Il convento domenicano di Belcastro

San Domenico (da astearcadia.com).

Il primo convento domenicano in diocesi di Belcastro fu edificato sotto il titolo di Santa Maria della Grazia. Esso era situato a circa due miglia di distanza dalle mura della città in località “Forestella”. Secondo il Fiore alla sua erezione contribuirono i cittadini del luogo Gio. Alfonso e Stefano Pugliesi. Sempre secondo lo stesso Fiore l’anno fu il 1393.[i] Non concorda sulla data di fondazione una relazione della metà del Seicento stesa dai domenicani di Belcastro, i quali rifacendosi a presunti documenti esistenti nel convento, ma alla prova di dubbia autenticità, pongono la fondazione del convento al 1451.[ii]

Sembra invece avvalorare una datazione più antica un privilegio datato 2 aprile 1398, riguardante la concessione fatta a Johannes Lazaro da Enrico di Sanseverino, conte di Mileto e di Belcastro, del feudo nominato “magliacane”, o “malacane”, sito e posto “in tenimento et pertinentiis” della città di Belcastro e baronia di Barbaro, in cui, nella descrizione dei confini riguardanti detto feudo, si menzionano le terre dei frati domenicani: “et per serras pergit ad vallonem de pauli in loco dicto malagamba prope prope terminum magnum Terrarum fratris dominici et per ipsum vallonem de pauli descendendo vadit ad mare et concluditur”.[iii]

Il nuovo convento

Se è controversa la data di fondazione di questo primo convento domenicano di Belcastro, è invece sicuro che, in seguito, i domenicani lo lasciarono perché troppo lontano dalla città, e si trasferirono in uno nuovo vicino alle mura. Ciò avvenne secondo il Fiore nel 1480.[iv] Secondo la detta relazione seicentesca la data della presa di possesso del nuovo convento, questa volta ben documentata, è fissata al 1491. L’abbandono evidentemente avvenne a causa del pericolo turco ed il nuovo convento venne intitolato a San Domenico.

Così è descritto in questa relazione il trasferimento nel nuovo convento: “L’anno 1491 fu trasferito d(ett)o con(ven)to per la distansa et commodità delli cittadini; et fu impetrato breve Apostolico di Papa Innocentio ottavo come appare sotto la d(at)a delli 22 di luglio del anno 1491 sigillato col sugello di piombo, et cordella di canape; facendo espressa mentione della bolla di Bonifatio ottavo, che non ostante detta bolla si possa trasferire il d(ett)o monasterio, et ridursi vicino la città in distansa di tre canne sotto il titulo di Santo Dom(eni)co, con il consenso della citta, et mediante instrumento li fu concesso questo luoco”.[v]

Alla fine del Cinquecento in diocesi di Belcastro troviamo tre piccoli conventi: “uno di S. Domenico, l’altro di S. fran(ces)co delle scarpe l’altro di terziari di S. fran(ces)co.”[vi] Secondo le relazioni dei vescovi di Belcastro di quel periodo, tutti e tre sono abitati da pochi frati: quello domenicano da tre o quattro sacerdoti, quello dei conventuali da due, e quello del terzo ordine di S. Francesco da uno o due sacerdoti.[vii]

Alla metà del Seicento

Al tempo del vescovo Francesco Napoli (1639 – 1651) tra i tre conventi esistenti in diocesi di Belcastro, quello domenicano è il più importante, sia per rendite che per il numero di frati che ospita. Esso infatti, secondo il vescovo, può contare su una rendita annua di oltre cinquecento ducati, mentre quello dei conventuali ne ha circa duecento e quello della SS. Trinità dei terziari francescani solo settanta; il primo ospita, o può mantenere, dodici frati mentre negli altri ce ne sono solo due o tre. Inoltre, il convento domenicano svolgeva una meritoria attività culturale a favore dei frati e dei cittadini, in quanto “in eo est erectum studium philosophiae in fratruum et secularium commoditatem”.[viii]

Per tale motivo a Belcastro solo i domenicani riusciranno a passare indenni dalla soppressione dei piccoli conventi, prevista dalla Costituzione Innocenziana, come evidenzia il vescovo Carlo Sgombrino: “Non ci sono in detta città monasteri femminili ma uno solo maschile dell’ordine dei predicatori perché gli altri due, cioè quello di San Francesco dell’ordine dei conventuali e quello della SS.ma Trinità del terzo ordine di San Francesco, furono soppressi in vigore della Bolla di Innocenzo X”.[ix] Nel 1650 la “famiglia” domenicana di Belcastro, infatti, risultò composta da sei componenti, il numero appena sufficiente per sfuggire alla soppressione. Nel convento vi erano tre sacerdoti (il priore fra Domenico Zito, il sacerdote fra Gio. Battista di Soriano ed il lettore fra Giacinto di Zagarise), due fratelli laici professi (fra Domenico di Soriano e fra Pietro di Mesoraca) ed un serviente laico.

Si sa che alla metà del Seicento i frati ripararono il monastero. Per far ciò essi dovettero anche indebitarsi per ducati sessanta per riparare “l’intempiata”. Allora la costruzione era composta dalla chiesa dedicata a San Domenico, che era lunga palmi settanta e alta quaranta, e da due dormitori con quattordici stanze; inoltre, vi erano delle “officine” situate nei bassi. Il convento era chiuso da mura, vicino alle quali vi era l’orto con alberi fruttiferi.

I frati possedevano numerosi terreni di varia natura e di diverso uso, che davano in fitto. I più redditizi erano quelli adatti alla semina, che di solito erano affittati tre anni a semina e tre a pascolo. Essi erano situati in località “Crina” (sic, ma Crima), “L’acqua della Fico”, “Il Cavalcatore”, “Furca”, “La Cona”, “Drialo” e “Juani Marra”. Vi erano poi quelli adatti solo al pascolo, che erano in località detta “La Cubica o Chiubica”. A ricordo di dove anticamente sorgeva il primo convento, i domenicani conservavano una vigna ed un territorio boschivo in località La Forestella. Vi era poi la “possessione” con alberi fruttiferi detta “La Torre di San Domenico” e la vigna con alberi da frutto di “Campia”. A questi terreni erano da aggiungere un castagneto ed un oliveto.

In passato numerosi piccoli fondi erano stati concessi in enfiteusi a coloni del luogo, previo il pagamento di un censo perpetuo annuo. Dai censuari al convento provenivano ogni anno 40 tomoli di grano e 168 ducati. Altri 45 ducati versava l’università di Belcastro, alla quale i frati avevano ceduto la mastrodattia. Completavano le entrate i proventi del mulino e le elemosine al tempo della raccolta in grano, denaro, olio ecc. e quelle per funerali, cera ed altro.

I domenicani di Belcastro stimavano l’entrata annua calcolata sugli ultimi sei anni in circa 357 scudi romani, mentre l’uscita in 337 scudi. Anche se le entrate erano sottostimate, in quanto da altre fonti si sa che erano di solito abbondantemente superiori ai cinquecento ducati annui, mentre all’opposto le uscite erano state gonfiate, il convento risultò attivo. Quasi la metà delle entrate proveniva da censi, segno che col passare del tempo tanti terreni non erano più amministrati dal convento, ma erano definitivamente passati ai privati. Per amministrare il rimanente che veniva affittato, bastava di solito la presenza di due o tre frati. Tra le uscite primeggiavano le spese per il vitto e per il vestiario dei sei religiosi, che da sole rappresentavano i tre quarti del totale, seguivano quelle per il mantenimento del somaro, per il serviente, per il consueto ed ordinario mantenimento della chiesa e del convento, per le medicine, per il pagamento di alcuni censi passivi, per le contribuzioni all’ordine, ecc.[x]

Entrate del convento di San Domenico di Belcastro per come risultano nella relazione fatta il 7 marzo 1650, e sottoscritta dal priore Domenico Zito e dai frati Gio. Battista Soriano e fra Giacinto di Zagarise:

“Il Monasterio di San.to Dom.co del Ordine di pred.ri situato nella citt.a di Belcastro primieramente fu edificato fuori della città sotto il titulo di Santa Maria della gratia distante della città due miglia l’anno del sig.re mille quattro cento cinquantuno con il consenso di Papa Alessandro sesto come per breve, con il sugello di piombo con cordella di canape fu questo assenso inpetrato dalla Università et populo et dimororno li frati in questo monasterio in sino l’anno mille quattro cento novant’uno.

L’anno 1491 fu trasferito d.o con.to per la distansa et commodità delli cittadini; et fu impetrato breve Apostolico di Papa Innocentio ottavo come appare sotto la d.a delli 22 di luglio del anno 1491 sigillato col sugello di piombo, et cordella di canape; facendo espressa mentione della bolla di Bonifatio ottavo, che non ostante detta bolla si possa trasferire il d.o monasterio, et ridursi vicino la città in distansa di tre canne sotto il titulo di San.to Dom.co, con il consenso della citt.a, et mediante instrumento li fu concesso questo luoco.

Ha la chiesa sotto titulo et invocatione di Santo Dom.co.

E di struttura d.a chiesa da palmi settanta di lunghezza et da quaranta di altezza tiene dui dormitori con quattordici stanze, et officine nelli bassi.

Al presente dimorano di famiglia sei cioè tre sacerdoti: Il P. fra Dom.co Zito Priore, il P. fra Gio. batt.a di Soriano sacerdote, Il P. fra Giacinto di Zagaresi lett.re, dui fratelli laici professi cioè fra Dom.co di Soriano, et fra Pietro di Mesoraca, et un altro serviente laico seu famulo.

Possiede il d.o monasterio terreni lavorativi in più e diversi luochi del territorio li quali si chiamano in questo modo:

Nel territorio di Crima due pezzi di terreni di tumula vinti per ciaschedun pezzo li quali fatti il computo da sei anni in qua rendono per ciaschedun anno scuti di camera dudici

Item un altro pezzo di territorio loco detto l’acqua della fico di tumulate vinti quale fatto il computo da sei anni in qua si trova che ogni anno rende scuti di camera sei.

Item un altro pezzo di tumulate vinti loco detto il cavalcatore se ne riceve ogni anno scuti di camera 6.

Item un altro pezzo di terreno di vinti tumulate loco detto furca fatto il calculo di sei anni ut supra se ne riceve ogni anno scuti di camera 6

Item tre altri pezzi di terreni uno loco ditto la cona l’altro Drialo et altro juani marra da tumuli otto l’una li quali ogni anno ne riceve da tutti tre scuti di camera 6

Quali terreni si vendono in erbaggi. Item dui altri pezzi di terreni loco detto La Cubica seu Chiubica da vinti cinque tumulate delle quali il con.to ne sole ricevere un anno per altro da sei anni in qua scuti dui di camera. 2.

Item possiede tumula quaranta di grano ogni anno da diversi censuarii in perpetuum quali s’apprezzano un anno per l’altro scuti di camera vinti sei et pauli diece.

Item possiede una vigna loco detto La forestella la quale rende in vino al con.to scuti duoi di camera. 2.

Item nella detta Forestella possiede un territorio di boscho si affitta per erbaggio l’un anno per l’altro scuti sei. 6

Item possiede una possessione loco detto la torre di San.to con celsi et altri arbori fruttiferi, et non fruttiferin rende al con.to l’un altro per l’altro scuti cinque 5.

Item possiede una altra vigna con alberi fruttiferi, loco detto Campia la quale rende al con.to scuti tre. 3.

Item tiene un orto vicino le mura del con.to con celsi, et altri arbori fruttiferi il monastero ne riceve ogni anno per affitto scuti sette. 7

Item possiede un molino da grano dal quale si recevono tumula di grano quaranta otto delle quali levatene le spese delle pietre, et altri acconci restano al con.to scuti di camera vintitre (23).

Item possiede un castagnito dal quale sene riceve ogni anno in affitto scuti duoi . 2,

Item possiede un oliveto che l’un anno per l’altro si affitt.a un scudo.

Item possiede diversi censi da vari et diversi censuarii in più e diverse partite scuti di regno 168 redutti in scuti di camera ogni anno ne riceve scuti cento et dudici (112).

Item possiede dall’università della d.a citt.a di Belcastro ogni anno per un cambio della mastrodattia scuti di regno quarantacinque che redutti a scuti di camera sono scuti trenta (30).

Item suol cavare da elemosine incerte ma consuete di diversi benefattori oglio, pane, grano, denari che riducendo il tutto a moneta romana raguagliando l’anni come sopra ascende a scuti 6.

Item suol cavare di funerali et per la cera et elemosine da scuti tre di camera (3).”

Belcastro (CZ).

Liti con i vescovi

Tuttavia, nonostante questa discreta floridezza e forse per tale motivo, alla fine del Seicento il vescovo Giovanni Emblaviti (1688 – 1722) ne chiese la soppressione, adducendo che era piccolo e che i monaci non osservavano le regole. Esso inoltre, secondo il vescovo, non era consono alle prescrizioni previste dalla bolla papale, in quanto aveva poche rendite e di solito non vi abitavano i sei frati previsti, ma solo due monaci sacerdoti e tre conversi, ossia oblati. Facendosi forza su queste accuse, il vescovo sollecitava un intervento papale in modo da estinguere il convento domenicano, per poterne incamerare ed amministrarne le rendite, con il pretesto di assegnarle per il seminario.[xi]

La lite tra il vescovo Emblaviti ed i domenicani si prolungò. Il presule proseguì nel suo tentativo, denigrando di continuo il convento ed i frati che vi abitavano, descrivendo il luogo privo di una regolare osservanza e la vita dei frati non rispondente ai principi religiosi, pietra di scandalo per i cittadini e continua occasione di offesa per il vescovo. L’Emblaviti si premurò di informare di ciò anche il provinciale dell’ordine, invitandolo ad intervenire per riportare i domenicani di Belcastro sulla retta via.[xii]

La conflittualità tra il vescovo ed i domenicani si prolungò durante tutto il lungo periodo in cui l’Emblaviti rimase sulla cattedra vescovile di Belcastro, trovando più volte occasione di accendersi pubblicamente. All’inizio del Settecento il vescovo interveniva contro i frati, perché si erano permessi di erigere senza il suo consenso, una confraternita laica sotto il Nome di Gesù, che si era aggiunta a quella già esistente del Rosario. Le due confraternite ben presto vennero a lite dentro la chiesa, suscitando tra i cittadini occasione di grande scandalo. Prendendo spunto da tale avvenimento l’Emblaviti minacciò i frati affinché non istituissero nuove confraternite senza il suo consenso e proibì ai laici di parteciparvi. Poiché i domenicani opposero il fatto di godere per licenza papale di tale diritto, il vescovo richiese un parere alla Sacra Congregazione.[xiii] Anche se i frati si opposero tenacemente, l’Emblaviti proseguì nel tentativo di porre il convento sotto la sua giurisdizione e più volte, nonostante le proteste, lo sottopose a visita.[xiv]

A causa della cattiva amministrazione proseguiva la perdita dei beni del convento. È di questi anni un intervento del papa Clemente XI il quale, il primo maggio 1719, si rivolgeva ai vescovi di Belcastro, Isola e Catanzaro, o ai loro vicari generali, affinché intervenissero a favore del priore e del convento domenicano per recuperare e far restituire i beni sottratti.[xv] Se da una parte i frati tentavano di recuperare i beni sottratti illecitamente, dall’altro dovevano fronteggiare i tentativi vescovili.

Il successore dell’Emblaviti, Michelangelo Gentile (1722 – 1729), rivolgendosi alla Sacra Congregazione, affermava che “poiché manca il numero di sei religiosi come previsto dal decreto “Ut in parvis” di Innocenzo X, non vi è dubbio che essi debbano soggiacere alla correzione e alla visita del vescovo, come in effetti il mio predecessore ha fatto. Anch’io in conformità dello stesso decreto curerò visitarlo, in quanto al presente manca una regolare osservanza ed ha bisogno di essere riformato dal profondo. Comunque, chiedo un Vostro responso”.[xvi]

Stretti dalla soggezione vescovile, i domenicani cercarono di opporsi aumentando i componenti della “familia”, ma il vescovo ribadì che non vi vigeva una regolare osservanza, e che pur essendoci un numero sufficiente, cioè quattro sacerdoti e due laici, essi non risultavano conformi al decreto “Ut in parvis”, non essendo di provata vita religiosa e di età matura. Perciò il convento rimaneva soggetto alla sua giurisdizione.[xvii]

Beni e rendite del convento

La rivela presentata dal procuratore del convento Vincenzo Nicastro, al tempo della compilazione del catasto onciario (1742), ci consente di conoscere ogni singola entrata e uscita che il monastero domenicano di Belcastro dichiarò di avere in quella occasione.

“Io Fra Vincenzo Nicastro Proc.e di questo ve(nerabi)le Conv.o di S. Dom.co di questa città di Belcastro in esecuzione de Bandi emanati rivelo il sud.o ve(nerabi)le Conv.o possedere li infrascritti beni stabili ed annue rendite v(idelicet).

In primis esigge dall’università di questa Città di Belcastro per Commuta colla Mastrodattia quale p.a era del sud.o ve(nerabi)le Conv.o come appare dall’istrum.to ed assenzo regio annui d.ti 45

Da Rosa Buccia e Vincenzo Gualtieri in solidum d.ti 3

Da Aura Schipani d.ti 0-50

Dall’eredi di Angelo Altumare d.ti 1-20

Dall’eredi di Bartulo Pignieri d.ti 0-90

Da Tomaso Costanzo d.ti 1-50

Dal R.do D. Angelo Gualtieri d.ti 4-15

Da Dom.co Ciaccio, ed Ant.o Romano insolidum d.ti 1

Da Pietro Pettinato, e Pietro Copia insolidum d.ti 1-80

Dal Cl.co Gio. Batt(ist)a Curto d.ti 1-80

Dal Sig.r Gio. Batt(ist)a Raymondi della Città di Catanzaro d.1-20

Dal Sig.r Giacomo Gimigliano, Sig. Gaetano Fiorino, e Sig.r Tomaso Gimigliano insolidum d.ti 3-60

Dalla ve(nerabi)le Chiesa di S. Fran.co d.ti 0-20

Dal Sig.r Ridolfo Galzerano della Città di Catanzaro d.ti 7

Dal Sig. Can.co D. Matteo Gigliotti d.ti 2

Da Vittoria Brescia d.ti 1-40

Dal Sig.r Dom.co Jazzolino d.ti 4

Dalla ve(nerabi)le Chiesa della SS.ma Annunciata ogni tre Anni d.ti 5

Dal Sig.r Gaetano Fiorino d.ti 3

Da Gaetano Brescia d.ti 1-70

Dall’eredi di Marco Clarione d.ti 0-50

Da Tomaso Taverna d.ti 2-50

Da Pietro Brescia d.ti 1

Da M(ast)ro Vincenzo Mazza d.ti 3

Da Vincenzo Gualtieri d.ti 2

Da Filippo Taverna, e per esso i suoi eredi d.ti 0-50

Da Elisabetta Gentile del casale di Petronà d.ti 1-50

Dal ve(nerabi)le con(ven)to de PP. Dom.ni di Mesoraca d.ti 1-50

Dal Proc.re del SS.mo Sagram.to di Mesoraca d.ti 1

Dal R.do D. Nicolò Marzano d.ti 0-60

Da Isabella Greco della T(er)ra di Cropani d.ti 2

Dalli RR. Can.ci della Collegiata di Cropani d.ti 1-20

Dall’eredi di Nicolò Policastrese della T(er)ra dell’Arietta d.ti 2

Da Diego Prestia del Casale di Marcedusa d.ti 1

Da Fran.co Sciumbata del med.o Casale d.ti 1-50

Da Giovanni Tocci del med.o Casale d.ti 2-50

Una Speziaria per commodo del Con(ven)to che puol rendere per la pochezza delle Genti, e miserabilità che in d.a Città di Belcastro s’attrova annui d.ti 25

Dal Sig.r D. Ridolfo Galzerano della Città di Catanzaro in grano annui tt.a 12

Dalli Sig.i Diani di questa Città in grano annui tt.a 8

Dalla ve(nerabi)le chiesa della Sanità in grano annui tt.a 4

Dalla Sig.ra Chiara Parise in grano annui tt.a 3

Possiede detto ve(nerabi)le Con(ven)to un territorio alborato, e vitato loco detto li Piterà confine il Sig.r Gaetano Fiorino tra fertile, ed infertile dedotte le spese ne percepisce annui assieme colla fronda per essere di capacità tu.a quindici d.ti 12

Più una Gabella d.ta Furca confine l’erede del q.m Afonzo Galzerani di capacità tumula venti quattro di t(er)ra nobile che ne percipe in ogni anno docati 9

Più possiede una gabella detta il Cavalcaturo confine S. Maria Collegiata di Cropani di capacità tu.a venti in circa di terra nobile che ne percipe annui d.ti 7

Più una Gabella nelloco detto l’acqua della fico confine le t(er)re del Sig.r D. Marco S. Marco di capacità tumula venti cinque in circa di t(er)re nobile che ne percipe d.ti 7

Più una Gabelluccia loco detto Crima confine il Burletto del Mag.co D. Marco S. Marco di moggia quindici in circa di t(er)re nobili che ne percipe annui d.ti 5-50

Più una continenza di t(er)re dette il Piano di S. Dom.co confine Scipione Riccio di moggia otto in circa di terre nobili che ne percipe annui docati 3-70

Più terra dette le Destre di S. Dom.co confine la Matalena di capacità di tumula dieci in circa terre nobili che ne percipe annui d.ti 3-75

Più una Gabella detta la Forastella confine il Sinoro del Mag.co D. Dom.co Anania di moggia settanta in circa di t(er)re nobili che ne percipe annui d.ti 22-50

Più un Castaneto nel loco detto S. Maria della Forastella d’un moggio in circa di terre che ne percipe annui d.ti 2

Più t(er)re nel loco detto la Pietra della Guardia confine le terre del chierico Fran.co Jazzolino di capacità di tumula tredici in circa terre nobili che ne percipe con inserti d’olive che ancora non fruttano d.ti 12

Più t(er)re nel loco detto Drialo confine il Donatello di moggia otto in circa di terre nobili che ne percipe in ogn’anno d.ti 3-50

Più t(er)re nel loco detto Spinello confine il Sig.r D. Luccio Nobile della Città di Catanzaro di salme tre in circa di terre nobili che ne percipe annui d.ti 5

Più una Gabella loco detto il Burletto confine le t(er)re della SS.ma Annunciata di capacità tumula trenta valutata l’annua rendita in d.ti 10-50

Più t(er)re dette la Torre di S. Marco confine Giuseppe Ant.o Cuda alborata con celzi mori di moggia otto di terre in circa di terre nobili che ne percipe d.ti 4

Più un vignale d.o la Grazia confine Tomaso de Vito alborato di celzi mori di un quarto in circa di t(er)ra nobile che ne percipe annui d.ti 0-50

Più una Gabelluccia d.a Jordani confine il Mag.co Dom.co Jazzolino alborato con quercie, e celzi mori di capacità di tt.e dieci di t(er)re nobili che ne percipe d.ti 11

Più un Territorio Campese loco detto le Timparelle confine S. Jenia di moggia 20 in circa di t(er)re nobili che ne percipe in ogn’anno d.ti 15

Più una terza parte d’un Territorio d.o Vajna in comune col Sig.r Sculco di Cotroni confine la Difesa della Cerva di salme sette in circa di terre nobili che ne percipe di sua porzione annui d.ti 6

Più un vignale d.o Drialo alborato con pochi piedi di celzi mori confine Jordani di moggia tre in circa di t(er)re nobili che ne percipe annui d.ti 1-80

Più un Giardino detto Campia di terre ignobili confine Marco S. Marco con pochi piedi di celzi mori che ne percipe annui d.ti 1-50

Più un Vignale loco detto Driale ignobile confine Rocco Pollinzi con pochi piedi di quercie di capacità tumula due che ne percipe annui d.ti 1-23

Più un Vignale ignobile d.o il Curzo di Campia confine il Magnifico D. Marco S. Marco d’una soma in circa di terre che ne percipe annui d.ti 0-93

Più un Vignale d.o Atterusa ignobile con tre piedi di castagne confine Tomaso Taverna di quarti tre in circa di terre che ne percipe d.ti 0-40

Più un vignale d.o Scursonello con castagne confine il Mag.co Gaetano Fiorino di tu.a quattro che ne percipe essendo ignobili annui d.ti 1

Più un Vignale d.to la T(er)ra de Cochi confine la ve(nerabi)le Chiesa dell’Annunciata terre ignobili di capacità di una soma che ne percipe annui d.ti 0-93

Più un Vignale ignobile detto il Curzo di Campia confine le terre dell’Archidac.to di moggia sei in circa che ne percipe d.ti 0-70

Più un Pezzotto di Terre loco detto Cuda con pochi piedi di castagne confine la menza vescovile terre ignobile di tumula tre in circa che ne percipe d.ti 0-50

Più una Possessione detta il Ringo alborata quercie e celzi mori confine la ve(nerabi)le Chiesa di S. Fran.co di tumula sei in circa terre ignobili che ne percepisce d.ti 6-50

Più un Vignale loco do Spinetto confine la Cappella di S. Fran.co di tum.a due e mezo di t(er)re ignobili che ne percipe annui d.ti 0-53

Più un Vignale detto le Cruci di Andali confine D. Paulino Jazzolino moggia otto in circa terre ignobili che ne percepisce annui d.ti 0-30

Più un piede di celzo moro sotto il Seminario che ne percipe d.ti 0-20

Più un Vignale d.o Santo Cataldo in Andali, giusta li suoi notori confini cap. tt.a tre, che ne percipe d.ti 0-60

Più un orto sotto le mura di questo ve(nerabi)le con(ven)to con molti piedi di celzi mori, e quercie di capacità tu.a due che ne percipe annui d.ti 6-50

Più alcuni piedi di celzi mori loco detto Blasco dentro la vigna di Rocco Pollinzi, che ne percepisce annui d.ti 0-80

Più un molino nella fiumara di Nasari dato ad affitto a Lonardo Aloe e suo fra(te)llo ne ne paga in ogn’anno tt.a 20 di grano d.ti 20

Più un Vignale nel loco detto S. Cataldo in Territorio di Andali t(er)re ignobili giusta li suoi notori confini che ne percipe per essere di capacità di tu.a 3 d.ti 0-60

Non possiede altro solche una Giumenta col suo staccharello, ed un Balduino per uso del Convento.

Pesi che tiene questo ve(nerabi)le Con(ven)to

Paga al Decanato di questa Città in ogn’anno d.ti 0-21

Al R.do Seminario di questa Città d.ti 0-40

Più per Anniversarii della Religione, e messe per li Religiosi defonti numero 26 in tutto docati 10

Messe perpetue come dalle Tabelle in messe n° 990 annui d.ti 90

Per il Salario di due Garzoni uno in Con(ven)to e laltro alli Piterà an. d.ti 36

Per vestiario de’ Religiosi in ogn’anno docati 80

Per le Collette de’ Pro(vincia)li annui docati 10

Per Polvere e Cera in tutti li giorni festivi annui docati 30

Per oglio delle lampadi della Chiesa d.ti 10

Per li Pa(ne)gir.ci del Rosario e S. Dom.co in ogn’anno d.ti 2

Per utenzilii della Chiesa annui docati 12

Per Acconcio della Chiesa, e Con(ven)to d.ti 10

Per lettere della Posta, e cavalcature del Priore d.ti 6

Per medico, ed avvocato d.ti 8

Per lavandara d.ti 3-50

Per il Barbiero d.ti 2-50

Per spese cibarie per dieci Religiosi, e due Garzoni

Per mantenimento del molino un’anno per l’altro d.ti 4.”[xviii]

Verso la soppressione

L’ostilità vescovile riprese al tempo del vescovo Tommaso Fabiani (1755 – 1778): “Nella città di Belcastro c’è il solo convento dell’ordine dei predicatori, che dapprima fu fondato nel luogo detto S. Maria de Forestella, a circa un miglio di distanza dalla città. Dopo fu trasferito entro le mura della città, dove attualmente si trova. Esso ha una rendita annua eccedente i 400 ducati ma, nonostante ciò, a causa della cattiva amministrazione, i religiosi vivono parcamente. Vi abitano due o al massimo tre frati e due laici, o conversi, che d’estate a causa dell’aria perniciosa, si trasferiscono altrove, lasciando solo un laico a custodire il convento. Secondo la Costituzione di Innocenzo X è soggetto alla giurisdizione vescovile, anche se i miei predecessori hanno trascurato di visitarlo”.[xix]

Al tempo della soppressione dopo il terremoto del 1783, nel monastero sotto le cui mura vi era il suo orto,[xx] posto nel luogo detto “Gottone”,[xxi] o “Salici”, nella “Grecia”,[xxii] presso le mura ai limiti della città,[xxiii] vi erano solo tre monaci.[xxiv] La soppressione definitiva avverrà durante il Decennio francese.[xxv]

Note

[i] Fiore G., Della Calabria Illustrata, II, p. 391.

[ii] ASV, Relatione del Con.to di San Dom.co di Belcastro, S. C. Stat. Regul., Relations, 25, ff. 751-755.

[iii] ACA, Cancillería, Reg. 2911, ff. 57-59.

[iv] Fiore G., Della Calabria Illustrata, II, p. 391. “Galeotto Basilotto. Collatione della Cappellania della Cappella seu Chiesa di S. Maria di Foristella della Città di Belcastro” (1458-1497). Falanga M., Il Manoscritto da Como Fonte Sconosciuta per la Storia della Calabria dal 1437 al 1710, in Rivista Storica Calabrese n. ½ 1993, p. 249.

[v] ASV, Relatione del Con.to di San Dom.co di Belcastro, S. C. Stat. Regul., Relations, 25, ff. 751-755.

[vi] ASV, Rel. Lim. Bellicastren., 1592.

[vii] ASV, Rel. Lim. Bellicastren., 1603.

[viii] ASV, Rel. Lim. Bellicastren., 1645.

[ix] ASV, Rel. Lim. Bellicastren., 1665.

[x] ASV, Relatione del Con.to di San Dom.co di Belcastro, S. C. Stat. Regul., Relations, 25, ff. 751-755.

[xi] ASV, Rel. Lim. Bellicasren., 1692.

[xii] ASV, Rel. Lim. Bellicasren., 1699.

[xiii] ASV, Rel. Lim. Bellicasren., 1703.

[xiv] ASV, Rel. Lim. Bellicasren., 1718.

[xv] Russo F., Regesto, X, 53774.

[xvi] ASV, Rel. Lim. Bellicastren., 1727.

[xvii] ASV, Rel. Lim. Bellicastren., 1735.

[xviii] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta 6328, ff. 481-482v.

[xix] ASV, Rel. Lim. Bellicastren., 1758.

[xx] “Più un orto sotto le mura di questo ve(nerabi)le con(ven)to con molti piedi di celzi mori, e quercie di capacità tu.a due”. ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta 6328, f. 482v.

[xxi] Tra i fondi appartenenti alla mensa vescovile di Belcastro nell’Ottocento, risulta quello denominato “Orto del Convento”, confinante “col Convento di S. Dom.co”. La detta mensa possiede anche il fondo “Gottone” confinante con “l’Orto di S. Domenico”. Alla metà dell’Ottocento, rivolgendosi “A S. E. Rev.a Monsignor Arcivescovo di S. Severina”, Vincenzo Pisano di Belcastro proponeva di cedergli a censo “il picciol orto chiamato gottone, o sia Salici, dei Domenicani di Belcastro”. AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 15B.

[xxii] “Ortale con celzi mori, sito nella Grecia loco d.o Salici”. ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta 6328, f. 150.

[xxiii] Il nobile Giuseppe Presta possiede un “vignale nel loco detto Salici confine li Padri Domenicani di moggie due incirca di terra che ne percipo resa alcuna per esser confine della Città li neri della medsima Città la devastano”. ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta 6328, f. 217. “ortale di celsi mori vicino la circonferenza di d.a Città, nel luogo dove si dice Salici”. Ibidem, f. 251.

[xxiv] Vivenzio G., Istoria e teoria de’ tremuoti, Napoli 1783, (14).

[xxv] Caldora U., Calabria napoleonica (1806 – 1815), Napoli 1960, p. 221.


Creato il 18 Febbraio 2015. Ultima modifica: 8 Novembre 2023.

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