Della città di Belcastro

Belcastro, CZ (vibosport.it).

Kallipolis la città del vescovo

Sorta forse attorno ad un monastero greco dedicato a San Michele, il cui abate fu elevato a vescovo, secondo il Russo, “Kallipolis”, diocesi di origine bizantina, suffraganea della metropolia di Santa Severina, “come viene sempre tradotta nel latino del Synecdemus (metà sec. IX) vuol dire «Bella città» e corrisponde al vocabolo latino Bellicastrum cioè Belcastro”.

Essa compare anche nella Notizia III della Diatiposi (poco prima del Mille) tra le diocesi suffraganee di Santa Severina, dove troviamo il vescovo “Callipolitanus”. Sempre il Russo, tra le concessioni fatte nel 1093 dal conte Ruggero all’abbate dell’abbazia di S. Trinità e S. Michele Arcangelo di Mileto, include la terra vicina all’abazia di S. Maria de Caliopoli (Belcastro), e cita il monastero greco di S. Michele, in territorio di Belcastro, concesso ai Benedettini di Lipari nel 1107.[i]

Come tutte le sedi vescovili suffraganee di Santa Severina, l’abitato fu insignito fin dal Medioevo del titolo di “civitas” e, come tale, ebbe il privilegio di essere murato. I vescovi godettero ampi privilegi e immunità, ed ebbero in concessione vaste proprietà fondiarie. Essi, inoltre, poterono circondarsi di armati, mentre vicino alle cattedrali sorsero dei borghi, abitati da coloni richiamati dai vescovi per mettere a coltura il loro territorio.

Belcastro (CZ), panoramica dell’area dove durante il Medioevo esisteva il borgo della città.

Nel decimo secolo tutta l’area fu interessata dalle distruzioni causate dalle incursioni saracene. Secondo il Moscato nel 931/933 Musad Saklab, capo dei musulmani, prende e si insedia in Taverna e Belcastro. In seguito, sconfitto in Simmari e sotto Squillace, si rifugia in Reggio: “I Calabresi, concordi, vengono alla riscossa ed assalgono di notte i musulmani in Belcastro, passandoli a fil di spada. Poi corrono agli altri luoghi e distruggono i nemici nei loro covi col ferro e col fuoco.”[ii]

Nelle relazioni dei vescovi di Belcastro spesso troviamo riferimenti alla città antica, che era situata sulla rupe al cospetto del mare. Il 17 agosto 1641 il vescovo Francesco di Napoli descrivendo lo stato della chiesa cattedrale, riferisce che “Ipsa Ecc.a primis temporibus in media Urbe sita erat nunc autem Civitas adeo diruta est ut extra Civitatem omnino posita esse cernitur”.[iii] Situazione che descrivono anche il vescovo Carlo Gargano nel marzo 1677, ed il vescovo Emblaviti nel 1699.

“… egregiis munimentis vallavit, modo temporis canitiae moeniis diruta taliter redacta est, ut vix illa dignoscit quaeat … super quibusdam montibus sita, vallibusque circunsecta, insalubris vero aeris octocentum circiter incolas continet … Ecc.a Cathd.lis sub titulo S. Michaelis Archangeli antiquitus intus Civitatem sita erat modo autem ob desolationem extra reperitur …”.[iv]

“Palatium, et Ecclesia Cathedralis est constructa prope antiquam Arcem, tunc enim temporis erat in medio exuberabat enim super decem mille domibus … in hoc castro … in antiqua scala adsunt arma Domus Caraccioli mixta, et in saxo incisi flores” … “Magnum circuitum Urbis denotant ossa arida, et congeries lapidum, dirutique aedificiis moles cum insigni positura Castri devastati ictu et vi arietis à Baronibus sub spe thesauri, ita quod ibi tantum remansit ecclesia pervetusta Sancti Thomae Aquinatis … E cospectu arcis in supremo Civitatis, vasta adest turris teres immense altitudinis ad hoc inhabitabilis.”[v]

Belcastro (CZ), la torre Mastra del castello e la cappella eretta sul luogo dove secondo la tradizione sarebbe nato S. Tommaso d’Aquino.

Privilegi del vescovo

La cattedrale sotto il titolo di S. Michele Arcangelo, la cui festa ricorreva due volte all’anno, nel mese di maggio ed in settembre “et tunc prestatur obediantia à suis subditis”, era l’unica parrocchiale della città e conservava tutti i sacramenti, mentre la cura delle anime era presso il capitolo.

Ancora nel Settecento il vescovo di Belcastro possedeva oltre al feudo di “Spertuso”, numerose gabelle e diritti, che ricordavano quanto vasto era stato il potere vescovile nel Medioevo. Tra le gabelle ricordiamo “Botricello”, che confinava col feudo di Botricello, due gabelle dentro il feudo di “Magliacane”, “il Vescovo” confinante col fiume Crocchia, “L’Umbri” e “Vertoline” confinanti col feudo di Antonio Mazza, “Clima”, “Climicella” e “Cugno di S. Antonio”, confinanti col feudo di Clima, “l’Olivella”, “la Foresta”, “Vallecupa”, “Scacciune”, “Li Pezzotti”, “Le Pantana”, “Jannimarra”, “Sibioni Rizzo”, “Costa di Vasta”, la terra boscosa detta “Vipera”, i giardini di “Cugno del Ceraso” e “Caiazzo”, la difesa detta “Difisella”, un orto nel “Borgo”, i celsi dietro il palazzo vescovile, a “li Cocuzzi” e “all’Annunziata”, i castagni in località “Cuda”, ecc.

Tra i privilegi vi erano quelli legati al pascolo, tra i quali lo Jus di vendersi le terre ignobili chiamate “la cavallarizza” ed il “curso delle Pantana”; “lo Jus di esigere da ogni mandria di pecore che si pianteranno nel territorio ogn’anno carlini trenta, un agnello e dieci ricotte e così anche lo Jus del giornale da ogni baccarizzo e da ogni caprarizzo”.

Per quanto riguardava le terre a semina, il vescovo aveva lo Jus di esigere a mezzo terraggio quando si seminava nelle terre dette “dell’Allegranza e Cesine” e nei vignali di “S. Lena”, “la Nannarella”, “la Monacella”, “la Cerza di Gallo” e “Li Cocuzzi”, e “lo Jus di esigere la decima de paricchia prediali dai forestieri e dai cittadini alla ragione di un tomolo di grano per paricchio”.

Dalla popolazione residente nella sua diocesi, il vescovo esigeva ogni anno la decima personale alla ragione di un quarto di grano per casa nella città di Belcastro, una gallina per casa nella terra di Andali, un tomolo di grano per ogni paricchio prediale nel casale di S. Croce, e carlini 12 da ogni defunto nel casale di Cuturella. Il vescovo, inoltre, possedeva due mulini ed un trappeto.[vi]

Belcastro (CZ), la ex cattedrale.

Genicocastro (Gynekokastron, Gynaikokastro, Gynecocastrum = Castello della Signora)

Nel tracciato viario costiero del periodo romano come è indicato dall’“Itinerarium Provinciarum Antonini Augusti” (sec. III-IV d. C.), e nella “Tabula Peutingeriana” (circa sec. V d. C.), troviamo nel primo la successione Meto – Tacina – Scylacio, e nella seconda Crontona – Lacenium – Annibali – Scilatio. Entrambe le descrizioni sono sovrapponibili e complementari e ci indicano che, almeno fino al secolo V dopo Cristo, esisteva una via che collegava i centri costieri tra Crotone e Squillace.

Il “Libro del re Ruggero” del geografo arabo Edrisi (1154), documenta l’abbandono della via costiera del periodo romano e lo spostamento dell’asse viario a monte verso i nuovi abitati. In questa nuova realtà maturata tra la dominazione bizantina e quella normanna, si inserisce l’importanza strategica della città di Belcastro, come snodo di controllo di questo nuovo asse che da Crotone, si dirige verso sud. Così, anche se l’Edrisi ci indica l’esistenza di un itinerario “entro terra”, che collega i due centri costieri di Crotone e di Tacina, quest’ultima “città piccola popolata, posta su di una punta di terra che sporge nel mare”, situata alla foce sulla sinistra del fiume, la via non prosegue, ma si interrompe senza oltrepassare il fiume. Ben diversamente dal percorso che collega Crotone con Genicocastro. Questo da Genicocastro va a Simeri. Da Simeri poi, una via discende al mare, una conduce a Catanzaro ed un’altra a Taverna. Secondo il geografo arabo: “Tutti questi paesi sono piccoli ma popolati. Hanno mercati e commercio e tutti si rassomigliano nelle loro qualità e condizioni”.[vii]

A controllo di questa nuova realtà furono edificate rocche e castra in posizione dominante, come a Santa Severina, Roccabernarda, Rocca Fallucca, Taverna, Catanzaro, ecc. Secoli dopo il Fiore, trattando dell’origine della vicina terra di Cropani, scriverà che anticamente esisteva “un foltissimo bosco, esposto a molti pericoli, non tanto di fiere, quanto d’uomini dati a ladronecci, a gl’omicidii, e somiglianti misfatti: ed essendo per altro, il luogo necessarissimo a frequentarsi per la vicendevole communicazione di Belcastro, di S. Severina, di Cotrone, e d’altre Città di là, con l’altre di qua, Trischine, Squillaci, Ippone, Locri, ed altre, vi fu piantata una torre, che pur ancora si vede, e per la qualità del sito pericolante, detta del mal passo, ordinandosi, che abitata fosse da gente destinata alla guardia di quel tratto.”[viii]

Si deve molto probabilmente alla contessa di Catanzaro Clemenza, figlia naturale del re Ruggero di Sicilia e moglie di Ugone Falloc, la costruzione di un castrum, cioè di un luogo fortificato sulla rupe, poco distante dalla cattedrale, ed il mutare del nome in “Geneocastro”, come ci appare per la prima volta nel “Libro” di Al Idrisi. La diocesi di “Gereocastren”, alcuni anni dopo è annoverata tra i vescovati dipendenti dalla metropolia di Santa Severina, nella bolla di Lucio III del 1183, mentre il vescovo “Geneocastrensem” risulta nel Provinciale Vetus (Albini) del 1190 c.a.[ix]

Belcastro (CZ), la torre Mastra del castello (dalla pagina fb Misericordia di Belcastro).

Da Genicocastro a Belcastro

Durante il periodo svevo la città fu signoria dei Falloc conti di Catanzaro. Durante il Duecento il nome della città si modifica e dal greco Gynekokastron passa al latino Genicocastrum. Nel 1230 il conte di Catanzaro Riccardo Fallucca possiede in territorio di Genicocastro un “suberitum” in località “Filachi”,[x] e nel 1235 sua moglie Simona è “comitissa domina Genicocastri”.[xi]

Nei primi anni angioini (8 luglio1269) Clemenza Fallucca, figlia di Riccardo, è confermata nel possesso del feudo della “civitatis Genitocastri”.[xii] Nello stesso anno 1269 il re Carlo I ordina al milite Bertrando de Malamorte, signore di Simeri, di non molestare Berardo de Turtureto e la moglie Clemenza Fallucca, nei beni che essi possiedono “in territorio Genitocastri”.[xiii] Alla morte di Clemenza seguì la sorella Fiordaligi Fallucca sposata con Atenolfo d’Aquino. Quindi il feudo passò agli Aquino. Il 19 giugno 1293 il re Carlo II concede il “castrum Geneocastri”, situato nel giustizierato di Calabria, al milite Thomasio de Aquino, figlio di Atenolfo.[xiv] In seguito nel 1331 Genicocastro cambierà nome in Belcastro ed il feudo da signoria sarà elevato a contea.[xv]

“bellicastro”, particolare dell’Italia nella Cosmografia di Tolomeo, curata da Nicolò Germanico, 1482.

Un centro di penetrazione latino

Già nei primi decenni del Duecento la città di Genicocastro è un nucleo latino immerso in un ambiente greco. La città risulta formata da tre realtà distinte: la cattedrale, il castrum ed il borgo. Fanno parte del suo territorio i due piccoli abitati – fattorie fortificate di S. Giovanni e di S. Martino, appartenenti agli ordini militari dei templari e degli ospedalieri: “Genitocastrum unc. 120 tar. 4 gr. 4”, “S.tus Iohannes de Genicocastro unc. 11 tar. 13 gr.16, S.tus Martinus de eadem terra unc.6. tar. 7 gr. 4”.[xvi]

Dopo la soppressione nel 1312 dell’ordine dei templari i beni passarono agli ospedalieri, o cavalieri di S. Giovanni Ierosolimitano. Ancora nel Settecento, La commenda di Belcastro, prima e seconda, ed il beneficio di San Giovanni, conserveranno numerosi possedimenti in territorio di Belcastro ed in quello del suo casale di Andali: “Freri”, “S. Giovanni”, “Piano di S. Giovanni”, “Pietra Majore”, “Ceramidio o Sarcone”, “Balloneo”, “Scordillo”, “Driolo”. Il beneficio di S. Giovanni di Belcastro dipendente dal Baliaggio di S. Eufemia, “si trova eretto nella città di Belcastro e propriamente fuori le muri della stessa. La sua chiesa è diruta, siccome apparisce dal Cabreo del baliaggio di S. Eufemia fatto nel 1705 e dal presente non esistono che pochi ruderi e la stessa era situata nel luogo detto S. Giovanni”.[xvii]

Sempre nel segno della latinizzazione della zona è una bolla di Benedetto XI, in data 15 marzo 1304, nella quale si confermano ed enumerano i diritti, privilegi, ubbidienze e pertinenze di Santa Maria Latina de Argira, che risulta possedere la “ecclesiam S. Mariae de Girocloclastro (sic) cum omnbibus iuribus et pertinentiis suis, ecclesiam S. Eugeniae in territorio dicti loci de Girocloclastro (sic) cum omnibus iuribus et pertinentiis suis”.[xviii] Ancora nel Settecento nel territorio di Belcastro, ritroveremo i beni del priorato di San Pietro di Tacina detto anche di Nimfis, che risulta possedere le gabelle S. Pietro di Ninfi e S. Pietro della Fico entrambi confinanti con S. Ienia (S. Eugenia) della Commenda Prima di Belcastro.[xix]

Il potere religioso, costituito dal vescovo e dai canonici, e quello militare, costituito dal dominus comes e dai milites, visivamente rappresentati dalla cattedrale e dal castrum, situati sulla rupe e dominanti il borgo, sono evidenziati in un documento del Giugno 1207 dove si legge: “accessi apud Genococastrum coram episcopo terrae ipsius, domino comite, canonicis et militibus ipsius terrae”.[xx] Allora la chiesa di Genicocastro oltre al vescovo, aveva quattro dignità: decano, arcidiacono, tesoriere e cantore, ed i canonici, tutti di rito latino.[xxi]

Ancora sul finire del Duecento il rito latino era praticato dal ceto dominante, mentre quello greco resisteva presso il popolo. Vi era inoltre, una presenza di ebrei, ben documentata nel Quattrocento. Nel Medioevo secondo il Fiore, la città era abitata “da tre Popoli, Latini, Greci, e Giudei, de quali n’è rimasta la memoria in alcune scritture antiche: de primi due in una carta di numerazione, nella quale i Ministri di quell’impiego scrissero; Audita missa Graeca, accessimus ad Latina; e degli ultimi, in istrumento, nel quale l’anno mille quattrocento novanta tre, Rabi Soledo vendè un suo Fondo ad un Cristiano; onde poi partiti, la lor Sinagoga venne tramutata in una Chiesa, e consacrata à S. Cataldo”.[xxii] All’inizio del Settecento, il vescovo Giovanni Emblaviti affermava che “Quondam haec Civitas trium Populorum erat Communitas scilicet Hebrei, Greci, et latini, priorum vero solum remansit nomen in amplis regionibus ob ruptis rupibus, et dirutis domibus deformatum”.[xxiii]

Belcastro (CZ), chiesa della Pietà, icona detta la Madonna Greca (da museisantaseverina.it).

Un castrum sulla via degli eserciti

Nel Quattrocento Belcastro costituisce ancora un nodo strategico principale per il controllo della via che collega Catanzaro con Crotone, risultando particolarmente esposta alle devastazioni degli eserciti che si muovono lungo questa importante direttrice. Come registriamo nell’estate 1417, quando le truppe di Antonuccio dei Camponeschi di Aquila devastarono i possedimenti del conte di Belcastro, Pietro Paolo da Viterbo[xxiv] e, soprattutto, in occasione delle campagne condotte in Calabria dai sovrani aragonesi alla metà del secolo, per sedare le rivolte del marchese di Crotone Antonio Centelles.

Durante le operazioni condotte personalmente da re Alfonso d’Aragona, il 12 novembre 1444 gli accampamenti del sovrano erano presso il fiume Neto. Qui Alfonso rendeva esecutivi i privilegi rilasciati giorni prima all’università di Cirò.[xxv] Ottenuto il controllo delle terre e dei passi sul Neto il re si diresse ad occupare quelli sul Tacina. Il 16 novembre l’accampamento regio è presso Roccabernarda,[xxvi] che si difese tenacemente per alcuni giorni, ma “espugnatone il castello”, le truppe del re, dopo aver messo a ferro e fuoco quella terra, si diressero alla conquista di Belcastro. Il 21 novembre il regnante è a Belcastro. In quel giorno Alfonso concedeva dei privilegi ai rappresentanti dell’università di Cropani.[xxvii] Dopo poco i cittadini di Belcastro si arrendevano “e gli furo aperte le porte non possette però espugnar il castello, e la torre detta di Castellaci”. Lasciate delle truppe di presidio alla città e per proseguire nell’assedio, e considerando, che entro breve sarebbe caduta in sua mano, “non potendo per niuna strada giunger soccorso”, si avviò alla volta di Catanzaro. Il 12 febbraio 1445 il re era all’assedio di Catanzaro.[xxviii]

Questa strategia evidenziata dai movimenti delle truppe di re Alfonso, risulta confermata anche in occasione della discesa in Calabria dell’esercito di re Ferdinando nel 1459, quando Carlo di Monforte, conte di Campobasso, Alfonso d’Avalos e altri feudatari fedeli al re, con un’armata di seimila uomini marciarono contro il Centelles. Il marchese di Crotone, dopo aver conquistato il castello di Roccabernarda, si era asserragliato in Belcastro. Agli inizi della primavera del 1459, il D’Avalos e Carlo di Campobasso, dopo aver sconfitto le truppe del Centelles a Zagarise, a Taverna ed a Sellia, costringevano il Centelles a riparare dentro Belcastro, da dove poi lo avevano snidato e battuto il 9 maggio 1459 in aperta campagna. Nell’apprendere il gran numero di prigionieri ch’era stato fatto in quello scontro, il re Ferrante ordinò che “Nde sia facta … aspra justicia”.[xxix]

Il 24 settembre 1459 il sovrano era presso Rocca Fallucca.[xxx] Dopo aver assediata e conquistata Catanzaro, egli si diresse verso Crotone. Il due ottobre egli è accampato presso il ponte del Crocchio dove conferma all’abate del monastero della badia di Altilia i privilegi già concessi dal padre Alfonso.[xxxi] Poi assediò Belcastro, i cui cittadini si arresero l’otto ottobre dopo aver avuto la conferma dei privilegi, tra i quali quello di rimanere in demanio e aver ottenuto alcuni sgravi fiscali.[xxxii] Il 14 ottobre “in felicibus castris prope Belcastrum”, accoglie le richieste fatte da Michele Petro a nome della università di Castellorum Maris.[xxxiii] Intanto si arrendevano Santa Severina, Cirò ed altri luoghi fedeli al Centelles. Il 20 ottobre il campo del re era a Crotone.[xxxiv]

Ai danni causati alla città dalle guerre seguirono quelli arrecati dalla peste del 1482. L’undici aprile di quell’anno, re Ferrante concedeva dei privilegi all’università di Catanzaro, tra i quali, il condono di ogni pagamento da parte dei feudatari catanzaresi di Belcastro “per respecto de la peste che e stata et e in dicta cita de Belcastro et per suspecto de li turchi”.[xxxv] Essa, comunque, manteneva ancora il suo ruolo strategico, così a causa del pericolo di incursioni turche, le fortificazioni della città e del castello furono potenziate. Nel marzo 1489 esse furono ispezionate da Alfonso, duca di Calabria, e da Antonio dei marchesi di Settingiano.[xxxvi] Nel 1495, durante la discesa di Carlo VIII, Belcastro si ribellò. “Giovanni Pigniero che si trovava a Crotone toglie l’assedio alla città ed … insegue gli sbandati (filo francesi), li tallona fino a Belcastro, ove sosta per porre a ferro e fuoco la cittadina.”[xxxvii]

Belcastro (CZ), il castrum (1) ed il borgo (2).

Lo spopolamento

Nella seconda metà del Cinquecento la città si spopola. Il canonico donno Galieno, procuratore del vescovo di Belcastro Oratio Schipano, nella relazione del 1592 così afferma: “Cura totius Civitatis residebat penes totum Capitolum quia populus erat numerosus sed vero valde diminuitus. Nos autem dictam curam apud unum tantum collocavimus”.[xxxviii] La cura delle anime, infatti, fu affidata all’arciprete, che divenne il parroco di tutta la città non essendoci altra chiesa parrocchiale. L’arcipresbiterato, quinta dignità della cattedrale di Belcastro, fu istituito circa il 1578 ed il vescovo Schipano nel sinodo del 1593 gli affidò la cura delle anime, che gli fu confermata nel 1597.[xxxix]

Il vescovo di Belcastro Antonius Laureus nella relazione del 25 novembre 1603, affermava che alla metà del Cinquecento, la città era fiorente, ma poi per l’abbandono dei cittadini si era impoverita e di continuo diminuiva: “Civitas 40 annis retro florebat civium nobil.te, multitudine et frugum abundantia nunc ob predictorum civium dissentiones decrevit et in dies minuitur”.[xl] Dai 593 fuochi del 1545[xli] era infatti passata ai 246 fuochi della fine del Cinquecento.[xlii] Trenta anni dopo, il 29 aprile 1634, il vescovo Bartolomeo Giptio affermava che la città giaceva tra le proprie rovine e la cattedrale era circondata da pietre e da case abbandonate: “est lapidum montibus, et domibus dirutis circundata”.[xliii]

Belcastro (CZ), il castrum ed il borgo.

I terremoti

La città sarà colpita da un terremoto alla fine del 1687, durante la sede vescovile vacante, tra la morte del vescovo Alfonso Petrucci (15.11.1687) e la nomina di Giovanni Emblaviti (17.5.1688). Tracce di questo terremoto le ritroviamo nella corrispondenza del nunzio di Napoli e nelle relazioni del vescovo di Belcastro.

Il 7 ottobre 1687 il nunzio scriveva al segretario di stato. Si sente con lettere di Calabria che nella città di Tropea vi sia stato un gran terremoto con la rovina di molte case.[xliv] Il 19 luglio 1692 il cardinale segretario di stato informava il nunzio. La comunità di Belcastro ha avuto in elemosina dalla S. M.a d’Innocenzo XI (1676-1689), per restauro delle rovine patite per il terremoto 600 ducati da applicarsi al rifacimento delle fabbriche col consenso del vescovo e dei sindaci e parere del P. Guardiano dei Cappuccini di Cropani. La detta somma, consegnata a Mons. Emblaviti dal nunzio da quattro anni, ancora non è stata impiegata.[xlv]

“5 agosto 1692. Memoriale di Gio. bartolo Diano, di Marco Diano, sindaco et eletto, di Michelangiolo Lupoleo, eletto del Regimento e magistrato di Belcastro in cui dichiararono calunniose le notizie sulla distribuzione di 600 ducati, offerti dal papa, fatta dal vescovo Mons. Emblaviti, a favore dei sinistrati del terremoto.[xlvi]

Il 28 luglio 1692 il vescovo Emblaviti scriveva: “Civitas … nunc vero ruinis circundatur”. Anche il vescovo di Crotone Marco Rama segnala l’evento, infatti, egli riparò il “palatium episcopale in ea parte, qua labefastatum fuit ingenti terraemotu anno praeterito cum ruina in tecto, et parietibus”.[xlvii] Cinquant’anni dopo un altro terremoto scosse la città. Così il vescovo Tommaso Fabiani descriveva lo stato della città poco dopo il suo insediamento: Rimangono i resti delle mura che cingevano la città, delle torri, del castello e delle fortificazioni che rimasero integre fino al 1744 quando in quell’anno il terremoto le distrusse.[xlviii]

Belcastro (CZ), il castrum ed il borgo.

La città alla metà del Settecento

Dal catasto onciario cittadino conservato all’Archivio di Stato di Napoli, si ricava che, alla metà del Settecento, l’abitato di Belcastro era suddiviso nei seguenti rioni: “lo Burgo”, “Castellaci”, “la Grecia”, “la Lamia” e “la Piazza”. Luoghi caratteristici richiamati in questo documento più sporadicamente, risultano anche: “il Pomo”, “Ribellino”, “la Fontanella”, “il Cipresso”, “Salici” e “sopra lo puzzo”, detto anche “sopra la piazza”.

La “piazza”, era il luogo dove s’incrociavano le due strade principali che giungevano a Belcastro: quella che passava presso la torre di “Castellaci”, lungo la quale si era formata “la Grecia”, e quella che passando per la chiesa dell’Annunziata, attraversava il “Burgo”. Quest’ultimo una porzione dell’abitato originariamente esterna alla cinta muraria medievale che, invece, alla metà del Settecento, si trovava “nelle Circumferenza delle Mura della Città”. Anche “la Grecia” che aveva accolto la popolazione albanese stanziatasi nella città agli inizi del Cinquecento, costituiva una parte dell’abitato originariamente esterna al perimetro fortificato medievale, ma che all’attualità, si trovava entro le mura.

Queste fortificazioni erano costituite da una cortina (“Ribellino”) in cui si aprivano le porte cittadine, tra cui quella detta “di Canale”, circoscrivendo un’area murata che ancora oggi conserva toponimi che fanno riferimento a questo circuito (via Fra le Mura, via Murata), la cui esistenza è richiamata dal catasto onciario cittadino. Il seminario di Belcastro possiede “nelle Circumferenza delle Mura della Città, e proprio nel Burgo tiene puochi piedi di Celsi mori”.[xlix] Il mastro puncitore Bruno Mazza di Francesco abitava in “Casa propria Palaziata detta Ribellino”,[l] mentre il chierico celibe Francesco Jazzolino possedeva “un ortale di celzi mori loco d.o porta di Canale”[li] ed il bracciale Domenico Dieni aveva “Un orto con due piedi di celzi sopra Porta di Canale”.[lii] La chiesa della Pietà possiede “Un ortale di Fronda dove si dice la Porta de Canali, confine l’ortale de celsi mori delli Sig.ri Jazzolini … nel ristretto di d.a Città.”[liii]

Belcastro (CZ), viabilità principale alla metà del Settecento. 1 cattedrale, 2 Grecia, 3 piazza, 4 S. Rocco, 5 Pietà, 6 Borgo, 7 Annunziata, 8 Castellaci,

Gli orti

Orti erano situati dentro ed appena fuori le mura, nei luoghi detti “Il Borgo”, “la Grecia”, “li Salici”, “la Fontanella”, “l’acqua della Rosa” e “la Fontana di Caria”.

Il Borgo. Il seminario possiede “nel Burgo” pochi piedi di “Celsi mori”.[liv] “Orto con celsi mori sono nel luogo detto il Burgo confine li celsi della Città”. “Un ortale di celsi mori à canto delle case della Città, loco il Burgo”.[lv] “Un orticello con puochi piedi di celzi negri loco detto il Cipresso confine le case del D.r Fi.co Fran.co Galati e chiesa di S. Ant.o Abbate”[lvi] (nel Burgo). “Ortale di celzi mori nel luogo detto lo Burgo confine la casa dotale del Sig.e Dom.co Jazzolino”.[lvii]

La Grecia. “Casa locanda d.a la Grecia in Castellaci”.[lviii] “Celzi mori nel loco d.o S. Marco, conf.e le case della Grecia”.[lix] “orto d.o La grecia … con piedi due di celzi”.[lx] “La grecia” = “la Lamia”.[lxi]

Li Salici. “Ortale con celzi mori, sito nella Grecia loco d.o Salici”.[lxii] “orto di celzi mori nel luogo d.o Salici”.[lxiii] Il nobile Giuseppe Presta rivela: “più sogiungo posedere uno altro vignale nel loco detto Salici confine li Padri Domenicani di moggie due incirca di terra che ne percipo resa alcuna per esser confine della Città li neri della medsima Città la devastano”.[lxiv] “ortale di celsi mori vicino la circonferenza di d.a Città, nel luogo dove si dice Salici”.[lxv]

La Fontanella. La chiesa della Sanità possiede “Un orto di celzi mori sito dentro le mura di detta Città, dove si dice la Fontanella”.[lxvi] “Un orticello nel luogo d.o La Fontanella”.[lxvii]

L’Acqua della Rosa. “orticello con celzi mori d.o l’Acqua della Rosa”.[lxviii]

La Fontana di Caria. “Un orto inculto con due piedi di cerasa avanti la fontana de Caria”.[lxix]

Belcastro (CZ).

Torre di Castellaci

Le prime notizie su questa torre risalgono alla fine del 1444, quando re Alfonso d’Aragona scese in Calabria per domare la ribellione del marchese di Crotone Antonio Centelles. In quella occasione il re “Si portò a Belcastro, e gli furo aperte le porte, non possette però espugnar il castello, e la Torre, detta di Castellaci, quali considerando, che fra poco erano in necessità di cadere in sua mano, non potendoli per niuna strada giunger soccorso, s’inviò alla volta di Catanzaro”. [lxx]

Il 15 ottobre 1445, da Atri, lo stesso sovrano nominava il nobile “Gisperto de barbarano”, familiare regio, castellano “castri et Turris seu fortelicii altrius Civitatem n(ost)re bellicastri” dopo la morte di Francisco de Griman o Grimando,[lxxi] mentre il 10 marzo di quell’anno, dava mandato al nobile Tristano de Queralt, di pagare al “castellano et vigintiduobus sociis castri Bellicastri cum turri Bellicastri” ducati ottanta all’anno divisi mensilmente.[lxxii] È del 9 agosto 1449, un mandato relativo al pagamento del salario al nobile “Galcerando de Barbera castellano castri et turris Bellicastri ac gubernatori et capitaneo dicte civitatis”, e ai suoi soci.[lxxiii]

Il luogo dove era situata la torre di Castellaci è riportato in un documento della fine del Settecento, che descrive i beni del beneficio di S. Giovanni. Questo possedeva a “Valloneo al di quà il Vallone di detto nome”, “un Vignale di natura Corso, o sia ignobile dell’estensione di Tumulate quattro in Circa. Vi sono otto piedi di Castagne in’annosi, e di mala qualità. La terra non è atta a semina, perchè il vignale è un luogo scosceso e tutto dirupi, e Timpe, e perciò le Castagne dan poco frutto. Li Confini sono. Da Tramontana col Vallone detto Valloneo, e coi beni Dotali di Saverio Piterì di Belcastro; da Ponente la Torre detta di Castellace; Da Mezzogiorno il Fondo detto Pietra del Drago, e con altro detto il Bastione del Monte de’ Poveri di Belcastro da Levante coi Beni degli Eredi di Antonio Gemelli, e della Chiesa dell’Annunziata di d.o Belcastro. Si chiama Vignale per Causa, che prima vi era piantata vigna, e oggi si trova distrutta per lo tempo, e che poi non si è mai rifatta. La Terra è rimasta di natura Corsa.”[lxxiv]

Un’altra descrizione del luogo dove era situata la torre risale al 1784, quando il convento dei Domenicani di Belcastro possedeva il “Vignale di Claudia o sia orto di Angeloni. Terreno nobile della capacità tt.e una seminabile, sito e posto in d.o terr.o e nelle vicinanze dell’abitato di d.a città. Va serrato di mura di fabrica in parte, ed in parte di macerie. Confina coll’abbolita chiesa della Sanità e colla torre d.a di Castellaci della Cam.a B(aro)n(a)le di dentro vi sono due grotti per uso di far salinitri”.[lxxv] Troviamo in seguito che il fondo “Angilone Grotte” della Mensa vescovile di Belcastro, confina “sopraposto all’acqua di Caria”.[lxxvi]

Belcastro (CZ).

Alcune torri coloniche in territorio di Belcastro

Torre di Sammarco. Alla metà del Seicento, il convento dei Domenicani di Belcastro tiene “una possessione loco detto la TORRE di San(mar)co con celsi, et altri arbori fruttiferi e non fruttiferi”.[lxxvii]

1742. Il fisico Francesco Galati, nobile della città di Belcastro, possiede “un vignale di capacità d’un moggio in circa, con due piedi d’olive di terra nobile, nel luogo d.to la Torre di Sammarco, confine il Feudo di Spinadpede seu Scalpa.” Di più possiede un annuo censo di carlini ventidue l’anno per capitale di ducati ventidue “sopra le vigne della Torre diruta di Blaschio” che si pagano da D. Linardo Cirillo e dagli eredi del q.m Ant.o Coscia.[lxxviii] Il convento dei Domenicani di Belcastro possiede “le T(er)re dette la Torre di S. marco confine Giuseppe Ant.o Cuda alborata con celzi mori di moggia otto di Terre in circa di Terre Nobili”.[lxxix]

1784. “Torre, o sia Piano di Sammarco. Terreno nobile e seminabile nell’istesso territorio, della capacità ed estens.e tt.e otto, con un casaleno diruto al di dentro, ed una baracca di legname e fabrica … confine col sopra descritto fondo oliveto o sia vignale di Sammarco, colle terre di D. Dom.co Galati de Diano, col feudo della Regia Corte detto Spinampede, colla chiusa del mag.co Dom.co Cavaretta, e con un vignale dell’abbolita chiesa SS.ma Annunciata di detta città”.[lxxx]

“Caria vignale … confina col fondo volg.e detto la torre di Sammarco dell’abolito conventino domenicano.”[lxxxi]

Torre delli Cochi. 1784. La cappella del SS.mo Sacramento di Belcastro possiede: “Inzojaretto vignale ignobile, sito e posto nel Territorio istesso seminabile ed aratorio della capacità tt.e tre circa, confina col fondo volgarm.te d.o La Torre delli Cochi di D. Dom.co Iazzolino, col vignale volgarm.te d.o S. Marco e col fondo agliastri dell’abolito Conventino Domenicani”.[lxxxii]

Torre di Fulca. 1742. Il seminario di Belcastro possiede in comune ed indiviso con la cappella del SS.mo Sacramento di questa città, “una gabella chiamata Filicara nel luogo detto Fulca confine la Torre di Fulca”.[lxxxiii]

Torre delle grotte di Nasari. 26 novembre 1658. Lucia Ferrari possiede “una continenza di terre culte et inculte nominate le grotte di Nasari, seu Antonio Mazza, con torre et altri accasamenti e fabriche dentro site e poste nel tenimento e giurisdizione della città di Belcastro confine lo feudo chiamato lo Lochicello e confine la gabella della mensa vescovile di d.a città di Belcastro chiamata l’Umbri”. La continenza le era pervenuta per donazione fatta dal vescovo di Isola Gio. Francesco Ferrari e dalla signora Anna Florio in data 6 dicembre 1657. La vende a Ridolfo Galzerano.[lxxxiv]

Torre in loco L’Atterusa. 1742. Antonino Lupoleo possiede “una possessione loco d.o L’Atterusa conf. il vignale del Mag.co Dom.co Iazzolino alberata di cerasa mela pochi piantoni d’aulive ch’ancora non fruttano, e tre pedi di celzi mori cap.a tt.e due che dedotta la coltura, e guardia per esser sola, ed in parte di montagna con torre che abita d.o guardiano”.[lxxxv]

Torre della Forestella. 1742. Tra le “Robbe patrimoniali che si possegono dal C.co Celebre Fran.co Jazzolino”, risulta: “una possessione di terre nobili con vingna persa e Torre di Fabrica detta la Forestella con quercie ed altri alberi confine li PP. Domenicani di d.a città di capacità di salme quattro, cioè tre salme di Terra libera, ed una con vigna persa”.[lxxxvi]

Torre dei Domenicani. 1742. Il vescovo di Belcastro possiede un “vignale di terre ignobili chiamato la Nannarella confine S. Sodaro di Paulo Costanzo, e la Torre de PP. Domenicani”.[lxxxvii]

Torre di Palazzo. 1742. Gio. Battista Raymondi della città di Catanzaro, possiede una “Gabella nobile d.a il Palazzo, confine Vasenza, di capacità di salme venti, dentro la q(ua)le vi stà una Chiusura con Torre di fabrica, alborata d’ulive, viti ed’altri alberi fruttiferi”, ed un comprensorio di terre nobili confinanti una con l’altra, confine il sig. Galzerani, consistente in quattro membri, cioè “Torre, Galzerano, Pezzarelli e Frasso”.[lxxxviii]

Note

[i] Russo F. Storia della Chiesa in Calabria, I, 1982, pp. 202, 206; II, pp. 375, 393.

[ii] Moscato G. B., Cronaca dei Musulmani in Calabria, 1902, rist. 1963, pp. 25-29.

[iii] ASV, Rel. Lim. Bellicastren., 1641.

[iv] ASV, Rel. Lim. Bellicastren., 1677.

[v] ASV, Rel. Lim. Bellicastren., 1699.

[vi] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta 6328, ff. 440-442.

[vii] Pedio T., I paesi continentali del Regno di Sicilia nella descrizione di Edrisi, in Studi Storici Meridionali, 1/1994, p. 30.

[viii] Fiore G., Della Calabria Illustrata, I, 1691, p. 212.

[ix] Russo F., Regesto, I, 404.

[x] Pratesi A., Carte Latine di Abbazie Calabresi provenienti dall’Archivio Aldobrandini, 1958, pp. 364-366.

[xi] Pratesi A., Carte Latine di Abbazie Calabresi provenienti dall’Archivio Aldobrandini, 1958, pp. 380-382. Nel 1228 Riccardus Falloccus e la moglie Simeona donano al monastero di S. Teodoro degli eremitani, situato nelle pertinenze di Simeri ed obbedienza di S. Stefano del bosco, un loro fondo rustico. Trinchera F., Syllabus Graecarum Membranarum, Napoli 1865, p. 386. “Genitocastro” (1240). Huillard-Bréholles J.L.A., Historia Diplomatica Friderici Secundi, Parigi 1859, Tomo V pars II, p. 929

[xii] Reg. Ang. I, 1265-1269, pp. 293-294.

[xiii] Reg. Ang. IV, 1266-1270, p. 145.

[xiv] Reg. Ang. XLV, 1292-1293, pp. 41, 127.

[xv] “Tum Petilia, tum Gneocastrum denominabatur, ab anno vero salutis 1330 à tempore Roberti Regis, qui gratificando Thomam de Aquino in comitem … Bellicastri nomen sortita est”. ASV, Rel. Lim. Bellicastren., 1703.

[xvi] Reg. Ang. XLVI, 1276-1294, pp. 204-205. Minieri Riccio C., Notizie storiche tratte da 62 registri angioni dell’Archivio di Stato di Napoli, Napoli 1877, p. 215.

[xvii] ASCZ, Notaio Larussa L., busta 1912, prot. 12.382, ff. 257.

[xviii] Russo F., Regesto, I, 1501.

[xix] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta 6328, f. 395v.

[xx] Pratesi A., Carte Latine di Abbazie Calabresi provenienti dall’Archivio Aldobrandini, 1958, p. 210.

[xxi] “Benedictus canonicus et thesaurarius genicocastri” (1215. Pratesi A., Carte Latine di Abbazie Calabresi provenienti dall’Archivio Aldobrandini, 1958, p. 257). “Marcus Dei gratia Genicocastri episcopus”, “Simona comitissa domina Genicocastri”, “Lucas archidiaconus” (1235. Pratesi A., cit., p. 382). “Johannes decanus Genicocastri” (1262. Pratesi A., cit., p. 435). “Bernardus Genicocastrensis episcopus”, “Robertus cantor Genicocastri”, (1207. Pratesi A., cit., p. 212). Nel febbraio 1241, Marco vescovo di Gynaikokastro, conferma le immunità del monastero di Sant’Angelo de Frigillo. Sottoscrivono in latino: “Guillelmus Genicocastri decanus”, “Adinulfus archidiaconus Genicocastri”, “Johannes cantor Genicocastri”, Johannes thesaurarius”, “Philippus canonicus”, “presbyter Guillelmus Kalommatus canonicus”, “presbyter Nicolaus Kalommatus canonicus” e “Johannes … canonicus” (1241. Guillou A., Les Actes Grecs des Fonds Aldobrandini et Miraglia XI-XIII s., Biblioteca Apostolica Vaticana 2009, pp. 85-88

[xxii] Fiore G., Della Calabria Illustrata, I, 1691, p. 218

[xxiii] ASV, Rel. Lim. Bellicastren., 1703.

[xxiv] Pacella F., Un barone condottiero della Calabria del sec. XIV-XV: Nicolò Ruffo marchese di Cotrone, conte di Catanzaro, ASPN, III, (1964), pp. 75 sgg.

[xxv] Fonti Aragonesi, I, pp. 42-43.

[xxvi] Il re quel giorno approva i capitoli presentatogli dai rappresentanti dell’università di Lucera. Mazzoleni J., Fonti per la storia dell’epoca aragonese nell’archivio di stato di Napoli, ASPN a. 1954, p. 352.

[xxvii] A Belcastro il 21 novembre 1444, il re concesse ai rappresentanti dell’università di Cropani di rimanere in demanio, che la città fosse franca per 10 anni da qualsiasi tassa, che i suoi cittadini potessero pascolare franchi nei territori di Taverna e di Belcastro, che i beni requisiti fossero restituiti, che alla chiesa collegiata di Santa Maria fossero date le terre di Connino, che all’abbazia di S. Maria di Acquaviva fossero confermate tutti i privilegi, ecc. Fiore G., Della Calabria Illustrata, Napoli 1691, t. I, p. 213.

[xxviii] D’Amato V., Memorie historiche dell’illustrissima famosissima e fedelissima città di Catanzaro, Napoli 1670, p. 98.

[xxix] Pontieri E., La Calabria a metà del secolo XV e le rivolte di Antonio Centelles, Napoli 1963, p. 221.

[xxx] Giampietro D., Un registro aragonese della Biblioteca Nazionale di Parigi, ASPN, 1884, p. 285. Rubino G., Le Castella in Calabria Ultra, Napoli 1970, p. 98.

[xxxi] “In nostris felicibus castris prope Pontem Crochi”, il 2 ottobre 1459, re Ferdinando conferma all’abate Enrico de Modio i privilegi della badia di Altilia, tra i quali il possesso del tenimento di Sanduca. Privilegi della Badia di Altilia, ASN Archivio Ruffo di Scilla, Vol. 697, f. 14.

[xxxii] Fiore G., Della Calabria Illustrata, I, Napoli 1691, p. 213.

[xxxiii] AVC, Processo Grosso di fogli cinquecento settanta due della lite che Mons.re Ill.mo Duca di Nocera per il detto Vescovato dell’anno 1564, ff. 415-416.

[xxxiv] Giampietro D., Un registro aragonese della Biblioteca Nazionale di Parigi, ASPN, 1884, p. 285.

[xxxv] Monti G. M., Un importante Comune demaniale del Mezzogiorno. Catanzaro nei sec. XV e XVI, Bari 1930, p. 27.

[xxxvi] G. Filangieri, Documenti per la storia, le arti e le industrie delle provincie napoletane, 1891, vol. I.

[xxxvii] Valente G., Crotone, p. 205.

[xxxviii] ASV, Rel. Lim. Bellicastren., 1592.

[xxxix] ASV, Rel. Lim. Bellicastren., 1634.

[xl] ASV, Rel. Lim. Bellicastren., 1603.

[xli] Giustiniani, Dizionario Geografico-Ragionato del Regno di Napoli, tomo II, Napoli 1797, p. 229.

[xlii] Fuochi di Belcastro.1564-65: 221 (ASN, Tesorieri e Percettori, Vol. 4087, ex 485, f. 6v). 1578: 221 (ASN, Fondo Torri e castelli, vol. 35, f. 20). 1580: 221 (ASN, Tesorieri e Percettori, Fs. 506/4109, f. 2). 1595: 246 (Giustiniani, Dizionario Geografico-Ragionato del Regno di Napoli, tomo II, Napoli 1797, p. 229).

[xliii] ASV, Rel. Lim. Bellicastren., 1634.

[xliv] Russo F., Regesto, IX, 45686.

[xlv] Russo F., Regesto, IX, p. 184.

[xlvi] ASV, Nunz. Nap. 112, f. 161. Russo F., Regesto, IX, p. 185.

[xlvii] ASV, Rel. Lim. Crotonen. 19 maggio 1692.

[xlviii] ASV, Rel. Lim. Bellicastren., 1758.

[xlix] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta 6328, f. 449.

[l] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta 6328, f. 82.

[li] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta 6328, f. 126.

[lii] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta 6328, f. 119.

[liii] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta 6328, f. 475.

[liv] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta 6328, f. 449.

[lv] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta 6328, f. 456.

[lvi] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta 6328, f. 219.

[lvii] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta 6328, f. 610.

[lviii] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta 6328, f. 242.

[lix] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta 6328, f. 419.

[lx] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta 6328, f. 333.

[lxi] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta 6328, ff. 271-272.

[lxii] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta 6328, f. 150.

[lxiii] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta 6328, f. 62.

[lxiv] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta 6328, f. 217.

[lxv] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta 6328, f. 251.

[lxvi] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta 6328, f. 471v.

[lxvii] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta 6328, f. 70.

[lxviii] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta 6328, f. 318.

[lxix] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta 6328, f. 288.

[lxx] D’Amato V., Memorie Historiche dell’Illustrissima, Famosissima e Fedelissima Città di Catanzaro, 1670, p. 98.

[lxxi] ACA, Cancillería, Reg. 2911, f. 87v.

[lxxii] “1445. mar. 10, IX, Tarsie. Alfonsus rex etc., Nob. viro Tristano de Queralt secreto, magistro portulano et generali commissario in ducatu Calabrie etc. Mandat quatenus de quibusvis pecuniis proventis aut proventuris solvat de quantitatibus sequentibus, videlicet castellano castri Cutroni duc. centum quinquaginta pro quolibet anno, ad rationem duc. duodecim, tar. duorum et gr. decem pro mense quolibet; vicecastellano dicti castri duc. quinque pro quolibet mense et quadraginta sociis ad rationem duc. trium pro quolibet mense pro eorum stipendio; (…) castellano et vigintiduobus sociis castri Bellicastri cum turri Bellicastri in totum duc. octoginta pro quolibet mense modo predicto castellano Rocche Bernarde et sociis quindecim in totum modo predicto duc. quinquaginta; castellano et sociis decem castri seu turris Crepacoris in totum modum predicto duc. triginta quinque pro quolibet mense. Fonti Aragonesi, IV, p. 35.

[lxxiii] 9 agosto 1449. “Alfonsus Rex etc. Gabrieli Cardone Thesaurario Calabrie etc. Mandat quatenus exolvat nob. viro Galcerando de Barbera castellano castri et turris Bellicastri ac gubernatori et capitaneo dicte civitatis et sociis suis, salarium eisdem pertinens, tam de tempore preterito quam presenti et futuro.” Fonti Aragonesi, I, p. 76.

[lxxiv] ASCZ, Notaio Larussa L., busta 1912, prot. 12.382, f. 257v.

[lxxv] ASCZ, Fondo Cassa Sacra. Ripartimento di Zagarise, 1784. Belcastro Duplicato. Inventario dell’Averi, e Rendite abolito Conventino Domenicani. Vol. I, ff. 6v-7.

[lxxvi] AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 15B, “Stato denominativo dè fondi della Reverenda Mensa di Belcastro siti né territori di Belcastro”.

[lxxvii] ASV, Relatione del Con.to di San Dom.co di Belcastro, S. C. Stat. Regul., Relationes, 25, f. 752.

[lxxviii] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta 6328, f. 158.

[lxxix] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta 6328, f. 482.

[lxxx] ASCZ, Fondo Cassa Sacra. Ripartimento di Zagarise, 1784. Belcastro Duplicato. Inventario dell’Averi, e Rendite abolito Conventino Domenicani. Vol. I, f. 4v.

[lxxxi] ASCZ, Fondo Cassa Sacra. Ripartimento di Zagarise, 1784. Belcastro Duplicato. Inventario di tutti l’Averi, e Rendite dell’abolita Chiesa, e Confraternita sotto il titolo dell’Annunciata. Vol. VI, f. 7.

[lxxxii] ASCZ, Fondo Cassa Sacra. Ripartimento di Zagarise, 1784. Belcastro Duplicato. Inventario dell’averi, e rendite della Ven. Cappella del SS.mo di d.a città incorporata alla Sacra Cassa, Vol. V, f. 5v.

[lxxxiii] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta 6328, f. 448.

[lxxxiv] AASS, Fondo Arcivescovile, cartella 15B.

[lxxxv] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta 6328, f. 41.

[lxxxvi] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta 6328, f. 126.

[lxxxvii] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta 6328, f. 441v.

[lxxxviii] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta 6328, f. 531.


Creato il 18 Febbraio 2015. Ultima modifica: 9 Novembre 2023.

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