La pesca a Crotone in età moderna (sec. XVI – XVII)
“Poco vi si esercita la pesca … ed i pescatori vengono fino dalla costa di Amalfi ad esercitarla … In Crotone mancano affatto le barche pescherecce … Non si esercita la pesca in questi mari per difetto di gente. Il mare qui produce ottimi pesci, fra le quali eccellenti acciughe e sarde”. Così alla fine del Settecento, Giuseppe Maria Galanti descriveva una realtà, che aveva radici molto lontane.[i] Per loro origine e natura, fin dal Medioevo, i Crotonesi risultano riluttanti ad esercitare la pesca.[ii] Essi si dedicano all’arte campestre ed al commercio, denotando così una provenienza non marittima.
Proprietari di barche
I proprietari di barche attivi a Crotone durante i lavori di fortificazione della città, verso la fine della dominazione aragonese (1485-1491), usano le barche soprattutto per il trasporto di materiale (petra), che riforniscono e vendono alla “regia fabrica”. Tra i residenti e proprietari di barche troviamo Cola Greco,[iii] Victorio Bagloni[iv] e Rizardo Malerba.[v]
Un privilegio di Carlo V in data “Castro Novo Neap. die 22 martii 1535”, reso esecutivo l’ultimo di luglio dello stesso anno, concedeva a Perruttio e Jo. Paulo Luciferi ed ai loro eredi “in perpetuum”, la “franchitia” per le loro persone e per i loro beni. Il privilegio concesso ai due Lucifero ed esteso successivamente a Pompeo e Marcello, figli ed eredi di Petruccio, ed a Giulio Cesare e Lelio, figli ed eredi di Gio. Paolo, era dovuto al fatto che Paolo e Petruccio Lucifero a loro spese, armata una galea da guerra da 24, assieme alla squadra regia andarono all’assedio della Goletta.[vi]
Anche durante i lavori di costruzione delle fortificazioni della città al tempo di Carlo V e di Filippo II, troviamo soprattutto barche addette al trasporto di materiali (pietra, legname, ecc.). Tra i patroni ed i marinai addetti alle barche della regia corte sono ricordati: i patroni Donno Nicola Scavello de Cotroni, Jacopo Badulato de Cotroni, Fabricio De Marco de Cotroni, Bernabo La Maza e Donato de Donato, ed i marinai, o compagni, Vincentio de Jemaro de Cotroni, Dieco Sinay, Battista de Squillachi de Cotroni, Jo. Antonio Campanaro, Agnuczo Fiascho, Cola La Porta, Paulo Nigro, Jo. Loysi Gullarino, Matteo Xiglano, Senso Amoruso, Justiliano la Forza, Dionisi Schuro, ecc.
Tra i Crotonesi proprietari di barche troviamo Cristaldo Scavotto[vii] e Cola de Andrella.[viii] Sempre durante i lavori di riparazione di una cortina opera la barca da trasporto di Luca Jerace.[ix]
In questi anni, oltre a trasportare pietra e altro materiale per la costruzione delle fortificazioni della città, troviamo anche nobili che utilizzano la loro imbarcazione per il trasporto di grano. Nei conti dell’amministrazione dei beni del fu Lelio Lucifero, fatta dal suo procuratore Gio. Andrea Pugliese, troviamo che, nell’aprile 1586, Vincenzo Greco de Cotrone fece diversi viaggi con la barca di proprietà di Lelio Lucifero, trasportando grano a Reggio e a Corigliano.[x]
Anche se in occasione dei lavori di fortificazione della città fatti al tempo di Carlo V, sappiamo che la regia corte procedette all’acquisto di barche finite complete del loro armamento,[xi] in altri, invece, scelse di realizzarle per proprio conto. Le dettagliate annotazioni contenute nei manuali contabili riguardanti le spese sostenute in questa occasione, ci consentono di conoscere alcune caratteristiche costruttive delle barche e di un barcone[xii] (dotato di uno “schifo”),[xiii] realizzate in questa occasione per il trasporto di pietra e sabbia, e di avere un’idea circa il funzionamento del cantiere nautico di quel tempo.
Sappiamo così che nel bosco di Ferrato, presso Scandale, i “serratori” di Polistena[xiv] tagliarono il legname riducendolo in travi, dalle quali i mastri d’ascia ricavarono “tavole”[xv] e “fallachi”,[xvi] poi utilizzate per realizzare le imbarcazioni necessarie alla regia corte.[xvii] Per “dui peczi de ligna de ilichi” (Quercus ilex L., Leccio) da usare per la realizzazione della carena, invece, si ricorse ad acquistarli da Vic.o de Chianchio di Tropea.[xviii] Furono acquistate anche le “Fallacche” per realizzare la poppa ed il tavolato (“paglolo”) con cui fu ricoperto il ponte del barcone,[xix] mentre Stefano Militi di Mesoraca fornì “uno fallacconi” per fare “li banchi” dei rematori.[xx] Lo stesso Militi, assieme al compaesano Antonello Rotella,[xxi] fornì alla regia corte anche un paio di antenne che servivano per alzare la vela sull’albero,[xxii] mentre furono fatte le scale per consentire ai manovali di scaricare la pietra.[xxiii] Per il lavoro di questo legname[xxiv] i mastri d’ascia utilizzarono “perni”[xxv] e “chiodi di fallacche”[xxvi]: “Perni per la carena della barca nova e chiodi per il Carrato della barcca nova”.[xxvii]
Spettò, invece, ai mastri calafati provvedere a rendere stagne le imbarcazioni attraverso il calafataggio.[xxviii] Il 25 febbraio 1542 si pagano tari 3 e grana 3 “Ad Petro saporta per uno barile de piche servio per inpiculare li Carini de Curvami dela barca nova de piso de rotola 42”,[xxix] mentre risultano ricorrenti gli acquisti di “sivo” (grasso animale) per “untare” il barcone.[xxx] Risulta tra le spese sostenute dalla regia corte anche quella per acquistare il materiale necessario per cucire la vela della nuova barca,[xxxi] e quella del barcone,[xxxii] per cucire la vela della nuova barca,[xxxiii] e per compare una vela usata,[xxxiv] mentre fu acquistato “brullo” per giuntare le vele del barcone,[xxxv] “spaco et agugli” per cucire le vele,[xxxvi] e “guttumina” per le vele delle barche.[xxxvii]
Per quanto riguarda ancora l’armamento,[xxxviii] risulta l’acquisto del cordame per le barche,[xxxix] di due “libani”[xl] e di “cannavo” per il barcone,[xli] e di “cannavo lavorato per il sarciame delle barche della corte”,[xlii] mentre il 17 giugno 1542, si pagarono grana 5 e ½ “Ad m(ast)ro paulo stricagnolo de Cotroni per tanta corda et saguli per fare carrichare alla barca se fa nova et la sagula alla Serra che mina ant.no de olivo d. 0.0.5 ½.”[xliii] Si acquistano “brunzini”,[xliv] ossia pulegge di bronzo per i paranchi (“Bronczini per li pelegii del barcone”),[xlv] l’ancora per il barcone,[xlvi] con la “gumina”,[xlvii] ricomprate entrambe quando furono perse per il maltempo,[xlviii] ed i remi necessari, [xlix] mentre il 26 marzo 1542, si spesero otto grana “Per una pelle pilusa bianca montunina servio per la prua de ditta barca nova per magnificarela”.[l]
La barca del castellano di Crotone
Il fatto che gli abitanti di Crotone non avessero dimestichezza con l’arte del navigare, e anche quando erano proprietari di barche le affidavano a patroni forestieri, è convalidata da un atto del notaio di Crotone Dionisio Speziale, rogato in Monteleone il 4 giugno 1612. Quel giorno Hyeronimo Bajo, milite del castello di Crotone e procuratore per conto di Dianora Leone di Crotone, moglie del castellano Antonio della Motta Vigliegas, dichiarava che il castellano e la moglie avevano concesso l’anno prima a Grandonio Lo Judice di Messina, una loro barca di portata di tomoli 250 di grano, chiamata Santa Maria del Carmino, “acciò con essa n’havessi andato à viaggio et guadagnato et dopo del guadagno n’havessi dato quello loro toccava di ragione”.
In seguito, il Lo Judice sparì e di lui non si ebbe più notizia per molto tempo. Nel frattempo, morto il castellano e venuti a conoscenza che la barca era ormeggiata a Bivona, il Bajo, incaricato dalla vedova, si recò nella marina di Bivona e si fece consegnare dal Lo Judice la barca, per riportarla a Crotone. La barca era “con una antenna et suo albore, una vela, uno ferro di cl. quaranta in circa con una gumina vecchia et alcuni proisi vecchi et quattro remi dentro detta barca”.[li]
Le barchette
Sempre legate al trasporto del grano troviamo a Crotone alcuni proprietari di barchette, che essi utilizzano all’occorrenza per imbarcare la merce, facendo la spola tra la terraferma, dove sono i magazzini granari ed i velieri. Tra questi sono ricordati i patroni Gori di Squillace e Petro Frisco e gli aiutanti Fabritio Palermo, Salvatore Trunce, Gio. Tomaso de Squillace e Fabritio Vitetta.[lii]
La Speronara
Un discorso a parte riguarda il veliero detto “la Speronara”. Le cui vicissitudini dimostrano quanta poca importanza avesse la pesca presso il ceto nobiliare e mercantile di Crotone. Catturata ai “Turcheschi” a Capo delle Colonne all’inizio del Seicento, dal governatore e capitano a guerra di Crotone Don Piedro de Strada, la barca “con vinti di reti di pescare atta à piscare”, fu messa all’asta nella piazza pubblica di Crotone ed aggiudicata al reverendo e aristocratico Anibale Syllano, il quale la comprò per conto del fratello Ottavio.[liii]
Successivamente la barca risulta in possesso del patrone Salvatore Ferriolo di Praiano, il quale a sua volta la vendette a Julio Cesare Syllano, che la affidò al patrone “apostizzo” Luca Rosso. Poco dopo il Syllano ne vende la metà, associandosi al crotonese Gio. Maria Garofalo.[liv] In seguito, fornita di 17 reti da pesca, la Speronara passa di proprietà a Gioseppe Maria Syllano, il quale la concede al crotonese Gio. Antonio de Squillace, che potrà utilizzarla sia per pesca che per trasporto, con la condizione che l’utile sarà diviso a metà.[lv] Poco dopo la barca, che si trova ormeggiata alla marina, cambia nuovamente padrone e risulta di proprietà di Antonio Schipano, il quale ne vende la metà a Vittorio Cirrello.[lvi]
La Speronara ricompare successivamente nell’inventario dei beni ereditari di Cesare Scazzurro seu Zurlo, dove è descitta come “una barca vecchia di piscare con alcune peze di riti di piscare vecchi una con li rimi et vela quali se retrovano in potere di Gio. Batt.a de Squillace di Gio. Antonio”.[lvii]
Gli Squillace
Gli Squillace sono presenti a Crotone fin dall’inizio del Cinquecento. Si può dire che essi sono i protagonisti nello svolgere attività legate alla pesca ed al trasporto via mare. Joanne e Dionisi de Squillace sono più volte richiamati come fornitori di “petra”, che essi trasportano con la loro barca, durante la costruzione delle nuove fortificazioni di Crotone (1542).
Famiglia appartenente al ceto popolare e poi al terzo ceto, i suoi componenti sono esperti sia nell’arte della navigazione che in quella della mastranza e alcuni di loro ricoprirono uffici pubblici e religiosi. Nel Seicento troviamo due distinte famiglie Squillace. Una discendente da Cola Francesco de Squillace, al quale succedono i figli Jo. Andrea, Angelo e Jo. Paulo. Jo. Andrea ebbe un figlio di nome Julio e Jo. Paulo uno di nome Jo. Francesco. L’altra famiglia de Squillace discendeva da Jo. Battista, dal quale il figlio Jo. Domenico detto anche Giando.
Quest’ultima famiglia abitava alla Pescheria, in parrocchia prima di Sant’Angelo poi di Santa Maria Protospatariis. Appartenevano a questa famiglia Agacio de Squillaci e la figlia di Domenico de Squillace, che sono richiamati in alcuni documenti della metà del Cinquecento. Sempre a questa famiglia appartiene il mastro “ferrero” Domenico, o Giando, de Squillace, figlio di Gio. Battista, che ha una bottega “de ferreri” in parrocchia di Santa Margarita. Poco dopo la metà del Seicento, egli compra una metà di casa palaziata con vignano di pietra “facci fronte la porta della Piscaria”, e la dà in dote alla figlia Fota, o Ippolita che, alla morte del padre, eredita anche la bottega.[lviii]
Sempre a questa famiglia appartengono i patroni di barca Giuseppe e Gio. Battista de Squillace.[lix] Alla famiglia discendente da Cola Francesco, abitante dapprima in parrocchia di San Nicola de Cropis e poi trasferitasi dall’altra parte della città, in parrocchia di San Pietro, appartiene Angelo de Squillace, che possedeva una “poteca seu bucceria” vicino alle mura, davanti al convento di San Francesco d’Assisi, in parrocchia di San Nicola de Cropis,[lx] e poi nella stessa parrocchia Gio. Tomaso, Giulio e Gio. Francesco de Squillace.[lxi]
Particolarmente importante per la posizione sociale ed il ruolo che ricoprì è Giuseppe Squillace, abitante in parrocchia di San Pietro. Egli ebbe l’ufficio di regio sostituto, “seu casciero”, della regia amministrazione del regio arrendamento del ferro, della dogana e del fondaco “nella Città di Cotrone et nelli Castelli e loro paranze”.[lxii]
La pesca
Nel Seicento e per tutto il Settecento la pesca rappresenta una attività economica del tutto marginale a Crotone. Nei testamenti e negli inventari le barche non compaiono mai. Troviamo soltanto un accenno nei capitoli matrimoniali tra la vedova Cornelia Bolotta e Francesco Amoruso. La futura sposa promette una casa palaziata con suo casaleno dirimpetto, situata in parrocchia di Santa Maria Prothospatariis, e confinante con la casa dello zio Masi Bolotta e le case degli eredi di Giulio de Squillace. La futura sposa dichiara inoltre, che lo sposo potrà vendere la casa e “che quella detto suo futuro sposo si possa vendere à suo arbitrio per sustento d’essi et comprarsene esso futuro sposo una barca per piscare, acciò se ne possano maggiormente subvenire et sustentare”.[lxiii]
Note
[i] Galanti G. M., Giornale di viaggio in Calabria, Rubbettino 2008, pp. 46, 60, 65.
[ii] Pesavento A., La pesca nel Crotonese e la tonnara di Capo Colonna, www.archiviostoricocrotone.it
[iii] 20 marzo 1485. “Cola Greco patrone de barca et compagni” (petra al molo). ASN, Quaterno dela fabrica deli Rebellini et fossi dela Regia Cita de Cotrone (1485), f. 20. 20.5.1485. “Cola Greco e compagni patrone dela barca”. Ibidem, ff. 20, 24v.
[iv] 8 giugno 1485. “Vittorino Bagloni dela cita de Cotroni petra quali conduxe cum sua barca supra lo molo dela dicta cita VIII (nobile) Victorio Bagloni de Cotrone petra portata con sua barca delli colonni et discaricata allo molo de dita cita a grana tre e mezo la carrata et quelle facto conducere dalo molo alla fabrica ad spese dela Regia Corte.” “Victorino Bagloni (petra) quali conduxe cum sua barca supra lo molo al porto di Tersana”. ASN, Quaterno dela fabrica deli Rebellini et fossi dela Regia Cita de Cotrone (1485), ff. 22, 24, 25v, 37v.
[v] 1 novembre 1485. Rizardo Malerba de Cotroni per “barcate tridici de petra quali fice conducere cum suo bregantino alla marina de tersana. ASN, Quaterno dela fabrica deli Rebellini et fossi dela Regia Cita de Cotrone (1485), f. 30. “Ricardo Malerba de dicta cita barcate tre di petra con lo suo grippo seu bergantino alla marina de tersana.” Ibidem, ff. 30, 40v.
[vi] ASN, Tesorieri e Percettori, Vol. 4087 (ex 4851) f. 12v. Valente G., Calabria Calabresi e Turcheschi, pp.114-115.
[vii] “Ad Cristaldo Scavotto de Cotroni per jorno uno locao sua barca quale servio per lo yettito (0 – 0 – 10). ASN, Fortificazione di Cotrone, Dip. Som., Fs. 197, f. 81.
[viii] “Adi 30 marzo 1550. Ad Cola de Andrella de Cotrone per haver portato con sua barcha dali 24 per tutto il 29 detto canne 6 di petra e quella consegnata 13-1-0.” ASN, Fortificazione di Cotrone Dip. Som., Fs. 197, ff. 5v, 6v.
[ix] Cotrone, 7 gennaio 1586. “Luca Jerace patrone de barca” (petra). ASN, Dip. Som. Fs. 196/3, ff. 37v, 43.
[x] Il 13 d’Aprile 1586, Vincenzo Greco de Cotroni porta grano a Reggio. “A 27 d’Aprile 86 da Vincenzo Greco ducati sei et uno carlino per uno viaggio che fece con la barca del S.r Lelio à Corigliano”. ASCZ, Not. Dionisio Speziale, Busta 108, ff. 197v-198r.
[xi] ASN, Dip. Somm., Fs. 196 fslo 6, f. 252.
[xii] ASN, Dip.Somm., Fs. 196 fslo 6, f. 26.
[xiii] In seguito, abbiamo notizie relativamente alla costruzione di un nuovo “schifo”. Nel 1546, con i carri trascinati dai buoi si porta il legname per fare lo “schifo novo” per portare l’arena allo spontone del castello. ASN, Dip. Somm., Fs. 197 fslo 2, f. 171. I mastri d’ascia fanno “le sayitti” e danno principio alla costruzione dello “schifo”. Ibidem, f. 187. 24 ottobre 1546: i mastri de ascia lavorano “allo schifo”. Ibidem, f. 201. 7 novembre 1546: lo schifo porta “arena dela marina de San marco”. Ibidem, f. 211.
[xiv] ASN, Dip. Somm., Fs. 196 fslo 6, ff. 295, 303 e 309.
[xv] ASN, Dip. Somm., Fs. 196 fslo 6, f. 221v.
[xvi] ASN, Dip. Somm., Fs. 196 fslo 6, f. 198v.
[xvii] ASN, Dip. Somm., Fs. 196 fslo 6, ff. 290 e 303.
[xviii] 2 febbraio 1542. “Ad Vic.o de chianchio de tropea per dui peczi de ligna de ilichi servoro perli Carini delo barcone d. 0.3.0.” ASN, Dip. Somm., Fs. 196 fslo 6, f. 179. Carene della barca nuova Ibidem, f. 195v.
[xix] “Fallache per fare lo paglolo et puppa del barcone”. ASN, Dip. Somm. Fs. 196 fslo 6, f. 21. “Paglolo della barca nuova”. Ibidem, f. 230v. “Si fa lo paglolo alla barca”. Ibidem, f. 240v.
[xx] 28 giugno 1541. “Ad stephano militi de mesoraca per lo prezio de uno fallacconi servio per li banchi del barconj tari uno d. 0.1.0.” ASN, Dip. Somm., Fs. 196 fslo 6, f. 22v.
[xxi] 6 agosto 1541. “Ad antonello rotella de misoracha ad conplimento de sua rata per lo partito fatto per li intinni del barconi d. 0.0.10.” ASN, Dip. Somm., Fs. 196 fslo 6, f. 41.
[xxii] 21 giugno 1541. “Per uno paro de intinni per lo barconi pagati ad stephano militi de misoracha docati tre et grana dudici d. 3.0.12.” ASN, Dip. Somm., Fs. 196 fslo 6, f. 21. Due “intinnoli” per la barca. Ibidem, f. 315v. 8 maggio 1542. “Ad Aristotile briczi de misuraca ad Complim.to delo infrascripto ligname have recep.to ducati undichi tari tre et grana deche videlicet per octo peczi de trava de czappino de palmi 30 luno ad Carlini 12 ½ luno ducati deche per tiyilli n.o 200 ducati Cinque tari uno per trenta intinni de barca ducati vinti dui tari tre et grana deche restato in potere del detto monitionero d. 11.3.10.” Ibidem, f. 289v.
[xxiii] ASN, Dip. Somm., Fs. 196 fslo 6, f. 24.
[xxiv] ASN, Dip. Somm., Fs. 196 fslo 6, ff. 320v, 324v, 342, 347v, 352, 361v.
[xxv] ASN, Dip. Somm., Fs. 196 fslo 6, f. 215v.
[xxvi] ASN, Dip. Somm., Fs. 196 fslo 6, ff. 40v, 95, 104, 338v.
[xxvii] ASN, Dip. Somm., Fs. 196 fslo 6, f. 252.
[xxviii] ASN, Dip. Somm., Fs. 196 fslo 6, f. 352v.
[xxix] ASN, Dip. Somm., Fs. 196 fslo 6, f. 196.
[xxx] ASN, Dip. Somm., Fs. 196 fslo 6, f. 22v, 117, 174v, 201, 263v.
[xxxi] ASN, Dip. Somm., Fs. 196 fslo 6, f. 298v
[xxxii] “Agugla et fiminelli et mintozi” del barcone. ASN, Dip. Somm., Fs. 196 fslo 6, f. 21.
[xxxiii] ASN, Dip. Somm., Fs. 196 fslo 6, ff. 307v, 338, 348v.
[xxxiv] ASN, Dip. Somm., Fs. 197 fslo 8, f. 1v
[xxxv] ASN, Dip. Somm., Fs. 196 fslo 6, ff. 23, 134, 201, 263v, 323v.
[xxxvi] ASN, Dip. Somm., Fs. 196 fslo 6, f. 158v.
[xxxvii] ASN, Dip. Somm., Fs. 196 fslo 6, ff. 323v, 349v.
[xxxviii] ASN, Dip. Somm., Fs. 196 fslo 6, f. 26v.
[xxxix] ASN, Dip. Somm., Fs. 196 fslo 6, ff. 263v e 353v.
[xl] ASN, Dip. Somm., Fs. 196 fslo 6, f. 24.
[xli] ASN, Dip. Somm., Fs. 196 fslo 6, f. 85v.
[xlii] ASN, Dip. Somm., Fs. 196 fslo 5, f. 235v.
[xliii] ASN, Dip. Somm., Fs. 196 fslo 4, f. 62. Corda per le barche e per la serra di Antonino Olivo. ASN, Dip. Somm. Fs. 196 fslo 6, f. 328v.
[xliv] ASN, Dip. Somm., Fs. 197 fasc. 7, f. 136v.
[xlv] ASN, Dip. Somm., Fs. 196 fslo 6, f. 20v. “Pilegia per il barcone”. Ibidem, f. 117.
[xlvi] ASN, Dip. Somm., Fs. 196 fslo 6, f. 25v.
[xlvii] ASN, Dip. Somm., Fs. 197 fslo 8, f. 94.
[xlviii] ASN, Dip. Somm., Fs. 196 fslo 6, f. 288v.
[xlix] Tre remi per le barche. ASN, Dip. Somm, Fs. 196 fslo 6, f. 349. Tre remi per “lo schifo”. ASN, Dip. Somm., Fs. 197 fslo 2, f. 236. Si compra un remo usato. ASN, Dip. Somm., Fs. 197 fslo 8, f. 6. Si compra un remo. ASN, Dip. Somm., Fs. 197 fslo 8, f. 13v.
[l] ASN, Dip. Somm., Fs. 196 fslo 6, f. 221v.
[li] ASCZ, Not. Gio. Dionisio Speziale, Busta 108, ff. 67-68v.
[lii] Crotone, 9 novembre 1612. Gori di Squillace di Crotone padrone di una barchetta e Petro Frisco padrone di un’altra barchetta, su incarico del capitano Aniballe Montalcino, vanno nella marina di Melissa ad aiutare a caricare di grano un vascello francese. Nella barca di Petro Frisco vi erano Fabritio Palermo, Salvatore Trunce als cifaro e Cicco de Macrina. Nella barca di Gori de Squillace vi erano il fratello Gio. Tomaso de Squillace e Fabritio Vitetta. ASCZ, Not. Giovan Francesco Rigitano, Busta 49, ff. 55-56.
[liii] Crotone, 2 giugno 1620. Compaiono Don Piedro de Strada, olim governatore e capitano a guerra di Crotone e del Marchesato di Crotone, e il reverendo Aniballe Syllano U.J.D. in nome e parte di suo fratello Ottavio Syllano. Il De Strada dichiara di possedere “uno bucco di vascello con alcune robbe conforme appare per inventario fatto per m.o di Not.r Gio. Domenico Spetiale di questa Città a tempo che como Cap.no a guerra esso don Piedro pigliò nello Capo delle Colonne”. Posto all’incanti in piazza pubblica, fu aggiudicato per quaranta ducati al Reverendo Aniballe Syllano, che poi ne pagò trenta. ASCZ, Not. Protentino Gio. Antonio, Busta 117, f. 47v.
[liv] Crotone, 19 ottobre 1621. Julio Cesare Syllano possiede “una barca spironara con vinti pezzi di reti di pescare atta à piscare come vero e signore e padrone per compra fatta da P. Salvatore Ferriolo di Praiano per ducati 125 quale al presente di patrone ha per guida P. Luca Rosso patrone apostizzo per esso Giulio”. Il Syllano ne vende la metà a Gio. Maria Garofalo di Crotone per ducati 62 e mezzo. ASCZ, Not. Protentino Gio. Antonio, Busta 133, ff. 42v-43.
[lv] Crotone, 17 maggio 1622. Josepho Maria Syllano possiede “una barca di piscare” detta Speronara che comprò da Giulio Cesare Syllano il 13 settembre 1621. La barca, fornita di 17 pezzi di reti da pesca, è concessa al suo concittadino Gio. Antonio de Squillace, il quale potrà utilizzarla, sia per pescare che per navigare. Lo Squillace sarà il “patrone posticzo” della barca, con la condizione che tutte le spese ed i guadagni siano divisi a metà. ASCZ, Not. Gio. Antonio Protentino, Busta 117, ff. 52v-53.
[lvi] Crotone, 2 settembre 1622. Compaiono Antonino Schipano della città di Crotone e Vittorio Cirrello. Lo Schipano afferma di avere “una varca speronara atta à piscare et navigare con deceotto pezi di reti caudaro vela quattro di remi coverta”, ne vuole vendere la metà per ducati 40 a Vittorio Cirrello. La barca attualmente si trova alla marina. ASCZ, Not. Gio. Antonio Protentino, Busta 117, ff. 88v-89.
[lvii] Crotone, 18 gennaio 1630. I fratelli Horatio e Gio. Domenico Scazurro seu Zurlo, ottennero dalla regia curia di fare l’inventario dei beni ereditari del padre Cesare. Tra questi vi è “una barca vecchia di piscare con alcune peze di riti di piscare vecchi una con li rimi et vela quali se retrovano in potere di Gio. Batt.a de Squillace di Gio. Antonio. ASCZ, Not. Gio. Antonio Protentino, Busta 118, f. 18.
[lviii] ASCZ, Not. Pelio Tiriolo, Busta 253, anno 1663, f. 78. AVC, Acta della visita del vescovo Marco Rama, 1699, f. 71v. AVC, Visita del vescovo Anselmus De La Pena, 1720, f. 116.
[lix] ASCZ, Not. Gio. Antonio Protentino, Busta 118, anno 1630, f. 18.
[lx] ASCZ, Not. Gio. Dionisio Speziale, Busta 108, anno 1612, f. 71.
[lxi] Le case di Julio e Jo. Francesco Squillace erano situate in parrocchia di San Petro olim S. Nicola de Cropis, iuxta le case di Alfonso Durso. ASCZ, Not. Gio. Antonio Protentino, Busta 118, anno 1630, f. 144. Il seminario esigeva un annuo censo Sopra le vigne del q.m D. Gio Thomaso e Giulio Squillace nel luogo detto Gesù Maria, “vicino al ponte dell’acqua d’Esari”. AVC, Acta della visita del vescovo Marco Rama, 1699, f. 130v.
[lxii] Egli dovrà “esiger tutti li Regii deritti a detti Regii Arendamenti pertinenti, lucri, controbanni, et intercetti et così anco vendere qualsivoglia quantità di ferri et acciari”, che gli saranno consegnati dai regi amministratori e luogotenenti generali del regio arrendamento dei ferri, dogana e fondaco. Egli dovrà tenere “un libro chiaro e lucido, notando in quello giorno per giorno, tanto li detti regii deritti, quanto di vendita di ferri, et acciari … con notare il nome et cognome delle persone che pagheranno et anderando pagando et ogni fine di ciaschedun mese mandare in monteleone li bilanci chiari et lucidi di tutto.” ASCZ, Not. Protentino Geronimo Felice, Busta 229, anno 1657, ff. 59v-60. Egli abitava in parrocchia dei SS.mi Pietro e Paolo. La casa poi passerà di proprietà di Tomaso Sculco, divenendone il suo palazzo. AVC, Acta della visita del vescovo Marco Rama, 1699, ff. 49v, 135v. È da ricordare anche il sacerdote Giovanni Paolo Squillace, che fu rettore del beneficio di iuspatronato della famiglia Mazzea in cattedrale sotto il titolo di San Francesco d’Assisi. AVC, Visita del vescovo Anselmus De la Pena, 1720, f. 42.
[lxiii] ASCZ, Not. Pelio Tiriolo, Busta 253, anno 1671, f. 135.
Creato il 24 Giugno 2020. Ultima modifica: 10 Dicembre 2024.