Lucrò casale di Caccuri

Paesaggio di Verzino (KR).

Lucrum o Lucrò

Il piccolo casale di “Lucrum” comincia a comparire nei documenti agli inizi della dominazione angioina.[i] Come il vicino casale di “Bellovidere”,[ii] ossia di “Belvedere della Terra Giordana”,[iii] sappiamo che apparteneva alla terra di Caccuri e si trovava in diocesi di Cerenzìa, città che, durante il precedente dominio svevo, aveva goduto della condizione demaniale.[iv]

In questi primi anni del regno di Carlo I d’Angiò, invece, la città di Cerenzìa fu concessa in feudo al milite Iohannes Pluvier de Croisilles,[v] attraverso lo scambio con Melissa,[vi] mentre il casale di Belvedere andò a un altro milite provenzale, Simone de Monfort.[vii] Dai repertori relativi ai registri della Cancelleria angioina, conservati all’Archivio di Stato di Napoli, non emergono concessioni riguardanti Caccuri,[viii] né tantomeno del suo casale di Lucrò. Sappiamo però che, verso la fine del Duecento, questi due abitati assieme a Belvedere e alla città di Cerenzìa, costituivano un’unica rendita feudale del valore di 90 once, detta la Baronia di Cerenzìa, e seguirono vicende comuni.

In quest’area l’arrivo dei nuovi padroni che avevano seguito re Carlo I d’Angiò nella vittoriosa campagna, determinò subito una serie di dispute tra quanti avevano contribuito alla conquista e reclamavano la loro ricompensa. Risale al 1272 un provvedimento attraverso cui re Carlo I d’Angiò ordinava di verificare e tracciare nuovamente i confini tra la terra di Cerenzìa, feudo del De Croisilles, e quelle dei suoi vicini[ix]: Guillelmo Brunello, feudatario di Campana,[x] Abamontis de Cariati che deteneva la baronia di Cariati e Casabona,[xi] Henrico Ruffo, figlio di Fulcone feudatario di Malapezza, e Roberto de “Feritate” o “Firmitate” che, nel 1271, aveva ottenuto il casale di S. Petro de Camastro (detto in seguito Rocca di Neto) revocato a Raynaldo Succurdo o Succurso.[xii]

I contrasti tra i feudatari che detenevano possedimenti in quest’area, proseguirono anche al tempo in cui il feudo di Cerenzìa fu concesso al milite provenzale Guglielmo de Courtenay,[xiii] come dimostra un mandato del 7 marzo 1275, con il quale si disponeva che questi restituisse al milite Fulcone Ruffo di Calabria, il feudo di “Malapezza” occupato illecitamente.[xiv]

Quest’ultimo e il feudatario di Belvedere Simone de Monfort, morirono pochi giorni dopo, essendosi feriti a vicenda, così il 10 gennaio 1276[xv] re Carlo I dovette intervenire per sedare gli animi degli importanti personaggi coinvolti nella contesa, scrivendo a Petro Ruffo conte di Catanzaro e a sua moglie Margarita, genitori di Fulcone, a Errico Ruffo, figlio di quest’ultimo,[xvi] a Giovanni de Monfort, fratello di Simone, e ad altri, tra cui Giovanni della Rocca[xvii] che, in seguito, troveremo in possesso di Zinga,[xviii] nonché a diverse università, tra cui Santa Severina, minacciando severi provvedimenti se avessero proseguito nella contesa che aveva condotto a questi lutti.[xix]

Paesaggio di Verzino (KR)

 

I De Riso

Nel 1290 Giovanni de Monfort ebbe il feudo di Belvedere, precedentemente appartenuto a suo fratello Simone[xx] mentre, alcuni anni dopo (1299), il re concesse Cerenzìa ai militi Enrico e Matteo De Riso e a Francesco, figlio di Enrico, per una rendita complessiva di 90 once, cioè “quattro parti ad Enrico, quattro parti a Matteo e la restante nona parte a Francesco.”

Quest’ultimo che l’anno dopo, avrebbe voluto prenderne possesso, ne fu però impedito dal vescovo della città, “qui cum clericis et malandris eiecit ipsum a dicta terra”. A ciò fece seguito un provedimento della Regia Curia affinchè i De Riso potessero essere immessi nel possesso della baronia di “Gerentie” così, successivamente, troviamo Francesco De Riso possessore per eredità, dei feudi appartenuti a suo padre Enrico. Dopo la morte di Francesco (intorno al 1316), questi passarono a suo figlio Squarcia.[xxi]

Verso gl’inizi del suo dominio, il casale di Lucrò risulta menzionato insieme a quello di Verzino, in occasione della riscossione delle decime dovute alla Santa Sede nella diocesi di Cerenzìa. In questa occasione, troviamo quelle riscosse l’otto maggio 1324 “In casalibus Virzi (sic) et Lucro”, quando il “Presbiter Iordanus de Virzi” (sic) e il “Presbiter Iohannes de Lucro”, pagarono ciascuno “tarenum unum”.[xxii] Nel 1362 Squarcia De Riso era ancora “dominus” della terra di Caccuri.[xxiii]

Arme della famiglia De Riso. “Quella di Riso fa due sbarre di argento in campo azzurro abbracciate in forma di Croce, et una meza luna in mezo dalla parte superiore.” D’Amato V., Memorie Historiche dell’Illustrissima, Famosissima e Fedelissima Città di Catanzaro, 1670.

 

Spopolamento e abbandono

In seguito, sia Cerenzìa che Caccuri “cum casalibus Lucro et Bellovidere”, giunsero in potere dei conti di Montalto, come è documentato relativamente al pagamento dell’adoha spettante al conte Antonio Ruffo nel 1378.[xxiv]

A quel tempo, dopo le devastazioni della terribile guerra del Vespro e la grande epidemia di peste della metà del secolo, che falcidiarono la popolazione e impoverirono i territori del Crotonese, i Ruffo cercarono di assumere iniziative che gli consentissero di superare la grave crisi. Troviamo così Carlo Ruffo, conte di Montalto, nonché signore di Verzino e Casabona, figlio e successore di Antonio, concedere l’esenzione dal pagamento del “diritto di casalinatico” a tutti gli abitanti che, abbandonato il casale di Lucrò, fossero andati ad abitare nella “terra” di Verzino.

Nel relativo privilegio dato il 14 aprile 1389 “in Casubono”,[xxv] si affermava che “… affinchè la nostra terra di Verzino goda dell’accrescimento di nuovi abitanti …”, “… rimettiamo in perpetuo il diritto di casalinatico, che ci compete a ragione di un tareno l’anno per ciascun fuoco, a Matteo de Guidone, Nicola Cundaro, Tonio di Zuragna, Nicola Tripedio, Federico di Teodoro e a tutti i singoli abitanti di Lucrò, che dai tempi passati vennero ed a quelli ai quali accade di venire da poco dal detto casale per abitare la detta nostra terra di Verzino ed a tutti i loro eredi e successori …”.[xxvi]

Questa concessione sarà confermata da sua figlia, la contessa Covella Ruffo, con privilegio dato in Cariati il 10 ottobre 1427,[xxvii] segno del permanere dello spopolamento e ultimo riferimento all’esistenza del casale. In seguito, infatti, tanto Lucrò, quanto Belvedere, non compaiono tra i feudi concessi o confermati l’undici novembre 1445 in Atri, da re Alfonso d’Aragona a Marino Marzano Ruffo, duca di Squillace, figlio di Antonio Marzano, duca di Sessa e conte d’Alife, legittimo erede della quondam Covella Ruffo di Calabria, principessa di Rossano, e a sua moglie Eleonora de Aragona, figlia dello stesso sovrano. In questo privilegio tra i diversi feudi oggetto della concessione, troviamo: la “Civitatem Gerencie, cum Salina meliati, que est in eius tenimento”, la “Terram Cacuri cum jure plateatici et cum Salinis Sancti Georgii que sunt in eius tenimento”, e la “terram Verzini”.[xxviii]

Lucrò e Belvedere non compaiono più nemmeno nell’elenco degli abitati del regno, tassati sulla base della numerazione dei fuochi del 1443,[xxix] dove non figura più neanche il vicino casale di “Gipsus”, posto presso la confluenza dei fiumi Lese e Neto, e già in decadenza agli inizi della dominazione angioina, quando risulta tassato assieme al vicino “Sancto Stefano”, casale di Santa Severina.[xxx] Il 22 novembre 1445, in “Castro novo” a Napoli, re Alfonso d’Aragona, tra le altre cose, confermava al milite e familiare regio “jacobo de joranna”, la concessione che Covella Ruffo di Calabria gli aveva fatto del feudo “vocatum de ygipso in tenimento Civitatis Gerencie”.[xxxi]

Affioramenti di gesso in località Gipso presso la confluenza dei fiumi Neto e Lese.

 

Il luogo

Secondo un “manoscritto anonimo del 1766”, rinvenuto da G. Giuranna “tra le carte di famiglia”, il luogo in cui era esistito il casale di Lucrò, doveva riconoscersi con la località “Frea”, da dove sembra che provengano alcuni ritrovamenti,[xxxii] delimitata da quelle attualmente denominate “Casali”, “Maradera” e “Timpa di Cassiano”,[xxxiii] toponimi che oggi compaiono nella parte più meridionale del territorio di Verzino, e in quella più settentrionale del territorio di Belvedere Spinello.

Di questo avviso era anche il verzinese Pericle Maone, propenso a identificare Lucrò nella “contrada Santu Ghiuorghi”[xxxiv] (San Giorgio), un’area dove ritrovamenti risalenti all’età antica si segnalano negli anni Trenta alle “Vigne di Verzino” e a “Sulleria”, mentre tombe alla “cappuccina” sono state rinvenute alle “Serre”,[xxxv] luoghi dove, durante la seconda metà del Cinquecento, compare il toponimo “lo Casale”, che è richiamato “in lo terr.o de virzini loco dicto lo Casale”,[xxxvi] e in loco detto “lumbri de lo casale in districtu et pertinentiis dictae t(er)rae vertinarum”.[xxxvii]

In evidenza le località “Vigne”, “Casali”, “Maradera”, “Frea” e “Timpa di Cassiano”. Particolare del Foglio 1:50.000 N. 561 “S. Giovanni in Fiore” (IGM)

 

Note

[i] 13 febbraio 1276. Nella “Cedula subventionis in Iustitiaratu Vallis Grati et Terre Iordane”, “Lucrum” risulta tassato per once 4 tari 3 e grana 12, mentre la vicina “Bertinum” (Verzino) è tassata per once 30 e tari 12. Minieri Riccio C., Notizie Storiche tratte da 62 Registri Angioini dell’Archivio di Stato di Napoli, 1877.

[ii] “Responsales de receptione quaternorum. XXVIII apr. V ind. ap. Brundusium. Scriptum est eidem Iustitiario Vallis Gratis et Terre Iordane  etc. Noverit f. t. quod Thesaurari Camere nostre receperunt XXVIII die pres. mensis aprilis  ap. Brundusium quaternos quos eis sigillatos sigillo tuo misisti de particulari taxatione pres. gen. subventionis imposita in terris et locis iurisdictionis tue et tibi ad recolligendum commissa. Quarum terrarum et locorum nomina sunt hec, vid.: (…) Cacturum (sic, ma Caccurum), Lucrum, Bellovidere, (…). De quorum quaternorum receptione presentes tibi mictuntur nostre Maiestatis lictere responsales. Questione tamen tue rationis tempore, reservata super eo quod quaternos ipsos debito et statuto tempore non misisti.” Reg. Ang. XVII, 1275-1277, pp. 57-58.

[iii] Reg. Ang. XIII, 1275-1277, p. 267.

[iv] Giugno 1216, Catania. “terra ipsa Cerentiae in demanio regio fuerit, sive indicione (sic, ma sine iurisdicione), alicuius comitis vel baronis.” De Leo P. (a cura di), Documenti Florensi, 2001, pp. 63-64. In questi anni invece, Caccuri risulta infeudata al dominus “Fabiano” (Aprile 1215, Ibidem, pp. 61-62; Settembre 1216, Ibidem, pp. 65-66; Ottobre 1217, Ibidem, pp. 78-79).

[v] Maone P., Notizie storiche su Belvedere Spinello, ASCL, 1962, fasc. I – II, p. 24 nota 2. “Iohanni Pluvier de Ercusilles (sic), concessio terre Gerencie de supradicto Iusticeriatu.” Reg. Ang. III, 1269-1270 p. 199.

[vi] “Johanni dicto Pluviers de Trosillis (sic) mil., cui concessimus terram Gerentie in Valle Gratis in excambium castri Melisse” provisio pro possessione.” Reg. Ang. IV, 1266-1270 p. 104. “Ioanni de Plovier, mil. concessio castri Melisse, pro resignatione ab eo facta Curie terre Cerentie, excepto casali Crepacore.” Reg. Ang. III, 1269-1270 p. 201.

[vii] Maone P., Notizie storiche su Belvedere Spinello, ASCL, 1962, fasc. I – II, pp. 19-23.

[viii] Maone P., Caccuri Monastica e Feudale, 1969, p. 14.

[ix] “Cum nob. viro Palmerio de Corsilies mil. terram Gerentie concesserit, mandat ut confinia signentur inter dictam terram et terras Guillelmi Brunelli, Abamontis de Cariato, Henrici Ruffi mil. et Roberti de Feritate”. Reg. Ang. IX, 1272-1273, pp. 273-274.

[x] Executoria concessionis, facte Guillelmo Brunello mil., terre Campane, olim concesse qd. Guillelmo Ernardo de Birano, cuius heredes nondum in Regnum venerunt, eisdem cunditionibus.” Reg. Ang. VIII, 1271-1272, p. 62. “Guillelmo Brunello mil. concedit casale Furciniani de Iustitiariatu Terre Ydronti, in excambium castri Campane de lustitiariatu Vallis Gratis”. Reg. Ang. IX, 1272-1273, p. 217.

[xi] Rende P., Vicende feudali di Cariati, Cerenzìa e altre terre vicine durante il Medioevo, in www.archiviostoricocrotone.it

[xii] “Mag. Portulano Calabrie, lictere responsales. Gualterius Appardus non permisit casale Clisci ad manus Curie revocari, sed armata manu detinet occupata etiam casalia Baroni, Campoforani, Pehari, Ruscloni, Scuteradi et Crispinoni, sita in plano S. Martini. Item mag. Raynaldus de Gentilvilla decessit absque liberis et eius bona devoluta sunt ad manus Curie. Item revocavit bona occupata, vid. casale Anogii, quod Rogerius de Nao tenebat, et feudum in Carbonaria, quod occupavit Guillelmus Buccellus, et bona Simonis Ansalonis decessi absque liberis in S. Georgio, et feudum in Roccanichifori, quod fuit qd. Balduini de Rocca, et casale S. Petri de Cremasco, quod Raynaldus Succurdus occupabat.” Reg. Ang. VIII, 1271-1272, p. 80. “Pro Roberto de Firmitate, panecterio, fam. Executoria concessionis casalis S. Petri de Camastro in Valle Gratis et Terra lordana, ad Curiam revocatum de manibus Raynaldi Succursi.” Reg. Ang. VIII, 1271-1272, p. 82.

[xiii] Maone P., Notizie storiche su Belvedere Spinello, ASCL, 1962, fasc. I – II, p. 24 nota 2. 14 marzo 1275. “Mentio Guillelmi de Cortiniaco, domini Gerentie.” Reg. Ang., XII, 1273-1276, p. 137.

[xiv] 7 marzo 1275. “Eidem Iustitiario mandat ut Fulconi Rufo de Calabria mil. feudum dictum «Malapezza» situm prope Sanctam Severinam restitui faciat a Guillelmo de Cortiniaco mil., qui pred. feudum illicite occupaverat.” Reg. Ang., XII, 1273-1276, p. 136.

[xv] La data riportata dal Minieri Riccio risulta corretta dal Dito secondo quanto riporta il De Lorenzo circa “lo stesso editto”. Dito O., La Storia calabrese e la dimora degli Ebrei in Calabria, 1989, p. 185, nota n. 10. “Nel 1276, re Carlo, trovandosi ad Anagni, scriveva a Roberto, conte d’Artois, suo nipote e suo Vicario nel Regno, d’avere appreso con dolore che il milite Simone di Monfort con un altro nobile milite suo amico, venuti prima a parole col milite Fulco Ruffo, e passati a vie di fatto, s’erano a vicenda feriti in tal modo che in breve d’ora tutti e tre erano morti.” Ibidem, pp. 141-142.

[xvi] “Herricus Ruffus filius qd. Fulconis Ruffi,” … Dat. VIII iulii MCCLXXVIII.” Reg. Ang. XX, 1277-1279, pp. 89-91.

[xvii] “Johanni de Rocca mil.” con masserie in Crotone è Stilo è ricordato in alcuni atti al tempo di Carlo I d’Angiò. Il re gli concedeva di poter estrarre grano da Alichia, Crotone e Stilo (Reg. Ang., IV, 1266-1270, p. 102) e comandava che non venisse molestato per alcuni stalloni che aveva avuto dalla masseria Regia (Reg. Ang. IX, 1272-1273, p. 277). Maone P., Caccuri monastica e feudale cit., p. 16.

[xviii] Maone P., Caccuri Monastica e Feudale, 1969, p. 16.

[xix] 10 gennaio 1270 (sic, ma 1276). “I militi Simone de Monfort consanguineo di re Carlo e Fulco Ruffo di Calabria per discordie tra loro sorte vengono ad armi e si malamente si feriscono a vicenda, che in breve muoiono entrambi. Di che informato re Carlo, in questo di subito scrive a’ giustizieri di Valle del Crati e Terra Giordana, e di Calabria, ordinando loro di portarsi personalmente al luogo dell’avvenimento e ricercare i complici se vi saranno; e di tenere in tranquillità quelle provincie. E nello stesso tempo scrive a Giovanni de Monfort a Dogone de Beaumont maresciallo del Regno, a Margarita madre dell’ucciso Fulco Ruffo, al Conte Pietro Ruffo di Calabria, ad Errico Ruffo fratello (sic) dell’ucciso Fulco, (… omissis …) a Giovanni della Rocca, ed alle università (… omissis …) di Taverna, (… omissis …), di Santaseverina, di Cotrone, di S. Mauro (… omissis …), e di altre terre del giustizierato di Valle del Crati e Terra Giordana, minacciando loro gran pene se prenderanno parte o daranno causa a turbamenti per novelle discordie o a proseguimento di quelle, per le quali avvennero que’ due omicidi.” Minieri Riccio C., Alcuni fatti riguardanti Carlo I di Angiò tratti dall’Archivio Angioino di Napoli, 1874 pp. 92-93.

[xx] Febbraio 1290. “Iohanni de Monteforte, Squillacii et Montis Caveosi comiti, Regni Camerario, cons. et fam. donatur castrum de Bellovidere, quod fuit Symonis de Bellovidere.” Reg. Ang., XXXVI, 1290-1292, p. 3.

[xxi] Maone P., Caccuri Monastica e Feudale, 1969, pp. 14-15.

[xxii] Vendola D., Rationes decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1939, p. 200.

[xxiii] De Leo P. (a cura di), Documenti Florensi 2001, pp. 257-262.

[xxiv] “Calencia (sic) milites duos”, “Caccuro cum casalibus Lucro et Bellovidere milites duos cum dimidio.” Biblioteca comunale di Bitonto, Fondo Rogadeo, Ms. A 23 pp. 110-111 (secondo ASNA, ex Reg. ang. 373, ff. 93-93v).

[xxv] Maone P., Casabona Feudale, in Historica n. 3-4, 1964, p. 143.

[xxvi] Giuranna G., Storia di Umbriatico: Dal Medioevo alla conquista spagnuola, in Studi meridionali, fasc. I, 1971, pp. 22- 26. “in un documento dell’Arch. di Stato di Catanzaro, fondo pergamene, n. 5, in cui vi è traccia di un privilegio spedito da Casabona fin dal 15 aprile 1389 (sic) da Carlo Ruffo conte di Montalto per esentare dal casalinaggio alcuni cittadini di Verzino e favorire così l’accrescimento della terra”. Pellicano Castagna M., La Storia dei Feudi e dei Titoli Nobiliari della Calabria I, 1984, p. 385.

[xxvii] Maone P., Verzino Terra Madre, in Historica an. XV, 1962, n. 1, p. 9.

[xxviii] ACA, Cancillería, Reg. 2908, ff. 83r-88r.

[xxix] Cozzetto F., Mezzogiorno e Demografia nel XV secolo, 1986.

[xxx] Nella Cedula subventionis in Iustitiaratu Vallis Grati et Terre Iordane (1276), “Gipsus cum Sancto Stefano” risultano tassati per unce 12, tari 3 (Minieri Riccio C., Notizie Storiche tratte da 62 Registri Angioini dell’Archivio di Stato di Napoli, 1877). “Gesso” (Reg. Ang. XIII, 1275-1277, p. 267). “Giffus (sic, ma Gissus) cum Sancto Stephano” (Reg. Ang. XVII, 1275-1277, pp. 57-58).

[xxxi] ACA, Cancillería, Reg. 2908, ff. 99r-100r. Alla metà del Settecento, tra i beni feudali posseduti dal Principe di Cerenzia “in questa sua Città, Ter.rio e tenim.to”, risultano la difesa di “Gipso sul feudo di detta Città”, e “due Molini al Ponte del Fiume Lesa”. ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, Catasto Onciario di Cerenzia 1753, Busta 6964, f. 92.

[xxxii] A Frea “sono stati rinvenuti saltuariamente vasi e tombe di cui sarebbe vano, oggi, cercare le tracce.” Maone P., Verzino Terra Madre, in Historica an. XV, 1962, n. 4-5, p. 129.

[xxxiii] “… che il territorio, ove sorse Casal di Lutrò, denominavasi Frea, circuito dalle terre corse di Casale, Maradea, Cassia, a loro volta parte del territorio di Verzino, Umbriatico, Cariati.” (sic). Maone P., Verzino Terra Madre, in Historica an. XV, 1962, n. 1, p. 9.

[xxxiv] “Lutrò doveva essere ubicata nella contrada «Santu Ghiuorghi».” Maone P., Verzino Terra Madre, in Historica an. XV, 1962, n. 1, p. 9.

[xxxv] Maone P., Verzino Terra Madre, in Historica an. XV, 1962, n. 1, pp. 5-6.

[xxxvi] 16 luglio 1583, Cirò. Nei capitoli matrimoniali stipulati tra Lucretia de Falcone di Cirò e il magister Joannes Petro Paschalis della terra di “virzini”, quest’ultimo assicura la dote della sposa sopra tutti i suoi beni, tra cui una vigna posta “in lo terr.o de virzini loco dicto lo Casale”, confinante con le vigne di ms. Jo. And.a Ciuranna, della mag.ca Fran.ca Pipina e altri fini. ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 136v-137v.

[xxxvii] 3 febbraio 1593, Cirò. Valentino Longo, figlio del quondam Gratiano Longo della “t(er)rae vertinarum”, dona all’ospedale di Santa Maria del Populo di Cirò, sei “modios” di terre aratorie in loco detto “lumbri de lo casale in districtu et pertinentiis dictae t(er)rae vertinarum”, confine le terre di Cesare Ciuranna e le terre di Cesare Lelucci. ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 261v-262. Foto 577.

 

 


Creato il 21 Gennaio 2022. Ultima modifica: 21 Gennaio 2022.

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