L’importanza della neve a Crotone

Paesaggio silano innevato.

“La neve non è solo un refrigerio ne’ mesi estivi, cioè da giugno a tutto settembre, ma è una medicina salutare per le malattie biliose, e gastriche che dominano in tale stagione”.[i] Nel 1874 a Crotone vi era la Piazza della Neve, che confinava con la strada Francesco Antonio Lucifero con il Vico I della Neve, ora Vico Greci, e con il Vico II della Neve, ora via Menandro. Ancora di recente troviamo nello stradario di Crotone piazza Neve Vecchia e Via Neve Vecchia.

Crotone, “Piazza della Neve” detta piazza della Neve Vecchia.

Le neviere della Sila

La Bagliva e le neviere della Regia Sila erano uno dei tanti diritti regi. Il Regio Secreto, regio ufficio fiscale, vigilava sulla riscossione dello “Ius della neve”. Il Regio Fisco lo appaltava ad un conduttore, il quale godeva dello Ius Prohibendi in tutti i luoghi della Calabria. Il contratto di appalto delle neviere della Regia Sila aveva di solito una durata di sei anni, con pagamento annuale in tre rate. Dal “Conto di Diego L’Ammirata Amministratore e Cessionario dell’Affitto del Jus prohibendi delle Neviere delle due Province di Calabria”, sappiamo che egli aveva preso in fitto dalla Regia Corte l’affitto delle neviere per sei anni, dal primo Giugno 1732 all’ultimo di maggio del 1738 e che, nell’annata 1734/1735, le entrate erano state di ducati 1650, che egli aveva versato alla Regia Corte in tre rate da ducati 550.[ii]

Per il largo uso della neve come bene essenziale per la popolazione, soprattutto nei mesi estivi, durante il Settecento l’arrendamento delle regie neviere della Sila fu regolato da leggi e capitoli. Di queste norme ne troviamo già traccia in un bando del 1715, rinnovato nel 1733, e poi nell’anno seguente. In seguito per dirimere controversie e regolare i rapporti tra affittuari della Regia Corte, baroni, università e fisco, furono emanati altri decreti regi.[iii] Sovente il conduttore, che si era aggiudicato l’appalto del monopolio della vendita della neve in tutta la Calabria, entrava in lite con i feudatari, i quali non riconoscevano tale diritto nei loro territori silani.

È il caso del Principe di Cariati e di altri baroni i quali, fin dal 1756, ebbero una lite col conduttore. Quest’ultimo che intendeva estendere la sua giurisdizione in tutti i luoghi della Calabria, trovò infatti l’opposizione dei baroni e delle università, i quali dichiararono che, da sempre, non era riconosciuto ed applicato questo diritto. Nella causa tra il Regio Fisco ed il conduttore della neve delle due Calabrie da una parte, ed i baroni, tra i quali il Principe di Cariati ed il Principe di Scilla, fu stabilito che “liceat enunciatis illustribus baronibus extrahere, et contractare nives praedictae de uno feudo in aliud feudum diversae jurisdictionis tantum”.

Dopo questo decreto i baroni continuarono come per il passato a contrattare e vendere la loro neve senza trovare alcun ostacolo fino al 1769. In quell’anno si aggiudicò l’appalto per sei anni, dal primo gennaio 1769 al 31 dicembre 1775, Giuseppe Golia e iniziò una nuova causa, che vide nuovamente di fronte il conduttore ed i vecchi baroni. Il nuovo conduttore, infatti, voleva “esigere dalle Università, e particolari delle due Provincie di Calabria che si vogliono servire volontariamente dell’uso della neve, la licenza di carlini cinque a soma di neve, che si consuma dalle Università, e particolari”.[iv] Dopo l’occupazione francese e la soppressione del feudo, vennero meno gli appaltatori della Regia Sila e l’obbligo delle università di rifornirsi di neve. La formazione, conservazione, gestione delle neviere e vendita della neve divennero un fatto commerciale privato.

Crotone, piazza della Neve Vecchia.

Dalle montagne alle città

Dall’atto di acquisto fatto nel 1711 da Giovanbattista Filomarino, Principe di Rocca d’Aspro, della terra di Policastro, (attuale Petilia Policastro) che apparteneva a Carlo Caracciolo, Duca di Belcastro, sappiamo che, tra i suoi beni burgensatici, vi erano “le fosse situate nella montagna, dove si può riponer’ neve, quali sono similm(en)te sono burg(ensati)che”.[v]

Durante il Settecento negli apprezzi e nei conti delle università del Marchesato di Crotone, non manca mai un riferimento o una spesa riguardanti la presenza o l’approvvigionamento della neve. Nell’apprezzo del feudo di Verzino, eseguito dal tavolario Giuseppe Pollio nel 1760, troviamo che nel casale di Savelli e nella terra di Verzino, tra i corpi e rendite feudali, vi era lo “Ius delle neviere”, e gli abitanti compravano la neve nella pubblica piazza: “tengono anco delle proviste per loro uso, e comodo così del vino, oglio, formaggi, como d’ogn’altro bisognevole, giusta la loro possibilità, non vi è il jus prohibendi, ed anco vi è il comodo della neve in tempo estivo, che si vende nell’istessa piazza e nella Terra di Verzino essendovi anche il commodo di comprar la neve ne’ tempi estivi”.[vi]

A Crucoli tra le uscite dell’università è segnato nel 1741: “per licenza del comodo della neve in Cosenza annui ducati 7”,[vii] che saliranno nel catasto onciario del 1784 per “Licenza della neve, ed al venditore ducati 22”.[viii] A Rocca Bernarda “pello setto delle neviere Prov.ni ducati 20:50.”[ix] A Strongoli “Per il setto della neve in questo anno convenuti per docati 10:00”.[x] A Rocca di Neto “All’affittuario della Regia Sila per lo setto della neve per comodo di questa Università ducati 20”.[xi] A Belvedere Malapezza “per appaldo della neve ducati 8”.[xii] Ecc.

Paesaggio silano innevato.

Il commercio

Dalle montagne di Policastro[xiii] verrà il rifornimento di neve per le popolazioni di Crotone e dei paesi vicini. La neve accumulata d’inverno nelle fosse, era messa in sacchi di panno di lana rustica detta “arbascio”. Caricata sui muli, essa era condotta dai vaticali dalla neviera verso gli abitati della marina. Il lungo viaggio di solito avveniva di notte per non esporre il carico alla calura; tuttavia, un mulo, che era stato caricato con circa 160 rotoli di neve, ne portava a destinazione circa 110.[xiv]

Il calore estivo e l’estrema deperibilità erano causa dello scioglimento veloce, così una volta giunta a destinazione “una salma di neve di 110 rotoli non venduta nel corso della giornata si trova scemata di metà nel giorno seguente”. Per rallentare lo scioglimento, la neve era stipata in luoghi bui ed in buche profonde, e spesso veniva salata e avvolta in “loppa, gluma, ed in paglia”.[xv]

Come la pece ed il legname anche la neve fu un bene ricercato della Sila. Le università la reputarono un bene essenziale, usata anche come aiuto per fronteggiare le febbri malariche e invernali. Fin dalla primavera le università stipulavano contratti annuali con i fornitori, al fine di rifornirsi di neve per la popolazione soprattutto nei mesi estivi. Già nel Seicento esse mettevano in bilancio somme destinate “per la neve della Regia Sila e per la persona destinata a venderla nei mesi estivi per refrigerio e cura di alcune malattie dei cittadini”.[xvi]

A Cirò “i vaticali paesani avevano l’obbligo del trasporto: se ne faceva una lista, e se ne stabiliva a sorte il turno. Il venditore che conosceva tal turno, mandava per mezzo del serviente comunale i sacchi al vaticale coll’ingiunzione di dovere scaricare la neve per l’indomani; in caso di riluttanza si applicavan multe arbitrarie, e si procedeva ad arresti personali.”[xvii]

Quanto la fornitura quotidiana di neve fosse necessaria ed urgente, non solo nei mesi estivi ma in tutti i mesi dell’anno, è evidenziato da un atto notarile di Crotone. Il 26 giugno 1768 Gio. Maestri, “archiviario” della città di Crotone, va dal notaio Nicola Rotella e dichiara che in un giorno che lui non ricorda, del dicembre 1767, non arrivò la neve da Policastro. Per tale motivo la popolazione e la truppa ne restarono sprovviste. Gli amministratori della città dapprima non protestarono, in quanto pensarono ad un caso accidentale. Poiché anche nei giorni seguenti la mancanza si ripeté, mentre dalle notizie che giungevano da Policastro, non c’era speranza di avere neve, montò la protesta contro gli amministratori. Costoro, sentiti anche il governatore ed il castellano, decisero di inviare a Policastro l’archivista con sei soldati. Arrivato a Policastro, l’archivista consegnò al governatore del luogo una lettera del castellano e comandante della piazza di Crotone, con l’ordine di costringere Antonio Guzzo, il fornitore che non aveva rispettato l’incarico. Il governatore fece chiamare dai suoi servi coloro che avevano l’appalto del trasporto della neve. Questi però si nascosero. Allora per punirli, egli mandò i soldati ad alloggiare in casa di uno di loro di nome Gennaro Carvello. Il Carvello si fece subito vivo, impegnandosi a trasportare la neve a Crotone. Rimanevano però da pagare le diete per i soldati e l’archivista; diete che ammontavano a tredici ducati e che rimanevano a carico del Guzzo. Costui però era introvabile. Si pensò di carcerare la mula di Gennaro Carvello, ma così si interruppe il trasporto. Allora si decise di trattenere cinque carlini sul trasporto della neve fino a che non fossero stati pagati tutti i tredici ducati dagli appaltatori. Così, invece di pagare il Guzzo, cioè il colpevole, pagarono gli altri mulattieri, che trasportarono la neve da Policastro a Crotone.[xviii]

In Sila.

La neve a Crotone

I pascoli del Crotonese fin dall’antichità, furono scelti e ricercati per il clima mite e per la mancanza di giornate gelide e di nevicate. Essi, infatti, accoglievano durante l’inverno le numerose mandrie provenienti dalla Sila, che per la copiosa caduta di neve diveniva per lungo tempo inospitale. Rare sono le notizie di nevicate nelle marine del Marchesato, il più delle volte la comparsa della neve fu occasionale o la sua permanenza durò pochissimo tempo.

Tra queste segnaliamo che “A’ 28 marzo 1731 neve e grandine con danno notabile agli alberi, e precisamente alle viti: la neve durò per 3 giorni nell’abitato”.[xix] Nel marzo 1740 la polacca del capitano Del Giudice partita da Castellamare carica di vino per Corfù, deve affrontare nel golfo di Catanzaro una burrasca “con grugni di neve et acqua”. Non riuscendo a entrare nel porto di Crotone si ancora sulle secche. Sopraggiunge un violento fortunale che dura due giorni “con neve et acqua”. I marinai col battello si rifugiano a terra mentre parte del carico va perso.[xx] A causa della neve, nel gennaio 1761 muoiono 278 pecore,440 agnelli e numerosi buoi della mandria di Le Pera, che sverna in località Ritani in territorio di Le Castella.[xxi]

Nei primi anni dell’Ottocento, di solito a marzo, l’università di Crotone metteva all’asta l’appalto per la fornitura della neve, riguardante l’annata dal primo giugno dell’anno in corso al 31 maggio dell’anno successivo. Il Decurionato procedeva alla nomina dei deputati invigilatori della vendita e dei razionali. Gli invigilatori avevano l’obbligo di pesare le balle di neve all’arrivo da Policastro, e di esigere sulla vendita una o due grana in più a rotolo di neve, giorno per giorno, presentando i conti alla fine di ogni mese; mentre i razionali dovevano controllare i conti dell’annata precedente.

Alla nomina di questi uffici erano eletti uno del ceto dei nobili, uno del secondo ceto ed uno del terzo ceto. Di solito l’appalto della fornitura della neve era preso da abitanti di Policastro, i quali imponevano all’università di Crotone una regalia, che poteva variava da ducati 150 a 380, praticando un prezzo della neve da grana due a grana cinque a rotolo (Kg. 8,890), a seconda dell’annata. Essi si impegnavano all’esatto adempimento di non far mancare mai ogni giorno la neve. Questa una volta giunta a Crotone, era venduta ad una o due grana più del costo, allo scopo di remunerare il “nevaiolo” e di rifarsi dello scolo.[xxii]

In Sila.

La neve bene voluttuario

La neve era un medicamento essenziale per la popolazione, ed era anche ricercata da un ristretto numero di ricchi e religiosi, che l’usavano per il ristoro nelle giornate estive, confezionando limonate, sorbetti, gelati, orzate, ecc. Dell’acquisto di neve da parte dei conventi esistono numerose tracce nei conti annuali. I frati del convento di San Francesco di Paola di Roccabernarda di solito acquistavano la neve da giugno a fine settembre. In certe annate, tuttavia, essi cominciarono ad acquistarla dalla metà di maggio fino alla fine di ottobre. La spesa fu di poco più o poco meno di quattro ducati, fecero accezione le annate particolarmente aride e secche del 1735 e 1743, quando i frati spesero circa 6 ducati. Dal 1744 in poi la spesa della neve e per il “ballo” o “ballone di neve di somarro”, aumentò sensibilmente, in quanto furono più numerosi gli acquisti in maggio che si prolungarono anche a novembre.[xxiii]

Un nivaro di Policastro forniva la neve ai frati del convento di Santa Maria la Spina di Policastro. La neve era conservata in sacchi di lana. Il nivaro riforniva il convento più volte durante l’estate e l’autunno. Per assicurarsi il servizio, nell’aprile 1784 i frati consegnano al nivaro un tumulo di grano e 50 grana di caparra.[xxiv] Durante il Settecento a Isola, nelle feste di Sant’Anna e della Cona Greca, si distribuiva la neve ai musici, agli ecclesiastici ed ai partecipanti.[xxv] All’inizio del Settecento il nevaro detto Giamba, abitante “alli scarpari”, riforniva di neve le clarisse di Crotone.[xxvi] Tra le “Spese diverse” del monastero di Santa Chiara, troviamo che il nevaro consegnava giornalmente la neve nei mesi di luglio, agosto e settembre.[xxvii] La neve era utilizzata dalle monache anche durante i pasti,[xxviii] e nelle feste per fare sorbetti ed altri preparati.[xxix]


Note

[i] Pugliese G. F., Descrizione ed istorica narrazione di Cirò, Napoli 1849, vol. I, p. 326.

[ii] “in diversi Banchi e polise da D. Stefano Ricciulli: il 9 agosto 1734, 20 ottobre, 18 febbraio 1735.” ASN, Regia Sila Som. Bann. B. 12 inc. 42, ff. 1-6.

[iii] Valente G., La Sila dalla transizione alla riforma (1687-1950), Rossano 1990, pp. 217-219.

[iv] Per lo Principe di Cariati, ed altri Signori Baroni delle Calabrie contro al mag. Conduttore della Bagliva, e neviere della Regia Sila, Napoli 24 Agosto 1770.

[v] ASN, Fondo Notai del Seicento, Not. Giuseppe de Vivo, 714/18.

[vi] Arch. Com. Savelli, Apprezzo del feudo di Verzino dell’Ing. Tavolario Giuseppe Pollio del 1760, pp. 6, 87.

[vii] Maone P. Dominatori e dominati nella storia di Crucoli, Rossano 2000, pag. 53.

[viii] ASCz, Catasto Onciario di Crucoli, 1784, f. 286v.

[ix] ASCz, Catasto Onciario Rocca Bernarda, 1768, f. 304.

[x] ASN, Cam. Som. Catasto dell’Università di Strongoli, 7010, 1743, f. 183v.

[xi] Spizzirri M., Rocca di Neto nel Catasto del 1742, p. 250.

[xii] ASN, Catasto Onciario Belvedere Malapezza, 1743, n. 6941, f. 35v.

[xiii] Policastro 7 settembre 1653. Testamento di Cesare Ritino abitante nel convicino della parrocchiale di Santa Maria Magna .. Item dichiara, che Nicolò Casanova Genuise, (procuratore e amministratore del Principe Doria, barone di Tacina e Massanova) il quale habita nella Terra de Cutro prestò ad esso testatore d(oca)ti diece, per li quali ne stà obbligati in solidum con Gio. Dom.co nivaro in d(ett)a Terra de Cutro, delli quali d(ocat)ti diece esso testatore have portato à detto Nicolò carlini sedici, et una cinquina de trotte, et ancora have portato tanta neve a detto nevaro quale importa d.ti sette meno un tarì, acciò che l’havessi consegnato a detto Genuise et ancora dichiara haver portato à detto nevaro il carico di neve conforme è solito, vole, che lo detto nevaro paghi li detti danari a detto Nicolò, e l’altri li pagni ad detta sua herede q.a sic. Item dichiara, che portando un altro carico di neve alli Gesuiti di S. Leonardo, oltre quello, che li manderà domani mattina, restano saldi e non li deve cos’alcuna.” ASCz, Not. Francesco Cerantonio, B. 196, f.lo 1653, f. 65.

[xiv] Pugliese G. F., Descrizione ed istorica narrazione di Cirò, Napoli 1849, vol. I, p. 327.

[xv] Pugliese G. F., Descrizione ed istorica narrazione di Cirò, Napoli 1849, vol. I, p. 328.

[xvi] Cosentino A., Melissa medievale e moderna, Rossano 2001, pag. 116.

[xvii] Pugliese G. F., Descrizione ed istorica narrazione di Cirò, Napoli 1849, vol. I, p. 327.

[xviii] ASCz, Not. Nicola Rotella B. 1129, f.lo 1768, ff. 241-242.

[xix] Pugliese G. F., Descrizione ed istorica narrazione di Cirò, Napoli 1849, vol. I, p. 110.

[xx] ASCz, Not. A. Asturi, B. 911, f.lo 1740, ff. 24-25.

[xxi] ASCz, Not. G. Tiriolo B. 1268, f.lo 1761, ff. 74v-76.

[xxii] Lucifero A., Cotrone dal 1800 al 1808, Cotrone 1922, pag. 12-13 e sgg.

[xxiii] Pesavento A., Vita economica di un convento nella prima metà del Settecento. Il convento di S. Francesco di Paola di Roccabernarda, La Provincia KR n. 2, 3, 4 (2002).

[xxiv] Pesavento A., I conti di Santa Maria la Spina della città di Petilia Policastro prima e dopo il terremoto del 1783, in www.archiviostoricocrotone.it

[xxv] Pesavento A., La cappella di S. Maria ad Nives detta la Cona Greca, La Provincia KR, n.17, 18 (1998); idem, Il santuario di Sant’Anna di Massanova, La Provincia KR n. 5, 6, 7, 8 (2001).

[xxvi] AVC, Platea del monastero di Santa Chiara 1702/1704, ff. 11v-12r.

[xxvii] “A primo Agosto 1768 al nevaro per la neve di Luglio 5. 33/4; 13. d.o (spese fatte nella festa di Santa Chiara) Per vino, anassi, acqua e neve, ed alli mastri fecero l’altare, in tutto 2.40; A 3 Sett.re al Nevaro per la neve di Agosto 5. 33/4; A primo Ottobre per la neve di settembre sino al 4 ottobre a grana 16 ¼ il giorno 5:5 21/2.” AVC, Esito per il Ven.le Monastero di S. Chiara, 1768 e 69.

[xxviii] Nota delle spese per il vitto del mese di Luglio 1835. “Giovedì li 30 d.o. Carne 33. Sapone 03. Sopra tavola 11. Nive 01. Per una insalata 04. Pamadore 02. (totale) 54”. AVC, Monastero di Santa Chiara, Cart. 117, 1835.

[xxix] “Nota della spesa erogata nella festa della B. V. detta la Madonna degli Angeli fatta in q.o Ven.e Monast.ro di S. Chiara di Cotrone in q.o anno 1831 … Neve 0.44 …Tot. 20.30.” AVC, Platea del Monastero di Santa Chiara, 1831.


Creato il 27 Ottobre 2022. Ultima modifica: 27 Ottobre 2022.

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