Tra i giardini, i palazzi e i “Cavalieri” del centro storico di Crotone
Nelle istruzioni, datate 28 marzo 1573, che furono fornite all’ingegnere militare Ambrosio Attendolo per il suo viaggio a Crotone su ordine di Antoine Perrenot, signore di Granvelle, viceré di Napoli dal 1571 al 1575, fu ordinato, tra le altre cose, che “reconosca il cavaliero cascato et la cisterna rotta nel castello: veda il danno che ce è et lo remedio che se li poteria dar: et con che dispendio, et in quanto tempo se poteria far dett’opera (…) et cosi ancora che reconosca un lenzo de la muraglia dela citta c’ha fatto motivo, et veda lo remedio che se li potria dar, et con che dispendio, et in quanto tempo”. L’Attendolo, che doveva prima accompagnare l’ingegnere Benvenuto Tortelli ad ispezionare le fortificazioni di Barletta e di Taranto, arrivò all’inizio della primavera del 1573 a Crotone e nel maggio di quell’anno consegnò due relazioni, una sulla fortezza ed una sul castello di Crotone, dove descrivendoli minuziosamente, indicava lo stato e gli interventi necessari.
Descrivendo le mura della città così l’ingegnere si esprime, soffermandosi sul “belguardo”, o baluardo Don Pedro, “… o vero farce il cavalliero di mezo detta piazza il quale a mio giuditio, farria migliore et più securo effetto: per cio che per havere lo detto belguardo gran piazza se poterria fare detto cavalliero gagliardo talmente che non solo coprisse il tutto, ma che s’opponesse alla valentia del inimico, volendoli piantare batteria in detti monti (…) Dietro lo detto belguardo [Don Pedro] et non molto distante dal lenzo dela muraglia vecchia che casca: c’è un cavalliero più alto dela detta muraglia palmi undece dove hora tengono una colobrina pero questo non è piu che palmi cinquanta largo, et sixantt’otto longo con tutte le mura sue et dette mura son tutte rotte et fracassate qual cavaliero non fa altro effetto che discoprire da la banda del mare, et parte da la campagna verso li detti monti. Se potarria si bene allargare verso il corpo de la città con terrapienare certe case convicine di non molto prezzo, e cossi discopreria più de detta campagna. Ma non poterria agiutare parte nesciuna de ditta fortezza per che stà tirate troppo dentro”.[i]
Non sappiamo se questi suggerimenti furono recepiti ed eseguiti. Possiamo constatare che, il primo giugno 1613, su richiesta del capitano Peleo Pipino, nobile e capitano “turmentorum” della città, il notaio Giovanni Francesco Rigitano si recò “ad menia praedittae Civitatis ubi dicitur lo Cavaliero ex parte ponentis et prop.e supra menia vetera, quae sunt supra novum spontonem nominatum de Miranda.[ii]
L’esistenza di un luogo detto “lo Cavaliero” in parrocchia di Santa Veneranda è confermato anche da un atto del notaio Gio. Geronimo Protentino. A causa della “mala annata” Gio. Francesco Tiriolo non riesce a sanare il debito che ha nei confronti di Gio. Bernardo Casanova; perciò, le sue case sono messe all’asta pubblica.
Il 30 agosto 1632 in Crotone Vittorio Sisca “famulus Curiae”, mette per la prima volta all’asta pubblica “in domo palatiata Jois fran.ci tirioli sita intus Civitatem loco dicto lo Cavaliero in Par.a S.tae Venerae Jux. Domum Vincentii de Garetto jux. Domum q.m Desiderii Cropalati vinella mediante”. Successivamente, il 12 settembre 1632, in platea pubblica presso il sedile, la casa fu rimessa all’asta: “chi vuole comprare la casa palaziata che fu del q.m Gio. Francesco Tiriolo al(ia)s Ciaffo quale e posta dentro la Città nella parocchia di Santa Venera juxta la casa del q.m Vincenzo de Garetto al presente se possede per D. Gio. Domenico Venturo e la casa del q.o Desiderio Cropalati, che si vende per decreto della Corte della Città ad istanza di Gio. Bernardo Casanova per docati cento e dodici e mezzo”. La casa fu aggiudicata al reverendo Giovanne Manero. Gio. Francesco Tiriolo possedeva questa continentia di case, in quanto le aveva comprate da Mutio Suriano.[iii]
Secondo quanto scrive Giovan Battista de Nola Molise nella sua “Cronica”, il luogo detto il Cavaliero rovinò, molto probabilmente a causa del terremoto del 1638. “Per tornare al detto castello, e sapere quanto grande era, dall’istesse parole di detto Livio, dicendo, che da una parte soprastava al mare, e dall’altra parte alla campagna, chiaramente ci dimostra, che quello, ch’oggi è castello, che soprastà al mare, era unito con quello, che si chiamava Cavaliero, che soprastava alla campagna e tanto era grande l’antico castello, anzi prima, che detto luoco chiamato il Cavaliero, che li moderni haveano fatto, come un forte dentro la città, pochi anni sono si deroccasse, vi si vedeva una bellissima cisterna, e molti altri edifici, e muri sotterranei, che sino al castello di hoggi si stendevano”.[iv]
I due Cavalieri
Agli inizi del Settecento nella “Pianta della Città di Cotrone situata nella Provincia di Calabria Ultra” di Emanuele Giovine sono rappresentati il “Cavalier de Rito” dentro l’abitato della città e, vicino ad esso, il “Baluardo Don Pietro detto il Cavaliere”.[v]
Già in precedenza il baluardo Don Petro aveva assunto il nome di “Baluarte del Cavaliero”, come risulta da alcuni lavori affidati al mastro fabricatore Gioseppe Messina, al mastro carpentiere Mario Marturano ed al mastro ferraro Domenico Squillace, i quali dovevano fare “nel baluarte del cavaliero uno astraco di calce e strace presato et sotto detto astraco la rizza butante di palmi 70 lungo et 25 largo con il suo muretto al terreno grosso dui palmi et fundo tre palmi, il quale a da venire al pare di detto astraco, quale serve per ponerce l’artiglieria di sopra et con fare quattro torneri nel muro per detti cannoni. Di più al baluarte di sopra l’Armi si haverà di fare un muro a pare dove sta un pezzo di cannoni con votare una lamia di palmi cinque larga et sopra lastraco dell’istessa maniera a pare dell’istesso muro et di tagliare un muro tre palmi per la riterata di un cannone”.[vi]
In numerosi documenti dei primi anni del Settecento troviamo che il luogo Cavaliero è citato per indicare una vasta area a monte del baluardo. Il primo maggio 1719 i mastri d’ascia, “seu falegname”, che hanno già avuto dal Regimento della città il suolo per la fondazione della chiesa di San Giuseppe, ottengono dal vicario generale del vescovo Felice Suriano il consenso. Il luogo concesso è descritto come situato “sotto il Cavaliero dentro la Parocchia di S. Margarita, via mediante, l’angolo del magazeno e vaglio de SS.ri Gallucci”.[vii]
La chiesa e cappella di San Giuseppe sarà indicata anche in seguito vicino alla muraglia luogo detto il Cavaliere.[viii] Durante il Settecento la parte della città tra il palazzo Gallucci ed il palazzo Soda da una parte e dall’altra, tra il baluardo Don Pedro, detto anche “Sette Cannoni”, le mura vecchie e la torre della Guardiola, sopra il baluardo de Miranda, sarà indicata come luogo “il Cavaliere”, o “Monte San Giuseppe”, o “Sopra la Croce di San Giuseppe”.
Il luogo è descritto come “inutile e solitario lontano dalle case di questa città”. Esso fa parte della parrocchia di Santa Veneranda e confina con l’abitato situato nella parrocchia di Santa Margarita e, ancora alla metà del Settecento, conserverà evidenti ruderi di “fabbriche antiche”. Per la sua posizione vicino alle regie mura, ogni richiesta di occuparlo sarà soggetto alla concessione di assenso del “Real fondo per la separazione de lucri Reali”. Già nella seconda metà del Settecento cominciano le concessioni per la costruzione di edifici.
Il 24 maggio 1776 i mastri muratori Francesco Saverio Mazzei, Carlo Juzzolino e Giuseppe Gerace su richiesta del genovese Carlo Luceti, incaricato dal Fondo della separazione de’ Lucri Reali, ed assieme a Gesuè Serzale di Sorrento, si recano “sopra il sito del Fondo reale dalla parte di dentro della città luogo ove dicesi il Cavaliere, o sia il Monte di S. Giuseppe”, “vicino il sito concesso al sig.r D. Tomaso Soda, nel quale esso di Serzale vuole costruire una casa per uso di abbitazione larga palmi diciotto altri palmi quaranta di lunghezza e di altezza palmi sedici ed attacat’alla stessa altri ottanta palmi di lunghezza e larghezza palmi ventiquattro per uso di giardinello (…) l’edificio faciendo lo rende magnifico in vederlo, tanto maggiormente che il luogo inutile e solitario lontano dalle case di questa città, che ad altro finora non à servito, che per luogo di mondezze ed altre sporchizie”.[ix]
Il 9 maggio 1777 Tomaso Soda afferma che, il 4 ottobre 1775, dopo una supplica al re, ottenne dal Real fondo della Separazione de Lucri Reali la concessione “d’uno spiazzo di terreno inutile con alcune fabriche costruite e per quelle costruende dirimpetto al suo palazzo anzi poco distante dallo stesso”, ora chiede a Carlo Luceti, “che attaccato a detto spiazzo di terreno con fabriche antiche dirute (luogo detto la Croce o sopra la croce di San Giuseppe) concessali vi siste una lingua di terra che va verso questo regio castello, che ad altro non serve, se non che per puro passaggio, e dubitando che non venisse occupato da altri pretensori per farne qualche uso ed apporterebbe grave pregiudicio al proprio suo Palazzo ove abita lui vicino levandoli la vista del mare ed altra soggezzione”.[x]
Il 3 dicembre 1780 i mastri misuratori Carlo Iuzzolino e Cesare Scaramuzza, insieme a Francesco Antonio Cimino, Succollettore destinato dalla Sopraintendenza per l’esazione de Reali Lucri, e all’ingegnere militare Gennaro Tirone, si recano dietro la chiesa di San Giuseppe, per misurare un luogo richiesto da Baldasarre Zurlo, per la costruzione di un magazzino. Si tratta “nel vacuo ove dicesi volgarmente li pozzilli sistente detro la V.le Chiesa attaccato al Baluardo d.o l’armi”. Segue tre giorni dopo, una “Memoria” mandata dal Tirone al castellano Giuseppe Friozzi, con la descrizione del sito dove lo Zurlo vuole fare il magazzino: “è quello al fianco dritto che guarda Greco del Baluardo detto Sette cannoni, uno de sei che circonda la Città di Cotrone con grosse mura, ed è proprio il suolo della piatta forma al di sotto Casamatta a prova di Bomba con aportare sbadate al di sopra con altro contraforte muro alla sinistra a tea il detto fianco e contraforte vuole costruirsi detto Magazeno. Il suolo del medesimo è di lungh.za pal. 93 e larg.a pal. 47 con mura all’intorno alte pal. 12 ½ ben inteso però che il muro del contraforte è alto per l’estenzione delli ravisati pal. 93 e quello del detto fianco per l’estenzione di pal. 52 con tre impressate di Cannoni. Situandovi detto Magazino coverto in quinta a schera di pesce non impedisce a particolari ma se non in tempo di difesa dovrebbesi demolire”.[xi]
Il 21 maggio 1783 Tomaso Soda protesta con Carlo Luceti, che ha l’incarico di sopra intendente economico del porto. Il Luceti ha avuto il permesso di costruire una baracca “col fine farla in direzione per casa nel luogo dove dicesi sopra la Croce di S. Giuseppe”. Tuttavia, il Luceti, invece di costruire una baracca, sta innalzando una casa. Questa abitazione potrebbe, una volta costruita di fabrica, dare impedimento al suo palazzo. Perciò prima che ciò succeda, il Soda intima di fare fermare i lavori, altrimenti “nel caso si ritrovasse poi in modo differente si dovesse nuovamente distruggere”.[xii]
Il palazzotto dai Motta Villegas ai Suriano
Da Anibale Suriano e Nuccia de Nobili nacquero Ignazio, Gerolimo, Prospero, Giacinto, Domenico, Beatrice e Anna. Giacinto sposò Popa Suriano, figlia di Detio e di Beatrice della Motta Villegas ed ebbero di figli Cesare e Detio. Da Detio Suriano e Beatrice della Motta Villegas nacquero Cesare, Vittoria, Francesca, Anna, Dianora e Ippolita. Cesare sposò Laura Presterà. Dalla loro unione nacque Francesco.
Cesare Suriano
Il 6 novembre 1654, su richiesta di Detio Suriano, il notaio Felice Girolamo Protentino si reca nelle case dove abita Cesare Suriano, situate in parrocchia di Santa Venera, “juxta domum Jois Vincentii Marrise juxta casalenum ipsius Detii Suriano”. Cesare Suriano fa testamento e istituisce suo erede il figlio Francesco. Essendo Francesco in minore età, stabilisce per suo tutore il nonno Detio. La casa di Cesare Suriano è formata da più membri superiori e inferiori.[xiii]
Detio Suriano
Detio Suriano sposò Beatrice della Motta Villegas, figlia del castellano Antonio e di Dianora, o Eleonora Leone. Il 7 novembre 1672 Detio Suriano, abitante in parrocchia di Santa Margarita, prima di morire fa testamento. Nomina erede la moglie Beatrice della Motta Villegas. Dichiara di avere soddisfatto il fu suo figlio Cesare Suriano al tempo, che sposò la fu Laura Presterà e dalla cui unione nacque Francesco Suriano, suo nipote. Afferma che, tra i beni dati al figlio, vi erano anche le case dove attualmente abita il nipote Francesco, che sono contigue alle sue e situate in parrocchia di Santa Margarita.
Oltre al figlio Cesare egli ha avuto anche numerose figlie: Vittoria Suriano che sposò Carlo Montalcino[xiv] e, rimasta vedova, si risposò con il capitano Domenico Geronda, Francesca in secolo Antonia, educanda e poi clarissa in Santa Chiara, Anna, che sposò Domenico Suriano,[xv] Dianora sposò dapprima Gio. Battista d’Aierbis d’Aragona, poi Peleo, o Gio. Paolo Pipino, e poi Felice Barracco,[xvi] e Ippolita che si unì con Giacinto Suriano, ed ebbero un figlio di nome Cesare.[xvii]
Morto Detio Suriano, il 6 aprile dell’anno dopo la vedova Donna Beatrice dela Motta Villegas, dichiarava di possedere un “Palazzo seu casamento o continentie di case in più e diverse appartamente con sue camere al numero di sette et sala con le loro superiori et inferiori cortile et puzzora, suo orticello contiguo site et poste nella parocchia di S.ta Vennera confine la casa del R.do Thesoriero D. Gio. Paulo Valente vinella mediante della casa di Matalena Rocca”. In quel giorno con atto del notaio Sacco, lo donava al nipote Cesare Suriano, figlio di Giacinto Suriano e di sua figlia Donna Popa, o Ippolita Suriano.[xviii]
Crotone 6 aprile 1673. Donna Beatrice della Motta Villegas, vedova di Detio Suriano, possiede “un palazzo seu casamento” in parrrocchia di Santa Vennera, pervenutogli dalla eredità di suo marito, lo dona al nipote Cesare, figlio di Giacinto e di sua figlia Popa Suriano.[xix]
Il 4 agosto 1674 Giacinto Suriano nel monastero di Gesù Maria, fa testamento istituendo eredi i figli Cesare e Detio Suriano. Vuole che la moglie Popa Suriano, figlia del fu Detio Suriano, possa stare vita durante nella sua casa e sia tutrice e curatrice dei suoi figli. Ha per fratelli Geronimo Suriano e Domenico Suriano, per madre Luccia de Nobili, per zii Fra Francesco Suriano e Ippolita Suriano. Un altro fratello, il fu Prospero Suriano, era sposato con Teresa Barracco. Detio Suriano e Beatrice della Motta Villegas erano i suoi suoceri, mentre il fu Anibale Suriano era suo padre. Inoltre, ha due sorelle in Santa Chiara.[xx]
Il 17 ottobre 1674 D. Francesco Suriano possiede “una casa terrana nella parocchia di Santa Venera confine la casa che hoggi possiede Dionisio Terranova et le case di esso S.r D. Francesco (Suriano)”. La cede, permutandola con un magazzino, a Beatrice della Motta Villegas.[xxi]
In precedenza, il 25 febbraio 1674, Luccia de Nobile con le sorelle Vittoria e Teresa Suriano, eredi di Prospero e Ignatio Suriano, avevano chiesto di essere sodisfatte, di quanto a loro spettava, da Antonio Suriano, figlio ed erede di Domenico Suriano.[xxii]
Da Francesco Suriano al figlio Gregorio
Francesco (Ciccio) Suriano, figlio ed erede di Cesare, sposò Francesca Pipino.[xxiii] Dall’unione ebbero un unico figlio maschio Gregorio ed una figlia Laura che entrerà in Santa Chiara. Gregorio Suriano, figlio ed erede di Francesco, sposò Antonia de Riso. Ebbero come figli Felice Bruno, Pietro Antonio, Giuseppa, Vittoria e Costanza.[xxiv]
Il 5 giugno 1731 Gregorio Suriano vende con patto di ricompra ad Antonio Barricellis un palazzotto ed un palazzo. Il palazzotto è situato vicino “il Cavaliere”, e consiste “in quattro camere, cioè due superiori, ed altre tante inferiori, ed un solo basso, attaccato al giardinello del palazzo d’abitazione dello stesso Gregorio Suriano e dall’altra parte attaccato con alcune case beneficiali della famiglia Suriano”. Il 26 aprile 1768 Pietro Maria Barricellis, figlio ed erede di Antonio, li rivenderà alle sorelle Giuseppa, Vittoria e Costanza, figlie ed eredi di Gregorio Suriano.[xxv]
Il 25 giugno 1731 Antonio Barricellis si reca assieme al notaio Pelio Tirioli, nel palazzo che fu del S.r D. Gregorio Suriano, nella parrocchia di Santa Veneranda, “strada mediante da tre lati e dall’altro lato attaccato alla casa d’Isabella Lentino di rimpetto al Palazzo di detto Sig.r Gregorio”. Il palazzo è stato venduto al Barricellis il 5 giugno 1731, assieme ad un altro palazzo, che sta attaccato al muro del giardinello di detto Gregorio Suriano.[xxvi]
Morto Gregorio Suriano i beni passarono ai figli, come evidenzia il catasto di Crotone del 1743: “D. Bruno Felice Suriano nobile degl’antichi patrizi di questa Città chierico celibe d’anni 24. D. Pietro Suriano fratello maggiore assente d’anni 31. D. Giuseppa Suriano sorella vedova del quondam D. Domenico Barricellis d’anni 35. D. Vittoria sorella vergine d’anni 33. D. Costanza sorella vergine d’anni 26. Giovanni di Blasio servitore napolitano d’anni 22. Fortunata Columbo di Napoli d’anni 42. Vingenza di Blasio d’anni 12. Abitano in casa propria nella Parocchia di S. Veneranda, e possedono l’infrascritti beni videlicet. Una possessione nominata la Campitella, confine la vigna di D. Diego Tronca, con terre, ortalizii, alberata, vitata, giardino di fiore, casino di campagna, ed altro di capacità tomolate (…) situata d’annua rendita effettiva ducati 18, che formano once 60. Magazeni per uso di conserva di grani, sotto il sudetto casino n.ro cinque, estimati d’annua rendita effettiva giusta la stima ducati 18:23, de’ quali dedotto il 4° per l’acconci, restano ducati 13:65, che formano oncie 45 ½. Di più un orto fuori le porti di questa Città detto il Piscitello, confine quello di D. Pietro d’Ippolito di capacità di tomolate (…) situato d’annua rendita ducati venti, che formano oncie 66 ½. Di più possiede una gabella detta l’Olivella, confine il vignale dell’illustre Marchese Berlingieri, e le terre dette S. Giorgio di capacità tomolate 34, situata d’annua rendita effettiva giusta la rivela in annui ducati 24, che formano oncie 80. Di più possiede terre dette la Collina, seù li Tre Timponi di Suriano, luogo detto la Carrara, confine la sudetta vigna di Tronca, di capacità tomolate 19, situata d’annua rendita effettiva ducati 9, che formano oncie 30. Più un vignale detto la Mendolicchia della Carrara, di capacità tomolate 6, situata d’annua rendita effettiva ducati 8, che formano oncie 26. 2/3. Di più un molino centimolo, che affitta, situato d’annua rendita giusta la fede ducati 12:60, che formano oncie 42. Più una casa sotto il suo palazzo, che loca per annui ducati 6, de’ quali dedotto il 4° dell’acconcii restano ducati 4:50, che formano oncie 15. Sono oncie 365. 5/6. Pesi che si deducono. Al Canonicato sotto il titolo di S. Nicolò per annuo canone di ducati 2:50 sopra detti beni infisso, oncie 8.1/3. Al Cantorato di questa Cattedrale per altro canone infisso sopra detti beni annui carlini 4, che sono oncie 1.1/3. Al Tesorerato di questa Cattedrale per altro annuo canone d’annui carlini diece, che sono oncie 3.1/3. Sono oncie 13. Restano da pagare oncie 352.5/6”.[xxvii]
Il 26 aprile 1768 Pietro Maria Barricellis, figlio ed erede di Antonio, rivende il palazzotto ed il palazzo acquistati nel 1731 alle sorelle Giuseppa, Vittoria e Costanza, figlie ed eredi di Gregorio Suriano. Il palazzotto è situato vicino il Cavaliere e consiste “in quattro camere, cioè due superiori, ed altre tante inferiori, ed un solo basso, attaccato al giardinello del palazzo d’abitazione di Gregorio Suriano e dall’altra parte attaccato con alcune case beneficiali della famiglia Suriano”.[xxviii]
Alla fine del Settecento troviamo, che Francesca Suriano è figlia ed erede di Felice Bruno Suriano[xxix] ed il beneficio sotto il titolo della SS.ma Natività del Signore di tutte le famiglie Suriano, eretto nella chiesa cattedrale, possiede una casa locanda in parrocchia di S. Veneranda “di un alto e basso, che confina colle case di Antonio Stricagnolo e con un’altra casa dell’istesso Beneficio, composta anche di un alto e basso.” Quest’ultima confina colle case di D. Federico Lettieri.[xxx]
Dalle case dei Ragna al palazzo dei Stricagnolo
Alla fine del Seicento il capitolo della cattedrale esigeva un annuo censo di duc. 4 ½ per capitale di duc. 50 sopra le case di Felice Ragna nel Cavaliero.[xxxi] La casa, situata in parrocchia di Santa Veneranda che, prima di appartenere ai Ragna, era stata della confraternita del SS.mo Sacramento, pervenne poi a Carlo Ragna.[xxxii] Rimase di proprietà del Ragna anche nei primi decenni del Settecento, poi passò agli Stricagnolo.[xxxiii]
Prima della metà del Settecento gli Stricagnolo, che già possedevano nel luogo un’abitazione, cominciarono ad acquisire le case vicine per fare il loro palazzo di famiglia.[xxxiv] Il catasto onciario del 1743 documenta, che il passaggio dai Ragna agli Stricagnolo è già avvenuto. Infatti, il massaro Lorenzo Stricagnolo si era unito con Vittoria Arrichetti, la quale gli aveva portato in dote la casa, che era stata dei Ragna. Il massaro di anni 40 abita in parrocchia di Santa Veneranda assieme alla moglie Vittoria Arrichetti di anni 30, ai figli Antonio di anni 2, Domenico di anni 1 e Isabella di anni 7, al fratello Tomaso di anni 42 e alla nipote Rosa Jannice di anni 17. Egli abita in casa propria dotale in Parrocchia di S. Veneranda gravata di annui grana 10 perpetui alla chiesa della Congregazione sotto il titolo dell’Immacolata Concezione di questa Città. Possiede: Bovi aratori n.ro 3, Giovenchi n.ro 2, vacche d’armento n.ro 22, Giovenche n.ro 14, Somarre n.ro 3. Tiene applicati al negozio di grani la somma di ducati 200”.[xxxv]
Anche la famiglia del “fatigatore di campagna” Felice Stricagnolo di anni 18 abita nella stessa parrocchia, assieme a Bonomo Stricagnolo fratello scolaro d’anni 15 e Pietro Stricagnolo fratello d’anni 10. Egli abita in casa propria con la madre Catarina Scino ed il fratello Andrea Puglise.[xxxvi]
Il 21 dicembre 1770 il massaro Lorenzo Stricagnolo fa testamento. Egli possiede una casa palaziata in parrocchia di Santa Veneranda “confine con la casa locanda dell’eredi del q.m Gregorio Suriano, il luogo detto Cavaliero via publica ed altri confini”. Nomina eredi in eguali parti i due figli Antonio e Domenico, mentre alla figlia Antonia assegna ducati ottocento di dote.[xxxvii]
La posizione delle case dei Stricagnolo è bene individuata rispetto alla continenza di case del canonico Domenico Terranova, la quale consiste “in due appartamenti superiore ed inferiore con più e diverse camere nell’uno e nell’altro appartamento e con loro bassamenti scala di pietra vignano ed altro di valore di circa duc.1000 confine d’una parte alle case di Ruggiero e dall’altra a quelle dell’eredi di Gregorio Papasodaro e via mediante al palazzo e case delli fratelli di Soda e alla altra di Bonomo Stricagnolo”.[xxxviii]
La casa di Bonomo Stricagnolo sarà acquisita da Domenico Soda.[xxxix] Alla fine del Settecento il “Beneficio sotto il titolo della SS.ma Natività del Sig.re di tutte le famiglie Suriano, eretto nella Chiesa Cattedrale, possiede una casa locanda in Parrocchia di S. Veneranda di un alto e basso. Confina colle case di Antonio Stricagnolo, e con altra casa dell’istesso Beneficio”.[xl]
Antonio Stricagnolo, figlio di Lorenzo, abitava nel palazzo di famiglia in parrocchia di Santa Veneranda.[xli] Alla sua morte il palazzo passò alla vedova, Rosa Bruno, la quale ancora nei primi anni dell’Ottocento, pagava un annuo censo sopra le case che erano state di Carlo Ragna e che erano state portate in dote da Vittoria Arrichetta a Lorenzo Stricagnolo. (1806)
La chiesa di San Domenico
Nel 1638, dopo il saccheggio del convento di Santa Maria delle Grazie, i domenicani si ritirarono dentro le mura “et ivi nelle proprie case del monastero vicino le mura costrussero una chiesa di longhezza palmi quaranta in circa, et venti di larghezza con quattro comode stanze (…) La chiesa di dentro sta fondata per concessione Regia et con consenso della Sacra Cogregazione sotto il titolo di S. Domenico”.[xlii]
In seguito, ritornarono al vecchio convento fuori le mura ed ivi rimasero fino al 1652, quando per la “Costituzione” di Innocenzo X, il convento fu soppresso. I beni dei domenicani nel 1669 furono assegnati al seminario, istituito dal vescovo Geronimo Caraffa (1664-1683). All’inizio del Settecento il seminario possedeva “un magazeno nel cavaliere dov’era la chiesa de’ PP. Domenicani”.[xliii] Esso era vicino al palazzo dei Gallucci.[xliv]
La casa palaziata detta la Torretta degli Schipano
All’inizio del Settecento Gio. Luisio Soda possedeva un palazzo con più e diversi membri inferiori e superiori sito e posto nella parrocchia di Santa Veneranda, che confinava con le case di Madalena Schipano e le case di Fabrizio di Perri via pubblica mediante.[xlv] Alcuni anni dopo i coniugi Dianora Schipano e Fabrizio di Perri possiedono una casa palaziata detta la Torretta, che confina con il palazzo di Gio. Luisio Soda.[xlvi]
La casa Tirioli
Il 30 agosto 1632 in Crotone, Vittorio Sisca “famulus Curiae” mette all’asta pubblica “in domo palatiata Jois fran.ci tirioli sita intus Civitatem loco dicto lo Cavaliero in Par.a S.tae Venerae Jux. Domum Vincentii de Garetto jux. Domum q.m Desiderii Cropalati vinella mediante”. Il 12 settembre 1632 in platea pubblica, presso il sedile, fu messa all’asta. chi vuole comprare la casa palaziata che fu del q.m Gio. Francesco Tiriolo al(ia)s Ciaffo quale e posta dentro la Città nella parocchia di Santa Venera juxta la casa del q.m Vincenzo de Garetto al presente se possede per D. Gio. Domenico Venturo e la casa del q.m Desiderio Cropalati, che si vende per decreto della Corte della Città ad istanza di Gio. Bernardo Casanova per docati cento e dodici e mezzo. Fu aggiudicata al R.o Giovanne Manero. Gio. Francesco Tiriolo possedeva questa continentia di case perché le aveva comprate da Mutio Suriano.[xlvii]
Alla metà del Settecento troviamo Domenico Tirioli cittadino massaro d’anni 23. Francesca Tramonte madre vedova d’anni 45. Maria Tirioli sorella vergine d’anni 13. Francesco Tramonte suo zio chierico celibe d’anni 55. Abita in casa propria nella parrocchia di S. Veneranda e possiede i seguenti beni. “Una casa nella Parocchia del SS.mo Salvatore ereditaria del quondam Aurelio Tirioli suo zio, che s’attrova assegnata per sagro patrimonio al reverendo D. Giovanni Domenico Tramonte. Più una chiusa di vigna nel luogo detto Lampusa. Più un magazzeno per uso di conserva di grani luogo detto il Fosso. Bovi aratorii n.ro 12. Vacche d’armento n.ro 33. Giovenchi infra li tre anni n.ro 4., e giovenche n.ro 8, e vitellazze n.ro 7. Due giumente una per uso di massaria, e l’altra per uso de’ vaccari, e due somarre per uso di casa.”[xlviii]
Il 4 giugno 1751 l’università di Crotone concede a Domenico Tirioli un pezzo di suolo. Il Tirioli “abitando molto angustiato nella casa di sua abitazione nella parocchia di santa veneranda e propriamente nel luogo detto il cavaliere vicino alla venerabile chiesa di S. Giuseppe nel suolo universale ove terminano gli edifici delle case, ave risoluto per riparare detta sua abitazione perfezionare il quarto superiore di dette sue case e nel med.a inalzare la scala di fabrica che presentemente tira sino al quarto inferiore e che và situata dalla parte di fuori di detta sua casa di rimpetto a detta venerabile chiesa”.[xlix]
Note
[i] Archivo General de Simancas, E 1065 -62. Relation del castello di Cotrone, Dentro Carta de Granvela de 9 de Mayo 1573, AGS. E. 1065-65.
[ii] ASCZ, Not. Dionisio Speziale, B. 108, f. 92.
[iii] ASCZ, Not. Giovanni Antonio Protentino, B. 118, ff. 84-85.
[iv] Nola Molise G. B., Cronica dell’antichissima e nobilissima città di Crotone, Napoli 1649, p. 47.
[v] ASN, Carte Montemar, Vol 73 /16, in A. Anselmi, La Calabria del Viceregno spagnolo, Gangemi Ed., 2009.
[vi] ASCZ, Not. Antonio Varano, B. 334, 1677, ff. 93-98.
[vii] ASCZ, Not. Pelio Tirioli, B. 660, ff. 101-102.
[viii] ASN, Cam. Som. Catasto Onciario dell’Università di Cotrone del 1743, Vol. 6955, f. 247.
[ix] ASCZ, Not. Gerardo Demeo, B. 1327, anno 1776, f. 152.
[x] ASCZ, Not. Gerardo Demeo, B. 1327, anno 1777, ff. 109-112.
[xi] ASCZ, Not. Gerardo Demeo, B. 1329, anno 1781, ff. 24-25.
[xii] ASCZ, Not. Gerardo Demeo, B.1330, anno 1783, ff. 73-74.
[xiii] ASCZ, Not. G. F. Protentino, B. 133, ff. 151-153.
[xiv] ASCZ, Not. G. F. Protentino, B. 133, anno 1648, ff. 48v-49.
[xv] Crotone 24 giugno 1655. Anna Suriano, figlia di Detio, sposa Domenico Suriano, figlio di Anibale Suriano. ASCZ, Not. G. F. Protentino, B. 133, anno 1655, f. 104.
[xvi] ASCZ, Not. A. Varano, B. 334, anno 1677, f. 23. Crotone 3 giugno 1654, Dianora Suriano, vedova di Peleo Pipino e madre dei minori Fabio, Francesca e Dominichella (ASCZ, Not. G. F. Protentino, B. 133, ff.75-76). Sposò Felice Barracco, fa testamento il 31 maggio 1664 (ASCZ, Not. Giuseppe Lauretta, B. 311, anno 1664, f. 80).
[xvii] Giacinto Suriano figlio di Annibale. Dispensa sul 3 grado di consaguinità ottenuto dal papa il 1.9.1665 da Giacinto Suriano e Ippolita (Popa) Suriano moglie (Russo F., Regesto, 40608). Annibale Suriano sposò Laura de Nobili (ASCZ, Not. G. Lauretta, B. 311, anno 1664, f. 92). L’altare della Concezione in cattedrale era di tutta la famiglia Suriano. Annibale vuole esservi seppellito (ASCZ, Not. Tiriolo Pelio, B. 253, anno 1672, ff. 131-133; AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama Ordinis Eremit.rum S.ti Augustini A. D. 1699 Confectae, f. 128; ASCZ, Not. Nicola Francesco Sacco, B. 333, anno 1673, f. 46).
[xviii] ASCZ, Not. Nicola Francesco Sacco, B. 333, anno 1673, ff.11v-12.
[xix] ASCZ, Not. Nicola Francesco Sacco, B. 333, anno 1673, f. 12.
[xx] ASCZ, Not. Antonio Varano, B. 334, anno 1674, ff. 53-58.
[xxi] ASCZ, Not. Pelio Tiriolo, B. 253, anno 1674, f. 50.
[xxii] ASCZ, Not. Antonio Varano, B. 334, anno 1674, f. 24.
[xxiii] “Il giardino e vigne dette La Campitella di Francesca Pipino dotale di Francesco Suriano”. AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama Ordinis Eremit.rum S.ti Augustini A. D. 1699 Confectae, ff. 135v, 137.
[xxiv] ASCZ, Not. Pelio Tirioli, B. 664, anno 1734, ff. 26 -28; B. 663, anno 1729, f. 158.
[xxv] ASCZ, Not. Nicola Rotella B. 1129, ff.175-177.
[xxvi] ASCZ, Not. Pelio Tirioli, B. 663, ff. 160v-161.
[xxvii] ASN, Cam. Som. Catasto Onciario dell’Università di Cotrone del 1743, Vol. 6955, ff. 33-34.
[xxviii] ASCZ, Not. Nicola Rotella B. 1129, ff.175-177.
[xxix] AVC, Catasto Onciario di Cotrone 1793, f. 152.
[xxx] AVC, Cassa Sacra, Lista di Carico, 1790, f. 47v.
[xxxi] AVC, Platea Capitolo 1691 a 1692, f. 11v. Un annuo censo di d.ti 4 e mezo sop.a le case di felice ragna per cap.le di docati cinquanta lasciati dal q.m mons.r Carafa, v’è di peso messe 45; maturano à 21 7bre, com’appare per instrum.to di N.r Varano nell’anno 1689; Platea Capitolo 1693 a 1694, f. 8v; Un anno censo di d.ti quattro e mezo per cap.le di d.ti cinquanta sopra le case di Felice Ragna nel cavalere dove abita, matura à 26 7bre come istr. N.r Ant.o Varano.vi è peso una messa per q.m mons.r garraffa; Platea Capitolo 1704 e 1705, f. 10v;.Il capitolo esige un annuo censo di annui docati quattro e mezo per capitale di docati cinquanta sopra le case di Felice Ragna nella Parocchia di S. Veneranda, AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama Ordinis Eremit.rum S.ti Augustini A. D. 1699 Confectae, f. 82v.
[xxxii] AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama Ordinis Eremit.rum S.ti Augustini A. D. 1699 Confectae, f. 70v.
[xxxiii] La casa rimase di proprietà di Carlo Ragna in parrocchia di Santa Veneranda (AVC, Anselmus de la Pena Ordinis S. Benedicti, Visita 1720, f. 115). Casa che fu di Carlo Ragna in parrocchia di Santa Veneranda poi di Domenico Stricagnolo (AVC, Platea Mensa Vescovile 1780, f. 26).
[xxxiv] Crotone 4 febbraio 1674. Sicilia di Perre porta in dote a Domenico Stricagnolo: “Una casa di doc. cento sita e posta in parocchia di S.ta Venera confine la casa di Mimmo Marino, la casa di Domenico Schipano et altri fini”. ASCZ, Pelio Tiriolo, B. 253, anno 1674, f. 14.
[xxxv] ASN, Cam. Som. Catasto Onciario dell’Università di Cotrone del 1743, Vol. 6955, f. 142.
[xxxvi] ASN, Cam. Som. Catasto Onciario dell’Università di Cotrone del 1743, Vol. 6955, f. 83.
[xxxvii] ASCZ, Not. Antonio Asturi, B. 917, anno 1770, ff. 70v-71.
[xxxviii] ASCZ, Not. Antico Felice B. 862, anno 1763, ff. 182-185.
[xxxix] Domenico Soda possessore “di una casa di Uomobono Stricagnolo in Parocchia di Santa Veneranda confine con le case di Domenico Curcio e fratelli di Coccari”. AVC, Cassa Sacra, Lista di Carico 1790, f. 19v.
[xl] AVC, Cassa Sacra, Lista di Carico, 1790, f.47v. Erano compadrone del beneficio le cugine Antonia e Francesca. Antonia Suriano era figlia ed erede di Fabrizio Suriano, mentre Francesca Suriano era figlia ed erede di Felice Bruno Suriano. AVC, Catasto Cotrone 1793, f. 152.
[xli] AVC, Catasto Cotrone 1793, f. 7.
[xlii] ASV, S. C. Stat. Regul., Relationes 25, f. 723.
[xliii] “Il seminario possiede un magazeno nel cavaliere dov’era la chiesa de’ PP. Domenicani si affitta D. 10.e Quattro case confine il magazzino.” AVC, Anselmus de la Pena Ordinis S. Benedicti, Visita 1720, f 16v.
[xliv] Il palazzo Gallucci, isolato da tutti e quattro i lati, con magazzino e vaglio, è situato in parrocchia di Santa Margarita vicino al cavaliero e di fronte alla nuova chiesa di San Giuseppe e presso un magazzino di proprietà del seminario, che prima era stato la chiesa dei domenicani. ASCZ, Not. Giuseppe Lauretta, B. 664, anno 1733, ff. 54v -55.
[xlv] ASCZ, Not. Stefano Lipari, B. 612, anno 1716, ff. 70-71.
[xlvi] “Casa palaziata detta la Torretta dei coniugi Dianora Schipano e Fabritio di Perri in par. Santa Veneranda confina le case degli Schipano e le case del q.m Salvatore Arrighi hoggi del m.co Gio. Luisio Soda”. ASCZ, Not. Stefano Lipari, B. 614, anno 1725, f. 59.
[xlvii] ASCZ, Not. Giovanni Antonio Protentino, B. 118, ff. 84-85.
[xlviii] ASN, Cam. Som. Catasto Onciario dell’Università di Cotrone del 1743, Vol. 6955, ff. 49-50.
[xlix] ASCZ, Not. Antonio Asturi, B. 913, anno 1751, ff. 88-91.
Creato il 3 Aprile 2024. Ultima modifica: 3 Aprile 2024.