La fiera di “San Giovanni de l’Agli”

Santa Severina fiera

Localizzazione della “Fiera” (IGM, F. 237 II N.E. sez.A).

“Da sotto detta città verso la parte di Mezzogiorno vi è un luogo detto la Chiusa del Conte, dove si fa la fiera la terza domenica di Maggio sotto il titolo di S. Giovanni Minagò, nel quale luogo vi sono due muri di fabrica lunghi, dove formano le baracche per comodità dei negotianti; vi è ancora una casetta di fabrica, dove si alza bandiera per otto giorni, e tiene jurisditione del misto impero il Mastro giurato di S. Severina, non solo per la suddetta fiera, ma per tutto lo stato di S. Severina”.[i] Sempre nello stesso luogo vi è la chiesa di San Giovanni, nei pressi della quale nel giorno del mercato si celebra la messa per coloro che vi partecipano e si provvede a spese del duca di Santa Severina.[ii]

 

Primo documento

Il 20 novembre 1444 il re Alfonso d’Aragona al momento della resa della città, che aveva seguito la ribellione del marchese di Crotone Antonio Centelles, concedeva agli uomini e alla città di Santa Severina di godere la condizione demaniale ed accoglieva alcune richieste, tra le quali la concessione di poter fare ogni anno mercato franco continuo per otto giorni e che ogni utile proveniente da tale fiera andasse in beneficio del mastro giurato della città.[iii]

I padroni del bestiame posano in gruppo in occasione della fiera di S. Giovanni dell’Agli presso Santa Severina (foto fornite da Daddo Scarpino).

 

Due mercati a Santa Severina

Con l’arrivo degli Spagnoli re Ferdinando il Cattolico concesse nel 1507 che, nella festa della Dedicazione della chiesa metropolitana, “die Dominica infra octavam Ascensionis”, in occasione del mercato, per privilegio del re si scegliesse dall’arcivescovo l’addetto all’ufficio tra i canonici del capitolo, o altro del clero, chiamato volgarmente mastro della fiera, con ampia potestà dall’inizio per tutta l’ottava di esercitare in maniera completa come ogni magistrato secolare la giurisdizione civile, criminale e mista, con mero e misto imperio e potestate gladii in tutta la città e suo distretto e di amministrare tutto ciò che riguardava l’annona e la grascia. Esercitando così pienamente le funzioni di giudice, di arbitro e di patrono.[iv]

Così a Santa Severina si ebbero nel mese di maggio due fiere della durata di otto giorni. Una detta di S. Giovanni Minagò o “de l’Agli” e l’altra di Santa Anastasia. La prima si svolgeva la terza domenica di maggio, l’altra variava a seconda di come cadeva la festa dell’Ascensione. Poiché in alcuni anni le due fiere potevano combaciare, essendo l’Ascensione festa mobile, che può variare dal 30 aprile al 3 giugno, sorgevano questioni sulla gestione e giurisdizione.

Così avvenne il 18 maggio 1578, terza domenica di maggio giorno sia della fiera di S. Giovanni che di S. Anastasia, quando sorse un diverbio tra ecclesiastici e cittadini; e quest’ultimi furono minacciati di scomunica se alzavano la bandiera. Per tale motivo nel maggio dell’anno dopo fu stipulato un accordo tra l’arcivescovo Francesco Antonio Santoro ed il feudatario di Santa Severina Vespasiano Caraffa, dove tra l’altro si stabilì che quando, le due fiere combaciavano, quella gestita dal clero potesse iniziare l’ottava prima e finire il giorno della Dedicazione della metropolitana; giorno nel quale poteva iniziare quella cittadina.[v]

Ma evidentemente i contrasti non trovarono una definitiva composizione se domenica 18 maggio 1614, giorno in cui si ripeteva la stessa coincidenza, essendo arcivescovo Alfonso Pisano, il canonico Francesco Ferrario maestro della fiera di S. Anastasia, emanava il bando e dava inizio alla fiera, che si sarebbe prolungata per otto giorni fino alle ore 24 del 25 maggio, quando avrebbe riconsegnato al tesoriere della metropolitana il vessillo e la verga della giustizia.[vi]

La fiera di S. Giovanni dell’Agli presso Santa Severina (foto fornita da Daddo Scarpino).

 

La fiera e i pecorai

Se la fiera di Mulerà, che si svolgeva l’otto settembre, segnava la fine del vecchio e l’inizio del nuovo anno agrario, quella di S. Giovanni de l’Agli, che cadeva la terza domenica di maggio, era occasione di mercato e di scambi, prima che “si spiantasse il caccavo” e, completata la produzione, le mandrie lasciassero il piano per i pascoli silani. L’una era legata al frutto della terra, l’altra a quello delle mandrie. La semina ed il pascolo infatti concorrevano e si integravano, dando vita al ciclo economico del “Marchesato”.

I vasti territori ecclesiastici erano di solito affittati ad “uso di pascolo di pecore”, con pagamento alla terza domenica di maggio “in fiera di S. Ianni” e nei contratti di fitto a pascolo era spesso messo in evidenza che se colui che aveva preso in fitto il terreno, lo volesse subaffittare ai pecorai, l’affitto si intendeva maturato la terza domenica del mese di maggio, “perché così si pagano da pecorari per pascolo di pecore, e non altrimente”.[vii] Troviamo perciò il pagamento nel giorno di S. Giovanni dell’Agli anche in contratti per un anno continuo di gabelle “ad ogni uso di pascolo d’ogni sorte d’animali, forche porci, ma solamente per quelli servissero per uso di mandria o vaccarizzo”, quando vi è la possibilità di associare e subaffittare a pecorai.[viii]

Sempre la fiera di S. Ianni era usata come giorno di pagamento nei contratti in cui almeno una delle parti era costituita da pecorai. Così a metà gennaio del 1669 Domenico Greco di Aprigliano prende in fitto dal vescovo di Isola Carlo Rossi, una gabella per il pascolo delle sue pecore, obbligandosi a pagare 22 ducati nella fiera di S. Giovanni dell’Agli. Sempre lo stesso Greco, il mese dopo, ottiene a credito dal vescovo 20 tomola di grano, obbligandosi a pagare ducati 23 alla fiera dell’Agli.[ix]

In una lettera inviata dall’arcivescovo di S. Severina Francesco Falabella all’abbate di S. Maria di Altilia in data 24 dicembre 1669, nel ringraziarlo per il dono di “turdi, casicavalli e raschi”, lo informa di aver ripreso aspramente i pecorai, che pascolavano abusivamente in un territorio dell’abbazia e lo mette a conoscenza che questi avevano affittato la gabella di Ardavuri, obbligandosi a pagarla nella fiera di S. Giovanni dell’Agli.[x]

Giuseppe Stazzi di Pietrafitta, curatolo della mandria del chierico Giuseppe Suriano, che pascola in territorio di Crotone, stipula un accordo col mercante Michel Giovanni. Egli consegnerà al mercante in Crotone, entro i primi giorni di giugno, 1300 pezze di cascio pecorino e l’acquirente lo pagherà “conforme pagheranno l’altri partitari il cascio in questa città” e salderà nel “dì di S.to Giov(anni) del Agli pr(ossim)o”.[xi]

Alcuni amici del mandriano Cesare Bianco dei Casali di Cosenza e del possidente crotonese Giuseppe Gallucci cercano di appianare i contrasti sorti per l’affitto del “Fellà”. Dopo vari tentativi si concordò l’affitto per ducati 335 pagabili in S. Janne dell’Agli 1735 con patto che il mandriano potesse “sementare tutti li stazzi”. Portato l’accordo al Gallucci per farlo firmare, questi si rifiutò in quanto non voleva che si seminassero gli stazzi. Il contratto fu perciò strappato ed il mandriano dovette cercare altre terre per le sue pecore ed il Gallucci fece pascolare le sue terre dai suoi animali e parte le mise a semina.[xii]

Nel marzo 1757 il mandriano Giuseppe Le Pera dei casali di Cosenza prende in fitto dall’economo della mensa vescovile di Isola Valentino Murgante il feudo di Ritani in territorio delle Castella “ad ogn’uso e colla facoltà e potestà di associare e subaffittare”, per tre anni continui ad iniziare da settembre 1759 ed alla ragione di ducati 1450 l’anno da pagarsi in fiera di S. Giovanni dell’Agli di ogni anno.[xiii]

Gli agenti generali del feudatario di Isola andavano o mandavano i loro procuratori alla fiera di S. Giovanni dell’Agli per esigere la finaita da coloro che avevano in affitto ad uso erbaggio alcuni territori di Isola (Forgiano, Domine Maria, ecc.).[xiv] I “vacanti di Bugiafaro” in territorio di Isola della mensa vescovile di Crotone erano affittati “ad uso di pascolo di pecore” in denaro da pagarsi nella fiera di S. Ianni.[xv]

La fiera di S. Giovanni dell’Agli presso Santa Severina (foto fornita da Daddo Scarpino).

 

Tra Cinquecento e Settecento

La fiera richiamava numerosi negozianti con merci difficilmente reperibili nei paesi e perciò vi convenivano acquirenti anche da luoghi lontani. Per la presenza di fuoriusciti, banditi e turchi il viaggio era particolarmente pericoloso. Essendo proibito parteciparvi armati, se non con il consenso del mastrogiurato, nel maggio 1562 l’università di Melissa mandava a sue spese un corriere a Santa Severina per ottenere il permesso per poter “andar con le scopette alla fera de santo Joanni del agli”.[xvi]

Tra le voci portate in uscita da Gio. Andrea Pugliesio, procuratore dell’aristocratico crotonese Lelio Lucifero, troviamo che il 13 maggio 1586 viene anticipato del denaro a Giovanni Monteleone per andare a S.to Ianni per comprare “carrarizzi, corde, sole, coirame” e altre cose per la masseria e per quelli che vi lavoravano.[xvii]

Attivo è il commercio del bestiame che richiama negozianti provenienti anche da fuori regione. L’aristocratico crotonese Domenico Suriano incarica i mandriani Domenico Stazzi e Paolo Gerace di vendere 15 “mazzoni” nella fiera di S. Giovanni degl’Agli del 1715.[xviii] L’11 maggio 1716 in Crotone i mercanti napoletani Giovanni Criscito e Giacomo Todesco, “pubblici negozianti di animali vaccini per uso e grassa della città di Napoli”, evidentemente di passaggio dalla città per partecipare alla fiera, si accordano con gli aristocratici crotonesi Domenico Suriano e Annibale Berlingieri per l’acquisto di alcuni animali vaccini per un valore di ducati 2720. Non avendo al momento il denaro, i mercanti si impegnano a pagare la mercanzia entro il mese di dicembre in Napoli, assoggettandosi ad alcune condizioni tra le quali quella di dare idonea garanzia entro due mesi, tempo durante il quale gli animali contrattati non potranno essere rimossi dal luogo dove attualmente pascolano, e di dare in pegno nel frattempo ai venditori 15 animali vaccini tra quelli che i due mercanti napoletani compreranno “nella prossima fera di S. Janne, che sarà al 17 di questo mese di maggio 1716”.[xix]

La fiera di S. Giovanni dell’Agli presso Santa Severina (foto fornita da Daddo Scarpino).

 

Il tempo

La fiera per gli abitanti di Santa Severina e dei paesi vicini era un punto di riferimento temporale. Così annota il sindaco di Melissa Marino de Cunsulo nel maggio 1562: “Quando la fera de santo ioanni del agli paghato a m.s colamaria de parise per portar ottanta docati alla banca a suo risico carlini dudici”.[xx]

Sempre il giorno della fiera compare più volte in una lite che vede contrapposti due patroni di barca ed un mercante. I patroni di barca Giuseppe Macrì e Domenico Licò di Scilla, sono in lite per motivi di interesse col mercante crotonese Domenico Rizzuto. Non riuscendo a trovare un accordo, decidono sul finire del febbraio del 1711di rivolgersi al nobile Annibale Berlingieri “acciò viste le ragioni dell’una e dell’altra parte havesse decretato sicome meglio a d.o Sig.re pareva”.

Avvisato il Rizzuto perché si recasse dal Berlingieri per risolvere i contrasti, questi non ci andò. Ritornato a Crotone il Macrì verso la fine di aprile e chiesto nuovamente al Rizzuto di sanare i conti questi, rispose che “venisse fatta la fera di S. Giovanni dell’Agli che sarà a 17 del corrente maggio, che si farebbe ritrovare ogni cosa certa e pronta la soddisfatione”. Ma ritornato nuovamente il patrone il 25 maggio non ha trovato né il conto fatto né il denaro pronto e perciò protesta per il danno subito. Il Rizzuto rispose che per tre volte invano si è recato dal Berlingieri e nell’ultima il nobile gli disse “che non li puole più aggiustare detti conti stante haveva da far molto ma che andasse in S. Severina nella fera di S. Giovanni che farebbe quanto vi sarebbe necessario”. Andatoci trovò che il Berlingieri era partito alla volta di S. Caterina.[xxi]

La fiera di S. Giovanni dell’Agli presso Santa Severina (foto fornita da Daddo Scarpino).

 

S. Ianni e Mulerà

Spesso troviamo insieme le due fiere di S. Giovanni dell’Agli e quella di Mulerà. Esse sono indicate come termini di scadenza di pagamenti, specie in contratti che implicano l’affitto di complessi feudali e badiali, di territori di vario uso, di pagamenti onerosi oppure in contratti di affitto nei quali il terreno è usato per tre per semina con pagamento in Mulerà e per tre anni a pascolo di pecore con pagamento a S. Ianni.

Il 13 ottobre 1598 Ambrosio Facente dichiara di essere debitore verso il priore dell’abbazia di Altilia Vittorio Giacco di ducati 35 “per l’erbaggi e ghiandaggi delle Serre” fino all’otto aprile e promette di pagare metà “alla fiera di Santo Janni dilagli” e metà a Molera prima ventura 1599.[xxii]

Il 30 ottobre 1763 Michele La Piccola e Giuseppe Profeta prendono in fitto per tre anni la badia di Nastasi impegnandosi a pagare all’abbate ogni anno ducati 1050, e precisamente: metà in fiera di S. Ianni dell’Agli e l’altra metà in fiera di Mulerà.[xxiii]

Il 3 novembre 1773 il marchese di Apriglianello Giuseppe Lucifero ottiene dall’abbate commendatario Carmine Cioffi il rinnovo dell’affitto per altri tre anni della badia di Santa Maria d’Altilia “con tutti e singoli suoi beni, frutti, rendite, giurisdizioni e fabriche, corpi, territori, vigne, boschi, erbaggi, potestà ed autorità e colla giurisdizione sopra tutti gli uomini e persone della terra di Altilia”. Il marchese si impegna a pagare ogni anno 1300 ducati in due rate e cioè metà nella terza domenica di maggio e metà all’otto di settembre.[xxiv]

Negli affitti dei terreni per sei anni del monastero di Santa Chiara di Crotone, per il primo triennio in erba per pascolo di pecore si paga in S. Ianni e nel successivo ad ogni uso in Mulerà.[xxv] Lo stesso avviene per i terreni della mensa vescovile di Crotone, come nel caso di S. Sosto, di Vescovatello, di Mutrò, di Vescovatello della Carrara, ecc., che sono affittati “ad ogni uso” o “ad uso di pascolo” con pagamento in fiera di Molerà ed “ad uso di pascolo di pecori” in fiera di S. Ianni.[xxvi]

 

Note

[i] Un apprezzo della Città di Santa Severina, Siberene, p. 122.

[ii] “Ecclesia Sancti Ioannis sita in loco, ubi emporium habetur quolibet Dominica tertia maij et tali tempore tantum missa celebratur pro concurrentibus ad idem emporium, et providetur per Ill.rem Ducem S. Severinae”. ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1765.

[iii] “Item pupplica et pete la dicta università che loro sia concessa de gratia che poczano fare omne anno uno mercato duraturo per octo iorni, che sia franco et omni utilitate che interesse delo dicto mercato sia delo mastro iurato dela cita predicta”. Caridi G., Un privilegio inedito di Alfonso il Magnanimo alla Città di Santa Severina, Roma Herder s.d., p. 158.

[iv] ASV, Rel. Lim. S. Severina, 1725, 1735.

[v] Caridi G., Uno stato feudale nel Mezzogiorno spagnolo, 1988, p. 94.

[vi] Un antico bando per la fiera, Siberene, p. 75.

[vii] ASCZ, Busta 1665, anno 1772, ff. 9v-10r.

[viii] Il massaro Francesco Crocco di Crotone si impegna a pagare all’arcidiaconato nel giorno di S. Giovanni dell’Agli 1773 ducati 32 per l’affitto ad uso di pascolo d’ogni sorte di animali fuorchè porci della gabella Irticello per un anno continuo, con inizio il 15 agosto 1772 e con potestà di associare e subaffittare. ASCZ, Busta 1665, anno 1772, f. 2

[ix] ASCZ, Notaio G. S. Bonello, 1669, ff. 8r, 13r.

[x] Lettera di Francesco Falabella, Santa Severina li 24 Dec.re 1669. ASCZ, Miscellanea Monastero S. Maria di Altilia (1579–1782).

[xi] ASCZ, Busta 337, anno 1696, f. 88.

[xii] ASCZ, Busta 665, anno 1736, f. 57.

[xiii] ASCZ, Busta 1372, anno 1761, ff. 37–39.

[xiv] Pietro Arbuzzino testimonia che avendo avuto in affitto alcuni terzi delle gabelle di Forgiano e Domine Maria per uso di erbaggio pagò nella fiera di S. Giovanni dell’Agli la finaita agli agenti generali del feudatario di Isola. ASCZ, Busta 1372, anno 1760, f. 279.

[xv] Platea della mensa vescovile di Crotone, 1774/1777, 1780 AVC. 125.

[xvi] Libro V Ind.s 1561 fatto per le spise del’Un.tà de Melissa, Conti comunali, fs. 199/5, f. 11v.

[xvii] ASCZ, Busta 108, anno 1614, f. 203v.

[xviii] Conto dell’Amministrazione della tutela della S.ra D. Anna Suriano, ANC 659, 1716, 39/3.

[xix] ASCZ, Busta 659, anno 1716, ff. 82r-85r.

[xx] Libro V Ind.s 1561 fatto per le spise del’Un.tà de Melissa, Conti comunali, fs. 199/5, f. 11v.

[xxi] ASCZ, Busta 611, anno 1711, ff. 54v-55.

[xxii] Dichiarazione di Ambrosio Facente, Altilia 13 de ottobre 1598. ASCZ, Miscellanea Monastero S. Maria di Altilia (1579–1782).

[xxiii] Notaio T. Sempiterno 28.3.1764, ff. 37r-38v.

[xxiv] ASCZ, Busta 1344, anno 1773, ff. 123-124.

[xxv] AVC, Platea del monastero di S. Chiara di Cotrone, 1823, f. 5.

[xxvi] Nel 1780, 1781 e 1782, è affittato a Paolo Massa con pagamento in Molerà; nel 1783, 1784 e 1785, a Gio. Battista de Mayda con pagamento in ogni fiera di S. Ianni; nel 1786, 1787 e 1788, a Bruno Fattizzi con pagamento in Molerà. AVC, Platea della Mensa Vescovile per il 1780 e parte del 1781, f. 2 sgg..


Creato il 14 Marzo 2015. Ultima modifica: 5 Maggio 2021.

Latest Comments
  1. leonardo gallucci

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

*