La cattedrale di Santa Severina dedicata a Santa Anastasia Romana dal Quattrocento al Settecento

Santa Severina (KR), la cattedrale.

Alla metà del Quattrocento la cattedrale si trovava in “total rovina”. Di tale stato ne dà testimonianza un atto del settembre 1454; con esso l’arcivescovo Simone Biondo concedeva alla famiglia Abenabile, la facoltà di poter costruire una cappella gentilizia, dedicata agli apostoli Simone e Giuda, nella parte sinistra della chiesa, previo il pagamento di un’oncia d’oro da destinarsi al rifacimento della chiesa.[i]

Santa Severina (KR), cupola e ingresso della cattedrale.

Assenteismo arcivescovile e decadenza

Lo stato materiale non migliorò, anche per l’assenteismo dei presuli. Nel febbraio 1468, al tempo dell’arcivescovo Antonio de Cantelmo, alcuni rappresentanti dei De Sindico chiesero una “cappella antica tutta diruta, dicata a S. Basilio, quale per essere stata derelitta, et destituta dal governo spirituale, e temporale, s’era resa luogo di immondezze, et sporcitie”. Il loro intento era di restaurarla e trasformarla, per dedicarla a S. Francesco d’Assisi. Essi si obbligarono sia a dotarla ed arredarla, sia a versare 12 ducati “Pro Reparatione Ecclesiae”. Accettarono inoltre la condizione di edificare a loro spese “una scala nuova del campanile, et il suo altaraco, et restaurare un arco della chiesa avanti la porta della detta cappella”.[ii]

Interventi e mutamenti sono segnalati anche sul finire di quel secolo. Nel maggio 1487, su concessione dell’arcivescovo Errico delo Moyo, fu spostata la cappella di Sant’Andrea della famiglia Stafanizzi,[iii] mentre l’arcivescovo Alessandro della Marra restaurò l’edificio,[iv] e concesse gratuitamente nel giugno 1492, la cappella di Santa Lucia al castellese Antonio de Cicho.[v]

Durante il periodo aragonese i privilegi della chiesa metropolitana, a suo tempo concessi dal duca Ruggero, da Riccardo Senescalco e da altri regnanti e cavalieri normanni, poi confermati nel 1183 da papa Lucio III, furono più volte riconfermati. I re Alfonso d’Aragona e Ferdinando sovente intervennero in suo favore, specie quando l’arcivescovo trovava difficoltà nell’esigere le decime o nel far valere le prerogative sulle sue vaste tenute feudali. Così all’atto della resa della città, al tempo della fallita rivolta del marchese di Crotone Antonio Centelles, re Alfonso, il 29 novembre 1444,[vi] aveva reso validi tutti i privilegi della chiesa di Santa Anastasia. Tra essi vi era il riconoscimento del diritto di decima sulle saline di Neto, la bagliva di Santa Severina, il possesso del feudo di Santo Stefano e del corso di Casalenovo.[vii] Anche il re successore Ferdinando confermerà i privilegi della chiesa di Santa Severina nel 1460 e nel 1466.[viii]

Santa Severina (KR), particolare dell’ingresso della cattedrale sormontato dall’arme dell’arcivescovo Carlo Berlingieri (1679-1719).

Ribellione, assedio e rovina della città

Con l’arrivo degli Spagnoli i diritti della chiesa furono rinnovati. Re Ferdinando il Cattolico anzi, concesse nel 1507 che, nel giorno della festa della Dedicazione della metropolitana, l’arcivescovo potesse alzare la bandiera di S. Anastasia ed eleggere per mastro giurato uno dei canonici. Costui avrebbe avuto il potere di esercitare la giurisdizione regia per gli otto giorni della durata della fiera, che iniziava la terza domenica di maggio. Durante tale periodo il mastro giurato avrebbe potuto giudicare le cause, tanto civili che criminali, esercitando pienamente le funzioni di giudice, di arbitro e di patrono.[ix]

La situazione della cattedrale all’inizio del Cinquecento non era delle migliori. Essa rispecchiava l’aspetto di una città che si era difesa per più di sei anni, dai tentativi del conte Andrea Carrafa di impossessarsene, anche usando la violenza e l’inganno. Avendola comprata dal re Federico d’Aragona nell’ottobre 1496, egli riuscirà ad entrarvi solamente con l’aiuto degli Spagnoli nel 1503, per l’intervento di Consalvo Ferrante gran Capitano e Duca di Terranova. I Sanseverinesi non si rassegnarono alla perdita dello stato demaniale e nell’aprile 1512, sparsasi falsamente la notizia della morte del conte nella battaglia di Ravenna, si ribellarono.

La città fu assediata lungamente e poi devastata dalle truppe regie. I cittadini ribelli al feudatario dovettero subire le atroci rappresaglie. Le costituzioni della città concesse in precedenza dal feudatario vennero subito revocate. Dovranno passare quasi undici lunghi anni prima che il conte, poco prima di morire, le riconceda. Tra le prime richieste dell’università confermate, o di nuovo concesse alla città nel marzo 1525 dal conte Andrea Carrafa, vi era quella di tenere in particolare considerazione la cattedrale e le chiese parrocchiali, impegnandosi a dare disposizioni ai suoi ufficiali, affinché fossero riparate “le loro evidenti rovine”, favorendo anche gli ecclesiastici nei loro affari, in modo da permettere loro di convertire le rendite nelle riparazioni occorrenti.[x]

È in questi anni che il nobile Cesare Zurlo, per concessione dell’arcivescovo Stefano Cantelmo, ottiene il permesso di costruire per sé ed i suoi eredi, nell’ala destra della chiesa, una cappella con sepolcro, dedicata a Sant’Antonio da Padova. Nel luglio 1525 lo stesso Zurlo ha il permesso dall’arcivescovo successivo Giovan Matteo Sertorio (1508-1531), di rompere un muro per ampliare la cappella.[xi]

Arme dell’arcivescovo Enrico delo Moyo (Ughelli F., Italia Sacra, VIII, 484-485) e ritratto dell’arcivescovo Giulio Sertorio (1535-1554).

Primi segni di rinascita

Se durante i primi decenni del Cinquecento non si nota un particolare interessamento per lo stato della cattedrale, le cose mutarono dopo il Concilio di Trento. Ne sono primi segni le due nuove cappelle, edificate nell’ala sinistra al tempo del presulato di Giulio Antonio Santoro, detto “il Cardinale di Santa Severina” (1566-1573): una della famiglia Infosino, dedicata al SS.mo Salvatore, e fondata e dotata nel 1568,[xii] e l’altra di San Leone Confessore, dotata ed istituita dallo stesso arcivescovo, a ricordo del vescovato soppresso di S. Leone (1571).[xiii]

Sempre il “Cardinale di Santa Severina” fornì la cattedrale di organo, e fece porre in una teca d’argento dorata il braccio di Santa Anastasia. La reliquia, secondo la tradizione, era stata donata da Roberto il Guiscardo e godeva di grande “devotione de popoli convicini”, tanto che la santa da patrona della città, era divenuta anche protettrice di tutta la provincia ecclesiastica. Egli fece custodire tutte le reliquie in un reliquario, che fu posto in una sacrestia o tesoro, facendola costruire a sue spese per mettere al sicuro le numerose cose preziose della chiesa. Per salvaguardare i beni ed i diritti ecclesiastici, istituì l’archivio, contiguo alla chiesa e al palazzo vescovile, recuperando con gran fatica e spesa i documenti, gli inventari e le platee di tutte le chiese ed i luoghi pii della diocesi.

Giulio Antonio Santoro ed il fratello e successore Francesco Antonio Santoro (1573-1586), essendone la cattedrale quasi priva, la fornirono di molti paramenti ed oggetti sacri.[xiv] Si deve ai due fratelli Santoro quell’opera di rivendica di cui si trova traccia in una platea del 1576, dove vengono annotati i vari privilegi che, da tempo antico, godeva la chiesa di Santa Severina. Tra questi vi era il diritto di spoglio, secondo cui, alla morte di ogni vescovo suffraganeo, dovevano essergli consegnate alcuni averi del defunto, e cioè: il cavallo o mula, tutte le vesti che era solito indossare in vita, compresi cappelli e barrette, rocchetti, cappe pontificali, compresa la cappa magna, l’anello d’oro pontificale, la trabacca o letto, sul quale dormiva, il pontificale, il messale, e il breviario.

L’arcivescovo, inoltre, incamerava la quarta parte di tutti i beni mobili di coloro che morivano “ab intestato” in tutta la diocesi, ed anche dai diocesani che morivano fuori di essa. Altri privilegi erano quelli che, nel giorno della festa della Dedicazione della Cattedrale, domenica infra ottava dell’Ascensione, durante la celebrazione della messa solenne, dovevano convenire per prestare obbedienza ed ad assolvere al “cathedraticum”, tutti i vescovi suffraganei, gli abati, i parroci ed i beneficiati della diocesi, e che, per privilegio concesso da Lucio III, il 22 marzo 1183, l’arcivescovo poteva usare il pallio, ed esigere la decima da ogni animale, sia di diocesani che di forestieri, che pascolavano nella diocesi. Questi antichi privilegi, anche se contestati, resteranno validi per molto tempo.[xv]

Cattedrale di Santa Severina (KR), la navata centrale.

L’arcivescovo Pisani ricostruisce la cattedrale

All’inizio dell’arcivescovato di Alfonso Pisani (1587-1623) la cattedrale ha campanile con quattro campane “bellissime”, due grandi e due piccole, il coro, un grande organo, un alto crocifisso in mezzo alla chiesa, un pulpito per predicare e, nella parte sinistra, c’è la nuova fonte battesimale in marmo con una conca di rame. Essa è fornita di moltissimi arredi, suppellettili ed oggetti sacri: tra questi, il braccio tutto d’argento di Santa Anastasia, due bacoli, due d’argento ed uno d’avorio, un tabernacolo con croce, ed un incensiere con navetta d’argento, numerose croci e crocette d’argento, due calici d’argento, di cui uno indorato, cinque anelli, di cui uno d’oro con uno smeraldo, una collana di velluto nero guarnita di perle, un pettorale e poi, mitre, sandali, corporali, dalmatiche, piviali, baldacchini, pianete, cuscini, candelieri, messali, ecc.

In essa vi sono numerose cappelle, tra le quali quelle di San Leone, della Beata Vergine e del SS.mo Sacramento.[xvi] Vi si celebrano due feste principali: una alla terza domenica di maggio, dedicata alla consacrazione, e l’altra il 29 ottobre a Santa Anastasia Romana.[xvii] Il suo capitolo è composto oltre che dalle sei dignità (arcidiacono, decano, cantore, tesoriere, primicerio e arciprete), da 18 canonici e, come “chiesa collettiva”, per antichissima consuetudine, riceve al suo servizio gli altri preti della città, i quali non sono obbligati ad altra chiesa.[xviii]

Arme dell’arcivescovo Giulio Antonio Santoro, detto “il Cardinale di Santa Severina”, 1566-1573 (Ughelli F., Italia Sacra, VIII, 486), e arme dell’arcivescovo Alfonso Pisani, 1587-1623.

Ma l’edificio è di “mezzana grandezza, di forma antiqua et assai impedito d’ale, et cappelle”.[xix] L’arcivescovo cerca dapprima di “sgombrarli” e di rendere l’edificio sacro in forma migliore e più moderna, “ma perché s’è conosciuto che la detta chiesa non può ricevere riparatione per esser le mura piccole, vecchie et fabricate di creta, sta tuttavia con animo di riedificarla dalli fondamenti”.

In essa vi hanno sede le due confraternite delle Cinque Piaghe, presso l’altare maggiore, e del SS.mo Sacramento. Quest’ultima, che è aggregata alla chiesa di S. Maria sopra Minerva di Roma, è nella cappella omonima che è bene ornata di pitture e sculture. Per un miglior decoro il Pisani la fornisce di due sacrestie. In una vi sono custoditi un reliquiario munito “d’inferriate et catenacci”, posto sopra un altare,[xx] e vari oggetti sacri, tra i quali molte vecchie piccole mitre di tela, a testimonianza che, anticamente, i canonici erano mitrati. Nell’altra, fatta decorare da un valente pittore, con una bellissima “intempiatura” lavorata delicatamente, dipinta con tutti i misteri della passione e con l’immagine dell’Ultima Cena, sono conservati i paramenti di uso quotidiano degli ecclesiastici. L’entrata della chiesa è decorata da due fonti per l’acqua benedetta. Essi sono “di porfido mischio ornatamente et delicatamente lavorati con piedi grandi di porfido negro”. Sempre in questi anni, l’arcivescovo fa arrivare da Napoli tre vetrate per le finestre vicine all’altare maggiore.[xxi]

Durante il suo lungo arcivescovato la cattedrale fu quasi completamente rifatta, con nuove fabbriche e più ampia. Con scrupolosità ed ingente spesa e “con pensiero e diligenza grande”, egli vi attese fino agli ultimi anni della sua vita, quando fu costruita la cupola maggiore.[xxii] Fu sepolto nella cappella di Santa Maria degli Angeli, da lui stesso, assieme al fratello Giulio Cesare, costruita e dotata nel 1611.[xxiii]

Cattedrale di Santa Severina (KR), navata centrale.

Lavori di completamento ed abbellimento

Appena insediato, il nuovo arcivescovo Fausto Caffarelli (1624-1651) proseguì i lavori. Il nuovo ed ampio edificio, decorato e portato a termine dal suo predecessore, fu elevato ad un aspetto ancor più maestoso e reso al massimo del suo splendore. In poco tempo egli rese perfette in fabbrica elegante quattro importanti cappelle dedicate a Santa Maria degli Angeli, al SS. Corpo di Cristo, a Sant’Anastasia Vergine e Martire, ed a San Leone Pontefice.[xxiv]

Continuò il completamento della fabbrica del tempio ed in pochi anni, sopportando grandi spese, portò a termine la copertura. Stava per intraprendere e completare altri lavori, ma ne fu impedito da una improvvisa lite sorta sui diritti della chiesa.[xxv] Tuttavia, a dieci anni dal suo insediamento e prima di partire come nunzio per la Savoia, dove rimarrà per quasi sette anni, aveva portato a termine il soffitto a cassettoni ed il nuovo coro. Entrambi erano stati levigati e scolpiti in maniera molto elegante da un valente artefice germanico. Anche la sacrestia era stata completata e fornita di ogni genere di suppellettile sacra d’argento, e la porta principale della chiesa rifatta in noce.[xxvi] Alla fine del suo arcivescovato aveva resa più decente la cappella dove si conservava il braccio della patrona, fornendolo di drappi e di una lampada sempre ardente. Il coro ed il soffitto a cassettoni erano stati completati. Aveva rifatto il pavimento, restaurato i sepolcri, costruita la sede pontificale ed eretto in marmo il pulpito per le prediche.[xxvii]

Arme dell’arcivescovo Fausto Caffarelli (1624-1651) e arme dell’arcivescovo Francesco Falabella (1660-1670).

Peste e desolazione

Dopo più di due anni di sede vacante fu consacrato arcivescovo Giovanni Antonio Paravicino (1654-1659). Decimata dalla peste che, nel 1656, aveva ucciso lo stesso duca Carlo Sculco,[xxviii] la città si presentava spopolata ed in rovina. I Sanseverinesi, tra i più poveri della Calabria, in poco tempo si erano dimezzati, raggiungendo appena il migliaio. Essi si aggiravano tra le case vuote e cadenti. Fra tanta miseria e desolazione faceva eccezione la cattedrale che, per la sua eleganza, forma e maestosità, poteva annoverarsi tra le migliori della regione. Ad essa mancavano solo le campane al campanile ed alcune suppellettili.[xxix]

Ma sempre in quell’anno 1656, il papa Alessandro VII aveva concesso all’arcivescovo di utilizzare le pene pecuniarie esatte dalla sua curia, per la riparazione del palazzo arcivescovile e per l’acquisto di paramenti sacri.[xxx] L’arcivescovo Francesco Falabella (1660-1670) trovò la cattedrale situata in un luogo eminente e ben costruita dai suoi predecessori. Divisa in tre navate ed a forma di croce latina, aveva quattro cappelle, di cui due particolarmente venerate: una, quella di S. Anastasia, situata sul lato sinistro dell’altare maggiore, aveva l’immagine della santa ed il suo braccio, l’altra la cappella del SS.mo Corpo del Signore, era posta a destra dell’altare maggiore ed in essa ardevano di continuo quattro lampade. Mancava completamente il campanile,[xxxi] mentre l’edificio era buio ed esposto al vento ed alla pioggia, che penetravano dai venti finestroni, chiusi con tela cerata. L’arcivescovo, perciò, lo protesse e lo rese più luminoso fornendolo di vetrate. Progettò anche di costruire il campanile che non andò in opera.[xxxii]

Seguirono i brevi arcivescovati di Giuseppe Palermo (1670-1673) e del crotonese Mutio Suriano (1674-1679). Quest’ultimo riparò il tetto della chiesa e ripristinò l’organo che, da anni, era in abbandono, perché mancante della maggior parte delle canne. Per renderlo di nuovo funzionante vi spese ben 65 ducati ![xxxiii]

Ritratto dell’arcivescovo di Giuseppe Palermo, 1670-1673 (foto di Maria Immacolata Dunia) e arme dell’arcivescovo Mutio Suriano (1674-1679).

L’operosità di Carlo Berlingieri

All’inizio dell’arcivescovato di Carlo Berlingieri (1679-1719) la cattedrale era composta da 18 canonici, 6 dignità, 14 preti semplici, 1 suddiacono, 1 diacono e 20 chierici. Essa era a “tre navi, con intempiatura nella nave di mezzo, con li quadri sfondati, a rose intagliate con cinque archi di fabrica, e le navi piccole coperte a tetti. Vi sono in detta chiesa cinque cappelle, parte coperte a lamia e due a modo di cupola, due di esse sono ornate di marmo fino e due altre sono ornate con colonne di verde d’ordine dorico, e sono quella della Madonna degli Angeli e quella di S. Anastasia, sopra del quale ornamento vi sta conservato il braccio di S. Anastasia. Vi è l’altare maggiore con baldacchino sopra, dietro del quale vi è il coro coperto con cupola ed in testa vi è il trono dell’arcivescovo. Dentro la nave grande vi è il pulpito di marmo pardiglio con due colonne di cipollazzo d’ordine jonico, e dall’altra vi è l’organo”.[xxxiv]

Carlo Berlingieri innalzò, utilizzando legno di noce finemente lavorato, il trono arcivescovile che era basso e dimesso, rendendolo degno. Ornò parimenti l’altro sedile arcivescovile che era situato nel coro, completando lo stesso coro. Riparò quindi la cupola, che trovò quasi fatiscente e che lasciava passare la pioggia da ogni parte.[xxxv] Nonostante l’ingente furto subito dalla metropolitana nel novembre 1696, che l’aveva privata di denaro e preziosi,[xxxvi] accumulato del denaro, poiché la chiesa si presentava tenebrosa e con il tetto umile e basso, con grandi spese, lo innalzò, lo decorò con un elegante soffitto basilicale, e diede all’interno molta più luce con nuove finestre.[xxxvii]

Cattedrale di Santa Severina (KR), presbiterio e altare maggiore.

Con grandi spese e dopo anni di lavoro rese elegante e fine la facciata della chiesa, utilizzando pietra policastrese, simile al tiburtino. Essa fu completata nel 1705, come risulta dalla grande scritta lasciata a ricordo nella corona superiore della facciata.[xxxviii] L’altare maggiore, rivestito di diversi marmi, ed il sacello di Santa Anastasia, furono ornati con croci d’argento, candelabri, vasi, ecc.[xxxix] Incrementò il culto di Santa Anastasia ponendo la chiesa sotto la protezione del suo braccio, come denota l’iscrizione sul portale “BRACHIO SANCTO SUO DEFENDET. SAP.S”. Prima di morire fornì la chiesa di molte preziose sacre suppellettili.[xl]

Durante l’arcivescovado di Nicolò Pisanelli (1719-1731), la cattedrale, distinta in tre ali, che oltre all’altare maggiore ha quelli del SS. Corpo del Signore, della Madonna degli Angeli, di S. Anastasia, dell’Apostolo Tommaso, del SS. Crocifisso e di S. Leone Confessore, minacciava di rovinare. Le basi, costruite con pietra policastrese simile al tiburtino, mostrarono improvvisamente segnali di cedimento per il peso dell’edificio, con il pericolo evidente di far precipitare sia il tetto che le mura. Fu chiamato perciò un bravissimo architetto, proveniente da altra provincia, e dopo aver speso parecchio denaro, e con il lavoro di più mesi, fu eliminato il pericolo.[xli] Poco dopo, tuttavia, all’inizio di giugno 1726, essa subì dei danni a causa di un fortunale, che rovinò soprattutto la cupola del coro e la cappella di S. Anastasia.[xlii]

A metà Settecento la diocesi di Santa Severina confinava con quelle di Crotone, Catanzaro, Belcastro, Cosenza, Cerenzia e Strongoli, e l’arcivescovo esercitava la giurisdizione oltre che sulla città di Santa Severina, anche su Cutro, Policastro, Mesoraca, Roccabernarda, Rocca di Neto, Scandale, San Mauro, Marcedusa, Arietta, Petronà, Altilia e Cotronei.

Cattedrale di Santa Severina (KR), pulpito marmoreo. Nel particolare è raffigurato Gesù al tempio tra i dottori della legge.

La trasformazione settecentesca

L’arcivescovo Niccolò Carminio Falcone (1743-1759) fece rifare il vetusto ed indecente altare del SS. Sacramento, facendolo ornare e decorare con varie pitture, e rifece il pavimento della sacrestia con mattoni in cotto.[xliii] All’inizio dell’arcivescovato di Antonio Ganini (1763-1795) la cattedrale si presentava molto capiente, rispetto ai pochi abitanti della città. Essa era divisa in tre navate, con la mediana più alta e larga ed ornata con molte vetrate, e con un soffitto dipinto finemente e dorato, mentre le piccole navate laterali mancavano della soffittatura, per costruire le quali l’arcivescovo si premurò di contattare subito degli artigiani, dando loro la caparra.

La porta principale guardava a occidente, sull’unica ampia piazza della città di fronte al castello. Dietro l’altare maggiore, posto ad oriente e che, essendo costruito in semplice pietra locale, fu subito rifatto in forma più ampia ed elegante, con marmi pregiati multicolori dall’arcivescovo, che a tale scopò impiegò ben 600 ducati d’oro,[xliv] c’è il coro con in mezzo il sedile arcivescovile e davanti, dalla parte dell’Evangelio, la cattedra Arcivescovile, che ha di fronte il pulpito con le sue colonne in marmo. A destra ci sono gli altari del SS.mo Corpo di Cristo, che è ornato con marmi e chiuso con ferree aste, di S. Leone, privilegiato in perpetuo, e di S. Tommaso Apostolo, che è dei Faraldi. A sinistra quelli di S. Maria degli Angeli, con la nuova icone fatta fare dal Ganini, di S. Anastasia, dove si conserva il sacro braccio e quello del SS. Crocifisso.

Presso e adiacente alla navata destra si trova la chiesa parrocchiale di S. Giovanni Battista, che fu unita in passato a quella di S. Nicola, e perciò la sua fonte battesimale è utilizzata da entrambi i parroci. Tra l’altare di S. Leone e la chiesa di S. Giovanni Battista è situata la sacristia che è formata da due stanze. Non manca l’organo e c’è il campanile con quattro campane, tra la porta piccola laterale della chiesa e la porta del palazzo arcivescovile. Due ingressi poi, collegano il palazzo arcivescovile con la chiesa, uno attraverso la cappella del SS. Crocifisso, e l’altro per la cappella di S. Leone.[xlv]

Cattedrale di Santa Severina (KR), le cappelle di Santa Maria degli Angeli e di San Leone.

L’arcivescovo utilizzò le pietre del vecchio altare per riformare l’abaco ed il cospetto della cattedra arcivescovile, ornò gli altari con candelabri e fiori di ottone. Elevò di un gradino il pavimento del presbiterio, decorandolo e munendolo attorno di stalli fissi. Così separò i canonici dai laici, specie dalle donne, e diede maggiore risalto e decoro alle funzioni sacre, anche se dovette sostenere una lite con il duca della città, che fin dai suoi antenati vantava un sedile non fisso vicino al corno dell’epistola.[xlvi]

Cattedrale di Santa Severina (KR), affresco raffigurante la Vergine con San Bruno e San Francesco di Paola. Crocifisso.

L’arcivescovo proseguì nei lavori, così dopo quasi venti anni di permanenza a Santa Severina, egli aveva rifatto l’altare maggiore, elevato e circondato il presbiterio, ornato gli altari, fatto fare la soffittatura alle navate laterali, facendole anche dipingere, munito la chiesa di nuovi confessionali, munito di un nuovo soffitto la sacrestia, e rinnovato due campane spezzate del campanile. Egli aveva, inoltre, fornito la chiesa di molte e preziose suppellettili sacre, spendendo per tal motivo ben 1500 ducati, ed aveva rifatto le finestre vitree ed intonacato l’edificio.[xlvii]

In seguito dopo il terremoto del 1783, fece erigere dalle fondamenta il campanile,[xlviii] e poiché tutti gli argenti delle chiese e dei conventi furono incamerati dalla corte reale, l’arcivescovo con proprio denaro provvide nuovamente la sacrestia di moltissime suppellettili e di preziose argenterie, facendo rifare la statua d’argento della tutelare.[xlix]

Cattedrale di Santa Severina (KR), le cappelle di Santa Anastasia e del SS. Sacramento.

Note

[i] Le cappelle di patronato della Metropolitana, in Siberene, Cronaca del Passato per le Diocesi di Santaseverina – Crotone – Cariati, a cura di G. B. Scalise, 1999, p. 186.

[ii] Le cappelle di patronato della Metropolitana, in Siberene, Cronaca del Passato per le Diocesi di Santaseverina – Crotone – Cariati, a cura di G. B. Scalise, 1999, pp. 150, 156.

[iii] Le cappelle di patronato della Metropolitana, in Siberene, Cronaca del Passato per le Diocesi di Santaseverina – Crotone – Cariati, a cura di G. B. Scalise, 1999, p. 123.

[iv] Ughelli F., Italia Sacra, IX, 1662, 285.

[v] Le cappelle di patronato della Metropolitana, in Siberene, Cronaca del Passato per le Diocesi di Santaseverina – Crotone – Cariati, a cura di G. B. Scalise, 1999, p. 162.

[vi] Di vari privilegi per la sede di Santaseverina, in Siberene, Cronaca del Passato per le Diocesi di Santaseverina – Crotone – Cariati, a cura di G. B. Scalise, 1999, p. 230.

[vii] “L.ra Alfonsi Regis directa Camerario Regni Siciliae citra farum et officialibus Camerae Summariae, et aliis, super observatione privilegiorum concessionum, et gratiarum Ecclesiae S. Severinae et signanter decimarum suar. iuribus et introtionibus gabellae baiulationis praedictae civitatis S. Severinae et casalium ipsius et salinarum Naethi dictae Ecclesiae competentium. Datum in suis castris felicibus prope civitatem Cotron. die decimo nono mensis decembris octava inditione cum parvo sigillo Regio et eius suscriptione. In eod. 22 Item alia L.ra eiusdem Regis paulo post directa Capitaneo Civitatis S.tae Severinae, ut prestit auxilium et favorem Vicario Archiep.i in iuribus Eccl.ae et signanter in exacione decimarum …”. Di vari privilegi per la sede di Santaseverina, in Siberene, Cronaca del Passato per le Diocesi di Santaseverina – Crotone – Cariati, a cura di G. B. Scalise, 1999, p. 238.

[viii] Un prezioso documento del secolo XV, in Siberene, Cronaca del Passato per le Diocesi di Santaseverina – Crotone – Cariati, a cura di G. B. Scalise, 1999, pp. 161 sgg. Secondo la tradizione i numerosi privilegi vennero dati alla chiesa di Santa Severina da re Ferdinando, perché essendo andato il Centelles il giorno delle Palme nella cattedrale, fu attirato dal vicario nella sacrestia dove “si trovaro cinquanta armati, ch’l pigliaro, e nel medesimo tempo gli altri congiurati gridando nella chiesa e per tutta la Città viva il Re, fero pigliare a tutti l’arme, e il di seguente lo consegnaro al Capitano della guardia del re, che venne a pigliarlo”. Costanzo A., Istoria del Regno di Napoli, Milano 1805, III, p. 194.

[ix] ASV, Rel. Lim. S. Severina, 1725. Passati gli otto giorni il “magister nundinarum Sanctae Anastasiae” doveva consegnare al tesoriere della cattedrale il vessillo e la verga della giustizia che aveva avuto in consegna. Un antico bando per la fiera, in Siberene, Cronaca del Passato per le Diocesi di Santaseverina – Crotone – Cariati, a cura di G. B. Scalise, 1999, p. 75.

[x] Costituzioni della città e stato di Santaseverina, in Siberene, Cronaca del Passato per le Diocesi di Santaseverina – Crotone – Cariati, a cura di G. B. Scalise, 1999, p. 278.

[xi] Le cappelle di patronato della Metropolitana, in Siberene, Cronaca del Passato per le Diocesi di Santaseverina – Crotone – Cariati, a cura di G. B. Scalise, 1999, p. 143.

[xii] Le cappelle di patronato della Metropolitana, in Siberene, Cronaca del Passato per le Diocesi di Santaseverina – Crotone – Cariati, a cura di G. B. Scalise, 1999, p. 180.

[xiii] Pesavento A., La cattedrale scomparsa di S. Leone “graecus”, in La Provincia KR n. 16, 1998.

[xiv] ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1589.

[xv] Documenti sul diritto de li Spogli; Di un antichissimo diritto dei nostri Metropolitani, in Siberene, Cronaca del Passato per le Diocesi di Santaseverina – Crotone – Cariati, a cura di G. B. Scalise, 1999, pp. 79, 86.

[xvi] Una platea del secolo XVI, in Siberene, Cronaca del Passato per le Diocesi di Santaseverina – Crotone – Cariati, a cura di G. B. Scalise, 1999, p. 313 sgg.

[xvii] ASV, Visita Apostolica alla diocesi di S. Severina.

[xviii] In questi anni furono aumentate le entrate del capitolo unendovi le rendite delle due chiese di S. Maria di Molerà e di Santa Caterina. ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1589.

[xix] Accanto alla cattedrale vi era la chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista, di cui era parroco nel 1586 Gio. Batt.a Gramonte. La chiesa era quasi aderente ad una delle navate laterali. In seguito alla parrocchiale di San Giovanni Battista verrà unita quella di San Nicola. Relatione dello stato della chiesa metropolitana di Santa Severina, S.cta Severina 22 martii 1589. ASV, Rel. Lim. S. Severina, 1765.

[xx] La principale reliquia era il braccio di Santa Anastasia “con la carne, nerve, pelle, et piccoli peli”. Vi erano anche “quattro mitre pretiose, et una di tela d’oro, et dui di tela bianca sempia … dui bacoli pastorali, uno d’avorio, et uno d’argento inorato … sei croci, quattro d’argento et una d’avorio et uno di cristallo con crocifisso d’oro” (ASV, Rel. Lim. S. Severina, 1603). Poiché nella metropolitana non c’era altra reliquia che il braccio di S. Anastasia Romana, il papa Paolo V nel 1613, concede al vescovo di poter estrarre sacre reliquie da Roma per portarle nella sua diocesi. ASV, Secr. Brev. 490, ff. 23-24.

[xxi] Il Pisani che al suo arrivo aveva trovato l’“habitatione dell’arcivescovo se bene antiqua non di meno comoda”, nei primi anni di presulato, vicino alla chiesa, fa costruire un nuovo palazzo “per star l’arcivescovo con molta spesa, massime all’intempiatura et in far depingere alcune camere di esso di alcune historie del testamento nuovo et vecchio”. ASV, Rel. Lim. S. Severina, 1603.

[xxii] ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1621.

[xxiii] Epigrafe nella cappella di S. Maria degli Angeli: “SACELLUM HOC DEIPARAE VIRGINI DICATUM ALPHONSUS PISANUS ARCHIEPISCOPUS S. SEVERINAE, ET IULIUS CAESAR FRATRES PRO SE, SUISQUE HAEREDIBUS CONSTRUCTIONE, ET DOTATIONE IN JUS PATRONATUS EREXERUNT ANNO DOMINI MDCXI”. Ughelli F., Italia Sacra, IX, 1662, IX, 489.

[xxiv] ASV, Rel. Lim. S. Severina, 1624.

[xxv] ASV, Rel. Lim. S. Severina, 1628.

[xxvi] Il Cafarelli restaurò anche il palazzo arcivescovile, ampliandolo e completandolo. ASV, Rel. Lim. S. Severina, 1633.

[xxvii] Aveva anche dovuto riparare due chiese parrocchiali ed il palazzo arcivescovile, scossi dal terremoto. ASV, Rel. Lim. S. Severina, 1645.

[xxviii] Scalise G. B. (a cura di), Siberene, Cronaca del Passato per le Diocesi di Santaseverina – Crotone – Cariati, 1999, p. 92.

[xxix] ASV, Rel. Lim. S. Severina, 1656.

[xxx] Russo F., Regesto, VII, 37815.

[xxxi] ASV, Rel. Lim. S. Severina, 1666.

[xxxii] Il Falabella rifece il palazzo vescovile, facendone decorare i soffitti con scene sacre, ed ampliò il seminario già iniziato al tempo di Giulio Antonio Santoro, al quale aggregò la chiesa di Santa Caterina. Fece costruire a sue spese presso la cattedrale, un ampio oratorio per facilitare la nascita di una confraternita dedicata al SS.mo Sacramento, che abbellì con l’immagine dell’Ultima Cena e con porte e finestre in pietre squadrate. ASV, Rel. Lim. S. Severina, 1666, 1668.

[xxxiii] ASV, Rel. Lim. S. Severina, 1675.

[xxxiv] Un apprezzo della città di Santa Severina, in Siberene, Cronaca del Passato per le Diocesi di Santaseverina – Crotone – Cariati, a cura di G. B. Scalise, 1999, p. 104.

[xxxv] ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1685.

[xxxvi] Furono sottratti beni per circa 2500 ducati, dei quali quasi 700 ducati in contanti, alcuni vasi d’argento, oro e gemme che arricchivano quattro mitre, 2 delle quali erano state donate dall’arcivescovo Gio. Battista Ursino. ASV, Rel. Lim. S. Severina, 1697.

[xxxvii] Epigrafe murata dietro l’altare maggiore della cattedrale: AD DEI HONOREM ET GLOR./ CAROL’ BERLINGERI ARCHIEPIS(CO/ PU)S HUIUS ECCLESIAE FACIE COMPOSITA/ TECTO ALTIUS SUBLATO EADEMQ. FENESTRIS CIRCU(M)APERTIS/ AC LAQUEARI AURO PERFUSO/ ILLUSTRIORI REDDITA/ ARAM DEMUM HANC PRINCIPEM/ VARIO MARMORE OBDUXIT/ A.D. MDCCVIII/ ORDINAT. SUAE XXIX.

[xxxviii] IN HONOREM S. ANASTASIAE V. ET M. INCLYTAE CAROLUS BERLINGERIUS ARCHIEP. S. SEVERINAE A.D. MDCCV.

[xxxix] ASV, Rel. Lim. S. Severina, 1709. Epigrafe: “D. O. M./ TEMPLUM HOC OLIM DIVO ANDREAE ET S. SEVERINAE MARTYRI/ POSTEA DIVAE ANASTASIAE POST EIUS BRACHII INVENTIONEM/ CAROLUS EPISCOPUS SIBERINANTENSIS/ POSTQUAM ORNARE COMPLEVIT, DICAVIT, ASSIGNAVITQUE/ DIEM XIII NOVEMBRIS PRO EIUS ANNIVERSARIA FESTIVITATE.” Capialbi V., La continuazione all’Italia Sacra dell’Ughelli per i vescovadi di Calabria. Santa Severina, in Arch. Stor. Cal. II, 1914, pp. 183-184.

[xl] Carlo Berlingieri fu sepolto nella cappella di San Leone con le sue armi ed una epigrafe da lui stesso dettata in vita: “D.O.M./ CAROLUS BERLINGERIUS/ ARCHIEPISCOPUS HUIUS METROPOLITANAE ECCLESIAE/ SANCTAE SEVERINAE/ HIC JACET IN SINU SUAE DILECTAE SPONSAE.” Scalise G. B. (a cura di), Siberene, Cronaca del Passato per le Diocesi di Santaseverina – Crotone – Cariati, 1999, p. 273.

[xli] ASV, Rel. Lim. S. Severina, 1725. Nicolò Pisanelli fu seppellito nella cappella di Santa Maria degli Angeli, In Capialbi V., La continuazione all’Italia Sacra dell’Ughelli per i vescovadi di Calabria. Santa Severina, in Arch. Stor. Cal. II, 1914, p.185.

[xlii] Una testimonianza non sospetta, in Siberene, Cronaca del Passato per le Diocesi di Santaseverina – Crotone – Cariati, a cura di G. B. Scalise, 1999, pp. 72-73.

[xliii] ASV, Rel. Lim. S. Severina, 1753.

[xliv] Epigrafe presso l’altare maggiore: D O M/ AC D. ANASTASIAE PATR. HONOREM/ ARAM HANC PRINCIPEM/ PATRIO EX LAPIDE OLIM ERECTAM/ VARIO NUNC ET ELEGANTI EX MARMORE/ ANTONINI GANINI ARCHIPRAESULIS/ SOLLICITUDO ET MUNIFICENTIA CONSTRUENDAM/ CURAVIT/ EAMQ. UNA CUM TOTA BASILICA/ SOLEMNI RITU AC POMPA/ M TOTIUS DIOECESANI CLERI INTERVENTU/ VI. IDUS IUNII AN. A VIRG. PAR. MDCCLXVI/ SUI ARCHIPRAESULAT. IV. INCOEPTO/ SACRIS LINIVIT OLEIS ET SACRAVIT/ INDULGENTIAS CONSUETAS IMPERTIIT/ FESTUMQUE DEDICATIONIS ANNUUM/ DIEI POST ASCENSIONEM DOMINICAE/ ADSIGNAVIT.

[xlv] ASV, Rel. Lim. S. Severina, 1765.

[xlvi] ASV, Rel. Lim. S. Severina, 1768.

[xlvii] ASV, Rel. Lim. S. Severina, 1781.

[xlviii] Epigrafe murata all’esterno del campanile: D. O. M./ URBIS ADORNATUM TUM METROPOLISQ. DECOREM/ UTQUE AUDIRE SONUM CIVICA TURBA QUEAT/ COMMODIUS AD CULTUM MAJOREM ATQ. PATRONAE/ MOLEM HANC GANINUS SUSCITAT ECCE NOVAM/ ANNO A PARTU DEIPARAE/ M.D.CC.LXXX. ARCHIPRAESULATUS VERO SUI XXIII.

[xlix] Scalise G. B. (a cura di), Siberene, Cronaca del Passato per le Diocesi di Santaseverina – Crotone – Cariati, 1999, p. 99.


Creato il 3 Marzo 2015. Ultima modifica: 14 Febbraio 2023.

Latest Comments
  1. Salvatore Cristofaro
    • Pino RENDE
    • Pino RENDE

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

*