La soppressione del vescovato di San Leone

Scandale (KR), masseria Zurlo di località Gallopà dove sorgeva la cattedrale di San Leone. “La memoria di quel Vescovado si mantiene dall’altare fin d’allora già eretto dentro la Chiesa Metropolitana sotto il titolo di S. Leone e si veggono i vestigii si della Citta che della Cattedrale distrutte nel sito che volgarmente dicesi S. Leo della fico, poche miglia in distanza all’Est di S. Severina.” AASS, Fondo Arcivescovile, volume 84A, f. 24v.

Morto l’ultimo vescovo di San Leone, il lusitano Alvaro Magalene (1565-1566), e rimasto vacante il vescovato, il papa Pio V, nel maggio 1566, concesse l’amministrazione dei beni della chiesa di San Leone al nuovo arcivescovo di Santa Severina Giulio Antonio Santoro (1566-1572), promettendogli che, in seguito, sopprimerà il vescovato e lo unirà a quello di Santa Severina. Il nuovo arcivescovo ne prese subito possesso tramite il notaio Domenico Guarino.[i] La soppressione del vescovato e la sua unione a quello di Santa Severina però tardarono. Finalmente, il 27 settembre 1570, Pio V invia un Breve al vescovo di Umbriatico, Pietro Bordone, incaricandolo di visitare e di istruire il processo sulle qualità della chiesa di San Leone, che deve essere soppressa a causa della desolazione e dello spopolamento.

Il vescovo dovrà certificare la rovina e l’abbandono del casale e della chiesa e compilare il processo, prendendo atto dello stato “de praedicta ecclesia eiusque Civitate, Diocesi, clero, populo, statu, situ, conterminis, nec non beneficiis, proprietatibus, censibus, iuribus et actionibus”. In possesso del Breve, che gli spiana la strada per ottenere la soppressione del vescovato di San Leone e l’incorporazione dei suoi beni alla mensa arcivescovile di Santa Severina, Giulio Antonio Santoro, detto il Cardinale di Santa Severina, invia subito da Roma, in data 29 settembre 1570, le istruzioni per il suo vicario generale in Santa Severina, Giovanni Antonio Grignetta, in modo che si prepari in modo adeguato per l’imminente visita del vescovo di Umbriatico Pietro Bordone (1567-1578).

“Al Ven.m. Gioanni Enfosino Decano di S.ta Severina et amico n(ost)ro car.mo. / A S.ta Severina.

Instruttioni per il processo c’ha da fare mons. d’Umbriatico sopra il Vescovado di San Leo che si manda al R.do Gio. Ant.o Grignetta Vicario n.ro generale in Santa Severina.

Dal tempo che piacque a N. S. farmi Arcives.vo di Santa Severina trovandosi vacare la chiesa di San Leo, S. S.ta la volse unire, ma scordatasi in quel consis.ro disse volerlo fare un’altra volta massime dopo ch’io fussi costi et c’havessi potuto farne il processo nel conc.o Provinciale secondo il conc.o Tridentino sess. 24 de refor. g.rali cap. 13 Vocatis quor. interest non di meno all’hora medesima S. S.ta mi fece quel breve c’havete costi de colligere et conservare i frutti di San Leo, et queste per un interim all’Unione.

Hora vedendosi la cosa andare in lunga S. B.ne ha deliberato di procedere et cosi scrive un Breve al Vesc.vo d’Umbriatico che s’informi della Chiesa, Città, Diocese, Redditi, Frutti della chiesa di S. Leo accioche si possa risolver d’unirla a qualchuno per esser detto Vesc.o confidente di S. B.ne come sua Creatura.

La copia del qual Breve ve si manda qui inchiusa. Pertanto bisogna andare o mandare a detto Vesc.vo per presentarlo, et per condurlo a vedere il luogho di San Leo onde io credo sarà necessario condurlo in Santa Severina per far questo overo in Cutro o altro luogho della Diocese dove a voi parrà più opportuno perch’io non so li luoghi con sumministrarli le spese et farlo spedir quanto prima et così potrete fare o come meglio vi parrà.

Et se con questa occ.ne vi paresse far che desse nella n.ra diocese il sacram.to della confirmatione mene rimetto a voi avertendo pero che s’osservino le debite circunstanze conforme la rubrica del Pontificale et Conc.o Tridentino et il tuttoripongo in suo arbitrio.

Il Vesc.o predetto si pigli un Notaro sufficiente et che facci buona … ancor capace S. S. dell’animo anco ch’o di fare una chiesa nel luogho di San Leo se si potrà et una cappella nella chiesa n.ra dove si celebrasse quotidianamente ma perch’io non sò il luogho dove sia ne appresso che habitato non posso dir altro.

Quello che si ha da provare per l’Unione o suppressione sarà che la detta chiesa è rovinata à fundamentis,

Che non ha città alcuna / che non ha popolo / che non ha beneficii / che non ha diocese anzi ch’è dentro la dioc.se di Santa Severina. (ch’io sappia, ma se è altrimenti, che si deducha in processo)

Che il più vicino Vesc.do o chiesa è la metrop.na di S.ta Sev.na dalla cui città dista tre o quattro over sei miglia che siano, et ch’è nel territorio di detta città d’altra terra della terra della sua diocese.

Che li frutti son tenui, esigui, et pochi quali quasi non bastano ad un Prete non ch’ad un Vesc.vo et qua potrete far essaminare testimonii sopra li redditi, et beni si potran produrre li instrum.ti degli affitti.Et anco computare da fertile ad infertile che può valer ciascuno anno secondo i communi et generali prezzi.

S’ha da produrre nel processo copie autentiche, ascoltate con le le originali appresso del Comm.rio de beni et censi o altre cose di detta chiesa con avertir quelle de quali la chiesa n’è hoggi in poss.ne et di quelli che non, et cosi d’una Platea che l’archidiacono havra ricovrata da un Not.ro di Policastro de quei beni detta chiesa non è in poss.ne

Et così anco si puo dedurre il med.mo per testimonii per d’altre ragioni, et attioni d’essa chiesa et del resto far diligenza che questo processo venghi ben formato et finire la verità.

Sara bene che si esaminassero qualche testimoni di fuora di S.ta Severina, cioe che non siano della città per rimuovere ogni scrupolo di suspitione sopra questo breve non ho fatto pigliare l’essequat. per non havere di servire in contradictorio Judicio.

Per questo ne voi ne il detto vesc.vo non ne prenderete ombra ma attenderete all’essecutione.

Il processo me si mandi poi per via sicura per poterlo presentare a S. S.

Havrei charo tra l’altre una cosa che vedessino di ricovrar bolle et scritture appartenenti tanto alla detta n.ra Città quanto à quella di San Leo, et altri della Diocese per conservarli nell’Archivio n.ro ma il tutto destram.te tamq. aliud agens.

In reliquis supleat cum prudentia. Roma XXIX sept.ris LXX.

Iul. Ant. Card. et administrator S. S.nae.”[ii]

Arme dell’arcivescovo di Santa Severina Giulio Antonio Santoro (Ughelli F., Italia Sacra, VIII, 486).

Fine del vescovato

Il sette novembre 1571 su proposta del cardinale Marco Antonio Maffei era emanato un decreto della concistoriale, il quale stabiliva che la chiesa cattedrale di San Leone, “quae est solo aequata et nunc Pastore caret … una cum dignitate Episcopali, et aliis Episcopalibus insignibus perpetuo suppressit, et extinxit”. Sempre nel decreto si ordinò che fosse aggregata alla vicina chiesa metropolitana di Santa Severina, assieme alle giurisdizioni, ai beni ed alle rendite della sua mensa vescovile, che dovevano essere incorporate nella mensa arcivescovile.[iii]

Una bolla del papa Pio V emanata lo stesso giorno 7 novembre 1571, pur recependo la soppressione e l’unione del vescovato di San Leone alla chiesa metropolitana di Santa Severina, imponeva alcune condizioni, e cioè che a ricordo del vescovato, venisse eretta una grande croce sul luogo dove sorgeva la cattedrale e che fosse elevata una maestosa cappella intitolata a San Leone, nella cattedrale di Santa Anastasia Romana di Santa Severina.[iv]

La cappella sarà ben presto costruita, come si rileva dal privilegio concesso pochi anni dopo da Gregorio XIII (1572-1585). Il papa concedeva a chiunque celebrasse una messa “ad altare in cappella sub invocatione S.ti Leonis in ecclesia Metropolitana Sanctae Severinae constructa in locum Cathedralis ecclesiae S.ti Leonis, iam suppressae iuxta decretum suppressionis”, l’indulgenza per un’anima del purgatorio.

Santa Severina (KR), quadro raffigurante San Leone nella cappella del santo in cattedrale.

I confini del vescovato

Certo dell’imminente soppressione del vescovato, il Cardinale di Santa Severina già nei mesi precedenti aveva cominciato a creare le condizioni favorevoli, per condurre a buon fine una lite con i feudatari della zona, in modo da allargare i possessi ed i diritti della chiesa di San Leone. Aveva perciò incaricato il suo vicario di cercare, di reperire e di “fabbricare” scritture ed atti, che dimostrassero presunte usurpazioni ai danni della chiesa. Avutole, aveva poi ottenuto il permesso di riassumere alcune “scripture antique”, che a suo dire dimostravano i diritti usurpati della chiesa. Esse, infatti, per l’antichità si presentavano molto deteriorate e quasi indecifrabili. Tali documenti che, prima, erano presso il notaio Santoro de Santoro, erano ora in possesso di un suo fedele notaio, il quale ne avrebbe fatto copia.

In una richiesta in data 17 luglio 1571, indirizzata al Luogotenente generale commissario del Sacro Consilio, si legge: “Ill.ma et R.ma / S.r Procuratore del Cardinale di S.ta Severina supplicando V. s: Ill.ma et R.ma ve fa intendere come la chiesa del Vescovato de S.to Leo della Provintia di Calabria et diocesi di S.ta Severina tiene molte scripture antique quali per cauthela di detta chiesa et per conservatione di soie ragioni bisognaria reasumersi et ridure in publica forma non potendosi fare senza licenza di V. S. Ill.ma et R.ma. Perche sono morti li notari et testimonii la suplica sia servita commettere al S.re Antonio Orefece com.rio spetiualmente deputato per V. S. Ill.ma et R.ma in le cause del detto Cardinale che servatis de jure servandis proceda ad fare reasumere et redure in forma publica le predette scripture et il tutto havera gratia singularissima ut Deus”.[v]

Lettera inviata da Roma a Giovanni Infosino di Santa Severina dal cardinale Giulio Antonio Santoro il 29 settembre 1570 (AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 18B).

Convalida delle antiche scritture

Il 9 novembre 1571 in Mesoraca, il notaio Gio. Tommaso Bonofilio della terra di Cutro ma abitante in Mesoraca, attuario deputato dal capitano di Cutro Domenico Gio. Vincenzo Lancelotto, commissario deputato dal Sacro Consilio ad esaminare i testi per riassumere le scritture del vescovato di San Leone, ritrovate in possesso del predetto notaio, ad istanza del cardinale di Santa Severina, iniziava a raccogliere le deposizioni dei testi.

Questi, tutti i Mesoraca, furono i preti Giovanni Rizzuto, Giovanni Curcio e Francesco Tropiano, assieme ai nobili Giacomo e Gio Francesco Caivano. Tutti deposero dopo aver giurato, ed i religiosi dopo avere avuto il permesso dal vicario generale di Santa Severina. Essi affermarono che i documenti costituiti da “due exequtorii regii, uno atto di pigliata de possesso delle robbe, et vescovato di S.to Leo, et in suo beneficio, et altre scripture”, parte erano state scritte per mano del notaio Santoro de Sanctoro della terra di Mesoraca e parte da altra mano, e che in questi atti “ce sono alcune limeture et postille come e quelle se puo vedere et appare et anco parte lacerate per esserno scripture antique”. Affermarono inoltre, che il pubblico e regio notaio Santoro era un uomo onesto e degno di fede e che il notaio, il giudice ed i testimoni, che comparivano descritti e notati nelle scritture, erano morti e quindi non potevano testimoniare.[vi]

I documenti

Tra i documenti, alcuni dei quali di dubbia autenticità, vi era la richiesta da parte del vescovo Joannes Bonifatio (1490 – ?) di reintegrazione del feudo e di alcuni territori appartenenti al vescovato di San Leone. Il 4 giugno 1495 in Santa Severina, Jacobo de Comite, capitano delle regie armi e generale commissario nella provincia di Calabria, accoglieva la petizione fattagli dal vescovo di San Leone Joannes Bonifatio, il quale faceva presente la spogliazione avvenuta nel passato, durante i vescovi predecessori, della tenuta e possesso del feudo di San Leone e di alcune culture, cioè della “Valle dell’Episcopo, della “Valle della Mortilla” e della cultura chiamata “dello Salvatore”, che erano situate sia nel feudo, che nel tenimento delle città di Santa Severina e Crotone.

La richiesta del vescovo era accompagnata da documenti autentici. Fu perciò incaricato l’esimio dottore in legge Don Francesco de Graniani, il quale in qualità di commissario deputato doveva recarsi personalmente nel feudo e nelle culture per procedere alla reintegra. Il Graniani a sua volta, notificò a Nardo Fagliadaro l’ordine pervenutagli dal De Comite, e gli ordinò di citare gli usurpatori dei beni del vescovato di San Leone che erano Giovanna Ruffo e Francesco di Sanfelice.[vii]

Arme della famiglia San Felice (da biblioteca estense.beniculturali.it).

Il reale possesso

Il 26 agosto 1572, tramite il suo procuratore e vicario generale Don Antonio Grignetta, il Cardinale di Santa Severina, l’arcivescovo Giulio Antonio Santoro, ne prendeva reale possesso. In quel giorno il sacerdote Alfonso de Rasis di Santa Severina, arciprete del casale di San Mauro e notaio per autorità apostolica, convocati alcuni testimoni, su richiesta del procuratore del cardinale, si recò assieme al procuratore ed ad una decina di testimoni nel vescovato di San Leone, che era posto a circa sei miglia in tenimento di Santa Severina presso la gabella detta di San Leo.

Il reverendo Antonio Grignetta, dopo aver mostrato l’atto di procura e la bolla di soppressione, a nome del suo principale prese reale, personale e pacifico possesso del vescovato, dove c’era l’episcopio in abbandono ed ormai ridotto ad un cumulo di macerie, “lapides movendo per ipsum deambulando”, con i suoi diritti, frutti, rendite, proventi, e poi della proprietà fondiaria del vescovato, costituita da un’unica gabella detta “La manca dello Episcopo de S. Leo”. Qui egli strappò l’erba, spezzò alcuni rami e fece tutti quegli atti che dimostrano il pieno, reale e pacifico possesso. Dopo aver fatto valere i suoi diritti sul vescovato, che era privo di popolo, di clero e con rendite che non arrivavano a 25 ducati annui, e sulla gabella, il procuratore dell’arcivescovo chiese al notaio che della presa di possesso ne facesse uno o più atti.[viii]

Scandale (KR), panorama visto da Gallopà.

La lite continua

All’arcivescovo Giulio Antonio Santoro seguì nel gennaio 1573 il fratello Francesco Antonio Santoro, il quale proseguì nel tentativo di allargare i suoi possedimenti ed i suoi diritti sul feudo di San Leone. Le scritture riassunte dal notaio Gio. Tommaso Bonofilio, furono in seguito consegnate a Gio. Antonio Grignetta. Il Grignetta, già vicario generale e procuratore dell’arcivescovo Giulio Antonio Santoro, aveva continuato ad esercitare le sue funzioni al servizio del nuovo arcivescovo di Santa Severina Francesco Antonio Santoro.

“Io Gio. Antonio Grignetta procuratore dell’Ill.mo et R.mo Monsignor Francescantonio Santorio Arcivescovo di S.ta S.na et suo vicario generale declaro per la presente havere receputo dal mag.co Gio. Tomaso bonofilio le infrascritte scritture videlicet.

Una commisione spedita sub die 4 Iunii 1495 in Santa Severina per lo quondam Mag.co Iacovo Conte ad morum regens Reg.te Re Ferrante con sigillo magno in cera russa expedita ad istantia de lo Illmo Monsig.r di Santo Leo nomine Ioanne Bonifatio con la presentata dosso sub die 6 Iunii 1495 in fide.

Una provisione expedita per lo mag.co quondam fra.co di granianis generale auditore et commissario in questa causa expedita in S.ta S.na sub die sexto Iunii XIII Ind.e con sigillo piccolo con relatione et atti indosso in folio uno decreto delo possesso et atti subsequenti in folio lacerato con testimoni et giudici notati indosso.

Una copia de platea delo vescovato di Santo Leo et suo territorio et gabella con uno atto subsequente de presentata di privilegi per lo quondam Govello di Santo felice Barone della mendolara et di S.to Leo sub die 1419 regnante d.na N.ra Donna Ioanna in mezzo foglio.

Item altri atti sub anno 1493 in casali S.ti Leonis ad preces R.mi Episcopi Santi Leonis de civitate squillaci in folio manu N.ii q.m Santoro di Santoro de t.ra Mesoraca mastrodatti in la p.nte causa in folio et sono tutte scritte e non scritte carte nove dico VIIII.

Quale sop.te scritture il detto mag.co Gio. Thomasio me l’ha consignate in virtu d’uno ordine del sacro Regio Consiglio di Napoli et del Sig.r Ant.o Larifice commissario della ca. et in fine del vero et a cautela del preditto mag. Gio. ne l’ho hatta la p.nte sotto scritta di mia propria mano et sigillata del solito sigillo di detto Ill.mo Mansig.r Arcivescovo data in la città di S.ta S.na di XVIII nel mese di frebaro 1575.

Io Gio. Ant.o Grignetta affirmo ut sup.a.”[ix]

Arme dell’arcivescovo di Santa Severina Francesco Antonio Santoro (Ughelli F., Italia Sacra, VIII, 488).

Il feudo di San Leone

Il feudo di San Leone fin dal periodo angioino, era un possesso dei San Felice, i quali lo deterranno per tutto il Quattrocento.[x] Solamente all’inizio del Viceregno Giulio e Diomede di San Felice ne rimarranno spogliati per aver militato per i Francesi contro re Ferdinando il Cattolico.[xi]

San Leone con i due feudi disabitati di Torrotio e Scandale passò nel 1513 in potere del conte di Santa Severina Andrea Caraffa[xii] e vi rimase, anche se Giulio di San Felice cercò con una lunga vertenza giudiziaria di contestarne il possesso.[xiii] Alla morte di Andrea Carrafa il “corso di S. Leo”, che faceva parte della contea di Santa Severina, passò al nipote Galeotto Carrafa. Alla sua morte, avvenuta nel 1556, la contea passò al figlio Andrea e quindi, nel 1569, pervenne al figlio di quest’ultimo, Vespasiano.[xiv] Ancora pochi anni ed il titolo vescovile sarà soppresso.

Arme di Vespasiano Carrafa conte di Santa Severina (da Scipione Mazzella, 1586) e arme esistente nella cappella di famiglia in San Domenico Maggiore a Napoli.

Descrizione dei confini del feudo

Tra le antiche scritture fatte ricopiare per ordine del Cardinale di Santa Severina, vi era una  “Platea Santi Leonis”, datata 2(?) agosto 1419 regnante Giovanna II. Molto probabilmente la platea fu ricavata dall’“Inventarium bonorum feudorum S.ti Leonis Ferracii et Scandalis in anno 1419”, che risulta annotato nell’“Inventarium Priveligiorum” della chiesa di Santa Severina.

“In primis incipit a valle condarcudi et vadit ad vallem Ioannis cafoni et confinat in sibi cum tenimento casalis apriliani deinde vadit per medium cristae serrae quae dicitur meza ricotta et vadit ad vineam Guglermelli de Palma de santo leone et ferit ad timpam rubeam et deinde ascendit et vadit ad viam publicam et ad petram perforatam quae via venit de foresta Rugeri de lentio et vadit per viam predictam et ascendit per vallonem superius et vadit ad Ecclesiam Santi Armilionis et deinde vadit et ferit ad vallem Aliciem et confinit in ibi in tenimento casalis crepacordis et vadit recte ad terras quae dicuntur delo rige et in ibi confinit cum tenimento eiusdem casalis crepacordis et deinde vadit et ferit ad serras quae dicuntur de sieri Raone et vadit ad parvam gulteri et deinde vadit et ferit ad ecclesia Santi Antermi deinde descendit et ferit ad serras Vulturi et ferit ad vallonem Maumici et deinde ascendit in serrae propriae et deinde descendit et ferit ad vallonem sicchere et deinde descendit et vadit ad vallonem qui descendit de visagera et deinde descendit et ferit ad collam Sanctae Margaritae et ferit ad predictam vallem condargudi primum confinem praedictae vallis condarcudi”.[xv]

I luoghi in cui si estendeva il feudo di San Leone. Particolare del F. 570 Crotone della carta d’Italia 1:50.000 dell’IGM.

I confini al tempo di Andrea Caraffa

In un inventario di reintegra di beni, compilato al tempo del conte di Santa Severina Andrea Carrafa, il feudo risulta così confinato:

“Feudum S.ti Leonis

Feudum S.ti Leonis situm et positum in territorio Civi.tis p.tae S.tae S.nae limitatur sic. Incipiendo ab oriente à valle condarcuri.. inter dictum tenimentum et tenimentum de lo vituso et asc(endendo) ferit ad cristas mediae ricoctae et vadit cristas (cristas) usque ad vallem quae est de directo in frontispitio versus occidentem ad timpam russam quae est ultra vallonem S.ti Leonis et à dicta valle descendit et ferit ad terminum magnum dividentem dictum territorium et terras ber.ni protospatarii de cotrono et ferit per directum ad dictam timpam russam et à dicta timpa ascendit ad serras ad viam publicam quae venit da la garruba et per dictam viam volvendo versus occidentem vadit per serras serras et ferit ad viam publicam quae venit à tenimento Fotae versus dictum tenimentum S.ti Leonis et à dicta via (valle) volvendo versus boream descendit per quemdam cavonum siccaneum per directum ad vineale S.ti Leonis existens prope vallonem Licinae qui venit à dicto tenimento fotae, et ab inde ferit terminum dividentem terras de licina quae sunt D.ni Guidonis Sirsalis de cosentia existentes in dicto tenimento S.ti Leonis territorio S.tae Severinae et terras Jo: Antonii pipini de cotrono et continuando per dictum terminum ascendit ad serras dictarum terrarum licinae et per dictas terras de licina et dictum tenimentum fotae ubi dicitur la valle delo riyo et remanentibus dictis terris de … in dicto tenimento S.ti Leonis transit dictum vallonem descendentem et à fota et ferit ad terminum dividentem dictum tenimentum et terras ber.ni protospatari et per dictum ter.rium descendendo ferit ad serras de gallupa et per dictas serras de gallupa ferit ad collem dictam de la valle de lo episcopo quae est in tenimento fotae et ferit ad viam publicam per quam itur ad passum de mauritio et ferit ad dictum passum de mauritio et à dicto passo transit vallonem de mauritio et ascendendo ferit ad collem nuncupatam la valle de la fico gullarica et per viam perseverando descendit et ferit ad locum dictum lo basso de lo cutugno et per dictum vallonem et passum descendendo ferit ad locum dictum lo passo de gullo ubi et iungitur vallonus siccaneus siccaneus qui descendit da trincono nigro et per dictum vallonem siccaneum ascendendo versus occidentem vadit et ferit ad terminum dividentem terras curiae dictas de troncone nigro et de gullo et per dictum terminum ascendendo versus meridiem ferit ad serram dictam de lo vulturo et à dicta serra descendendo versus meridiem per cavonum siccaneum vadit et ferit ad locum ubi dicitur drago als le furche ubi confinant terrae heredum pauli infosini tenimentum feudi s.ti mauri et tenimentum casalis s.ti joannis minagò et ab inde descendit per limitem terrarum dictorum heredum et gabellae dictae curiae quae dicitur gullo ferit ad serra versus meridiem et per serras serras vadit et ferit ad ecclesiam s.ti joannis de gullo et à dicta ecclesia continuando per limitem p.tum dividentem terras dictorum heredum et terras dictae gabellae de gullo vadit et ferit ad … de casale s.ti joannis et transit dictam viam … et vadit et ferit ad viam qua itur ad casale … et per dictam viam vadit et ferit ad collem … à … ubi confinat tenimentum vitusi et ab inde descendit per serras manchae nominatae de lo episcopo vadit et ferit ad ecclesiam s.tae Margaritae et ab inde per cristas cristas ferit ad collem dictam de lo sovarello et descendit per cavonum siccaneum et ferit ad terminum magnum dividentem tenimentum p.tum s.ti leonis et tenimentum de lo vituso et per dictum terminum vadit et ferit ad viam pub.cam quae est in colle de condarcudio unde fuit initium et concludit.”[xvi]

I luoghi in cui si estendeva il feudo di San Leone. Particolare del F. 238-III “Crotone”, della Carta d’Italia 1:50:000 (U.S. Army 1943, copiata da una mappa italiana del 1896).

Le gabelle del feudo

Le gabelle che secondo il tentativo di reintegra, appartenevano al feudo erano: la gabella de Condarcuri, la gabella de S.to Leo, la gabella de Falconerio, la gabella de Mauritio, la gabella de Gullo, la gabella de S.ta Domenica, la gabella Mancha delo Episcopo, e due vignali.

“In p.s gabella una nominata de Condarcuri posita intus tenimentum feudum p.ti limitatur sic. Incipiendo ab oriente à vallone S.ti Leonis ubi d.r la serra russa seu timpa russa et seguendo vallonem vallonem dividentem dictam gabellam et gabellam nominatam de S.to Leo ex parte boreae ferit ad passum dictum de ponte in quo passo confinat cum mancha dicta de lo episcopo et continuando per cristam cristam ubi est ecclesia Sanctae Margaritae vadit ad serram altam ubi dicitur foresta de s.to Leo à parte occidentis et se(guendo) per dictam serram ferit ad locum dictum de lo sovarello ubi confinat cum tenimento vitusi et ab inde  (de)scendendo ferit ad frassum magnum ubi est via qua itur ad casale de papanicefore et à dicto frasso ascendendo per cristam cristam ferit ad serram de mezzaricotta in quo loco confinat cum terris de famareda et per dictam  serram de mezzaricotta descendendo per terminum terminum dividentem terras dictae gabellae et terras quae fuerunt fulci de trono de cotrono et ferit ad vallonem s.ti leonis vel timpa russa unde habuit principium et concludit quae gabella est salmatarum sexaginta vel circa et solet locari ad usum gabellae per salmis quatraginta una anno quolibet q.n plus q.n minus.

Item gabella alia nominata de s.to leo salmatarum septuaginta vel circa confinatur modo sub.to: Incipiendo ab oriente à colle de s.ta D.nica et ascendendo per vallonem vallonem de Pantanizi dividentem terras gabellae p.tae et terras gabellae S.tae Domenicae ferit ad aquam de gallupa à parte boreae et à dicta aqua de gallupa vadit per terminum serram serram de gallupa versus occidentem ubi confinat cum gabella de mauritio et descendendo ferit ad vallonem de mauritio ubi confinat cum gabella nominata de falconerio à parte occidentis et discurrendo per dictum vallonem de mauritio ferit ad passum de mauritio ubi est via p.ca qua itur cotronum et descendendo per dictum vallonum vadit et ferit ad locum ubi iunguntur (vallonus) de mauritio et vallonus de falconerio à parte me(ridie) confinat cum mancha dicta de lo episcopo et à dicto … scurrendo deorsum per dictum vallonem vadit et ferit ad collem de S.ta D.nica primum confinem et concludit et solet vendi dicta gabella annuatim ad usum massariae pro salmis quatraginta quinque q.n plus q.n minus.

Item gabella nominata de falconerio salmatarum octuaginta vel circa culturarum et inculturarum quae sic confinat. Incipiendo ab oriente à passo dicto de mauricio et per vallonem ascendendo ferit ad viam quae venit de la colle de lo episcopo de s.to Leo et per dictam viam vertendo versus occidentem vadit ad collem dictam de la fico gullarica et ab inde continuando per viam pub.cam vadit et ferit ad locum dictum lo passo de lo cutugno ad vallonem dictum de lo cutugno vertendo versus meridiem vadit et ferit ad locum dictum lo passo de gullo et per eumdem vallonem vadit et ferit ad passum dictum de la carcara et continuando per dictum vallonem vadit et ferit ad passum de falconeri et per dictum vallonem de falconeri vadit et ferit ad dictum passum de maurice ubi iunguntur vallonus p.tus de maurice et vallonus de falconeri ubi fuit initium et concludit quae solet locari annuatim (per) usum massariae pro salmis quatraginta sex grani q.n plus q.n minus.

Item gabella alia nominata de mauritio salmatarum viginti vel circa culturarum et inculturarum quae sic confinatur ab oriente incipit à valle dicta de lo episcopo et ferit ad gabellam dictam de s.to leo mediante termino et exit ad serram dictam de gallupa et per dictam serram vadit et descendit ad vallem dictam de lo episcopo versus boream ad viam publicam et per dictam viam vadit et ferit ad vallonem dictum de maurice versus occidentem descendendo per dictum vallonem versus meridiem ferit ad terras gabellae p.tae de s.to leo mediante termino et ab inde ascendit ad dictam serram de gallupa per directum ad terminum et per dictum terminum vadit et concludit quae locari solet annuatim grani salmis tres decim q.n plus q.n minus.

Item gabella alia dicta de Gullo salmatarum nonaginta vel circa quae sic confinat.

Incipiendo ab oriente à colle dicta de lo vituso et descendit per terminum dividentem mancham dicta de lo episcopo et terras dictae gabellae et ferit ad vallonem de falconeri à parte boreae et seguendo dictum vallonem deorsum à parte boreae ad passum de gullo ubi iungitur vallonus de troncone nigro ferit ad locum ubi dicitur la mancha de cola riso ubi dividuntur terrae curiae dictae de troncone nigro et terrae dictae gabellae de gullo mediante termino et ascendendo per dictum terminum à parte occidentis ferit ad serras … vulturo et ab inde descendendo versus meridiem.. siccaneum ubi dividuntur terrae curiae et terrae eccelsiae S.tae Anastasiae et ferit ad furcas ubi confinat cum terris heredum Pauli Infosini cum tenimento S.ti Mauri et cum tenimento S.ti joannis Minagò in loco ubi dicitur drago et à a dictis furcis continuando per serram serram à parte meridiei per limitem ubi confinat terrae dictorum heredum pauli infosini cum terris dictae gabellae de gullo et à dicta ecclesiam s.ti jo. de gullo et à dicta ecclesia continuando terminum p.tum terrarum ipsius gabellae et terrarum dictorum heredum ferit ad viam venientem à casale s.ti joannis minagò et transit per directum dictam viam de s.to joanne et sequitur viam euntem ad casale de papanicefore ubi dividitur et sequendo  dictam viam ferit ad collem dictam de puzillo iux.a tenimentum vitusi et à dicto loco de puzillo descendit per vallonem vallonem siccaneum et ferit ad collem delo vituso primum confinem et concludit quae gabella solet locari annuatim prograni salmis triginta duabus q.n plus q.n minus.

Item Gabella una nominata de S.ta Domenica concessa in feudum per ill. D. Comitem civitatis p.tae S.ae Sever.ae quondam joanni de mezzaroma de civita ruparella quae limitatur sic. Incipiendo ab oriente da le timpe russe sup.a vallonem s.ti Leonis et ferit.. viam publicam quae vadit per serras sup.a dictam timpam et per dittas terras continuando vadit et ferit ad terras ber.ni prothospatari aqua fundenti versus tenimentum s.ti leonis et ferit ad serras de gallupà et à dictis serris de gallupà descendit ad cavonum et per dictum cavonum discurrendo ferit ad collem de s.ta domenica et à dicta colle vadit per serras et ferit ad vallonem descendentem à s.to leone et per dictum vallonem descendendo ferit ad dittam timpam russam primum confinem et concludit quae gabella est capacitatis salmatarum sexaginta par. plus vel minus et solet vendi salmis quatrag.ta grani annuatim.

Item intus dictum tenimentum feudi p.ti S.ti Leonis est vineale unum capacitatis thumulatarum duarum vel circa ab oriente iux.a terras quas tenet jo: antonius pipinus à borea iux.a vallonem discendentem da fota ab occidente iux.a terras jo: raymondo de s.to felice à meridie iux.a viam publicam quod vineale est ecc.ae s.ti leonis p.ti.

Item aliud vineale eiusdem ecc.ae positum intus tenimentum p.tum thumulatarum quattuor vel circa et prope intus terras  m.ci D. guidonis sirsalis nominata de licina q.d est limitatum prope serras d.tarum terras de licina.”[xvii]

Scandale (KR), panorama presso Gallopà.

La chiesa di San Leone e la gabella “Manca del Vescovo”

Tra le gabelle del feudo di San Leone descritte nell’atto di reintegra al tempo di Andrea Carrafa, vi è anche la gabella “Manca del Vescovo”. La descrizione dei confini ci dà l’esatta indicazione di dove era situata la chiesa vescovile di San Leone che, all’inizio del Cinquecento, risulta già “diruta”.

“Item est quaedam continentia terrarum salmatarum viginti vel circa cum multis pedibus quercuum ipsius ecclesiae quae sic confinat oriente iux.a quamdam ecc.am dirutam nominatam S.to leo… et à dicta ecc.a à borea descendit versus occidentem vallonem currentem dictum de sicla et per dictum vallonem versus meridiem ferit ad collem delo vituso et volvendo per dictum collem versus orientem per serras serras s.tae margaritae descendit ad dictam ecc(lesi)am dirutam et concludit quae gabella nuncupata la mancha de lo episcopo”.[xviii]

La gabella “Manca del Vescovo”

Nonostante i tentativi del feudatario la gabella Manca del Vescovo rimase in possesso dell’arcivescovo, il quale tramite il suo procuratore, la affittava a semina: “La gabella detta Manca del vescovo, posta nel territorio di Santa Severina, confinata con la gabella di S. Leone, con la gabella di Condarcuri, con la gabella dello Vituso e con la gabella di Gullo al presente sta affittata a Paolo Lupo del casale di Papanicefora per tumula ottanta quatro di grano alla misura grossa condotto in Cutro nell’anno 1577 dico tt.a 84”.[xix]

“La gabella detta Manca del vescovo posta nel territorio di Santa Severina confinata con la gabella di S.to Leo con la gabella di Condarcuri con la gabella dello Vituso e con la gabella Gullo si suole affittare tt.a novanta l’anno”.[xx] Quando era affittata a pascolo, essa era unita alle gabelle vicine appartenenti al feudatario, il quale si incaricava anche di affittarle ai mandriani. Per tale motivo sarà oggetto di ricorrenti liti tra il feudatario e l’arcivescovo. Le liti riguardavano il diritto di decima, che l’arcivescovo voleva esigere non solo sulle pecore, ma su tutti gli animali al pascolo. Tale diritto era avversato dal feudatario, quando le gabelle erano affittate a pascolo di buoi e vacche, come risulta dalla testimonianza di alcuni mandriani.

Il 10 gennaio 1602 Fabio de Romano ed altri dichiararono che “alcune gabelle dentro il curso di Santa Severina quando si vendino ad erbaggio di boi ò di vacche sonno obligati pagar la decima alla mensa arcivescovile” e, a prova di quanto affermava, aggiunse “che li anni passati havendo comprato ad erbaggio di boi et vacche per dui anni le gabelle di Santo Leo, Cundarcurio et Manca del Vescovo insieme con Marco Antonio Pedaggio, Salvatore Santo di Nicastro et Geronimo Grisafo, dal S.r Conte di Santa Severina li furno vendute le supraditte gabelle franche di decima et essendoli stata cercata dopo la decima dal Gio. Antonio Telese, procuratore della mensa arcivescovile, loro ricusarono di pagarla et essendo andati dal S.r Conte per referirli detto negotio di decima fu ordinato dal detto S.r Conte che andassero ad accomodarsi con detto procuratore di detta decima che lui la faceva bona allo affitto et così loro andarono dal detto procuratore et pagarono la decima et lo detto S.r Conte li fe bona allo affitto quel che pagorno per detta decima allo detto procuratore”.

Un’ulteriore lite vide di fronte l’università di Scandale e l’arcivescovo sul diritto di sbarro. La mensa arcivescovile affittava la gabella come camera chiusa ai pecorai fino all’otto di maggio, mentre “secondo l’antico costume” il sindaco e gli eletti di Scandale erano soliti il primo aprile sbarrare le gabelle, site nel loro distretto. Nell’aprile 1711 i pecorai che avevano avuto in fitto la gabella Manca del Vescovo dall’arcivescovo Carlo Berlingieri, protestarono perché il sindaco, gli eletti ed i cittadini di Scandale sbarrarono la gabella, in quanto soggetta al corso. Dopo aver opposto resistenza, i pecorai dovettero cedere agli sbirri degli Scandalesi, i quali introdussero i loro “bovi, vacche, capre e porci”. I pecorai si rivolsero allora all’arcivescovo, facendo presente che essi avevano affittato la gabella come camera chiusa e prato per gli agnelli fino all’otto di maggio. L’arcivescovo allora incaricò l’arciprete di Scandale di indagare e scomunicò coloro che avevano introdotto gli animali.

Note

[i] “Instrumentum captae possessionis Ep.tus Sancti Leonis per egregium Not.m Domenicum Guarinum sub die maii 1566.” AASS, Fondo Arcivescovile, volume 2A, f. 13.

[ii] AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 18B.

[iii] Scalise G.B. (a cura di), Siberene, Cronaca del Passato per le Diocesi di Santaseverina – Crotone – Cariati, 1999, p. 115.

[iv] Bulla S.D.N. P.ii Pape V in anno 1571 per quam Episcopus S. Leonis supprimitur et eius redditus applicantur Archiep.ui S.tae S.nae”. AASS, Fondo Arcivescovile, volume 2A, f. 13v.

[v] AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 18B.

[vi] AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 18B.

[vii] AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 18B.

[viii] AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 18B. Per San Leone, in Siberene, Cronaca del Passato per le Diocesi di Santaseverina – Crotone – Cariati, 1999, a cura di Scalise G. B., p. 115.

[ix] AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 18B.

[x] ACA, Cancillería, Reg. 2904, ff. 242v-243v.

[xi] Fiore G., Della Calabria Illustrata, III, p. 327.

[xii] Con Regio Assenso del 18.11.1513 Andrea Carrafa acquisì i feudi spopolati di S. Leone, Torrotio e Scandale. Maone P., San Mauro Marchesato e le sue vicende attraverso i secoli, Mancuso Catanzaro, 1975, p. 106.

[xiii] Caridi G., Chiesa e società in una diocesi meridionale, Falzea Ed. 1997, p. 108.

[xiv] ASN, Ref. Quint. vol. 207, ff. 78-122.

[xv] AASS, Fondo Capitolare, cartella 10D fasc. 4, f. 17. Fondo Arcivescovile, cartella 18B.

[xvi] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 1A, ff. 40-41v.

[xvii] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 1A, ff. 41v-44.

[xviii] AASS, Fondo Arcivescovile, volume 1A, ff. 44-44v.

[xix] AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 13B, Platea Mensa arcivescovile 1576/1577, f. 80v.

[xx] Platea Mensa arcivescovile di S. Severina, 1661, f. 89.


Creato il 10 Febbraio 2015. Ultima modifica: 18 Maggio 2023.

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