La città di Santa Severina e la costruzione delle fortificazioni di Crotone

Plan dessiné de Cotrone (sec. XVI). Bibliotèque Nationale Paris, Vb 125.

I lavori di fortificazione della città e castello di Crotone, iniziati nella primavera del 1541, rappresentarono una occasione di guadagno per numerosi abitanti delle terre del Crotonese. Molti di loro si accasarono a Crotone e lavorarono alla “regia fabrica”, come mastri, manipoli e devastatori, altri fornirono, dietro pagamento, mazze di frasche, canne di pietra, travi, tavole, ecc. Le università furono obbligate, a seconda della distanza e della popolazione, a dare denaro, buoi, calce e pietra. Santa Severina fu tassata per 450 fuochi nel 1521,[i] per 489 nel 1532, per 747 nel 1545, per 414 nel 1561[ii] e nel 1578,[iii] per 307 nel 1595.[iv]

Dall’analisi dei versamenti per finanziare l’opera, pervenuti al cassiere della “regia fabrica” Joan Veles de Tappia, risulta che la maggior parte del denaro affluiva dalla gabella della seta (78%). Seguiva quello versato dai tesorieri di Calabria Citra (11%) ed Ultra (8%); infine, il denaro consegnato dalle università dei paesi vicini a Crotone (3%). Quest’ultimo riguardava i buoi, che le università dovevano fornire (S. Severina, Cotronei, Cropani, Belcastro e Mesoraca), la pietra e la calce (Cutro, Isola, Strongoli, S. Giovanni Minagò, S. Severina, Belvedere, Cirò). La città di Crotone, per ordine del vicerè, doveva contribuire con mille ducati annui.

Spese per la regia fabbrica di Crotone. ASN, fondo Dipendenze della Sommaria (1541).

L’università di Santa Severina

L’università di Santa Severina fu obbligata a dare buoi, calce e pietra ad un prezzo prefissato e denaro. Attraverso la documentazione conservata all’Archivio di Stato di Napoli,[v] troviamo che già il 14 agosto 1541, l’università di Santa Severina e per essa Joanmatteo Sacca, riceve sette ducati due tari e grana dieci per aver fatto portare 1873 tomoli di calce. La calce fu pagata a ragione di “carlini quattro lo centinaro” e proveniva dalle calcare di Cola Fammareda situata in località “femmina morta” in territorio di Santa Severina e di Cosmo la Portella in località “lo Prastio” in territorio di Crotone.

Sette giorni dopo, il 21 agosto 1541, Petruczo delo Moyo si obbliga a nome dell’università di Santa Severina, per atto del notaio Antonino Syllano di Crotone, a fornire ed a condurre alla regia fabrica 6000 tomoli di calce. La calce è pagata in anticipo a ragione di ducati sedici il migliaio per un totale di ducati 96, ed il Delo Moyo si impegna a consegnare tomoli 4000 entro il mese di ottobre 1541 ed i restanti 2000 entro aprile 1542.

Il primo settembre 1541 avviene il primo pagamento in denaro. I lavori di costruzione sono ancora all’inizio ed alcune università sono obbligate, per convenzione fatta con il commissario generale nella regia fabrica Loysi de Minneses, a fornire un numero stabilito di buoi, o il denaro equivalente per il loro acquisto. I buoi devono essere utilizzati per il trasporto del materiale necessario per la costruzione e per le calcare. Il cassiere annota di avere ricevuto da Julio Tibaldo de Cotrone “docati novanta uno tari dui et gr(ana) deche”, cioè il denaro occorrente per l’acquisto di sette buoi, a ducati 13 l’uno. Il denaro era stato versato insieme dalla università di Santa Severina e dal casale di Cotronei per comperare buoi per la regia fabrica.

Segue un accordo tra l’università di Santa Severina e gli ufficiali della regia fabbrica. L’università è tassata a fornire 40.000 tomoli di calce al prezzo prefissato di ducati 16 il migliaio. Essa dovrà fornire 7000 tomoli di calce e 60 canne di pietra entro scadenze prefissate.

Sigillo dell’università di Santa Severina.

Calce e pietra

Comincia la fornitura del materiale. Il 12 marzo 1542 Petruczo lo Moyo e Geronimo delo Sindico ricevono dal cassiere della “regia fabrica” ducati sei per aver portato dalla calcara di Cola Fammareda tomoli 1500 di calce, “i quali se faranno boni in cunto deli tt.a quaranta milia sono tenuti portare”.

Il 25 aprile seguente il sindaco di Santa Severina Cola Saccho, in presenza di Petruczo lo Moyo e di Geronimo delo Sindico, riceve dal cassiere ducati 4 e grana dieci per aver portato “con li carra de Cotroni” 1025 tomoli di calce dalla calcara di Nardo Foresta de Cutro, situata in territorio di Crotone in località “li caramalli”, “et sono in conto delo partito fatto deli 40.a tt.a e tenuta portar ditta un(iversi)ta de Santa S(everi)na”. Il 26 maggio il sindaco di Santa Severina Minico de Yerardo e Petruczo delo Moyo, che sono obbligati a portare alla “regia fabrica” 7000 tomoli di calce entro agosto, e 60 canne di pietra entro il mese di giugno, ricevono un anticipo di ducati 92.

Sempre lo stesso sindaco incassa nello stesso giorno altri ducati 9 e tari 3 per aver fatto portare con i carri dalla calcara di Cola Fammareda alla “fabrica” tomoli 2400 di calce “et sono in conto deli 40.a tt.a e obligata ditta un.ta”. Il 3 luglio il cassiere versa al sindaco Minico de Yerardo, come rappresentante dell’università di Santa Severina, altri 92 ducati “a complimento” del pagamento per i 7000 tomoli di calce e le 60 canne di pietra.

Il 6 settembre è la volta del notaio Domenico Guarino, il quale a nome dell’università di Santa Severina, riceve dal cassiere 92 ducati in parte del pagamento dei 7000 tomoli di calce che l’università è tenuta a fornire entro ottobre e delle 60 canne di pietra entro settembre.

Poiché la fornitura di calce e di pietra per procedere nella costruzione delle fortificazioni non è sufficiente e va a rilento, la “regia fabrica” si dota di proprie calcare e di barche per il trasporto della pietra. Pertanto, il 6 novembre 1542, il sindaco Luca Joanne Infossino a nome dell’università, raggiunge un accordo con i funzionari della “regia fabrica”. Invece di fornire la calce e la pietra si obbliga a versare al “regio perceptor dela pecunia regia”, ducati 250 in tre rate uguali, a partire da Natale del 1542, proseguendo a Pasqua e agosto del 1543.

Il 18 dicembre 1542 il cassiere fa l’ultimo pagamento. In quel giorno i due sindaci Domenico Guarino e Jo. Matteo Sacca ricevono, a nome dell’università, 92 ducati per i 7000 tomoli di calce e le 60 canne di pietra.

Il cantiere di costruzione delle mura di una città in una miniatura medievale.

Denaro e “frasca”

In base all’accordo stipulato nel novembre del 1542 per mano del notaio Antonino Xillano di Crotone, l’università di Santa Severina si obbligò a versare denaro invece che calce e pietra. Per mancanza di denaro, essendo l’università indebitata, i versamenti saranno fatti sempre dopo la scadenza.

La prima rata dei 250 ducati, relativa a Natale 1542, fu versata al cassiere il 12 gennaio 1543. In quel giorno il sindaco Petruczo delo Moyo, a nome dell’università, consegnò al cassiere Joan Veles de Tappia de Cotroni, “come caxia dela pecunia dela ditta regia frabbica”, ducati 83 tari uno e grana tredici ed un terzo. Non avendo evidentemente tutto il denaro, lo stesso giorno il sindaco Delo Moyo si obbligò per conto dell’università, a fornire entro il mese di marzo 1543, cinquantamila “macze de frasca per uso dele calchare” della regia fabrica, alla ragione di 14 carlini il migliaio, così potè ricevere dal cassiere il prezzo complessivo di ducati 70 in anticipo e con questi riuscì a saldare la prima rata.

Segue il pagamento delle altre due rate. Il 13 maggio 1543 Ioanloisio Infosino a nome dell’università versa la rata di Pasqua, che doveva essere versata entro il 25 marzo, ed il 25 settembre il sindaco Hieronimo Guardia paga l’ultima di agosto.

Lavoratori impegnati nel trasporto della pietra e a riparare le mura della città (da e-codices.unifr.ch).

Manipoli e devastatori di Santa Severina

Durante i primi mesi non è segnalata la presenza di alcun abitante di Santa Severina nei lavori di fortificazione. Il 29 novembre 1541 compare un pagamento in favore di Petro Simeoni de Scandali (“Adi 29 novembr. 1541. Ad Petro Simeoni de Scandali per lo preczo de peczi trenta sey de rote consegnati ad Aurelio de Ancona conservatore per appeczare le rote dele carra et carrette dela regia frabica. 1 – 4 – 0”). Evidentemente il casale era già abitato da alcune famiglie albanesi, come risulta da un successivo pagamento effettuato il 2 ottobre 1542, in favore di Dimitri Marango “de Schandali”, il quale aveva lavorato come manipolo alla costruzione dello spontone Villafranca.

Per quanto riguarda i cittadini di Santa Severina, essi cominciano ad essere presenti all’inizio del 1542. Tra coloro che lavorarono alla fortificazione come manipoli tra il 1542 ed il 1550, sono ricordati: Antoni de Amato, Bartolo dela Amendola, Ber. no Amoruso, Pacello Amoruso, Fran.co Asmetta, Cola Benincasa (Venincasa), Antonino Butturaniti (Buttarami), Joanne Capoccia, Loysi Capocza, Marco Cappanise, Joanne Carnopoli, Ferrante Carnopoli (“taglar petra”), Augustino Chiarello, Petro Cidattolo, Fran.co Condolo, Luca Condopoli, Cola Cosentino, Jo. M.a Cosentino, Ces.o de Costa, Juliano de Costanzo, Vit.o Curto, Romano Devono, Fra.co Facellari, Ces.o de Facio, Julio Federico, Leonardo Fera, Giliberto La Fico, Francesco Filocamo, Cola Golino, Aug. no Grandinetto, Bernardino Grano (“Granu”), Joanne Guarino, Antonino dela Judicissa, Joanne Laczo, Petruczo de Lauria, Ber. no Liveri, Prospero La Macchia, Martino Madeo, Matteo Mandato, Joanne Mannara, Minico Marinaro, Silenuro de Martino, Minico de Mauro, Minico Milea (Malea), Jo. Matteo de Monteleone, Cristiano lo Moro, Andrea Muto, Luca Novellisi, Paulo Novellisi, Matteo Nuchiforo, Joanne Pacello, Minico Panivino, Filippo Papayanni, Fra.co Parrilari, Stefano de Patientia (“Pacientia”), Jac.o Pergulo, Cola Piczichino, Salvatore Pinnello, mastro Petro de Piro (“ad Villafranca”), Attorro Puglano, Nuciolo Puglano, Berardo Puglano, Petro Puglisi, Jac.o de Risu, Ber.no dela Rotunda, Luca Russo, Paulo Salerno, Paulo de Sara, Petro Siciliano, Minico Spagnolo (garzoni locato ad anno, 22.1.1543), Ber. no de Suli, Cataldo de Suli, Paulo Taglaferro, Rubino de Tibaldo, Cola Vaccaro, Jndino Vaccaro, Jo. Loysi Vaccaro, Salvatore Vaccaro, Silvestro Vaccaro, Joanne Villanova, Guido Visanti, Jac.o Visanti, Dattolo Voycello, Joanne Yemma, Joanne Yemmolo, Indino de Yerardo, Minico De Yerardo, Joanne Yisolfo, Battista Zagaria.

Mastri e manipoli nel cantiere edile della “fabrica”.

Lavoratori da soli o in società

La maggior parte trovò occupazione come manipoli, devastatori e perratori addetti alla costruzione delle mura e dei baluardi e pertanto furono pagati settimanalmente a secondo dei giorni lavorati, a grana 10 il giorno i manipoli ed i devastatori, a grana 15 i perratori. Solo il garzone Minico Spagnolo ebbe un contratto di 12 ducati annui (26.12.1542. “Minico Spagnolo de Santa Severina garzoni novo adcordato ad anno have receputo in conto de suo soldo 2 – 1 – 0.”). Altri, da soli o in società, furono pagati per la quantità di canne di pietra “incannate et taglate” nel tenimento di Castellachi ed a capo Nao, alla ragione di 55 grana la canna e per la quantità di “frasca” fornita.

È del 7 maggio 1542, un pagamento in favore dei “perratori” di Santa Severina Indino de Yerardo, Stefano Germano, Indino de Jo.e de Yerardo e Ferrante Carnopoli, per aver tagliato pietra nel tenimento di Castellachi ed a Capo Nau.

Per lo stesso motivo il 14 agosto ed 5 novembre 1542, sono pagati Jo. Matteo e Allitto de Maturo, il 28 agosto ed il 5 novembre è la volta di Matteo Mandato, il 24 novembre 1542 Indino de Yerardo, Juliano de Costanzo, Antoni de Amato e Petruczo de Lauria. Il 29 gennaio 1546 il mastro Rafaele Vicedomino promette di portare per terra canne 10 di pietra entro il mese di maggio e riceve 23 ducati.

Mattheo Mandato il 25 aprile 1542 riceve un ducato e due tari per aver portato “uno miglaro de macze de frasca”; per lo stesso motivo avviene un pagamento in data 29 novembre 1545 in favore di Sancto Telesi de Santa Severina che “sta in Cotroni”.

Perratore al lavoro (da i.pinimg.com).

I Madeo una famiglia di fabbri in Santa Severina

Tra i numerosi mastri, che lavorarono per la regia fabrica, un posto rilevante occupano i mastri ferrari Innocentio e Massimiano Madeo di Santa Severina. Entrambi lavorarono il ferro della corte che, di volta in volta, il monitionero Aurelio de Anchona de Cotrone consegnava per fare “più sorti de ferramenti”. Per la loro maestria ricevettero dapprima, grana cinque per ogni rotolo di ferro lavorato, e poi grana quattro. Dai documenti risulta che il mastro Innocentio Madeo de Santa Severina lavorò dal novembre 1542 ad aprile 1543, cantara otto e rotola 70 di ferro della Corte a grana 5 il rotolo, fornendo al monitionero “circhi de roti”, “buccagli”, “landi”, “zapponi”, “cancaroni” e “spinoli”. Egli, inoltre, per ordine del monitionero, ha anche “azariato” e “adconzato” una “cugnata”, otto “zappe”, “una maza de ferro, picuni et axie”. Per il lavoro compiuto in questi sei mesi egli incassò la rispettabile somma di 46 ducati 2 tari e 5 grana.

In seguito, il suo posto fu preso dal mastro Massimiano Madeo, il quale si accasò a Crotone dove aprì bottega (“massimiano madeo de santa Severina sta adcasato in cotroni”; “massimiano madeo de santa severina teni potica in cotroni”). I lavori di fortificazione dopo il biennio 1542/1543, proseguivano ormai a rilento per mancanza di denaro. Dall’ottobre 1545 all’ottobre 1550, per aver lavorato il ferro della Corte a grana 4 il rotolo, Massimiano incassò 48 ducati 4 tari e grana 5, cioè in cinque anni guadagnò quanto Innocentio aveva incassato in sei mesi.

Anche Massimiano, col ferro della corte, fornì al monitionero numerosi strumenti da lavoro, tra i quali “spinnoli per rumpere petra”, “buccagli di roti”, “circhi de roti”, “zappuni”, “zappuni con ferro et azaro”, “zappuni strayuti”, “zappi strayuti”, “picuni”, “fusilla per lo asso dela rota”, “mezi perni”, “perni grossi”, “palo massizo”, “ricchelli”, “uno bastoni per li carretti deli cavalli”, “chiovi grossi”, “chiappe”, “landi”, “maze di spezar petra”, ecc.

Più volte fu richiesto il suo intervento, non solo per riparare gli strumenti di lavoro: ha “caudiato spinoli”, “apuntato piconi” e “azariato zappi”; ma ha anche costruito “una feriata de fenestra”, dei “circhi et ricchelli serveno per lo cato grande che havera de tenere lacqua dela rota”, ecc.

I Madeo abitavano ed esercitavano il loro mestiere in parrocchia di San Nicola deli Greci. Il mastro Innocenzo Madeo dopo l’esperienza lavorativa a Crotone ritornò a Santa Severina, mentre invece Massimiano si accasò e rimase a Crotone.

Tra i censi di Santa Anastasia dell’anno 1548, troviamo che il mastro Innocenzio (Madeo) abitante in parrocchia di San Nicola deli Greci, doveva versare alla mensa arcivescovile “per le vigne di monastria 0 – 1 – 0 et per una altra vigna 0 – 0 – 15 et per una costa 0 – 0 – 7.”[vi] Lo stesso vale per i censi dell’anno 1550.[vii] Innocenzo Madeo morì tra il 1550 ed il 1555. Infatti, tra i censi degli anni 1555-1558, troviamo “lerede de mastro nocenzo madeo per la vigna ad monastria paga lo anno carlini dui et per la vigna grana 15 et per la costa grana 7”. In una nota a parte è annotato che il pagamento dei censi era passato a carico del mastro Jacobo Madeo, il quale “paga tari uno e grana dece pago m.ro Jacobo Madeo”.[viii]

Tra i censi dell’annata 1564/1565, risulta che il mastro Jacobo Madeo abitante in parrocchia di San Nicola deli Graci, paga “per le vigne a monastria foro de gilberto madeo pagha l’anno dui carlini et per unaltra vigna in ditto loco che fu del medesimo gilberto paga lanno grana quindici et per una costa seu pezo di terra in ditto loco fu del p.to paga grana sette et per unaltro vignale in d.to loco fu del medesimo paga lanno grana otto”.[ix] In seguito, troviamo annotato che le vigne a monastria possedute dal mastro Jacobo Madeo “furono di suo padre”.[x] Jacobo Madeo si sposò con Lucretia de Ferraro, dalla quale ebbe una figlia di nome Portia. Nel 1582 era già morto.[xi] Nella platea della mensa arcivescovile degli anni 1576/1579, risulta che i beni erano passati da Jacobo Madeo a Gio Paulo Madeo: “Una continentia di vigne a manistria … rende anno quolibet carlini quattro et grana octo la possede Jo. Paulo Madeo 0 – 2 – 8.”[xii] L’erede abitava in parrocchia di San Nicola dei Greci e la sua casa confinava con quella di Fabio Poerio.[xiii]

Fabbro al lavoro (da pinterest.it).

Altri fornitori

Tra i fornitori della regia fabrica troviamo Petro Guarino di Santa Severina, il quale il 13 aprile 1543, riceve dal cassiere un ducato per aver consegnato “vincti pecze de roti”, che gli sono pagate a grana nove l’una. Più importanti sono due pagamenti in favore del mastro neofita Angelo Pistoya e del “messer” Jo. Carlo dele Pira, entrambi di Santa Severina. Il 22 novembre 1545 un corriere è inviato a Santa Severina per prendere in consegna da Angelo Pistoya mille “chiovi” e portarli a Crotone (22.11.1545. “Ad Angelo Pistoya de Santa Severina et p(ro)prie in Santa Severina foro comperati chiovi n. milli per carlini 14 et lo correro che ando in S.ta Severina gr. X consegnati al monittionero 1 – 2 – 10.”).

Il Pistoya abitava nella piazza in parrocchia di San Nicola dei Greci. Egli possedeva una casa con sotto la sua bottega ed il catoio ed un “loco” sotto le timpe del monastero di Santo Domenico. Alla sua morte avvenuta prima del 1566, “la casa dela piacza fo di angilo Pistoya con una potega et catoyo sotto et tutte li robbe sue se trovano in ditta casa et catoyo confine la casa de Donna Dianora de Germano alla parrocchia di S.to Nicola delli Greci”, furono concesse dal R.do Donno Vincenzo deli Pira alla cappella del SS.mo Sacramento.[xiv]

Mentre il 20 gennaio 1550 Jo. Carlo dele Pira riceve 10 ducati 2 tari e grana 10, per aver venduto alla regia fabrica “pisi n. 35 de cannavo” (canapa). Il Dele Pira abitava nel largo davanti la chiesa parrocchiale di Santa Maria La Magna, dove possedeva una casa ed alcuni casalini. Aveva inoltre una continenza di vigne in località “le Serre” ed un oliveto.

Note

[i] Pedio T., Un foculario del regno di Napoli del 1521, in Studi Storici Meridionali n. 3 /1991, pp. 264-265.

[ii] Giustiniani L., Dizionario geografico ragionato del regno di Napoli, VIII, Napoli 1804, p. 308.

[iii] ASN, Fondo Torri e castelli, vol. 35, f. 20.

[iv] Giustiniani L., Dizionario geografico ragionato del regno di Napoli, VIII, Napoli 1804, p. 309.

[v] ASN, Dipendenze della Sommaria, Fs. 187 II, fs.lo 3; Fs. 196, fs.li 4, 5 e 6; Fs. 197, fs.li 1, 2, 3, 7 e 8.

[vi] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 3A, f. 55.

[vii] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 3A, f. 85.

[viii] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 4A, f. 9v.

[ix] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 5A, f. 12v.

[x] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 3A, f. 135.

[xi] AASS, Fondo Arcivescovile, protocollo Santoro M., vol. IX, ff. 123-124.

[xii] AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 13B, f. 12.

[xiii] AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 13B, f. 11v.

[xiv] AASS, Fondo Capitolare, cartella 1D fasc.3, f. 90v, Platea 1566.


Creato il 4 Marzo 2015. Ultima modifica: 18 Maggio 2023.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

*