Fabata da casale a feudo rustico. Storia di un abitato scomparso in territorio di Crotone

Crotone, la “Casetta di Fota”.

Fabata era un antico casale in territorio di Crotone, che spopolò durante il Trecento. Nel Medioevo esso era situato presso i confini territoriali della città di Santa Severina, all’incrocio di alcuni importanti itinerari e trazze che, attraverso ampi valloni e passi, lo collegavano con i pascoli ed i casali della marina di Crotone e della vallata del Neto.

Nelle vicinanze vi erano i casali di Scandale, di San Stefano, di Torlotio, di San Leone, di Strongiolito e di Crepacore. A ricordo rimangono i toponimi “Fota”, “Serre di Fota”, “Varco di Fota”, ecc. La “Casetta di Fota”, luogo dove anticamente era situato il piccolo insediamento agricolo, domina ancora oggi dalla sommità di una piccola collina rotondeggiante, circondata da valloni e serre. La storia di questo casale sarà per molto tempo strettamente legata alle vicende feudali del casale di Crepacore. I due feudi oltre ad essere in mano allo stesso barone erano uniti dall’ampio e fertile vallone di Crepacore.

In evidenza le località “Serre di Fota” e “Varco di Fota” in un particolare del Foglio N° 571 Crotone, della carta 1:50.000 dell’IGM.

Primi documenti

Le prime notizie sulla esistenza del casale di “Fabata”, detto anche “Favata”, “Favora” ed anche “Fota” e “Foca”, risalgono al periodo svevo, quando il casale era soggetto ad un “dominus”. Nell’ottobre 1214 il conte di Crotone Stefano Marchisorte, capitano e mastro giustiziere di Calabria, dona all’abate Matteo ed ai frati del monastero florense, che aveva da poco subito un incendio, un fondo rustico nel tenimento della città di Cerenzia. Tra i firmatari e testimoni del documento troviamo: “Signum propriae manus domini Raonis de Tucciano domini Favata”.

Lo stesso signore compare come teste e firma anche nella concessione dell’aprile 1215, quando il conte di Crotone e giustiziere di Calabria Stefano Marchisorto, interveniva nuovamente a favore del monastero di San Giovanni in Fiore, i cui possessi erano contestati dagli abitanti dei luoghi vicini, in special modo dal signore e dagli abitanti di Caccuri.[i]

Durante il Medioevo il territorio, su cui sorge il casale, risulta situato tra il territorio della città di Crotone e quello confinante di Santa Severina. Esso è particolarmente adatto al pascolo delle greggi, che d’inverno scendono dalla Sila, come evidenzia un privilegio concesso nel 1225 dall’imperatore Federico II a Milo, abate di Santa Maria di Corazzo. Tra i privilegi concessi “ante imperii nostri coronationem” (22 novembre 1220) vi è infatti anche un “tenimentum Focae in territorio Sanctae Severinae cum omnibus pertinentiis suis, quod sic dividitur: ab oriente est tenimentum Leuc de Cutrone: ab occidente serrae de Scandalo: ab Aquilone tenimentum Sancti Pantaleonis: ab Austro tenimentum Leonis, et concluditur.”[ii]

Il casale di Favata è richiamato anche in atti successivi. Sembra infatti che durante gli ultimi anni dell’occupazione sveva il casale, assieme a quello vicino di Crepacore, sia stato feudo di Raynaldo de Ypsigro. Questi fu vicario generale di Corradino in Calabria, e protagonista assieme al giudice Leone Manduca di Crotone, a Federico Lancia, conte di Squillace, e ad altri, dell’opposizione sveva contro gli Angioini, capeggiando la rivolta che vide dalla sua parte quasi tutte le città della Calabria.

Dopo la morte di Corradino (1268) mentre alcuni tradivano la causa sveva e, passando dalla parte angioina, partecipavano alla riconquista,[iii] Raynaldo assieme a numerosi altri baroni ribelli, si rifugiò a Gallipoli, nel tentativo di imbarcarsi per le coste dalmate, ma qui fu assediato per terra e per mare dal giustiziere Gualtiero de Sumeroso. Nella primavera del 1269 si arrese a patti, ma fu ugualmente mandato al patibolo assieme a molti altri baroni. La moglie Aleburga e la sorella Sibilia furono date schiave ai sindaci della città di Nardò, mentre i beni dei ribelli furono confiscati.[iv]

Crotone, la “Casetta di Fota”.

Vicende feudali del casale

Al tempo della dominazione angioina la terra di Favata o Fabata, fa parte del giustizierato di Val di Crati e Terra Giordana. Nella “Cedula subventionis in Iustitiariatu Vallis Grati et Terre Iordane” del febbraio 1276, è tassata per once 30 e tari 21,[v] equivalenti a circa 1535 abitanti.[vi]

Carlo I d’Angiò, dopo aver domato la ribellione in Calabria, in quello stesso anno 1269 donò i casali confiscati di Fota e di Crepacore al suo fedele milite provenzale Theodorico de Canz o di Gant.[vii] Le entrate del casale assieme a quelle di Crepacore, furono poi concesse dalla regia curia a Tancredi de Scarlino.[viii] Morto il milite Tancredo de Scarlino, i due casali ricaddero in potere della regia corte e furono concessi da Roberto d’Angiò, “comite Atrebatense”, a Petrus Iohannes de Sancta Cruce. Alla fine di febbraio del 1292 il re Carlo II, per i servizi che il Santa Croce aveva prestato al padre Carlo I d’Angiò, e per quelli che avrebbe prestato in futuro, confermava il possesso a Pietro o Piergiovanni Santa Croce.[ix] Petrus Iohannes de Sancta Cruce, cavaliere e consigliere di Roberto d’Angiò, ebbe così in feudo i due casali di Crepacore e di Favara (Favora o Fota), situati nel giustizierato di Terra Giordana presso Crotone, con uomini, vassalli, possessioni, rendite, ecc. per il valore annuo di 35 once d’oro. Carlo II, succeduto al padre, ampliò le potestà feudali del Santa Croce sui due casali, dandogli la possibilità di poterli lasciare in eredità ai suoi figli di entrambi i sessi. Ma nonostante questo privilegio, morto senza eredi il Santa Croce, il feudo ricadde in potere della regia corte e venne concesso nel 1311 a Margarita de Cariato.[x]

Arme della famiglia Santacroce: “Sono le bande d’argento, e rosse, e la fascia patimente d’argento.” Ferrante della Marra, Discorsi delle Famiglie Estinte, Forastiere, o non comprese ne’ Seggi di Napoli, imparentate colla Casa della Marra, 1641, pp. 368-373.

A quel tempo, il piccolo casale, che fa parte della diocesi di Crotone, conserva il rito greco ed è sede arcipretale. Nel 1310 il presbitero “Petrus prothopapa de Farata” (sic), per la seconda decima per la Santa Sede versa due tari e poi, nel 1324-1325, troviamo che “Stephanus”, prothopapa del casale di Fabata, versa dapprima un tari, e poi l’anno dopo, un tari e dieci grana.[xi] Nella seconda metà del secolo l’abitato compare in possesso dei Ruffo di Montalto, come risulta dal pagamento dell’adoha del conte Antonio Ruffo (1378),[xii] ma in seguito scomparve[xiii] e rimase il feudo rustico che seguì le vicende di Crepacore. Lo troviamo tra le terre possedute da Nicola Ruffo, marchese di Crotone[xiv] e poi tra quelle che la figlia ed erede Errichetta Ruffo porta in dote ad Antonio Centelles[xv] che si ribellò al re Alfonso d’Aragona. Sconfitto il Centelles, Alfonso d’Aragona confiscò i feudi del ribelle, incamerandone le entrate.

Ritroviamo il feudo disabitato di Fota nel 1496, quando fu venduto assieme ad altre terre dal re Federico d’Aragona ad Andrea Carrafa: “In anno 1496 a 14 ottobre il serenissimo re Federico asserendo che per la ribellione del qm. Antonio Centelles, marchese di Cotrone, commessa contro re Ferdinando suo padre s’erano devolute la città di Santa Severina con li suoi casali con le terre delle Castelle, Policastro, Roccabernarda, Ipsigro habitati et il feudo di Crepacore inhabitato in provincia di Calabria Ultra nec non annui Ducati 300 in perpetuum sopra li pagamenti fiscali di detta città e terre vendì quelle all’illustrissimo Andrea Carrafa per se e suoi heredi et successori utriusque sessus et in defectu ipsorum pro suis fratribus eorumque descendentibus sessu, aetatis et primae geniturae inter eos servate cum omnibus castris seu fortilitiis et cum juribus Portulaniae, mercaturae, ponderum et mensurarum bayulationibus …”, per ducati 9000. Tra i numerosi beni concessi in feudo sono anche citati i casali di Cutro e San Giovanni Minagò, ed il feudo spopolato di Fota.[xvi]

Arme della famiglia Ruffo: “Sono i colori dell’armi argento, e negro.” Ferrante della Marra, Discorsi delle Famiglie Estinte, Forastiere, o non comprese ne’ Seggi di Napoli, imparentate colla Casa della Marra, 1641, p. 315.

Un territorio particolarmente adatto per il pascolo ai confini con Santa Severina

Un documento dell’epoca evidenzia lo stretto rapporto esistente fin dall’antichità tra i feudi di Crepacore e di Fota, entrambi situati in territorio di Crotone, che però erano soggetti per antico privilegio a delle prestazioni al “castrum” di Santa Severina. Sempre nello stesso documento sono elencate le prestazioni che il corso di Fota è tenuto ad assolvere ai corsi confinanti di Ferrato, Turlotio e San Leone, che erano situati in territorio di Santa Severina, per il diritto di “finaita”. Il “castrum” di Santa Severina per antico privilegio aveva il diritto di esigere dai fidatori di Fota e di Crepacore, feudi esistenti nel territorio della città di Crotone, ogni anno: “duc(at)os otto monetae et pecias casei quatraginta et totidem recotias et ab uno quoque secto mandrae sive ovili in tenimento dictorum feudorum per dictos fidatores construendo tarenos duos vel unum montonum et unum caprettum pro honoratico solvi debito castro p(raedic)to ex vetusta et antiqua observantia à fidatoribus p(raedic)tis cursus feudorum. Et exigitur in duabus tandis. In Nativitate D.ni pro medietate et pro alia medietate in festo Resurr(ettio)nis. Montonus aut et caprettus exigunt in festo Resurrettionis p(raedic)tae” (…) Item tenimentum sive cursus de Fota pro iure dictae finaitae tenetur solvere dicto cursus de Ferrato anno quolibet tarenos otto, otto petias casei, octo recoctias, unum montonum et unum caprectum (…) Item tenimentum sive cursus Fotae tenetur et debet respondere et solvere anno quolibet dicto cursus de Turlutio tarenos otto, petias otto casei, octo recocctias, unum montonum et unum caprectum (…) Item tenimentum sive cursus Fotae tenetur respondere et solvere annuatim dicto cursus S.ti Leonis pro iure p.to tarenos otto petias otto casei, otto recoctias, unum montonum et unum caprettum”.[xvii]

Crotone, località Fota.

Passaggi del feudo

Alla morte del conte di Santa Severina Andrea Carrafa, avvenuta nell’ottobre 1526, seguì nei feudi il nipote Galeotto Carrafa: “In anno 1527 a 19 novembre fu spedita significatoria di ducati 1579 grana 4 3/4 contro Ill. Galeotto Carrafa, conte di Santa Severina, per il Real debito dalla Regia Corte per morte di Andrea Carrafa suo zio seguita in ottobre 1526 per l’entrate feudali della città di Santa Severina e terre di Cutri, Santo Giovanni Minago, Roccabernarda, Castelle et Policastro in provincia di Calabria Ultra et Ipsigro in provincia di Calabria Citra.” “In detto anno 1527 a 11 decembre l’Illustra Don Ugo de Moncada all’hora vicerè del Regno investì detto Galeotto Carrafa per morte di Andrea suo zio della città di Santa Severina con i casali et terre delle Castelle, Policastro, Roccabernarda et Ipsigro e del feudo di Crepacore inhabitato una con 300 ducati”.

Galeotto Carrafa vendette con patto di ricompra, il feudo di Fota ed altre terre a Tomaso Brancaleone, il quale a sua volta li rivendette a Luise Galeote: “In anno 1548 a 26 settembre da Giovanne Tomaso Branca Leone s’espose che li giorni passati haveva venduto et alienato a Luise Galeote la motta seu casale di Cutri comprata da esso Gio. Tomaso con certi altri beni feudali dall’Ill. Galeotto Carrafa conte di Santa Severina con il patto di retrovendendo verum cum annui ducati 1100 tantum delli frutti et intrate ordinarie et de jure baronum di detto casale et in defecto sopra la città di Santa Severina per prezzo di ducati 11.000 et versavice detto Luise Galeotte ha fatto retrovendere ad esso Gio. Tomaso il medesimo casale di Cutri con l’annua perceptione sudetta quandocumque fra certo tempo conveniendo per li medesimi 11.000 ducati”.

In seguito nel 1551 Galeotto Carrafa donava alcune terre al duca di Nocera Ferrante Carrafa, tra i feudi donati vi era anche il diritto di ricomprare il feudo di Fota che, nel frattempo, era passato in potere di Pietro Jacono Brancaleone: “In anno 1551 a 28 aprili dall’Ill. Galeotto Carrafa, conte di Santa Severina, s’espose che intendeva donare donationis titulo inrevocabiliter inter vivos cedere et renunziare all’Ill. mo Ferrante Carrafa Duca di Nocera il jus che al detto conte competeva di ricomprare da Pietro Jacono Brancaleone la motta seu casale di Cutri et con il casale di Santo Giovanne Minagò una con li feudi di Fota, Crepacore et li Barrili con nove Molina detti della Canosa con la giurisdizione delle prime et seconde cause civili criminali et miste mero et misto imperio … et integro e con annui ducati 2000 tantum delli frutti et intrate ordinarie di detti casali, feudi et molini et in defecto sopra l’intrate della città di Santa Severina nec non annui ducati 250 sopra l’intrate di detta città quali beni et intrate detto Pietro Iacovo li teneva da detto conte con il patto de retrovendendo per ducati 22.500 et versa vice detto Ill. Duca prometteva fra certo tempo recomprare detti beni et ragioni feudali et ex nunc pro tunc et extra fatta resumptione predicta prometter… retrovendere al detto Ill. mo conte suoi eredi e sucessori tutti li beni entrate et ragioni feudali quandocumque fra certo tempo tra essi parti conveniendo per lo medesimo prezzo con patto anco che se detto Ill. conte volesse vendere cedere o altrimenti alienare detti casali feudi et molina in tutto o in parte o cedere il ius di vendi di quelli libere sia tenuto notificarlo al detto Ill.mo duca o suoi eredi et successori fra certo termine il quale sia preferito in detto caso ad ogni altro per il prezzo che in verità se retroverà d’altri altrimenti qualsivoglia vendita o partito se ne fusse fatto ipso iure ipsoque fatto fusse stato nullo …”.

Il duca di Nocera Ferrante Carrafa poco dopo, riacquista il feudo di Fota ed altre terre da Pietro Jacono Brancaleone: “In detto anno 1551 a tre giugno fu prestito il Regio Assenso alla retrovendita facienda per Pietro Jacono Brancaleone in beneficio dell’Ill.mo D. Ferrante Carrafa duca di Nocera come cessionario dell’Ill.mo Galeotto Carrafa conte di Santa Severina della terra seu casale di Cutri ed il casale di San Giovanni Minago in provincia di Calabria Ultra con loro palazzi ecc. … Banco di giustizia et cognitione delle prime e seconde cause civili, criminali et miste mero e misto ecc. … una con li feudi nominati di Fota sito in territorio di Santa Severina, di Crepacore in territorio di Cotrone et delli Barrili in territorio di S. Giovanne con nove molini nominati della Canosa nel fiume Tacina in territorio di Rocca Bernarda verum con annui ducati 2000 tantum delli frutti et intrate ordinarie d’essi casali, feudi et molina”.

Morto nel maggio 1558 Ferrante Carrafa gli succede il figlio Alfonso, a cui seguì il figlio Ferrante. Morto Ferrante nel settembre 1593, il feudo passò al figlio Maria Francesco, Duca di Nocera e Conte di Soriano che, nel 1617, vendette con patto di ricompra per ducati 6000 il feudo di Fota a Giovani Domenico Franco e nel 1620, vendette Crepacore ed altri feudi a Giovanna Ruffo marchesa di Licodia: “In detto anno 1620 a 9 marzo dall’Ill. duca d’Ossuni all’hora vicerè del regno fo prestito il Regio Assenso per verbum fiat in forma et convalidato poi espedito in forma regie Cancellerie per l’Ill.mo Cardinal Zapata a 24.1.1622 sopra la vendita libera fatta per l’Ill. D. Francesco Maria Carrafa duca di Nocera mediante il d. Giulio Cesare Casole suo procuratore a detto Sebastiano Vitale delle terre di Cutri, Le Castella, Roccabernarda et della terra seu casale di San Giovanni Minagò in Provincia di Calabria Ultra con loro ville seu casali habitati et inhabitati … li vendì similmente il Jus dell’ancoraggio di Cotrone e le ragione teneva di ricomprare dalli heredi del qm Gio. Domenico di Franco per ducati 600 il feudo chiamato gabella di Foti posto nella città di Santa Severina l’anni passati da esso Ill. Duca venduto con il patto di retrovendendo quandocumque e tutto il sudetto per il prezzo di ducati 238791 parte pagati et parte promessi pagare da detta Ill. Giovanna Ruffo marchesa di Licodia essendo stato anco compreso in essa vendita il feudo di Crepacore”, che faceva parte del così detto “Stato di Cutro”.[xviii]

Castello di Santa Severina (KR), arme dei Carrafa.

Dai Franco ai Piterà ai De Fiore

Da Giovandomenico Franco il feudo passò al primogenito Giovanfrancesco ed alla sua morte, non avendo discendenti, il feudo passò a Giovangregorio Franco figlio del defunto fratello Nicola Maria. Quindi Fota passò ad Antonio Franco, primogenito di Giovangregorio e quindi, al barone Domenico Aurelio Franco, il quale lo vendette nel 1755 a Bruno Piterà. Poi alla morte di Bruno Piterà, avvenuta nel gennaio 1766, pervenne a Nicola Piterà, figlio primogenito di Bruno. il quale lo vendette nel 1798 a Raffaele de Fiore.[xix]

Note

[i] De Leo P. (a cura), Documenti florensi, Rubbettino, 2001, pp. 55, 62.

[ii] BAV, Vat. Lat. 7572, f. 46v.

[iii] Su ricorso di Leone Manduca, prima seguace di Corradino, condannato e rinchiuso nel carcere di Cotrone dal vicario Raynaldo de Ipsigro, poi dagli Angioini rinchiuso nelle carceri di Stilo, come traditore, poiché afferma di essere stato costretto dalla forza a seguire Raynaldo e che fuggito riuscì a far ritornare all’ubbidienza del principe Carlo la città di Cotrone, si ordina di prendere informazioni sul fatto. Reg. Ang. XXVII (1283-1285), p. 7.

[iv] Reg. Ang. III (1269-1270), p. 210; VII (1269-1272), pp. 260, 263, 264.

[v] Minieri Riccio C., Notizie storiche tratte da 62 registri angioni dell’Archivio di Stato di Napoli, Napoli 1877, pp. 215-216.

[vi] Pardi G., I registri angioini e la popolazione calabrese del 1276, in Archivio storico per le provincie napoletane Ser. NS vol. 7 (1921) pp. 27 sgg.

[vii] “Theodorico de Cauz (sic) mil., donat Rex casale Crepacore et tenimentum Foce de Iustitiaratu Vallis Gratis et Terre Jordane que fuerunt Raynaldi de Ypsigro proditoris.” Reg. Ang. IV (1266-1270), p. 115.

[viii] Reg. Ang. XXXIX (1291-1292), pp. 47-48.

[ix] Reg. Ang. XXXIX (1291-1292), pp. 47-48.

[x] Campanile F., Dell’Armi overo insegne dei Nobili, Napoli 1681, p. 241. Secondo il Fiore il feudo fu concesso dapprima a Filippo di Santa Croce e quindi, al figlio Pier Giovanni, per la cui morte senza figli venne dato a Margarita di Cariato nel 1311. Fiore G., Della Calabria Illustrata I, p. 163.

[xi] Vendola D., Rationes decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV. Apulia-Lucania-Calabria, BAV 1970, p. 212. Russo F., Regesto I, 3997, 4999.

[xii] “Comes Montisalti. Casale Favate militis quartis tribus.” Biblioteca comunale di Bitonto, Fondo Rogadeo, Ms. A 23, p. 111 (secondo ASNA, ex Reg. ang. 373, c 93v).

[xiii] Il casale non risulta tra le terre del regno in un elenco risalente alla metà del sec. XV. Biblioteca Civica Berio di Genova, Liber Focorum Regni Neapolis, IX, 3, 20.

[xiv] ASV, Reg. Vat. 355, f. 287.

[xv] Pontieri E., La Calabria a metà del secolo XV e le rivolte di Antonio Centelles, Ed. F. Fiorentino, Napoli 1963, p. 277.

[xvi] AVC, Processo grosso di fogli cinq.cento settanta due della lite, che Mons. Ill.mo Caracciolo ha col S.r Duca di Nocera per il Vescovato, ff. 29, 490.

[xvii] AASS, vol. 1A, Reintegra del feudo di Santa Severina di Andrea Carrafa (1521), ff. 5v, 39v-40, 44v-45.

[xviii] ASN, Ref. Quint. vol. 207, ff. 78-122.

[xix] Pellicano Castagna M., La storia dei feudi e dei titoli nobiliari della Calabria, I, Frama Sud 1984, pp. 246-247.


Creato il 9 Marzo 2015. Ultima modifica: 28 Ottobre 2022.

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