in una cassa di legno, trovò una croce d’argento ed un’altra di legno, un calice d’argento dorato, un tabernacolo d’argento, e un piccolo calice con patena che, considerato indecente dal vicario, da questi fu rotto affinché ne fosse realizzato uno nuovo. In un’altra cassa lignea furono rinvenuti due casule, una antica di seta rossa, ed un’altra “cum friso in medio”, una cappa di seta verde con frange, un pallio di seta rossa con frange, un vestimento sacerdotale di tela completo, una casupra di velluto turchino, tre stole, tre tovaglie, e un bacile. In un’arca furono trovati quattro vestimenti completi, una pianeta di tela, e diverse tovaglie con mandili vecchissimi, mentre in un’altra arca furono trovati alcuni libri in pergamena (graduali, antifonali, missali). In una grande arca, infine, si trovano alcune centinaia di tovaglie riposte in alcuni sacchi.

In mezzo alla chiesa c’era l’immagine del Nostro Salvatore pendente in Croce, mentre nel lato sinistro della chiesa, sopra la cappella di San Leonardo c’era l’organo. Nella chiesa vi erano: il campanile “prope altare”, tre campane, due grandi e una piccola, diversi banchi lignei, ed il coro. Il vicario ingiunse che venissero rifatte le porte vetuste e le serrature, e accomodata la scala che dava accesso alla chiesa.

Passò quindi a visitare i diversi altari esistenti. Quello della confraternita del SS.mo Sacramento, di cui era cappellano D. Ciancio Benincasa, quello di San Geronimo, l’altare “seu oratorium”, di Sant’Andrea, la cappella o altare di San Leonardo, di iurepatronato dei Famele e di cui era cappellano D. Ciancio Benincasa, la cappella sotto il titolo di S. Francesco di Paola, quella sotto il titolo di S. Marco, che si affermava fosse stata costruita dal quondam notaro Leofante Granario, e di cui era rettore Salvator dela Padula, la cappella sotto il titolo della Epifania Domini, la cappella di San Blasio servita da D. Petro Caputo, che apparteneva all’erede di Vonello di Vona e al figlio di Bello de Apruzi, e possedeva una casa palaziata “in burgo t(er)re p.te”, la cappella di S. Matteo priva di cappellano, la cappella sotto il titolo di Omnium Sanctorum dei confrati della confraternita del Sacratissimi Corporis Cristi, la cappella di San Domenico, di iurepatronato dei Miniscalco, servita da D. Ioannello Cidattolo e, infine, quella di S. Agatio della famiglia Scigliano di cui era cappellano D. Tomaso Juliano.[ix]

Roccabernarda (KR) processione di S. Francesco di Paola (dalla pagina fb Roccabernarda da ritrovare).

Il 10 giugno 1610 la chiesa matrice di Santa Maria, dove si seppellisce,[x] fu visitata dal reverendo Prospero Leone, arcidiacono e vicario generale dell’arcivescovo Alfonso Pisano. A quel tempo vi esistevano i seguenti altari: la cappella di S. Andrea annessa alla Penitenzieria del SS.mo Sacramento, l’altare di S. Giovanni Battista di ius patronato della famiglia Moschettino, l’altare di San Michele Arcangelo servito da D. Joannes Sapia per legato del quondam Agatio Tersigna, l’altare di S. Leonardo dove celebrava D. Joannes Petro Masso, la cappella del SS.mo Rosario nella quale vi era la confraternita e dove celebrava lo stesso Masso, l’altare di S. Marco dei Guarano, l’altare dell’Epifania il cui jus patronato, nell’occasione, fu concesso dall’arcivescovo a Joannes Francesco Greco, l’altare di S. Blasio in cui celebrava D. Filippo Cidattolo, l’altare di S. Domenico che dicevano essere della famiglia Miniscalco, e l’altare di S. Agatio servito da D. Vincenzo Ammino.[xi]

Il 18 ottobre 1660 l’arcivescovo Francesco Falabella visitò la chiesa matrice di Roccabernarda, sotto l’invocazione di “S. Marie Assumpte positam in eminentiori parte dicti oppidi”, con l’altare maggiore posto “in parte orientali”, ornato con pallio di seta verde, tre tovaglie, lapide sacrato, carta secretorum, croce e otto candelabri, sei di legno dorato e due di bronzo. Dietro la custodia dove si conservava il SS.mo Sacramento, si trovava la “Icona devote depicta cum Imagine B. Mariae Assump.nis”, mentre, d’avanti l’altare, ardeva di continuo una lampada con l’olio raccolto dalle elemosine dei confrati del SS.mo Sacramento.

Oltre all’altare maggiore, vi erano: la cappella di S. Andrea Apostolo, posta al lato destro della chiesa “extra Chorum”, di jure patronato della famiglia De Massa, l’altare di Santa Lucia e S. Agatio, l’altare del SS.mo Rosario, la cappella di Santa Maria del Soccorso di jure patronato della famiglia De Rosis, e l’altare di Santa Maria delle Grazie di jure patronato della famiglia Guarano. Il tetto della chiesa era coperto da tegole e nella parete anteriore, sopra la porta maggiore, c’erano quattro “campanule”.[xii]

Nella seconda metà del secolo successivo, la chiesa matrice di Roccabernarda è sotto il titolo di Santa Maria Assunta, ed è retta da un arciprete curato. Ha quattro altari oltre il maggiore e c’è la fonte battesimale con i sacri oli. C’è la confraternita del Rosario eretta nella sua cappella, che è retta da un procuratore eletto dall’arcivescovo.[xiii]

Chiesa madre sotto il titolo di Santa Maria in cielo Assunta. Cappella del Soccorso eretta dentro la chiesa matrice. Cappella del SS. Sacramento dentro la chiesa matrice. Cappella del SS. Rosario dentro la chiesa matrice (1768).[xiv]

Roccabernarda (KR), chiesa di S. Maria Assunta.

San Nicola de Plaustro (Plastrò)

Era una delle due chiese parrocchiali di Roccabernarda, l’altra era la matrice di Santa Maria La Magna. Il 23 settembre 1540 Paolo III la concedeva ad Aurelio Pedacio di Santa Severina, essendo vacante per morte di Francesco Guercio.[xv] Seguì Bernardino Pedacio, come risulta dai pagamenti della decima alla Santa Sede verso la metà del Cinquecento,[xvi] e della quarta beneficiale all’arcivescovo di Santa Severina, durante gli anni 1545-1548 e 1566,[xvii] il quale fu persuaso dal sacerdote di Santa Severina Pietro Paolo Moschetta, a rassegnare la chiesa in favore del nipote Leonardo Pedacio. Per aver favorito questa cessione il Moschetta ottenne dal nuovo rettore la corresponsione della metà delle rendite della chiesa.[xviii]

Il 6 giugno 1559 la chiesa di “s.ti Nic.ai de prastò” fu visitata dal vicario Cerasia; ne erano rettori Giovanni Leonardo Pedacio e Pietro Paolo Moschetta. Il vicario esaminò la custodia del SS. Sacramento, realizzata nella parete destra della chiesa, proseguì per la fonte battesimale di terracotta, quindi arrivò all’altare maggiore, sopra il quale vi era una immagine su tela della Vergine Maria, di S. Pietro Apostolo e di San Nicola. Qui erano appesi alcuni oggetti votivi, tra i quali notò una piccola testa e due occhi d’argento.

Si recò poi nella sacristia, dove trovò una cassa vecchia. Il tetto dell’edificio aveva bisogno di essere riparato, infatti, nella chiesa entrava l’acqua piovana. Il vicario ordinò di rifare il tetto e di comprare un crocifisso, da porre in mezzo alla chiesa. Oltre all’altare maggiore vi erano altri sei altari, o cappelle: l’altare di Tutti i Santi della famiglia Simorra, la cappella di Santa Maria del Carmine, di cui era cappellano Salvatore dela Padula, la cappella di San Stefano della famiglia Cidattolo, la cappella di Sant’Antonio degli Ammirato, di cui era rettore Ciancio Benencasa, l’altare di San Cataldo dei Nicolucca, e la cappella, o oratorio, di San Pietro, di cui era rettore e cappellano Ciancio Benencasa.[xix]

Circa cinquant’anni dopo, la chiesa di “S. Nicolai di Plastò”, o “Plaustò”, dove si seppelliva,[xx] fu descritta dal reverendo Prospero Leone, che la visitò nel giugno 1610. Era parroco Giovanni Francesco Roggerio. Aveva la fonte battesimale, l’altare maggiore con l’immagine di San Nicola, la sacristia, l’altare di San Geronimo di iuspatronato dei Bonofiglio, dove il parroco celebrava una volta alla settimana, l’altare di San Stefano era spoglio, l’altare di Sant’Antonio di iuspatronato degli Ammerato, dove non venivano celebrate le due messe settimanali, che per obbligo dovevano essere celebrate, la cappella della SS. Concezione, dove vi era la confraternita, ed il parroco vi celebrava due volte alla settimana con le elemosine dei confratelli, l’altare di San Pietro e l’altare di Tutti i Santi, che l’arcivescovo ordinò di distruggere, in quanto nessuno lo dotava. Il vicario visitò tutto l’edificio ed ordinò di fare le coperture sopra i tumuli dei morti, ed al parroco di rifare i soffitti, dove dovevano essere riparati; infine esortò il popolo e i parrocchiani ad aiutare il parroco in questa buona opera.[xxi]

Nell’aprile 1636 per intervento di Urbano VIII, veniva rimosso il parroco Aurelio Mannarino e la carica fu concessa a Francesco Bernardo, alla cui morte passò nel settembre 1654 a Gio. Antonio Bernardo.[xxii] Nel frattempo, colpita dal terremoto del 1638, la chiesa fu abbandonata e andò in rovina, rimanendo a ricordo per alcuni anni solo il nome del luogo.[xxiii] La cura parrocchiale fu trasferita nella chiesa della confraternita laicale di Santa Caterina, che si trovava fuori le mura e che nell’occasione assunse il titolo della parrocchiale.

L’arcivescovo di Santa Severina Francesco Falabella il 18 ottobre 1660 visitò la chiesa di San Nicola, di cui era parroco Giovanni Antonio Bernardi. L’edificio, pur avendo mutato nome, conservava la struttura della chiesa di Santa Caterina. Vi erano infatti gli altari di Santa Maria delle Grazie e di San Leonardo, quest’ultimo era ancora sede della confraternita, ed alla parete era appesa l’icona dipinta su tela con le immagini della Vergine Maria, di Santa Caterina e degli angeli. Dalla vecchia parrocchiale distrutta dal terremoto, invece, proveniva il nuovo altare dedicato alla SS. Concezione, sopra il quale vi era una statua lignea della SS. Concezione, e la fonte battesimale. L’arcivescovo comandò di apporre sopra la fonte battesimale l’immagine di San Giovanni Battista, che battezza Cristo, di riparare il tetto e di intonacare alcune pareti.[xxiv]

La chiesa subì gravi danni dal terremoto del 1744 e fu riparata per ordine dell’arcivescovo Carmine Falcone (1743-1759), il quale obbligò il parroco a impegnare per più anni parte delle rendite, in modo da ripristinarla ed a migliorare l’edificio.[xxv] Tuttavia, l’intervento non dovette risultare risolutivo se poco dopo, l’edificio, situato fuori le mura, è descritto come minacciante dappertutto rovina. Per tale motivo, essendo mancante del parroco, l’arcivescovo Antonio Ganini (1763-1795) poco dopo il suo insediamento, decretò in presenza e con l’assenso del popolo e del clero, che bisognasse edificare una nuova chiesa dentro le mura, utilizzando per tre anni le rendite parrocchiali, ottenute per supplica dal papa, tolta la quota da assegnare ad un vicario curato per il triennio. Nel frattempo, per concorso si sarebbe canonicamente eletto il nuovo parroco.[xxvi]

Chiesa parrocchiale di San Nicola Pontefice. Cappella di S. Leonardo eretta dentro la parrocchiale chiesa di S. Nicola. Cappella di Santa Caterina eretta dentro la chiesa parrocchiale di S. Nicola. Chiesa dell’Immacolata Concezione eretta dentro la chiesa parrocchiale di S. Nicola (1768).[xxvii]

Roccabernarda (KR), processione di Sant’Antonio di Padova.

San Nicola della Piazza, o della Porta

Alla metà del Cinquecento la chiesa di “s.ti Nic.ai de la piazza” (“de platea”), risultava “grancia” di Santa Maria La Magna, ed era amministrata dai rettori della chiesa arcipretale. L’arciprete Giuseppe de Ammino ingiunse ai cappellani di Santa Maria La Magna, di fare una porta di legno all’edificio entro il termine di sei mesi, sotto la pena della scomunica e del pagamento di 25 once. Vi erano l’altare maggiore, un altro altare, ed una piccola campana, ma non c’era alcun indumento sacro.[xxviii]

La chiesa di “S. Nicolai della porta” è ancora esistente all’inizio del Seicento, quando fu visitata dall’arcidiacono Prospero Leone che la trovò chiusa. Aveva l’altare decentemente ornato ed in essa aveva sede il monte di pietà, di cui era procuratore fin dalla sua istituzione Salvatore de Vona.[xxix] In seguito la chiesa non compare più.

Roccabernarda (KR), croce in piazza Cucco.

Santa Maria della Visitazione, o della Valle

Alla metà del Cinquecento, la chiesa senza cura di anime di “s.ta maria dila valle”, risultava priva di beni. Ne era rettore Giovanni Tommaso Cidattolo. Aveva l’altare decorato, una icona con l’immagine della Vergine Maria ed una piccola campana. La chiesa apparteneva a Gregorio Vetere.[xxx]

In seguito, si sa della donazione da parte di fedeli di alcune case e di certe suppellettili per l’altare. Gli stabili erano costituiti da una domus palaziata, sita “in eadem t(er)ra loco dicto la valle iusta domum heredum Turci Cua et regnantis Guercio vinculo mediante et iusta viam publicam”, per donanzione di Nicolai e Marc’Antonio di Renzo, e da un’altra domus “in eadem terra iusta domum Stefani Tassitani et iuxta aliam domunculam ipsius Ecc.ae”, per donazione di Camilla Greco.

Così l’arcidiacono Leone, che la visitò il 12 giugno 1610, descrive l’altare ornato decentemente e la chiesa provvista di un messale nuovo, di candelabri e campanelle. Vi celebrava una messa alla settimana il sacerdote Giovanni Domenico Andriolo ed altre messe erano celebrate saltuariamente a seconda delle elemosine dei fedeli. Durante la visita l’arcidiacono ordinò di completare il soffitto.[xxxi]

Menzionata nella seconda metà del Seicento,[xxxii] la chiesa fu visitata dall’arcivescovo Falabella nell’ottobre 1660. Egli vi trovò l’altare ornato con un pallio di seta d’argento tessuto con diversi colori, tre tovaglie, carta di Gloria, croce, sei candelabri e due cuscini di tela. Alle pareti era appesa una icona antica dipinta su tela ed ornata con cornici dorate, con le immagini della Beata Vergine e dei santi Gioacchino, Elisabetta e Giuseppe. Vi era l’onere di celebrare dieci messe all’anno, per le quali versava l’elemosina Giovanni Tommaso Bonofiglio. Si celebrava inoltre una messa alla domenica con le pie elemosine.

La chiesa possedeva una pianeta di seta di colore bianco, un calice nuovo con i suoi ornamenti, cinque tovaglie, un messale e alcuni vasi. L’arcivescovo ordinò di riparare entro un mese il pavimento, dove era affossato, e la porta. L’edificio aveva il tetto coperto da tegole e tavole levigate ed una piccola campana batteva sopra la porta.[xxxiii]

La “Chiesa di S.a Maria della Vis(it)atione volgarm.te d.a della Valle”,[xxxiv] esisteva ancora alla metà del Settecento. Essa era retta da un procuratore eletto dall’arcivescovo di Santa Severina, il quale doveva interessarsi alla sua manutenzione.[xxxv]

Roccabernarda (KR), il luogo detto La Valle.

San Jacobo

Alla metà del Cinquecento ne era rettore Ciancio Benincasa, e al suo interno vi erano un altare ben costruito, un vestimento sacerdotale, un messale, un calice di peltro, due casse ed una campana.[xxxvi] La situazione non era mutata all’inizio del Seicento, quando l’altare si mostrava ben ornato ed i sacerdoti Filippo Cidattolo e Giovanni Sapia vi celebravano ciascuno una messa alla settimana.[xxxvii]

In occasione della visita del Falabella (1660), la chiesa di “S.ti Jacobi positam in dicto oppido”, aveva l’altare coperto da un pallio, tre tovaglie, carta di gloria e quattro candelabri di legno. Era anche ben fornita di suppellettili sacre: calice con patena, alcune pianete, un messale, ecc., ma mancava della lapide consacrata. L’arcivescovo ordinò di fornirla entro un mese e di accomodare e restaurare l’altare, nel frattempo non vi si doveva celebrare. Alla parete vi era una icona dipinta su tela, con le immagini della Vergine Maria e dei santi Giacomo e Rocco, con le cornici di legno dipinte, e sopra vi era un baldacchino di legno. Vi era l’onere di celebrare 36 messe all’anno con le rendite che provenivano dai beni di Giovanni Petro ed Elisabetta Guercio. Durante il periodo dell’interdizione le messe dovevano essere celebrate nella vicina chiesa di Santa Maria della Valle.[xxxviii]

Santa Maria dei Dolori

Verso la metà del Settecento l’arcivescovo di Santa Severina Carmine Falcone (1743-1759) diede l’assenso per la costruzione all’interno delle mura, di una edicola dedicata alla Beata Vergine dei Dolori.[xxxix] La piccola chiesa, o oratorio, aveva un unico altare ed era mantenuta dalle elemosine dei fedeli, i quali vi si riunivano per pregare il venerdì e la domenica.[xl]

Santa Maria della Pietà delle Cinque Piaghe

Compare alla metà del Seicento. Aveva l’altare posto verso oriente, che era ornato con pallio di seta di colore bianco e rosso, con tre tovaglie, lapide sacra, quattro candelabri di legno, carta di gloria e croce. La chiesa apparteneva alla congregazione omonima. Vi era una icona alla parete di tela dipinta, con le immagini della Vergine Maria della Pietà, di S. Giovanni Evangelista, S. Nicodemo, Maria Maddalena e altri. Sopra l’icona vi era un baldacchino di tela ornato con vari colori.

L’arcivescovo Falabella ordinò di portare al piano dell’altare l’altare portatile, in modo che non lo superasse, di provvedere di carta di Gloria ed In principio, e di indorare entro due mesi il calice e la patena, che nel frattempo non dovevano essere usati. Vi era l’onere di celebrare due messe settimanali per l’anima di Antonia Ioppoli. Per devozione e per le pie elemosine dei confratelli si celebrava ogni venerdì, le prime domeniche e nei giorni di lunedì di ciascun mese, ed una messa cantata nei giorni festivi dei protettori Giovanni Battista, Giovanni Evangelista e Santa Croce. L’arcivescovo passò in rassegna le molte suppellettili sacre ed ordinò di rifare entro un mese gli sgabelli rotti. Il pavimento dell’edificio era costruito con mattoni ed il tetto coperto con tegole e tavole.[xli]

La chiesa e la confraternita sono ancora presenti alla metà del Settecento. Allora la chiesa era retta da un procuratore scelto dall’arcivescovo di Santa Severina, mentre la confraternita era amministrata per quanto riguardava lo spirituale da un direttore, confermato dall’arcivescovo, e per quanto riguardava gli affari temporali da un procuratore scelto dai confratelli.[xlii] Oratorio delle Cinque Piaghe, eretto dentro l’abitato (1768).[xliii]

Roccabernarda (KR), piazza Cucco.

San Sebastiano

Era situata nella parte dell’abitato di Roccabernarda detta il “quartiero et convicinanza della chiesa di S.to Bestiano”,[xliv] vicino le chiese di San Infantino, Santa Caterina, San Rocco e Santa Maria della Visitazione. Alla metà del Cinquecento aveva l’altare spoglio e due porte vecchie. Vi era una vecchia cassa vuota e rovinata, ed il tetto era in parte scoperchiato. Qualche volta, ma raramente, vi si celebrava la messa per elemosina dei benefattori, ma non vi era un cappellano stabile.

Sopra l’altare vi era una piccola icona con l’immagine della Vergine Maria e più sopra un quadro con l’immagine di San Sebastiano lacerato e vecchissimo. I pochi oggetti sacri della chiesa erano custoditi da donna Paola de Cola Cosenza. Si trattava di indumenti ed oggetti quasi sempre vecchi e malridotti: un vestimento di tela sacerdotale completo, tre tovaglie, una coperta d’altare, un calice rotto senza patena, un calice di peltro con patena, un campanello di ottone rotto, un messale vecchio, due vasi di creta, ecc.[xlv] La situazione non era mutata al tempo dell’arcidiacono Leone, che la visitò il 13 giugno 1610. Allora vi si celebrava la messa nel giorno della festa del santo per devozione dei fedeli e gli ornamenti e gli oggetti sacri erano detenuti dall’arciprete.[xlvi]

In seguito, la situazione peggiorò. Il 20 ottobre 1660, l’arcivescovo Falabella la descrive con il pavimento pieno di fosse, l’altare spogliato di ogni ornamento, il tetto malmesso e le pareti rustiche e senza intonaco. Il prelato ordinò di non celebrarvi finché la chiesa non fosse stata provvista di tutti gli ornamenti necessari (due candelabri, Croce, carta di gloria, calice, patena), e non fosse stato riparato il pavimento e le pareti intonacate, ed il tetto coperto con tegole e con tavole levigate. Gli oggetti appartenenti alla chiesa erano detenuti da Giovanni Petro Terzigna. Poiché vi era l’onere di celebrare tre messe all’anno per legato di Francesco Arango, l’arcivescovo ordinò di celebrarle nella chiesa matrice, finché quella di San Sebastiano non fosse stata riparata e provvista del necessario. In quell’anno ne erano procuratori Michelangelo Pedace e Giovanni Pietro Terzigna, ai quali l’arcivescovo affidò la riparazione della chiesa, per la quale fu assegnato il legato di Francesco Arango, ma poiché il denaro era insufficiente, si sarebbero dovuti utilizzare allo scopo le elemosine dei fedeli.[xlvii] Alla metà del Settecento la chiesa era ancora esistente ed aveva un unico altare.[xlviii]

San Infantino

Era situata vicino alle chiese di San Sebastiano e di San Donato. Con una porta senza chiusura e completamente scoperchiata, ma tuttavia pulita ed ornata, così si presentò al vicario Cerasia, che la visitò il 7 giugno 1559. La chiesa, che era di pertinenza dell’università di Roccabernarda, aveva un altare, ma non vi si officiava né vi erano paramenti.[xlix] S. Infantino (1768).[l]

Roccabernarda (KR), via S. Fantino.

San Donato

Esistente ancora alla metà del Cinquecento,[li] era situata vicino alla chiesa di San Infantino. Il vicario Cerasia trovò che aveva una porta con chiusura e vi era un altare con alcune suppellettili sacre: una tovaglia, un candelabro di ottone. La chiesa era “grancia” della chiesa parrocchiale di San Nicola de Prastò e vi officiavano i cappellani di questa parrocchiale. Possedeva alcune terre dette volgarmente le terre di Santo Donato alla marina. L’edificio aveva urgente bisogno di essere riparato e doveva essere rifornito di vestimenti.[lii] In seguito non compare più.

Santa Caterina

Era situata fuori le mura di Roccabernarda, “nel Borgo di detta Terra”,[liii] vicino alla chiesa della SS. Trinità e, fin dalle prime notizie (1545),[liv] risulta sede della confraternita omonima. Al momento della visita del vicario Cerasia (1559) vi celebrava Gregorio Vetere. Possedeva una grande croce dorata, un messale, un vestimento di tela sacerdotale completo, una casula di seta rossa con croce verde. Nell’altare c’erano tre tovaglie, una copertura di tela, due cuscini di tela, due candelabri di ottone, un calice d’argento dorato con patena, un altro calice di peltro con patena, ecc.

Era procuratore della confraternita il mastro Domenico de Rose. La confraternita aveva alcuni terreni dentro il corso di Verde e ad Umbro de Manno. Oltre all’altare maggiore vi era un altro altare dedicato a Santa Maria delle Grazie, ornato con un’immagine della Vergine. Aveva il campanile con due campane. Il vicario vi notò anche un messale vecchissimo ed alcuni libretti antichi scritti a mano. Prima di lasciarla ingiunse di presentare entro il giorno dopo, sotto pena di scomunica, di 200 libbre di cera e l’interdizione della chiesa, la platea con tutti i beni e le rendite.[lv]

Il 13 giugno 1610 la chiesa fu visitata dall’arcidiacono Prospero Leone. L’altare era decentemente ornato ed il reverendo Giovanni Bernardino de Rosa vi celebrava due messe settimanali di domenica e di lunedì. Il procuratore della confraternita Cesare Grasso era da poco morto. Nella chiesa oltre all’altare dedicato a Santa Maria della Grazia, che era decentemente ornato e dove vi si celebravano alcune messe per devozione dei fedeli, vi era anche un nuovo altare dedicato a San Leonardo. Quest’ultimo era stato eretto ed era curato dalla confraternita. In esso ogni giovedì vi celebrava una messa il reverendo Bernardino de Rose.

La chiesa era ben fornita; tra l’altro possedeva un calice con coppa e patena, da poco indorate, un pallio di color verde con croce e molti altri ornamenti e suppellettili sacre. L’arcidiacono visitò tutto l’edificio ed ordinò di chiudere con tela cerata, o con tavole, la grande finestra, che era situata sopra la porta maggiore di fronte all’altare, in modo da impedire al vento di disturbare coloro che celebravano. Comandò inoltre di imbiancare nella parte interna la parete, dove si apriva la porta maggiore.[lvi]

Al tempo del sinodo di Fausto Caffarello del 1634, il procuratore della chiesa Francesco Lauro versò due libbre di cera.[lvii] In seguito, dopo il terremoto del 1638, vi fu trasferita la cura della parrocchiale di San Nicola de Plaustrò, così la chiesa cambiò nome. Nonostante ciò, per molto tempo ancora fu chiamata dalla popolazione “parocchiale di S. Caterina”.[lviii] La confraternita di Santa Caterina sarà ancora presente alla fine del Seicento,[lix] in seguito venne meno.

Roccabernarda (KR), via Borgo.

San Michele

Alla metà del Cinquecento doveva essere già in abbandono. Visitando la chiesa di Santa Caterina, il vicario Giovanni Tommaso Cerasia notò che vi era una cassa chiusa, appartenente alla chiesa di “S.ti Michaelis sita in p.te T(er)re loco ditto lo Critazzo”. Il vicario fece aprire la cassa e vi trovò tutto ciò che era di pertinenza della chiesa. Egli ordinò di portare il tutto nella sacristia della chiesa matrice di Santa Maria Magna.[lx] Della chiesa di San Michele non si hanno altre notizie.

SS. Trinità

Di iuspatronato dell’università di Roccabernarda, era situata vicino alle chiese di Santa Caterina, della SS. Annunziata e di San Paolo. Essa doveva essere in cattivo stato. Il Cerasia, che la visitò il 6 giugno 1559, ordinò che, sotto pena di scomunica e di 25 once, nessuno osasse celebrarvi senza sua espressa licenza.[lxi]

La situazione non migliorò e l’edificio dovette andare ben presto in rovina. Cinquanta anni dopo la messa, che vi doveva essere celebrata a spese dell’università, era stata trasferita nella vicina chiesa di Santa Caterina ed era officiata dal reverendo Giovanni Bernardino de Rose, mentre i beni, di cui era dotata, risultavano occupati ed usurpati.[lxii] La chiesa è ancora citata negli atti del sinodo del 1634. Il rettore doveva versare una libbra di cera ma non comparve.[lxiii]

SS. Annunziata

Intitolata alla Vergine Maria detta comunemente L’Annunziata (1545),[lxiv] era situata vicino e fuori la porta. Il vicario Cerasia, che la visitò verso la metà del Cinquecento, così la descrive: Aveva un altare in fabbrica coperto con tre tovaglie e sopra l’immagine della Vergine Maria e l’angelo Gabriele. Vi era poi anche un’altra immagine della Vergine Maria. Presso l’altare erano appesi al muro un piccolo e dorato crocifisso di legno con l’immagine del Salvatore ed un’altra piccola immagine della Vergine. C’erano poi alcuni voti in cera e sopra l’altare un messale, un’altra tovaglia e due candelabri lignei. Il cappellano e rettore della chiesa era Minico Palmeri e la chiesa apparteneva alla confraternita omonima. L’edificio era ben fornito. Tra le altre cose aveva un calice d’argento dorato con la patena con i piedi d’ottone, due cuscini di tela, numerose tovaglie e tunicelle ed un altro calice di peltro con patena. Quest’ultimo fu distrutto dal vicario Cerasia durante la visita, in quanto indecente. Nell’occasione il vicario ordinò al cappellano della chiesa, sotto pena di scomunica e del pagamento di once 25, di assolvere entro il giorno seguente, il censo dovuto allo stesso vicario e alla camera arcivescovile e lo “ius visite”. Davanti e tutto attorno all’altare maggiore vi erano alcuni scanni di legno per sedere, ed altri due altari decoravano l’edificio: uno dedicato a San Francesco d’Assisi e l’altro a San Leonardo.[lxv]

Nel giugno 1610 la chiesa fu visitata dall’arcidiacono Prospero Leone, il quale trovò l’altare decentemente ornato. Il sacerdote Giovanni Domenico Andriolo vi celebrava tre volte alla settimana. Di recente la chiesa era stata allungata, era stato comprato un nuovo messale, ed era stata rinnovata l’immagine, rendendola in migliore forma.[lxvi]

Al tempo della visita dell’arcivescovo Falabella l’altare maggiore era posto a oriente. Alla parete vi era l’immagine della Annunciazione, dipinta su tela e ornata con cornici dorate mentre, sopra l’icona, vi era un baldacchino ligneo dipinto, e un crocifisso decentemente ornato era posto sopra la trave. L’arcivescovo ordinò di provvederla di carta di Gloria, della tabella del Vangelo di S. Giovanni, di una croce e di quattro candelabri di legno dorati.

La chiesa era della confraternita, agli amministratori della quale l’arcivescovo ordinò di presentare entro due giorni, sotto pena di scomunica, i conti dell’ultimo decennio. Non vi era alcun onere di messe, tuttavia quasi quotidianamente si celebrava per devozione dei fedeli. L’edificio era decorato da quattro altari dedicati a San Giuseppe, a Sant’Eligio, a San Pietro Martire e alla Natività di Maria Vergine. Poiché erano carenti degli ornamenti necessari, l’arcivescovo li sottopose all’interdizione perpetua fino a nuovo ordine.

La sacristia era situata dalla parte sinistra dell’altare maggiore ed era molto ben fornita, anche se molte suppellettili sacre erano vecchie e logore. L’arcivescovo comandò di indorare il calice con la patena, di rifare due porte e di accomodare nei lati l’altare maggiore, di restaurare il pavimento della chiesa, che in alcune parti era affossato, di sistemare il sepolcro esistente sotto lo sgabello dell’altare di San Pietro Martire e di portar via dall’interno dell’edificio sacro tutto ciò che era estraneo al culto. Il tetto era coperto con tegole e tavole levigate e due piccole campane erano al campanile.[lxvii] La confraternita dell’Annunziata, ancora presente alla fine del Seicento,[lxviii] in seguito venne meno. Alla metà del Settecento la chiesa, che aveva tre altari, era retta da un procuratore scelto dall’arcivescovo di Santa Severina.[lxix]

Roccabernarda (KR), piazza Aldo Barbaro (da roccaintasca.it).

SS. Innocenti

Era situata fuori ma presso le mura, vicino alle chiese di Santa Sofia, SS. Annunziata, San Vito e Sant’Anna. Alla metà del Cinquecento risulta malridotta. Il rettore, il figlio del nobile Melchiorre Vito, pur godendo di rendite sostanziose, che provenivano dalle diverse ed estese gabelle della chiesa (Camberlengo, Ioanne Rongi, Armerò, ecc.), la trascurava. L’edificio era senza tegole e completamente rovinato; vi rimanevano solo i muri.[lxx] In seguito, l’edificio di questa “Grancia”, menzionata tra gli atti del sinodo diocesano del 1589,[lxxi] fu restaurato. L’arcidiacono Prospero Leone lo trovò col tetto rifatto mentre, in parte, erano state iniziate la soffittatura e la costruzione del pavimento. Nell’occasione egli sequestrò le rendite di quell’anno, per provvederla degli ornamenti dell’altare e del quadro, in modo da potervi celebrare le messe arretrate e completare la soffittatura.[lxxii]

Non passò molto tempo che la chiesa andò nuovamente in rovina. Al tempo della visita dell’arcivescovo Falabella (1660) ne era rettore Mutio Brancaccio. L’edificio posto “prope et extra Moenia dicti oppidi Roccae Bernardae”, era malmesso: il tetto era mezzo scoperchiato, l’altare spoglio di ogni ornamento, le due porte rotte, il pavimento pieno di tegole, pali e sterco di animali. Per tale motivo, già in precedenza, l’arcivescovo Fausto Caffarelli aveva trasferito l’onere di celebrare le due messe settimanali nella vicina chiesa della SS. Annunziata. Esse erano celebrate dai sacerdoti Michelangelo Pedace e Stefano Aminò. Questa situazione sarebbe durata finché la chiesa non fosse stata riparata e fosse stata provvista di tutti ornamenti necessari. Le sue rendite erano sostanziose; esse ammontavano a circa cinquecento ducati, che venivano esatti dall’affittuario, il capitano Luca Giovanni Oliverio di Cutro, al quale il Falabella ingiunse di riparare e di rifornire di ogni cosa necessaria la chiesa, cioè: egli doveva sostenere le spese per rifare il tetto con nuove travi e tegole, costruire nuovamente le porte, riparare il muro dalla parte anteriore, dove minacciava rovina, ripulire il pavimento, e rifornire di ogni cosa necessaria l’altare (un pallio, tre tovaglie, la lapide consacrata, la croce, messale, quattro candelabri di legno dorato).

Il tutto si sarebbe dovuto fare entro sei mesi. Se ciò non fosse avvenuto, si sarebbe dovuta sequestrare la terza parte delle rendite, da depositarsi nel Monte di Pietà, e da spendersi dall’arciprete. Una volta portata a termine la ricostruzione, quando la chiesa fosse stata provvista di tutto il necessario, sarebbe stato restituito ad essa il calice con la pianeta, detenuto dall’arciprete per ordine dell’arcivescovo Fausto Caffarelli, mentre lo stesso arciprete avrebbe dovuto benedirla nuovamente, in quanto il luogo sacro era stato trasformato in stalla e profanato dalla presenza degli animali.[lxxiii] Nel 1731 risulta “diruta”.[lxxiv]

San Vito

Situata fuori le mura, vicino alle chiese di Sant’Anna, SS. Annunziata, SS. Innocenti e Santa Sofia, il vicario Giovanni Tommaso Cerasia la visitò il 6 giugno 1559. Il visitatore notò che aveva due porte con tavole non buone, vi erano due altari e mancava di vestimenti. La chiesa apparteneva a dei benefattori. Non aveva cappellani e rettori stabili e non vi si officiava. Egli ordinò che le porte rimanessero chiuse, in modo che gli animali non potessero entrarvi, come invece visibilmente era avvenuto.[lxxv]

In seguito, la chiesa fu restaurata. L’arcidiacono Prospero Leone il 12 giugno 1610 la trovò rinnovata e accomodata, con le elemosine e soprattutto per interessamento e cura di Antonio Facente. La chiesa possedeva alcune terre nelle vicinanze, avute per legato di Geronimo de Clausis e vi si celebrava per devozione dei fedeli.[lxxvi] Ben presto l’edificio seguì la sorte degli altri edifici sacri sparsi per il territorio di Roccabernarda. L’arcivescovo Falabella il 19 ottobre 1660, visito la chiesa di “S.ti Viti positam extra Moenia dicti oppidi”, e trovò che l’altare era privo di ogni ornamento ed anche della lapide sacra. Perciò egli la interdisse in perpetuo. La chiesa aveva l’onere di celebrare quindici messe all’anno, che il Falabella ordinò di far celebrare nella chiesa matrice, finché la chiesa non fosse stata provvista di ogni cosa necessaria al culto e riparato il suo edificio.[lxxvii] È ancora citata alla metà del Settecento.[lxxviii]

Roccabernarda (KR), località S. Vito (dalla pagina fb Roccabernarda da ritrovare).

Sant’Anna

Situata fuori le mura, la chiesa era vicina a quelle di San Nicola del Fiume, di San Vito e dei SS. Innocenti. Alla metà del Cinquecento era in stato di abbandono; mancava di porte e di parte del tetto. La chiesa si reggeva sulle offerte dei benefattori ma a causa delle poche rendite non vi erano cappellani stabili. L’interno era pieno di immondizie lasciate dagli animali, perciò il visitatore Gio Tommaso Cerasia ordinò di fabbricare due porte nuove in modo da impedirne l’ingresso.[lxxix]

Nonostante queste disposizioni cinquanta anni dopo la situazione non era mutata; infatti, vi si celebrava solamente una messa per devozione dei fedeli nella festa della santa. La chiesa non possedeva né terreni né animali. Era per metà scoperchiata e piena di sterco. L’arcidiacono Prospero Leone, che la visitò nel giugno 1610, proibì di celebrarvi e ordinò di munirla di una porta, affinché non servisse da ovile.[lxxx]

In seguito, fu restaurata e provvista di oggetti sacri. L’arcivescovo Francesco Falabella, nell’ottobre 1660, visitò l’altare posto a oriente ed i numerosi oggetti sacri: altare portatile, sei candelabri di legno, carta di Gloria e croce. Vi era una icona dipinta su tela con le immagini della Beata Vergine e dei Santi Gioacchino e Anna, con cornici di legno. Sopra l’icona c’era un baldacchino ligneo dipinto. La chiesa posta “extra Moenia”, era curata da un eremita di nome Marco Greco, al quale l’arcivescovo proibì sotto pena di scomunica di dormire nella chiesa e gli ordinò di portar via dal luogo sacro tutto il suo bagaglio. Il prelato inoltre ordinò di fermare col gesso la lapide sacra, di provvederla della tabella del Vangelo di San Giovanni e di orciuoli.[lxxxi] Ancora presente alla seconda metà del Settecento è descritta priva di rendite e vi si celebrava solo nella sua festa per devozione dei fedeli.[lxxxii] Antonio Scandale di Policastro “molinaro nelle molina di S. Anna” (1768).[lxxxiii]

Roccabernarda (KR), processione di S. Francesco di Paola (dalla pagina fb Roccabernarda da ritrovare).

San Nicola del Fiume

Antica chiesa[lxxxiv] situata “prope et extra muros terrae Roccae Bernardae”,[lxxxv] presso le chiese di Sant’Anna, di Santa Sofia e della SS. Annunziata. Dalla visita compiuta all’inizio del giugno 1559 dal cantore militese Giovanni Tommaso Cerasia, si apprende che era in abbandono. La chiesa, dove vi erano due altari, era in parte scoperchiata e non vi si officiava. L’edificio aveva urgente bisogno di essere riparato e l’interno era completamente spoglio.[lxxxvi]

La situazione della chiesa di “Santi Nicolai delo fiume”, o “dela fiumara”, menzionata in occasione dei sinodi di tutta la seconda metà del Cinquecento,[lxxxvii] non era mutata al tempo dell’arcivescovo Alfonso Pisano. Nel giugno 1610 la chiesa fu visitata su ordine dell’arcivescovo dal reverendo Prospero Leone, arcidiacono e vicario generale. Allora era rettore il reverendo Giovanni Petro Pedace,[lxxxviii] per collazione fattagli dal papa dopo la morte di Carlo de Amminò. La chiesa era piena di immondizie, così il visitatore ordinò di pulirla e di chiuderla bene, affinché gli animali non potessero entrarvi e profanarla.[lxxxix]

Successivamente abbiamo poche notizie della chiesa, che era di collazione papale e che probabilmente andò in abbandono. Dagli atti del sinodo dell’arcivescovo Fausto Caffarello, tenutosi all’inizio del maggio 1634, sappiamo che il rettore della chiesa doveva offrire all’arcivescovo di Santa Severina una libbra di cera, ma in quell’occasione non comparve.[xc] Il beneficio di nomina papale, che fruttava una rendita annua di pochi ducati, rimasto vacante nel 1649 per morte di Gio. Bernardino de Martino, fu concesso nel luglio 1654 da Innocenzo X a Nicola Antonio de Sindico,[xci] il quale poi lo rassegnò, così il papa Alessandro VII nel novembre 1663, lo concesse a Francesco Antonio de Sindico.[xcii] Passò poi a Orazio Berlingieri ed alla sua morte fu concesso nel maggio 1684 da Innocenzo XI a Salvatore Rosa.[xciii]

Roccabernarda (KR), processione di S. Francesco di Paola (dalla pagina fb Roccabernarda da ritrovare).

Santa Sofia

Alla metà del Cinquecento la chiesa il cui edificio necessitava di essere riparato, aveva due porte di tavola, che il vicario Cerasia trovò aperte, un solo altare e null’altro.[xciv] Anche agli inizi del secolo successivo, in occasione della visita condotta dall’arcidiacono Prospero Leone (1610), la situazione non era mutata. Questi, infatti, trovò la chiesa di Santa Sofia, che si diceva fosse stata costruita dall’università, priva di ogni bene, con “in muro” una immagine di Santa Sofia e di Santa Margherita, mentre all’interno dell’edificio si trovava una certa quantità di lino vecchio ripostovi dagli abitanti, che il visitatore fece condurre fuori dall’edificio, facendolo bruciare in sua presenza.[xcv]

San Giovanni in Fiore

Era situata vicino alle chiese di San Paolo e di Santa Sofia. Alla metà del Cinquecento ha un altare ma è scoperchiata e non vi si celebra. Il visitatore ordinò di ripararla.[xcvi] In seguito, non compare.

San Paolo

Era situata fuori dalle mura, vicino alle chiese di San Giovanni in Fiore, di San Rocco e della SS. Trinità. Il Cerasia alla metà del Cinquecento, trovò la chiesa di “s.ti pauli ex.a T(er)ram”, scoperchiata con un altare e niente altro. L’edificio aveva bisogno di essere riparato e non vi si celebrava.[xcvii] In seguito, furono restaurate le mura, il tetto e la porta da Giuseppe Sabatino. La chiesa non aveva molte rendite; possedeva solamente una continenza di terre atte a semina di tre moggi, e un moggio di terra boschiva, lasciate alla chiesa dal Sabatino. L’arcidiacono Prospero Suriano, che la visitò nel maggio 1610, ordinò di sostituire una trave che era vecchia e fradicia.[xcviii] Esisteva ancora alla metà del Seicento.[xcix]

Roccabernarda (KR), processione di S. Francesco di Paola (dalla pagina fb Roccabernarda da ritrovare).

San Rocco

Situata fuori le mura, sorgeva vicino alle chiese di San Paolo, di San Sebastiano e di Santa Maria della Pietà. Nella visita effettuata nel maggio 1559 dal Cerasia è descritta come pulita ed ornata. Tuttavia, le suppellettili (26 tovaglie, 10 coperte d’altare, un manipolo, due candelabri rotti ed un paio di occhi d’argento), non erano nell’edificio, ma conservate in una cassa, che era detenuta dal notaio Giovanni Loysio de Rose.[c]

Cinquant’anni dopo l’arcidiacono Prospero Leone trovò l’altare ornato, dove celebrava una messa alla settimana il sacerdote Giovanni Sapia per iuspatronato dell’università.[ci] L’arcivescovo Francesco Falabella che il 19 ottobre 1660, visitò la chiesa “positam extra Moenia oppidi”, notò che l’altare era posto dalla parte settentrionale ed era ornato con pallio, tre tovaglie, pietra consacrata, due candelabri di legno dipinti, e con due statue di angeli che reggevano due ceri. Alla parete vi era una icona dipinta su tela, con le immagini della Vergine Maria ed i santi Rocco e Giuseppe. Sopra l’icona vi era un baldacchino di legno dipinto. Vi era ancora l’obbligo di celebrare una messa perpetua settimanale con l’elemosina dell’università.

La chiesa era ben munita di suppellettili sacre, avendo pianete, messale, tovaglia, calice con patena, ecc. L’arcivescovo comandò di indorare il calice e la patena e di provvederla di In principio. Inoltre, ordinò di riparare entro tre mesi l’icona, dove si presentava lacera, con le elemosine dei fedeli.[cii] Ancora esistente alla metà del Settecento; era senza rendite e vi si celebrava solo nella sua festa.[ciii]

Note

[i] AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 16B, ff. 35v sgg.

[ii] AASS, Fondo Arcivescovile, Visite ad Limina, Visitatio T(er)rae Roccae Bernardae anni 1610.

[iii] ASCZ, Fondo Notarile, Busta 49, anno 1620, ff. 34-36.

[iv] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 37A, ff. 130 sgg.

[v] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 16B, f. 43v. Visita pastorale del 1559, in Caridi G., Chiesa e società in una diocesi meridionale, Falzea Ed. 1997, p. 66.

[vi] Russo F., Regesto, V, 27718.

[vii] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 3A. 1566: “Da s(an)cta maria ec.a magiore de la rocca ber.da per quarta pagha lo anno car.ni dudici d. 1 – 1 – 0.” (f. 10v). 1545: “Del archipreyte de la rocca b.da per s.ta maria de la piacza d. 1 – 1 – 0” (f. 31). 1546: “Inprimis da lo archipreite de la rocha bernarda per la quarta de s.ta m.a de la piazia d. 1 – 1 – 0” (f. 37v). 1547: “Da lo Archipreite de la roccha bernarda per s.ta m.a de la piaza d. 1 – 1 – 0” (f. 48). 1548: “Dalo Archipreite de la rocha bernarda per la quarta de s.ta maria de la piaza d. 1 – 1 – 0” (f. 75).

[viii] “R.to Dell’Arciprete de S(an)ta Maria della piazza de detta Rocca per x.a d. 0 – 4 – …”. AASS, Fondo Arcivescovile, volume 2A, f. 105v.

[ix] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 16B, ff. 35v-41. Visita pastorale del 1559, in Caridi G., Chiesa e società in una diocesi meridionale, Falzea Ed. 1997, pp. 57-63.

[x] 3 luglio 1605, Roccabernarda. Caterina Massa dispone di essere seppellita nella chiesa di “santa maria magiore”, nella cappella di S. Andrea. ASCZ, Fondo Notarile, Not. Guidacciro G. B., Busta 78, prot. 286, ff. 234v-235v.

[xi] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 20A, Roccabernarda Visitatio, anno 1610. Visita pastorale del 1610, in Caridi G., Chiesa e società in una diocesi meridionale, Falzea Ed. 1997, pp. 71-72.

[xii] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 37A, Visita pastorale arcivescovo Falabella, anno 1660, ff. 130-133v. Visita pastorale del 1660, in Caridi G., Chiesa e società in una diocesi meridionale, Falzea Ed. 1997, pp. 80-83.

[xiii] ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1765.

[xiv] ASCZ, Catasti, Catasto di Rocca Bernarda, 1768.

[xv] Russo F., Regesto, IV, 18305.

[xvi] “R.to Da D. Berardino pedace della Rocca b(erna)rda per s(an)to Nic.a de prasti, et s(an)to Donato per x.a d. 1 – 2 – …”. AASS, Fondo Arcivescovile, volume 2A, f. 105v.

[xvii] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 3A. 1566: “Da s(an)cto Nicola de prastò per la quarta si pagha ogni anno docati quattro d. 4 – 0 – 0” (f. 10v). 1545: “Da donno ber.no de pedace de la rocca ber.da per s.to nicola d. 4 – 0 – 0” (f. 31). 1546: “Da donno virardino pedacio per s.to nicola d. 4 – 0 – 0” (f. 37v). 1547: “Da donno berardino di pedaci de la rocha bernarda per s.to nicola de plasto d. 4 – 0 – 0” (f. 48). 1548: “Da donno berardino pidaci per la quarta de s.to nicola de dicta terra d. 4 – 0 – 0” (f. 75).

[xviii] Il 13 gennaio 1578 Gregorio XIII assolveva da questa irregolarità Pietro Paolo Moschetta. Russo F., Regesto, V, 22954.

[xix] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 16B, ff. 41v-43. Visita pastorale del 1559, in Caridi G., Chiesa e società in una diocesi meridionale, Falzea Ed. 1997, pp. 63-66.

[xx] 4 settembre 1604. Nel proprio testamento Laura di Dattolo della Rocca Bernarda, abitante “intus p(raedi)ttam terram in Convicino s.te Marie della Valle justa domum minica parmeri, et caterini venincasa viam pp.m et alios fines”, dispone che, dopo la sua morte, debba essere seppellita “nella venerabile chiesa di santo nicola de prastio”. ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 286, ff. 50v-51.

[xxi] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 20A, Roccabernarda Visitatio, anno 1610. Visita pastorale del 1610, in Caridi G., Chiesa e società in una diocesi meridionale, Falzea Ed. 1997, pp. 73-74.

[xxii] Russo F., Regesto, VII, 37380.

[xxiii] Nel luglio 1640 la chiesa era “diruta”, come risulta da una donazione fatta dalla vedova Prudenza Amoruso alla cappella della SS:ma Concezione, “olim sitae intus ecc.am Sancti Nicolai de Plasto, quae ad pr(raese)ns est diruta causa terremotus”. ASCZ, Busta 179, anno 1640, f. 35. I fratelli Andriolo nel settembre 1652 possedevano una casa terranea nel “loco detto S. Nicola di Plasto”. ASCZ, Busta 180, anno 1652, f. 97.

[xxiv] “In eadem terra est alia parochialis sub titulo Sancti Nicolai de Plaustro, cuius ecc.a antiquis terremotibus diruta, fuit eius cappella translata ad acc.am confraternitatis laicalis sub titulo Sanctae Catarinae Virg. et Mart. Auctoritate ordinarii, curam animarum exercet Parochus”. ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1675. AASS, Fondo Arcivescovile, volume 37A, Visita pastorale arcivescovo Falabella, anno 1660, ff. 140-142. Visita pastorale del 1660, in Caridi G., Chiesa e società in una diocesi meridionale, Falzea Ed. 1997, pp. 83-85.

[xxv] “Parochialis curata ecclesia S. Nicolai in loco Roccae Bernardae, a terremotibus penitus dispecta, me in annuali visitatione Parochum Rectorem ad certas impensas quotannis erogandas urgente, in pristinum statum restituta est, quinimmo in meliorem redactam structuram”. ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1756.

[xxvi] “Parochialis ecclesia sub titulo S.cti Nicolai de Plastro sita extra moenia, et ruinas undequaque minans reperitur, proinde in Sancta Visitatione decrevi, clero et populo assentientibus, novam alteram intra moenia aedificari ex redditibus Parochialibus per triennium a Ill.mo D.no meis precibus indultum in edificium implicandis”. ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1765.

[xxvii] ASCZ, Catasti, Catasto di Rocca Bernarda, 1768.

[xxviii] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 16B, f. 43. Visita pastorale del 1559, in Caridi G., Chiesa e società in una diocesi meridionale, Falzea Ed. 1997, p. 66.

[xxix] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 20A, Roccabernarda Visitatio, anno 1610. Visita pastorale del 1610, in Caridi G., Chiesa e società in una diocesi meridionale, Falzea Ed. 1997, p. 74.

[xxx] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 16B, f. 43v. Visita pastorale del 1559, in Caridi G., Chiesa e società in una diocesi meridionale, Falzea Ed. 1997, p. 66.

[xxxi] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 20A, Roccabernarda Visitatio, anno 1610. Visita pastorale del 1610, in Caridi G., Chiesa e società in una diocesi meridionale, Falzea Ed. 1997, pp. 75.

[xxxii] ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1678.

[xxxiii] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 37A, Visita pastorale arcivescovo Falabella, anno 1660, f. 148v. Visita pastorale del 1660, in Caridi G., Chiesa e società in una diocesi meridionale, Falzea Ed. 1997, p. 90.

[xxxiv] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, 6944, Roccabernarda 1744, chiese di Roccabernarda f. 15.

[xxxv] ASV, Rel. Lim. S. Severina, 1765.

[xxxvi] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 16B, f. 43v. Visita pastorale del 1559, in Caridi G., Chiesa e società in una diocesi meridionale, Falzea Ed. 1997, p. 66.

[xxxvii] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 20A, Roccabernarda Visitatio, anno 1610. Visita pastorale del 1610, in Caridi G., Chiesa e società in una diocesi meridionale, Falzea Ed. 1997, p. 75.

[xxxviii] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 37A, Visita pastorale arcivescovo Falabella, anno 1660, f. 146. ASCZ, Libri antichi e Platee, Cart. 80/3, f. 36. Visita pastorale del 1660, in Caridi G., Chiesa e società in una diocesi meridionale, Falzea Ed. 1997, pp. 87.

[xxxix] ASV, Rel. Lim. S. Severina, 1756.

[xl] ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1765.

[xli] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 37A, Visita pastorale arcivescovo Falabella, anno 1660, f. 147. ASCZ, Libri antichi e Platee, Cart. 80/3, f. 36. Visita pastorale del 1660, in Caridi G., Chiesa e società in una diocesi meridionale, Falzea Ed. 1997, pp. 88.

[xlii] ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1765.

[xliii] ASCZ, Catasti, Catasto di Rocca Bernarda, 1768.

[xliv] Antonio Ceraldi possedeva una casa palatiata sita e posta nella terra di Rocca Bernarda “nel quartiero et con vicinanza della chiesa di S.to Bestiano”. ASCZ, Busta 181, anno 1665, f. 46v.

[xlv] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 16B, f. 46. Visita pastorale del 1559, in Caridi G., Chiesa e società in una diocesi meridionale, Falzea Ed. 1997, pp. 69-70.

[xlvi] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 20A, Roccabernarda Visitatio, anno 1610. Visita pastorale del 1610, in Caridi G., Chiesa e società in una diocesi meridionale, Falzea Ed. 1997, p. 78.

[xlvii] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 37A, Visita pastorale arcivescovo Falabella, anno 1660, f. 149. Visita pastorale del 1660, in Caridi G., Chiesa e società in una diocesi meridionale, Falzea Ed. 1997, pp. 90-91.

[xlviii] ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1765.

[xlix] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 16B, f. 46v. Visita pastorale del 1559, in Caridi G., Chiesa e società in una diocesi meridionale, Falzea Ed. 1997, p. 70.

[l] ASCZ, Catasti, Catasto di Rocca Bernarda, 1768.

[li] “R.to Da D. Berardino pedace della Rocca b(erna)rda per s(an)to Nic.a de prasti, et s(an)to Donato per x.a d. 1 – 2 – …”. AASS, Fondo Arcivescovile, volume 2A, f. 105v.

[lii] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 16B, f. 46v. Visita pastorale del 1559, in Caridi G., Chiesa e società in una diocesi meridionale, Falzea Ed. 1997, p. 70.

[liii] 20 aprile 1620. D. Salvatore Amenò fa richiesta all’arcivescovo di Santa Severina, di poter fondare una cappella “dentro la Chiesa di Santa Caterina nel Borgo di detta Terra”. AASS, Fondo Arcivescovile, volume 6A, ff. 323-323v.

[liv] “Da s.ta chaterina libra una de cera” (1545). AASS, Fondo Arcivescovile, volume 3A, f. 25.

[lv] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 16B, ff. 43v-44v. Visita pastorale del 1559, in Caridi G., Chiesa e società in una diocesi meridionale, Falzea Ed. 1997, pp. 66-67.

[lvi] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 20A, Roccabernarda Visitatio, anno 1610. Visita pastorale del 1610, in Caridi G., Chiesa e società in una diocesi meridionale, Falzea Ed. 1997, pp. 77-78.

[lvii] Scalise G. B. (a cura di), Siberene Cronaca del Passato per le Diocesi di Santaseverina-Crotone-Cariati, rist. 1999, p. 30.

[lviii] Gloria d’Alessio per testamento rogato il 7 settembre 1655, dichiara di voler essere seppellita nella “parocchiale di S. Cat.na dove fu sepellito suo marito”, ASCZ, Busta, 180, anno 1655, f. 56v. ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1675.

[lix] ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1678.

[lx] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 16B, f. 44. Visita pastorale del 1559, in Caridi G., Chiesa e società in una diocesi meridionale, Falzea Ed. 1997, pp. 57-70.

[lxi] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 16B, f. 44v. Visita pastorale del 1559, in Caridi G., Chiesa e società in una diocesi meridionale, Falzea Ed. 1997, pp. 67-68.

[lxii] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 20A, Roccabernarda Visitatio, anno 1610. Visita pastorale del 1610, in Caridi G., Chiesa e società in una diocesi meridionale, Falzea Ed. 1997, pp. 77.

[lxiii] Scalise G. B. (a cura di), Siberene Cronaca del Passato per le Diocesi di Santaseverina-Crotone-Cariati, rist. 1999, p. 30.

[lxiv] “De la nunciata per una libra de cera d. 0 – 0 – 10” (1545). AASS, Fondo Arcivescovile, volume 3A, f. 25.

[lxv] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 16B, ff. 44v-45. Visita pastorale del 1559, in Caridi G., Chiesa e società in una diocesi meridionale, Falzea Ed. 1997, p. 68.

[lxvi] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 20A, Roccabernarda Visitatio, anno 1610. Visita pastorale del 1610, in Caridi G., Chiesa e società in una diocesi meridionale, Falzea Ed. 1997, pp. 75-76.

[lxvii] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 37A, Visita pastorale arcivescovo Falabella, anno 1660. ASCZ, Libri antichi e Platee, Cart. 80/3, f. 36. Visita pastorale del 1660, in Caridi G., Chiesa e società in una diocesi meridionale, Falzea Ed. 1997, pp. 85-86.

[lxviii] ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1678.

[lxix] ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1765.

[lxx] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 16B, f. 45. Visita pastorale del 1559, in Caridi G., Chiesa e società in una diocesi meridionale, Falzea Ed. 1997, p. 68.

[lxxi] “In terra Roccae Ber.dae … Grancia S. Innocentium”. AASS, Fondo Arcivescovile, volume 6A, f. 60v.

[lxxii] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 20A, Roccabernarda Visitatio, anno 1610. Visita pastorale del 1610, in Caridi G., Chiesa e società in una diocesi meridionale, Falzea Ed. 1997, p. 77.

[lxxiii] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 37A, Visita pastorale arcivescovo Falabella, anno 1660, ff. 145-145v. ASCZ, Libri antichi e Platee, Cart. 80/3, f. 36. Visita pastorale del 1660, in Caridi G., Chiesa e società in una diocesi meridionale, Falzea Ed. 1997, pp. 86.

[lxxiv] “R.to da Domenico, e Leonardo Guercio sopra l’orticello a canto la Chiesa diruta dell’Innocenti”. ASCZ, Libri Antichi e Platee, 80/11 Roccabernarda, 1731, f. 129v.

[lxxv] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 16B, f. 45. Visita pastorale del 1559, in Caridi G., Chiesa e società in una diocesi meridionale, Falzea Ed. 1997, pp. 68-69.

[lxxvi] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 20A, Roccabernarda Visitatio, anno 1610. Visita pastorale del 1610, in Caridi G., Chiesa e società in una diocesi meridionale, Falzea Ed. 1997, p. 76.

[lxxvii] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 37A, Visita pastorale arcivescovo Falabella, anno 1660, f. 144v. ASCZ, Libri antichi e Platee, Cart. 80/3, f. 36.

[lxxviii] ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1765.

[lxxix] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 16B, f. 45. Visita pastorale del 1559, in Caridi G., Chiesa e società in una diocesi meridionale, Falzea Ed. 1997, p. 69.

[lxxx] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 20A, Roccabernarda Visitatio, anno 1610. Visita pastorale del 1610, in Caridi G., Chiesa e società in una diocesi meridionale, Falzea Ed. 1997, p. 76.

[lxxxi] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 37A, Visita pastorale arcivescovo Falabella, anno 1660, f. 144v. ASCZ, Libri antichi e Platee, Cart. 80/3, f. 36. Visita pastorale del 1660, in Caridi G., Chiesa e società in una diocesi meridionale, Falzea Ed. 1997, p. 86.

[lxxxii] ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1765.

[lxxxiii] ASCZ, Catasti, Catasto di Rocca Bernarda, 1768.

[lxxxiv] “Da s.to nicola de lo fiume libra una de cera” (1545). AASS, Fondo Arcivescovile, volume 3A, f. 25.

[lxxxv] Russo F., Regesto, VI, 28759.

[lxxxvi] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 16B, f. 45v. Visita pastorale del 1559, in Caridi G., Chiesa e società in una diocesi meridionale, Falzea Ed. 1997, p. 69.

[lxxxvii] Sinodi: 1564, 1579, 1581, 1582, 1584, 1587, 1590, 1591, 1593, 1594, 1595, 1596, 1597, 1598. AASS, Fondo Arcivescovile, volume 6A, ff. 4 sgg.

[lxxxviii] Il canonico di Santa Severina Gio. Petro Pedace ne era ancora in possesso nel maggio 1623, quando otteneva anche il canonicato di S. Andrea della chiesa di S. Severina. Russo F., Regesto, VI, 28759.

[lxxxix] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 20A, Roccabernarda Visitatio, anno 1610. Visita pastorale del 1610, in Caridi G., Chiesa e società in una diocesi meridionale, Falzea Ed. 1997, p. 76.

[xc] Scalise G. B. (a cura di), Siberene Cronaca del Passato per le Diocesi di Santaseverina-Crotone-Cariati, rist. 1999, p. 30.

[xci] Russo F., Regesto, VII, 37351.

[xcii] Russo F., Regesto, VIII, 40041.

[xciii] Russo F., Regesto, IX, 45131.

[xciv] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 16B, f. 45v. Visita pastorale del 1559, in Caridi G., Chiesa e società in una diocesi meridionale, Falzea Ed. 1997, p. 69.

[xcv] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 20A, Roccabernarda Visitatio, anno 1610. Visita pastorale del 1610, in Caridi G., Chiesa e società in una diocesi meridionale, Falzea Ed. 1997, p. 76.

[xcvi] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 16B, f. 45v. Visita pastorale del 1559, in Caridi G., Chiesa e società in una diocesi meridionale, Falzea Ed. 1997, p. 69.

[xcvii] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 16B, f. 45v. Visita pastorale del 1559, in Caridi G., Chiesa e società in una diocesi meridionale, Falzea Ed. 1997, p. 69.

[xcviii] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 20A, Roccabernarda Visitatio, anno 1610. Visita pastorale del 1610, in Caridi G., Chiesa e società in una diocesi meridionale, Falzea Ed. 1997, p. 77.

[xcix] “D. Thomam Facente absque ullo titulo tenere quoddam petium terrarum situm in terr.o p(redi)tto vulgo dictum la Costa di S.to Paolo, Ecc.ae divi Pauli sitae extra Moenia”. AASS, Fondo Arcivescovile, volume 37A, Visita pastorale arcivescovo Falabella, anno 1660, f. 153.

[c] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 16B, f. 45v. Visita pastorale del 1559, in Caridi G., Chiesa e società in una diocesi meridionale, Falzea Ed. 1997, p. 69.

[ci] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 20A, Roccabernarda Visitatio, anno 1610. Visita pastorale del 1610, in Caridi G., Chiesa e società in una diocesi meridionale, Falzea Ed. 1997, p. 78.

[cii] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 37A, Visita pastorale arcivescovo Falabella, anno 1660, f. 146v. ASCZ, Libri antichi e Platee, Cart. 80/3, f. 36. Visita pastorale del 1660, in Caridi G., Chiesa e società in una diocesi meridionale, Falzea Ed. 1997, pp. 88.

[ciii] ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1765.


Creato il 23 Febbraio 2015. Ultima modifica: 18 Luglio 2024.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

*