Il cortile del vescovo di Isola detto “Refuggio”

La Cattedrale in una vecchia foto

Isola di Capo Rizzuto (KR), la ex cattedrale.

Origine del diritto di asilo

Il diritto di asilo, istituto religioso che già nell’antica Grecia, permetteva l’inviolabilità al rifugiato in un recinto sacro, o in un tempio, nel Medioevo si estese sia alle basiliche ed ai cimiteri, sia ai chiostri ed ai luoghi antistanti. Persino le dimore degli abati, dei vescovi e dei cardinali, divennero intoccabili. I vescovi isolani, richiamandosi agli antichi privilegi, concessi dai regnanti normanni, oltre ad esercitare il diritto di dare asilo, ospitare e difendere coloro che si rifugiavano, rivendicavano anche l’amministrazione della giustizia agli abitanti della diocesi.[i]

Isola di Capo Rizzuto (KR), l’area occupata dalla ex cattedrale (A), dal palazzo vescovile (B) e dagli edifici vicini.

Ancora nel Seicento, per antichissima consuetudine, ad Isola godevano dell’immunità tutti coloro che erano al servizio del vescovo, custodendo e coltivando le sue proprietà, e quelli che si rifugiavano dentro alle chiese e davanti alle loro porte. Un edificio sacro sicuro era quello dedicato a San Marco, chiesa di iuspatronato dei Ricca, dove l’immunità si estendeva davanti al portale per quanto era l’apertura e nell’estensione di quattro palmi.[ii] Il posto però particolarmente ricercato, da coloro che avevano dei conti in sospeso con la giustizia secolare, era “il cortile che è avanti la torre del palazzo vescovale”, che volgarmente era detto “Refuggio, perche li delinquenti che sono fugiti in questo luogo e l’habitanti d’esso hanno goduto l’immunita come se fossero stati dentro la chiesa”.[iii]

Si può supporre che, anticamente, l’area del poggio, dove sorge la cattedrale di Isola, fosse fortificata. Resti murari sono ancora ben visibili. Secondo la tradizione la città originaria sorgeva presso la riva del mare a capo Antiopoli. In località “Civiti”, che col suo toponimo conserverà il ricordo, vi era una villa romana. Dopo la sua distruzione ed abbandono a causa delle incursioni saracene, gli abitanti ripararono presso un vicino monastero.[iv] Il Fiore perciò, afferma che originariamente, la cattedrale di Isola non era altro che un monastero benedettino, vicino al quale venne poi a formarsi il borgo di Asila (denominazione forse assunta per il diritto di asilo).

Che la città di “Asylorum”, o ’Aσυλα (“Asyla”),[v] elevata poi nel secolo IX a sede vescovile, sia stato un luogo recintato e munito, ce lo conferma la denominazione di ϰαστέλλω τῶν ἀσύλων (castello di “Asylorum”) che, all’inizio del dodicesimo secolo (1131), appare in un atto dell’abbazia di San Stefano in Bosco.[vi] Tracce di questo primitivo incastellamento sono ancora riscontrabili in alcuni documenti del Cinquecento, che fanno riferimento ad una “Porta antiqua”, per la quale si accedeva al cortile o atrio del vescovo.[vii]

Isola di Capo Rizzuto (KR), la ex cattedrale (foto Istituto Luce).

Il vescovo Caracciolo ripristina l’immunità

Durante il vescovato di Annibale Caracciolo (1562-1605) il luogo fu dapprima violato dagli agenti della Vicaria e poi, nel settembre 1594, fu invaso dai Turchi.[viii] Del primo evento se ne ha notizia in una protesta del vescovo nel settembre 1577, in cui denunzia di essere stato costretto a consegnare alcune preziose scritture, rivendicate dall’abbate commendatario della badia di Santa Maria del Carrà; pergamene che erano conservate nel suo domicilio dentro un forziere.[ix] Sempre al tempo del Caracciolo, l’area del poggio subì delle trasformazioni, come risulta da alcune donazioni, fatte nel 1578, da proprietari di edifici posti nel cortile, in favore della chiesa isolana.[x] Le costruzioni furono trasformate dal vescovo in magazzini, per riporre il grano, e parte furono date in dote ai nuovi canonici[xi] dei sei canonicati, fondati nel 1593.[xii]

I nuovi edifici, edificati in modo da formare un circuito, avevano la parte elevata rivolta verso l’esterno del cortile e degradavano verso l’interno, in modo da isolare il luogo, proteggendo gli abitanti e salvaguardando i beni della mensa vescovile e dei canonici. Lo stesso Caracciolo, richiamandosi agli antichi privilegi, contrastò il barone Antonio Ricca, che “per mezzo di soi officiali non cessa di molestare li soi servitori et garzoni carcerandoli et citandoli”,[xiii] proteggendoli dalla invadenza secolare. Egli rivendicò per coloro che erano al suo servizio e per le loro famiglie, il diritto di non sottostare al giudizio dei laici,[xiv] che col tempo, per l’assenteismo dei vescovi, era stato usurpato. Ripristinò inoltre l’immunità, sia per coloro che si rifugiavano, che per coloro che abitavano nel cortile.

Il luogo, oltre a case di chierici, canonici e altri, comprendeva il palazzo vescovile,[xv] la cattedrale, il campanile, il cimitero, il seminario, e la torre del vescovo.[xvi] In mezzo all’atrio, o cortile, dove dai tempi antichi, abitavano numerose famiglie, che godevano l’inviolabilità per loro ed i loro beni, era situata la cisterna,[xvii] e davanti passava la via pubblica che andava alla fontana “Cavallazza”.[xviii] Il luogo, sia per la disposizione dei fabbricati, posti come braccia, sia perché sorvegliato e difeso da numerosi chierici e diaconi “selvatici”, una vera e propria agguerrita e temibile milizia vescovile,[xix] e sia perché protetto dalla minaccia della scomunica, dava a coloro che vi si trovavano una certa sicurezza.[xx]

L’immunità aveva un’estensione che durava “per tutta la strada avanti la porta del cortile e dalla porta per quanto dura detto largo incominciando dalla cantonera della stanza del seminario dalla parte di fuori e per tutto il piano della chiesa per insino alla cantonera della chiesa che per detto largo i Reverendi Canonici sogliono fare tutte le processioni e in particolare quelle del SS.mo Sacramento della festa della Domenica d’ogni mese”.[xxi]

La fontana “Cavallazza” e in alto la ex cattedrale (foto dal sito del comune di Isola Capo Rizzuto, KR).

Attentati all’immunità e scomuniche

La vasta area in cui ci si poteva rifugiare vantava questo privilegio da tempo immemorabile, e coloro che ne erano estratti con la forza dagli ufficiali regi, senza il consenso del vescovo, o del suo vicario, dovevano essere subito rilasciati. Chi incautamente aveva osato violare il luogo, era ben presto fulminato dalla scomunica.

Casi di tal genere erano stati frequenti. Molti delinquenti ne approfittavano per porsi al riparo sul poggio sacro, sfuggendo e beffando i ministri della giustizia secolare. Nel resoconto della visita del vescovo Giovanni Battista Morra (1647-1649), effettuata tra febbraio e marzo del 1648, sono riportati alcuni episodi significativi. “Nell’anno 1616 circa a tempo della b.m. di Mons Giustiniani un certo delinquente nominato napoletto stando nel timpone e propriamente alla ripa della chiesa alcuni ministri della giustitia secolare li donarno una spinta facendolo cascare da detta ripa di poi lo presero carcerato, imaginando di non poterlo far godere immunita ecclesiastica. Il vicario il Rev. D. Onofrio, arcidiacono di questa catedrale prese informatione di detto fatto e di poi scomunicò detti ministri e mando il monitorio in napoli dove fu menato il carcerato et li regii officiali della citta di napoli vedendo detto monitorio restituirno il carcerato”.

“Il qm. Gio. B.a Caracciolo nell’anno 1640 in circa fece estrahere un certo delinquente dal d.o cortile, credendo di poterlo fare, fu citato e escomunicato e così subito restituì d.o delinquente. A tempo ancora dell’Ill.mo Antonio Ricca presente Barone essendo d.o S.re assente il suo capitano nome Aniballe Mazzaro fece tre anni sono carcerare un certo delinquente, d.o capitano fu citato che restituisse d.o carcerato dal vicario e subito fu restituito d.o carcerato e un altro delinquente entrando dentro il cortile del refugio disse poi voler godere d.a immunità et li fu ammessa”.[xxii]

L’immunità era estesa anche alle cose e valeva contro chiunque, come si ricava da una relazione del vescovo di Isola Antonio Celli (1641-1645). Il vescovo aveva dovuto difendersi dai commissari mandatigli contro dal nunzio di Napoli, il quale esigeva il pagamento della pensione dovuta al cardinale Mazzarino, che il Celli tardava a versare.

I commissari, giunti ad Isola, condannarono subito, per pubblico editto, il vescovo a versar loro sette ducati d’argento per ogni giorno che avrebbero dovuto rimanere, fino al versamento dell’intero importo della pensione. Per rivalersi della somma, penetrarono nei magazzini del vescovo, posti nel Rifugio, ed estrassero con la forza il grano e lo vendettero a vilissimo prezzo, pagandosi così le loro mercedi. Poi, senza alcuna autorità, scomunicarono i creditori della mensa vescovile. Poiché il vescovo li invitò a mostrare i documenti, che davano a loro questi poteri, ed essi rifiutarono, furono subito fulminati dal monitorio. Ma non desistettero, anzi, ben presto vennero armati e accompagnati da numerosi militi, e spogliarono il vicario del vescovo di ogni bene e, citando il vescovo sulla porta della cattedrale, portarono via nuovamente dai magazzini, posti nel luogo sacro, il grano e lo vendettero, perciò furono scomunicati.

Il vescovo si rivolse subito al papa Urbano VIII, rivendicando la restituzione di ciò che era stato sottratto dai commissari del nunzio. Egli chiese che fosse impedito al nunzio di inviare commissari a riscuotere le pensioni, e che fossero assolti tutti coloro che, per una ragione o per un’altra, erano stati da costoro scomunicati. Invocò, inoltre, la conferma dell’anatema contro tutti quelli che, ledendo l’immunità della chiesa, avevano portato via fraudolentemente il grano, infrangendo la sacralità del luogo, ed infine suggerì di sottoporre tutta la faccenda al giudizio del metropolitano, o ai vicini vescovi di Crotone e di Belcastro.[xxiii]

Per ribadire l’immunità del luogo, il primo marzo 1648 il vescovo Morra, dal suo palazzo vescovile, decretò che il cortile detto Refuggio era immune per tutta la sua estensione, cioè dalla sua porta di ingresso, alla porta della chiesa cattedrale, ed esente, quindi, da ogni giurisdizione laicale, così da godere plenaria immunità ecclesiastica in perpetuo. Tale ampiezza eccezionale rispetto ad altri luoghi sacri, era “cosa publica e nota a tutti dell’Isola e di questo Marchesato”,[xxiv] e di essa ne usufruirono non solo i ricercati per fatti delittuosi, ma anche coloro che erano ricercati per evasione e frode fiscale, come si rileva da un avvenimento accaduto pochi anni dopo.

Nel 1657 arriva ad Isola un commissario con alcuni sbirri, per arrestare il sindaco della città che è renitente ai pagamenti fiscali. Il sindaco però, si mette al sicuro nel “refugio”. Il sacerdote Fabio Caracciolo di Isola cerca un accordo e ottiene la parola del commissario, che il rifugiato può liberamente uscire per raccogliere il denaro e così pagare il debito. Appena però il sindaco ebbe lasciato il rifugio, e trovandosi in piazza con il Caracciolo, gli si avventarono contro gli sbirri per carcerarlo. Al che il sacerdote fece fuoco con una “terzetta”, ferendo ad un braccio uno sbirro, braccio che poi, per consiglio dei medici fu tagliato.[xxv]

Ancora alla fine del Seicento, il vescovo di Isola Carlo Rossi (1659-1679) affermava: Nel suburbio c’è il palazzo vescovile vicino alla cattedrale, molto comodo e che non ha bisogno di ripari, ed il grande Atrio annesso, con dei magazzini di proprietà della mensa vescovile e di alcuni canonici, costruiti tutto attorno dal vescovo Annibale Caracciolo. Ci sono le case del seminario nuovamente ricostruite, dove otto alunni apprendono la grammatica e la musica e nell’Atrio le molte famiglie che vi abitano godono l’immunità del Rifugio da tempo immemorabile.[xxvi]

La situazione rimase così fino al Concordato del 1741, tra Carlo III di Borbone ed il papa Benedetto XIV. Il capitolo secondo, che regolamentava l’immunità locale, disciplinava la materia dell’asilo, restringendone l’esercizio alle sole parrocchie ed alle chiese conservanti le spoglie del Venerabile, ed era ammesso solamente per i reati di eresia, poligamia, benefici e feudi.

Isola di Capo Rizzuto (KR), la ex cattedrale.

Il seminario

Dopo che il Concilio di Trento ebbe stabilito l’erezione dei seminari da parte dei vescovi, i quali avrebbero dovuto mantenerli con le contribuzioni delle loro mense e con i benefici siti nel distretto della loro diocesi, il vescovo di Isola Annibale Caracciolo convocò il clero ed il 6 novembre 1566, stabilì le tasse per il seminario.

In primo luogo, egli sottopose alla contribuzione la sua mensa vescovile e quindi, i beneficiati che possedevano beni nel suo distretto,[xxvii] principalmente le grandi abbazie che vi avevano grange e cioè: l’abbazia di S. Maria del Patire, l’abbazia di Corazzo, l’abbazia del Carrà, l’abbazia di Forgiano, l’abbazia di S. Nicola delli Maglioli, l’abbazia di S. Leonardo e l’abbazia di S. Stefano. Gli abati dovevano comparire il giorno della Assunzione di Maria, il 15 agosto di ogni anno, per assolvere l’onere stabilito.[xxviii]

Il seminario fu così istituito e all’inizio del Seicento, vi si educavano sei chierici sotto la disciplina di due precettori: uno di grammatica ed uno di musica. Al mantenimento dei seminaristi e a quello degli insegnanti, il seminario in questi anni poteva contare su un’entrata di circa 200 ducati.[xxix] L’edificio sorgeva nel suburbio della città ma, a causa della povertà, non era claustrato;[xxx] esso era nei pressi del palazzo vescovile, in una certa piazza detta volgarmente il “Refugio”,[xxxi] o atrio grande del palazzo vescovile.[xxxii]

Il seminario di Isola visse una vita grama, anche a causa delle inadempienze degli abati commendatari che annualmente, dovevano contribuire con i loro censi. Questi essendo quasi sempre cardinali, o potenti arcivescovi, fidando nella loro carica spesso non assolvevano.[xxxiii]

Nel 1648 le entrate del seminario erano:[xxxiv] “Abb. di S. Maria di Corazzo 9-3-0 / Abb. di S. Nicolò di Bucisano 4-4-0 / Abb. di S. Maria del Patire 11-1-0 / Abb. di S. Stefano 11-1-0 / Abb. di S. Nicolò di Forgiano 6-2-0 / Abb. di S. Maria del Carrà 28-0-0 / La R.da Mensa Vescovile dell’Isola 18-0-0 / D. Gio. Pietro Leone decano deve un annuo censo sopra le sue robbe 5-2-0 / Totale 94-3-0.” Poco dopo la metà del Seicento, il vescovo Carlo Rossi, nativo di Catanzaro, appena giunto nella sua diocesi fece costruire nuove dimore per il seminario,[xxxv] che fu così ricostruito e ampliato. Allora esso contava sette o otto fanciulli.[xxxvi]

Isola di Capo Rizzuto (KR), la ex cattedrale.

Il palazzo vescovile

Si sa che nei primi anni del Seicento esistevano a Isola due palazzi vescovili: uno all’interno delle nuove mura della città ed uno presso la cattedrale. Il vescovo Caracciolo aveva ottenuto il primo, posto in luogo più sicuro in caso di invasione turca, dal feudatario di Isola col consenso dell’università.[xxxvii] Del secondo, situato nel suburbio presso la cattedrale, sappiamo che fu costruito, o meglio ricostruito, dal vescovo Scipione Montalcino all’inizio del Seicento, come si ricava dalla sua relazione: “La chiesa è posta fuori le mura della città, una torre al suo lato la difende dalla furia dei Turchi, essa fu costruita dal vescovo Caracciolo. Seguendo le sue orme l’attuale vescovo, dopo la morte del predecessore, presso la torre e la chiesa curò subito edificare una casa, come al presente si vede costruita, per comodità sua e dei suoi successori, e per il decoro e ornamento della chiesa.”[xxxviii]

Il palazzo all’interno delle mura fu ben presto abbandonato,[xxxix] mentre quello vicino alla cattedrale, appena sufficiente per l’abitazione del vescovo e della sua famiglia, fu nei primi decenni del Seicento ridotto in forma moderna.[xl] Alla metà del Seicento, mentre il primo rovinava, quello difeso dalla torre e attaccato alla cattedrale,[xli] aveva bisogno di grandi riparazioni,[xlii] e non era abitato dai vescovi che, a causa dell’aria malsana e del pericolo turco, preferivano abitare altrove (Cutro).[xliii]

Successivamente esso fu riparato in quanto è descritto come molto comodo e sicuro per l’abitazione del vescovo, anche perché a fianco vi sorge una forte torre dove ci si può rifugiare.[xliv] L’edificio non aveva bisogno di essere riparato e vicino, vi era l’atrio grande con alcuni magazzini della mensa vescovile e dei canonici, ed il seminario.[xlv]

Venuto il vescovo Francesco Marino, alla fine del Seicento, poiché l’edificio aveva bisogno di molte ed urgenti riparazioni e sorgeva in un luogo malsano, decise di costruirne uno nuovo, sempre presso la cattedrale ma in un luogo più salubre. Egli lo fece fare di forma più bella e più ampia.[xlvi] L’opera fu proseguita dal successore, il vescovo Pietro Luigi de Maio (1722-1749), il quale avendolo trovato incompleto e mal disposto, lo portò dapprima in forma migliore.[xlvii] In seguito, tuttavia, per le frequenti assenze del presule e per le pensioni che gravavano la mensa, fu lasciato andare in rovina.[xlviii]

Durante il Decennio francese il palazzo fu dato in fitto dal Demanio al barone Luigi Barracco. Esso era formato da dieci stanze nobili oltre alla cucina, con i rispettivi bassi e con diverse case basse all’intorno.[xlix] In seguito, l’edificio, passato nel 1818, dopo la soppressione del vescovato di Isola, di proprietà della mensa vescovile di Crotone, fu oggetto di alcuni lavori, come risulta dalle insegne del vescovo Giuseppe Cavaliere (1883-1899) poste all’interno sull’arco dello scalone.[l]

Isola di Capo Rizzuto (KR), l’ex palazzo vescovile.

La torre del vescovo

Il vescovo Annibale Caracciolo (1562-1605) per proteggere se e i suoi dal pericolo turco,[li] poiché la cattedrale era situata nel suburbio e quindi, fuori le nuove mura della città, decise di costruirvi a fianco una robusta torre. Questa risulta già compiuta nel 1594. Sappiamo, infatti, che al suo interno era stato collocato l’archivio del capitolo cattedrale, per metterlo al sicuro dai “turchi dai banniti et altri mali huomini”.[lii]

A fianco della torre all’inizio del Seicento (1605-1606), il coadiutore e poi successore del vescovo Caracciolo, il vescovo Scipione Montalcini (1585-1609), edificò una casa, per comodità sua e dei vescovi successori.[liii] Così la torre era eretta vicino al palazzo vescovile, alla cattedrale con il suo campanile con quattro campane, al seminario, all’atrio detto “il Refugio”,[liv] ai magazzini e alle abitazioni dei canonici, che sovrastava abbondantemente, e sulla sua sommità aveva una piccola campana.[lv] In caso di urgente necessità per un improvviso pericolo, il vescovo con la sua famiglia potevano accedervi direttamente e facilmente, dal palazzo vescovile, attraverso un ponte di legno.[lvi]

La “torre forte” vicina al palazzo vescovile,[lvii] nel 1842 fu in parte abbattuta dai mastri Vitaliano Asteriti e Vincenzo Scaramuzza, i quali furono incaricati di ridurre “la vecchia torre detta del vescovo”, a campanile con quattro campane.[lviii] Seguendo tale progetto essa fu abbassata fino a sedici palmi. Per sistemare le quattro campane sulla sommità, furono ricavati quattro archi: uno grande verso tramontana, due a ponente e l’altro a levante.[lix] La torre infine fu coperta a padiglione.

Isola di Capo Rizzuto (KR), la torre campanaria della ex cattedrale.

Isola di Capo Rizzuto (KR), la torre campanaria della ex cattedrale.

Note

[i] AVC, Visita del vescovo G. B. Morra, 1648, f. 25.

[ii] “… liceat tibi memorato episcopo et successoribus tuis, homines francos et liberos receptare, hospitare et conservare et alia in ipsis terris eosque receptos libere et pacifice possideatis absq. alicuius molestia, vel contrarietate, et de eis non teneamini alicui civili super aliquibus, responsione dare; Concedimus quoq. et ampliori nostra gratia et ex certa nostra scientia, confirmamus tibi preditto episcopo, et successoribus tuis, ut tam domestici homines omnes q. alii eiusdem preditti episcopatus et aliar. Ecclesiar. Ipsis, de aliqua offensa in seculari foro conquerentibus, non respondere cogantur, sed in foro tui episcopatus illis justitiam ministrandi respondere cogantur”. AVC, Privilegio dello Sacro Episcopato della città dell’Isula, in Processo grosso di fogli cinq.cento settanta due della lite, che Mons. Ill.mo Caracciolo ha col S.r Duca di Nocera per il Vescovato, f. 421.

[iii] AVC, Visita del vescovo G. B. Morra, 1648, f. 26.

[iv] ASV, Rel lim. Insulan., 1644.

[v] Parthey G., Hieroclis Synecdemus et Notitiae Graecae Episcopatuum, 1866, pp. 293-294.

[vi] Trinchera F., Syllabus Graecarum membranarum, 1865, p. 146.

[vii] Donatio domorum facta per presbyterum D. Andream Metaurum E.po Insulano positae in cortile iuxta portam antiquam dicti cortilis, anno 1578. AVC, Cart. 139, Inventario et Nota delle scritture pertinentino al Sacro Vescovato della Città dell’Isola, et al suo Capitolo, quali si conservano dentro un Baiulio.

[viii] AVC, Visita fatta per il Decano di Catanzaro Nicolao Tiriolo Vicario Generale di d.o Mons.r Caracciolo nell’anno 1594, f. 4.

[ix] ASV, Nunz. Nap. 5, f. 584.

[x] Donatio D. Fabii Pinto unius domus positae in cortile in beneficium ecc.ae Insulanae in anno 1578. Donatio domorum facta per presbyterum D. Andream Metaurum E.po Insulano positae in cortile iuxta portam antiquam dicti cortilis, anno 1578. AVC, Cart. 139, Inventario et Nota delle scritture pertinentino al Sacro Vescovato della Città dell’Isola, et al suo Capitolo, quali si conservano dentro un Baiulio.

[xi] La cappella del SS.mo Rosario possiede un magazzino nel vaglio del vescovo confinante con i magazzini che il vescovo Caracciolo ha donato ai nuovi canonici, e la via pubblica che si va alla fontana. AVC, Visita fatta per il Decano di Catanzaro Nicolao Tiriolo Vicario Generale di d.o Mons.r Caracciolo nell’anno 1594, f. 33. L’arcipretato nel 1648, possedeva un casalino dentro il cortile, confinante con il magazzino di un canonicato, posseduto da Gio. Alfonso de Napoli, da una parte e, dall’altra, un magazzino della cappella del SS.mo Rosario della famiglia dei Cochinelli, la quale possedeva nel cortile del vescovo due magazzini. AVC, Visita del vescovo G. B. Morra, 1648, f. 11.

[xii] Il vescovo Caracciolo nel 1593, fonda 6 canonicati dotandoli tra l’altro, con alcuni magazzini e case nel borgo dell’Isola e proprio nel cortile di fuori il palazzo vescovile. AVC, Cart. 140.

[xiii] ASCZ, Busta 43, anno 1585, f. 68.

[xiv] “Sono in Calabria alcuni huomini quali vivendo con le proprie mogli senza ricever ordine ecclesiastico si sommettono alla obedienza di Prelati, et al servitio delle chiese, et questi sono servitori, o servienti della chiesa et volgarmente li chiamano jaconi silvaggi. L’officio loro è polir le chiese, sonar le campane, alzar li mantici dell’organo, andar per corrieri per servitio della chiesa, et della Corte per tutta la diocesi, intimar l’ordini, citare, carcerare, custodire le carceri, esseguir le pene, et esser ministri della giustitia ecclesiastica et haver cura dell’osservanza delle feste non solo per le terre, ma per le campagne, et far altri simili bassi servitii, et questi dopo morta la prima pigliano più mogli et tanto essi quanto le mogli per antico solito, et da tempo che non vi è memoria di huomo incontrario sono del foro ecclesiastico, et godeno la libertà, immunità, et privilegii clericali come persone ecclesiastiche”. ASV, Rel. Lim. S. Severina, 1603.

[xv] ASV, Rel Lim. Insulan., 1635.

[xvi] “Il Refugio … è anco cortile della casa del vescovo per esser attaccato con la chiesa e palazzo vescovale”. AVC, Visita del vescovo G. B. Morra, 1648, ff. 25-27.

[xvii] L’arciprete possedeva un casalino dentro il cortile detto Refugio, per sotto del quale “vi passa il condotto per empire la cisterna che sta in mezzo d.o cortile”. AVC, Visita del vescovo G. B. Morra, 1648, f. 11.

[xviii] AVC, Visita fatta per il Decano di Catanzaro Nicolao Tiriolo Vicario Generale di d.o Mons.r Caracciolo nell’anno 1594, f. 33.

[xix] I clerici selvatici, protetti dall’immunità, non erano colpiti dalla giustizia secolare per i loro misfatti. Perciò erano spesso oggetto di lite tra il vescovo ed il barone, il quale si lamentava anche per il loro numero. Il vescovo, infatti, oltre avere al suo servizio quelli strettamente necessari per il servizio e la custodia delle chiese, per consuetudine antichissima, approvata con lettere speciali dalla Sacra Congregazione, era solito scegliersi e reclutare anche quelli addetti alla coltivazione e alla custodia dei fondi e delle proprietà della chiesa, i quali anch’essi godevano l’immunità. ASV, Rel. Lim. Insulan., 1635.

[xx] ASV, Rel. Lim. Insulan., 1635.

[xxi] AVC, Visita del vescovo G. B. Morra, 1648, f. 25.

[xxii] AVC, Visita del vescovo G. B. Morra, 1648, ff. 25-26.

[xxiii] ASV, Rel. Lim. Insulan., 1644.

[xxiv] AVC, Visita del vescovo G. B. Morra, 1648, ff. 25-27.

[xxv] ASV, Secr. Brev. 1226, ff. 232-233.

[xxvi] ASV, Rel. Lim. Insulan., 1677.

[xxvii] AVC, Nota de fatti a pro della u.nità della città di Cotrone contro l’u.nità della città dell’Isola, 1743, f. 3.

[xxviii] ASV, Rel. Lim. Insulan., 1600.

[xxix] ASV, Rel. Lim. Insulan.,1625.

[xxx] ASV, Rel. Lim. Insulan., 1600.

[xxxi] ASV, Rel. Lim. Insulan., 1648.

[xxxii] ASV, Rel. Lim. Insulan., 1692.

[xxxiii] Nel 1648 l’abbazia di Corazzo non pagava dal 1634, quella di S. Nicolò di Forgiano doveva pagare gli anni 1632 e 1633, quella di S. Maria del Patire gli anni 1645, 1646, e 1647. AVC, Visita del vescovo G. B. Morra, 1648.

[xxxiv] Il seminario nel 1648 aveva avuto un’entrata di circa duc. 90, ma avanzava circa duc. 220. AVC, Visita del vescovo G. B. Morra, 1648, f. 23.

[xxxv] ASV, Rel. Lim. Insulan., 1667.

[xxxvi] ASV, Rel. Lim. Insulan., 1675.

[xxxvii] Relassatione et donatione fatta per il Sr Barone dell’Isola con consenso dell’universita in publico regimento della Chiusa delle Cuture et Chiusa dell’Anu.ta con molti patti et conditioni nell’anno 1567 et relassatione del palazzo vescovile di dentro la città alla mensa vescovale. AVC, Cart. 139, Inventario et Nota delle scritture pertinentino al Sacro Vescovato della Città dell’Isola, et al suo Capitolo, quali si conservano dentro un Baiulio.

[xxxviii] ASV, Rel. Lim. Insulan., 1606.

[xxxix] ASV, Rel. Lim. Insulan., 1648.

[xl] ASV, Rel. Lim. Insulan., 1625.

[xli] “Porta piccola della chiesa cattedrale per la quale si entra nel palazzo vescovale”. AVC, Visita del vescovo G. B. Morra, 1648, f. 20v.

[xlii] ASV, Rel. Lim. Insulan., 1648.

[xliii] ASV, Rel. Lim. Insulan., 1651, 1660.

[xliv] ASV, Rel. Lim. Insulan., 1675.

[xlv] ASV, Rel. Lim. Insulan., 1677.

[xlvi] ASV, Rel. Lim. Insulan., 1692, 1707, 1721.

[xlvii] ASV, Rel. Lim. Insulan., 1727. Sul portone vi è tuttora scolpita l’arme del De Maio. Valente G., La Costa dei Dioscuri, Isola di Capo Rizzuto, Frama Sud, 1982, p. 139.

[xlviii] Il vescovo “ha lasciato rovinare la chiesa e i due palazzi vescovili”. Russo F., Regesto, XI, p. 415.

[xlix] Il palazzo vescovile fu affittato al Barracco per 5 anni ad iniziare dal primo settembre 1813, e con il pagamento in tre terze, cioè gennaio, maggio e settembre, per annui 23:86. AVC, Cart. 125, Platea mensa vescovile Cotrone, 1819, f. 8v.

[l] Valente G., La Costa dei Dioscuri, Isola di Capo Rizzuto, Frama Sud, 1982, p. 156.

[li] Ai primi di settembre 1594 veniva devastato il suburbio di Isola e la cattedrale era invasa. ASV, Rel. Lim. Insulan., 1600.

[lii] AVC, Visita fatta per il Decano di Catanzaro Nicolao Tiriolo Vicario Generale di d.o Mons.r Caracciolo nell’anno 1594, f. 24v.

[liii] ASV, Rel. Lim. Insulan., 1606.

[liv] AVC, Visita del vescovo G. B. Morra, 1648, f. 26.

[lv] AVC, Visita del vescovo G. B. Morra, 1648, f. 21v.

[lvi] ASV, Rel. Lim. Insulan., 1635.

[lvii] ASV, Rel. Lim. Insulan., 1673.

[lviii] Contratto di sistemazione delle campane da parte de mastri, Isola 2 maggio 1842. AVC, Cart. 118.

[lix] “Dovranno formare quattro archi per situare le campane, una grande verso tramontana, della lunghezza di palmi sei, dell’altezza di pilastri che devono principiare da sopra tre palmi dal pavimento, palmi nove. La curva deve essere a punto reale. Tutto l’arco dev’essere formato di cantoni nudi della lunghezza di palmi quattro.” Contratto di sistemazione delle campane da parte de mastri, Isola 2 maggio 1842. AVC, Cart. 118.


Creato il 27 Febbraio 2015. Ultima modifica: 6 Febbraio 2023.

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