Xifo-Scifo di Crotone: la sorgente, la torre, il casino

Scifo presso Crotone.

Primi documenti

Luogo in territorio di Nao particolarmente adatto al pascolo, alla coltura ed alla semina, per la presenza di sorgenti e la vicinanza del mare, situato tra Alfieri e Capo Pellegrino, Scifo, “Fons dulcissime fontium relictis / Undis Bellerophontides puella”, così fu celebrato dai versi del poeta crotonese Giano Pelusio (1520-1600).[i]

Tra i proprietari alla metà del Cinquecento troviamo i Berlingieri, come attesta un versamento fatto dal pagatore della regia fabbrica di Crotone Jo. Veles de Tappia del 1543, per utilizzare il territorio per il pascolo dei regi buoi, addetti alla costruzione delle nuove fortificazioni della città.[ii] In questi stessi anni la mensa vescovile di Crotone possedeva una gabella o gabelluzza, detta di Scifo, o di Nao, che affittava a pascolo, nel capo delle Colonne confinante con le terre di Scifo e le terre degli eredi di Geronimo Pigneri.[iii] Da documenti successivi Scifo risulta divisa tra due proprietari e la gabella assume due denominazioni: Scifo vecchio e Scifo novo. Ciò fu dovuto, probabilmente, alla costruzione di un nuovo biviere per gli animali, all’interno di quest’ultima parte della gabella. Da un documento del 1583 veniamo a conoscenza che Oliverius de Oliverio di Crotone, possedeva la gabella Scifo Novo nel luogo detto “Nao”, confinante con la gabella “della Captiva” appartenente allo stesso, e la gabella “della Fico”.[iv]

La torre di Scifo presso Crotone.

Marmi appartenenti ad una nave affondata a Scifo presso Crotone nel III sec. d. C. (da archeologiasubacquea.org).

La difesa del territorio dalle razzie turche

Alla fine del Cinquecento il regio ingegnere Vincenzo de Rosa rielaborò un vecchio piano, redatto dal veditore generale dei castelli Sancio de Sarrocza, e dall’ingegnere Benvenuto Tortelli, i quali fin dal 1579, avevano fatto presente al viceré la necessità di costruire almeno 12 torri per la difesa della marina, e della navigazione dal fiume Crocchio a Capo delle Colonne, prevedendo tra le torri da farsi, una “al detto capo delle Colonne, alla punta di Maricello, a quello della fontana di Siffo …”.[v]

In seguito, il De Rosa, assieme al governatore di Calabria Ultra Herrico de Mendocza, dopo aver visitato le marine, prescrisse tra le torri marittime da costruirsi in territorio di Crotone, una “nel monte chiamato Alfiero per il preczo de ducati 2500, un altra nel luoco chiamato Schifo e capo de piczicarolo per il preczo de ducati 2500, un altra nel capo delle colonne dove se dice lo mareyello per il preczo de ducati 2500 al capo delle Colonne”.[vi] Piano approvato dalla regia corte, che dette il via alla costruzione di alcune delle torri progettate tra il Tacina ed il Neto.

La torre verrà costruita sul capo Pelegrino, o Pellegrino, dal mastro Gio. Bernardino de Sena di Catanzaro nei primi anni del Seicento,[vii] e prenderà dapprima, il nome di Torre di Capo Pellegrino e poi, di torre di Scifo. Essa era situata dentro la gabella detta di Scifo Vecchio.[viii]

Le località “scifo et pizicaloro” e “mariello” segnate dove “bisognano le torre” nel “capo di li colonne”, in uno dei disegni contenuti nel codice Romano Carratelli.

La costruzione della torre di capo Pellegrino

Il 15 agosto 1602 il capitano Antonio dela Motta Villegas, castellano di Crotone e sopraintendente alla fortificazione della città e castello, nonché delle nuove torri che si stanno costruendo nel Marchesato, faceva presente al tesoriere di Calabria Ultra, Camillo Romano, residente in Monteleone, che il partitario della torre di capo Pelegrino (o Pellegrino) in territorio di Crotone, Gio. Bernardino de Sena di Catanzaro, aveva chiesto ducati 50 anticipati come pattuito, per poter iniziare la costruzione della torre, “poiché tiene alcuni materiali in ordine et atti a fabricare”, e vuole che vengano versati altri ducati 100, in potere di una persona scelta dall’università di Crotone come cassiere della torre, per più comodità del partitario, e per facilitare la costruzione della torre. I ducati dovevano essere presi dalle entrate della imposizione della fabbrica delle torri e, mancando questi, da quelli della guardia.

Il 24 agosto il tesoriere Camillo Romano ordinava al suo luogotenente Gio. Battista Oliverio, di pagare duc. 50 di anticipo al De Sena, e di consegnare altri ducati 100 al cassiere, da scegliersi dall’università di Crotone, perché siano spesi per la costruzione della torre. Il 6 settembre in Cutro, il De Sena riceveva dal luogotenente Oliverio i ducati 50 che doveva avere di anticipo.[ix] Il 23 dello stesso mese il governo dell’università di Crotone (sindaco dei nobili Aniballe Montalcino, del popolo Cola Jo. Jacomino, eletti Gio. Andrea Pelusio, Mario Lucifero, Aniballe Pipino, Giulio Pignataro e Gio. Francesco Rigitano), eleggeva come erario e cassiere della torre di capo Pellegrino, il notaio Giovanni Francesco Rigitano al quale, nello stesso giorno, presso il notaio Joanne Galatio di Crotone, Lutio Oliverio di Cutro, come rappresentante del luogotenente Gio. Battista Oliverio, consegnava i 100 ducati.[x]

Crotone, torre di Scifo.

Proprietari della località

Scifo Nuovo assieme all’Irto Grande nel Capo di Nao, riappare tra le proprietà lasciate in eredità dal marchese di Casabona Scipione Pisciotta, morto nel 1622.[xi] Le calamità naturali ma, soprattutto, l’esposizione della località alle razzie dei Turchi, i quali “vengono a mettere in terra in questo capo per acqua, ò per fare carne, perché sempre vi trovano animali a pascolare”,[xii] manterranno per lungo tempo le sue terre quasi esclusivamente dedicate al pascolo, mentre nella vicina torre regia troveranno rifugio gli equipaggi delle barche inseguite dai pirati.[xiii]

Solamente verso la fine del Seicento, con il venire meno del pericolo e con la ripresa economica, esse diverranno “rase ed aratorie”. Le terre saranno affittate per tre anni, con contratti annuali e pagamento in denaro, ad uso di pascolo “d’ogni sorte di animali, forché porci, ma solamente per quelli servissero per uso di mandria o vaccarizzo”. Seguiranno altri tre anni ad uso di semina, con contratti triennali. Il primo anno era franco a maggesare, e per i seguenti seminatori il pagamento era in grano al raccolto. Per antica consuetudine il conduttore, prevedendo un’annata sterile, aveva la possibilità di rinunciare al raccolto ed al pagamento del primo anno di semina, che era il secondo di fitto. Come in tutte le altre gabelle situate a capo Nao, le rese saranno particolarmente scarse a causa della aridità del luogo, come denotano nelle annate secche, i numerosi atti di rinuncia del raccolto da parte dei coloni che avevano in fitto i fondi.[xiv]

Il Nola Molise alla metà del Seicento, così descriverà la località: “Appresso verso mare è quel fruttifero, et tanto utile territorio, detto Alfiere … Seguendo il camino verso il capo delle Colonne, si ritrova verso mare a mezzo dì la fontana detta Scifo, così detta hoggi, perché i Crotonesi per commodo degli animali, che in quella bevono, vi hanno fatto di fabrica una pila lunga, che communemente chiamano Scifo … Seguendo il camino verso la punta di detto Capo delle colonne passato Scifo viene un’altro piccolo capo, detto pellegrino”.[xv]

Alla fine del Seicento i maggiori proprietari di terre nella località saranno i Gerace subentrati ai Pigneri, il cantorato, il vescovo, il monastero di Santa Chiara, e il decanato di Crotone. Proprietà minori avevano anche i Mazzulla ed i Petrolillo.[xvi]

Panorama di Capo Colonna presso Crotone.

Scifo Vecchio e Scifo Nuovo

Le due gabelle Scifo Nuovo e Scifo Vecchio rimasero a proprietari diversi durante il Seicento e per buona parte del Settecento. Scifo Vecchio risulta dapprima, in possesso di Pelio Petrolillo. Gravata di un censo di carlini 16, per un capitale di ducati 20 che annualmente si deve al beneficio di Santa Caterina,[xvii] la gabella fu portata in dote da Cecilia Petrolillo, figlia ed erede di Pelio, a Filippo de Silva. Amministrata dalla vedova Cecilia Petrolillo che riscattò il censo,[xviii] passò poi ai figli Gio. Batt.a[xix] e Gio. Francesco. Il fratello di quest’ultimo Dionisio de Silva, nel 1760 possiederà come erede, la metà del territorio di terre rase ed aratorie denominato Scifo Vecchio “sito nel territorio di questa città loco d. il Capo delle Colonne seu Nao entro il quale territorio si attrova edificata la Regia Torre di guardia detta di Scifo”, e confinante con Scifo Nuovo.[xx]

Scifo Vecchio rimarrà ai de Silva finché Saveria de Silva, ereditandolo dal padre Dionisio e dallo zio paterno, il canonico Giovanni de Silva, non lo porterà in dote al barone Francescantonio Lucifero. La De Silva “per alcuni suoi bisogni e per reparare alle strettezze in cui s’attrova detto suo marito”, sarà costretta a vendere il bene dotale nel 1774 ai fratelli Zurlo per ducati 920. Nell’atto di vendita la gabella è descritta come estesa 15 salmate di terre aratorie, “oltre certe poche coste scogliose sendo terreno quasi inutile, affacciante il mare, con suo biviero”.[xxi] Scifo Vecchio allora era attorniato quasi completamente dalle altre gabelle degli Zurlo dette “li Piani di Nao”, e per questa lunga appartenenza alla famiglia De Silva era anche chiamato Scifo di Silva.

La gabella Scifo Nuovo, dell’estensione di 10 salmate, pervenne a Francesco Antonio Barricellis che, l’8 dicembre 1664, per atto del notaio Isidoro Galasso di Crotone, la vendette con altre terre a Gio. Pietro Gerace, il quale se ne stava a Napoli, lasciando l’amministrazione delle terre al figlio Onofrio.[xxii] Fu allora che i confini della gabella furono spostati e si allargarono andando ad usurpare parte della confinante gabella di Santa Chiarella di Nao, di proprietà del monastero delle clarisse di Crotone.[xxiii] Morto Gio Pietro Gerace, essa passò con gli altri beni in eredità ad un altro figlio di costui, Nicola,[xxiv] e vi rimase finché quest’ultimo, il 14 febbraio 1702, non venne a convenzione con l’abbate Fabio Caracciolo, figlio terzogenito del duca di Montesardo, Giuseppe Antonio Caracciolo, al quale la cedette con altre terre senza patto di ricompra.[xxv]

In effetti l’abbate Fabio Caracciolo, intestatario delle terre, non era altro che un prestanome del duca di Montesardo, utilizzato per sfuggire alle tasse.[xxvi] Infatti, il barone di Isola come proprietario del bene burgensatico, avrebbe dovuto pagare all’università di Crotone la bonatenenza.

Fabio Caracciolo sposò Maria Diodata Caracciolo, figlia di Fulvio Gennaro Caracciolo, primogenito del feudatario di Isola Giuseppe Antonio Caracciolo. Fulvio Gennaro Caracciolo ottenne il titolo di principe di Isola l’8 maggio 1723 e, morto nell’aprile 1745, gli succedette la figlia Maria Diodata Caracciolo, vedova di Fabio Caracciolo.[xxvii] Morta dopo pochi anni Maria Diodata Caracciolo, duchessa di Montesardo e principessa di Isola, nel 1749, su dichiarazione della Gran Corte della Vicaria, fu dichiarata erede universale e particolare della medesima la figlia Ippolita Caracciolo, duchessa di Montesardo e principessa di Isola e Marano, la quale aveva portato numerosi beni in dote a Pasquale Caracciolo principe di Marano, come risulta dai capitoli matrimoniali firmati il 15 aprile 1744, presso il notaio Giulio Cesare de Sanctis di Napoli.

Tra i beni della dote costituita dal nonno Fulvio Gennaro Caracciolo e dalla madre Maria Diodata Caracciolo, vi erano anche alcune proprietà in territorio di Crotone, nel luogo detto il Capo di Nao, e cioè: le gabelle di Scifo con il suo vignale “ed acqua colli suoi bivieri e loro luogo”, Zappaturo, Formosella, il Terzo di Mangione, il Terzo di Berlingieri, colla di lei acqua e luogo per questa, le Chianche, la Gabelluccia, Rocchetta, Casazza col suo vignale, il Terzo Grande, Tenimento e Pratora. A queste proprietà sempre in territorio di Crotone, è da aggiungere un magazzino fuori le mura della città, nel luogo detto il Fosso nella strada dei Cappuccini.[xxviii]

A prendere reale possesso dei beni fu incaricato dalla feudataria il suo agente generale di Isola Francesco de Bona, il quale nell’aprile 1749, nel luogo detto Nao, enumerò 13 gabelle con effetti burgensatici: Tenimento, Irto Grande, Pratora, Zitoleo, Casazza, Scifo Nuovo con fontana e bivieri d’acqua di fabrica, Gabelluccia, Rochetta, Chianche, Terzo di Berlingieri con fontana di fabrica, Zappaturo e Formosella.[xxix]

Risalgono alla metà del Settecento alcune liti relative al diritto di passaggio ed al tentativo di privatizzare le vie pubbliche che conducevano sui fondi, specie quella che “dalla torre del Travaglio (Marrello) conduce a quella di Scifo”,[xxx] e quella che passa in mezzo a “li Piani di Nao”.[xxxi]

Panorama di Capo Colonna presso Crotone.

Gli Zurlo costruiscono il casino

Il 13 maggio 1763 con atto del notaio Gio. Battista Buonfante di Napoli, Ippolita Caracciolo, duchessa di Montesardo e principessa di Isola e Marano, assieme al marito Pasquale Caracciolo, principe di Marano, vendono a Francesco Antonio Zurlo, al primicerio Diego Zurlo, e a Raffaele e Baldassarre Zurlo, i beni ereditati in territorio di Crotone per 13.500 ducati. La vendita è motivata dal fatto che le terre poste a capo Nao, oltre ad essere fuori dalla giurisdizione del loro feudo di Isola, sono anche lontane e quindi, non possono ricevere quella cura che dovrebbero avere per essere fruttuose; i Caracciolo hanno anche urgente bisogno di denaro per valorizzare le altre loro proprietà e feudi.[xxxii]

Pochi anni dopo gli Zurlo, Diego, Nicola e Francescantonio, aumentano le loro proprietà, comprando da Saveria de Silva la gabella di Scifo Vecchio di salmate 15 con il suo biviero.[xxxiii] La località che in precedenza, era abitata solo occasionalmente da coloni e pastori, dediti al pascolo e alla semina, assumerà ben presto una nuova fisionomia. I nuovi padroni in pochi anni edificheranno il casino, con i magazzini, la chiesa, le caselle ed il vaccarizzo. Creeranno un grande giardino con alberi da frutto ed un vigneto, e costruiranno due cisterne per raccogliere e conservare la preziosa acqua della fonte. La nuova struttura economica ed abitativa, oltre a permettere un insediamento duraturo, assicura un migliore sfruttamento e vigilanza del territorio, ed è al tempo del raccolto occasione di soggiorno per i nuovi padroni, che abbandoneranno ben volentieri la città malarica per una località salubre e con buona acqua.

In questi anni, soprattutto per opera dei mastri crotonesi Domenico e Nicolò Scaramuzza, viene edificato il casino nella località Scifo Nuovo o del Duca. La costruzione è attestata da testimonianze,[xxxiv] e da atti successivi, relativi alla divisione dei beni tra gli Zurlo di Crotone. Da questi documenti risulta che le proprietà degli Zurlo ai Piani di Nao sono: Formosella, Zappaturo ed un Terzo di Berlingieri, oltre a 19 tomolate di timpe e strada sotto la punta della tonnara, con tutto il travaglio, Mangione, la Gabelluccia, il Terzo di Sacramento, vignali di Zituleo, Chianche, Vignale di Scifo tra le Chianche e Casazza, Casazza e suo vignale, il vignale delle Chianche, il vignale della gabelluccia tra Rocchetta e l’Irto Grande, Rocchetta, Erto grande, Scifo del Duca colle timpe in mare e Scifo di Silva. Tra le fabbriche oltre al casino, vi erano una casella rimpetto a Capocolonne, un magazzino attaccato al casino in faccia al mare e il giardino, una vigna e la casetta nel giardino.[xxxv]

Il 10 marzo 1772 i mastri fabbricatori Pasquale Juzzolino e Domenico Scaramuzza, ed i mastri falegnami Giuseppe Antonio Negro e Antonio Luca, su richiesta di Diego, Francesco Antonio, Nicola, Raffaele e Baldassarre Zurlo, fratelli e nipoti, dopo essere stati a Capo delle Colonne per apprezzare il casino e gli altri edifici esistenti, attestano che le proprietà considerate avevano un valore di ducati 1774 grana 6 e cavalli 2. Le fabbriche prese in considerazione sono: la casella del Tenimento o sia vacarizzo, un bivierotto sotto la detta casella con cammino d’acqua, una casella nella gabella detta L’Inchiuso nella Pratora, il magazzino a levante in faccia al mare attaccato al casino, una casella alla parte di sopra dirimpetto a Capo Colonna, che non era ancora terminata di costruire, la fabrica del casino, e una casella di creta nel giardino dove vi erano due cepie o sia pile.[xxxvi]

Fatta la divisione dei beni tra gli Zurlo, nel febbraio 1779 i fratelli Raffaele e Baldassarre Zurlo, padroni della gabella di Scifo di tomolate 70 circa, con casino ed altri edifici, stimabili di valore di circa 1500 ducati, confinante con la gabella Scifo di Silva, volendo erigere una cappella o chiesa rurale presso il casino, per farvi celebrare la messa nei giorni festivi per loro comodità “quando anderanno colle loro famiglie a villeggiatura in detto casino”, e anche per conforto dei coloni e dei lavoranti che lavorano nella gabella di Scifo ed in quelle vicine, dotano la costruenda chiesa rurale dell’annua rendita di ducati 12, per far fronte alle spese per la celebrazione della messa festiva e per il mantenimento decoroso dell’edificio sacro (acquisto delle suppellettili e degli arredi sacri). La rendita dei ducati 12 si percepirà in perpetuo dagli effetti e rendite della gabella di Scifo, ed andranno in beneficio della chiesa dal giorno che, previe le dovute licenze, essa sarà eretta.[xxxvii]

Crotone, casino di Scifo.

Ultimi proprietari

Gli Zurlo ben presto estenderanno la loro influenza su tutta l’area circostante. Essi oltre a trarre profitto dai loro fondi, prenderanno in fitto anche i vicini terreni di proprietà ecclesiastica.[xxxviii] Obbligando i coloni, concedendo terreni ed anticipando il grano per seminare, accumuleranno al raccolto il grano per commerciare e speculare.

Dal catasto onciario di Crotone del 1793, si rileva che Baldassarre Zurlo di anni 43, possiede nella zona di capo Colonna le gabelle dette Piani di Nao col vignale di Scifo e Chianche, ed il territorio detto Scifo Vecchio,[xxxix] mentre Raffaele Zurlo di anni 49, possiede il Terzo di Berlingieri ed un comprensorio di terre dette li Piani di Nao.[xl]

Dopo l’Unità d’Italia la torre di Scifo fu ceduta dal Demanio dello Stato al marchese Antonio Lucifero, che la trasformò in dimora estiva di soggiorno,[xli] e molti terreni di proprietà ecclesiastica della località, incamerati dall’Asse Ecclesiastico, passarono in proprietà del barone Luigi Berlingieri che li acquistò dal Demanio.[xlii] Così nella prima metà del Novecento, oltre alle proprietà degli Zurlo, troviamo la torre dei Lucifero e la grande proprietà del barone Giulio Berlingieri, nota come la tenuta di Capocolonna, che era costituita dalle gabelle Capo, Scifo, Casazza, Gabelluccia, Croce, Irticello, S. Spirito, Donatello, Tenimento, Presinace ed altre, per una estensione di 426 ettari a pascolo ed a semina, all’interno della quale vi era un pozzo con abbeveratoio ed un abbeveratoio con sorgente.[xliii]

Crotone, casino di Scifo.

Note

[i] Nola Molise G. B., Cronica dell’antichissima e nobilissima città di Crotone, Napoli 1649, pp. 63-64.

[ii] “Ad Anselmo beringeri de cotroni ducati vinti et sono per lo preccio dela herba di Xifo che pascholano lo primo anno le bove dela regia fabrica”. ASN, Dip. Som., fs.187, II, (1543).

[iii] “Fran.co Malatacca duc. 10 per l’affitto del terreno de nao affittato per detto Giulio Leone”. ASN, Dip. Som. 315, 9, Conto del m.co Julio Cesare de Leone deputato sopra le entrate del vescovato de Cutrone, 1570 et 1571.

[iv] ASCZ, Busta 15, anno 1583, f. 32.

[v] Pasanisi O., La costruzione generale delle torri marittime ordinata dalla R. Corte di Napoli nel sec. XVI, in Studi di Storia Napoletana in onore di Michele Schipa, Napoli 1926, p. 435.

[vi] ASN, Collaterale Negotiorum Camere, Vol. 9, ff. 19v-27.

[vii] AVC, Notaio J. Galatio, Cotrone 23.9. 1602, Fs. 1602, ff. 330-332.

[viii] Territorio di Scifo vecchio, “entro il qual si attrova edificata la regia torre di guardia detta di Scifo, confina con le terre dette Scifo novo”. ASCZ, Busta 860, anno 1760, ff. 107-111.

[ix] ASCZ, Busta 58, anno 1602, f. 472v.

[x] AVC, Notaio J. Galatio, Cotrone 23.9.1602, Fs.1602, ff.330-332

[xi] Maone P., Casabona feudale, in Historica n. 5/6, 1964, p. 196.

[xii] Nola Molise G. B., Cronica dell’antichissima e nobilissima città di Crotone, Napoli 1649, p. 65.

[xiii] H. Cota del Piano di Sorrento, patrone della tartana S. Giuseppe e L’Anime del Purgatorio, nei primi giorni di agosto dell’anno 1698, mentre sta dirigendosi verso il porto di Crotone, è inseguito da alcuni vascelli turcheschi. Per sfuggire alla cattura, dirige la tartana sotto la torre di Scifo, dove aiutato dai suoi marinai, riesce a togliere dalla barca tutte le vele e gli armeggi per navigare, portandoli al sicuro nella torre, mentre la tartana è portata via dai pirati. ASCZ, Busta 338, anno 1698, ff. 94-97.

[xiv] Nel 1695 M. Cirrelli sementò il vignale detto “il Cantone” confinante con “la Casazza”, ma poiché vide che il raccolto si prevedeva scarso, rinunciò il vignale al padrone Honofrio Gerace. ASCZ, Busta 338, anno 1699, ff. 14-15. Nel 1735 alcuni coloni che avevano seminato in territorio di Nao, per la sterilità rinunciano i seminati ai padroni delle gabelle. ASCZ, Regia Udienza, Cart. S 429/10, Fasc V. A. Barbiero affitta per tre anni a semina la gabella “S. Chiarella” di Nao delle clarisse, obbligandosi a consegnare al raccolto tt.a 69 di grano. Prima del raccolto del 1761, a causa della sterilità lo rinuncia, e l’annata dopo non lo semina. ASCZ, Busta 1268, anno 1761, ff. 128-130. Lo stesso per “la Garrubba” di Nao, che viene “stimata da non potersi mietere atteso il sementato è secco per la sterilità dell’acqua”. ASCZ, Busta 1268, anno 1761, f. 61.

[xv] Nola Molise G. B., Cronica dell’antichissima e nobilissima città di Crotone, Napoli 1649, p. 63.

[xvi] AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama Ordinis Eremit.rum S.ti Augustini, A. D. 1699 confectae, f. 134.

[xvii] AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama Ordinis Eremit.rum S.ti Augustini, A. D. 1699 confectae, f. 157v. Pelio Petrolillo sposò Fiorenza Zurlo, figlia di Gio. Domenico Zurlo e di Laura Gullì. ASCZ, Busta 333, anno 1674, f. 41.

[xviii] Il 29 maggio 1710 Cecilia Petrolillo, figlia ed erede di Pelio, madre e tutrice dei figli ed eredi del fu suo marito Filippo de Silva, poiché la gabella Scifo Vecchio è gravata da un pagamento annuo di carlini 16, per un prestito di ducati 20, avuto dal rettore del beneficio di Santa Caterina, restituisce il capitale in modo da lasciare liberi gli eredi. ASCZ, Busta 635, anno 1710, f. 27.

[xix] Gio. Batt.a de Silva possiede un territorio detto Scifo vecchio luogo detto Nao di tt.a 50. ASN, Cam. Som., Catasto Onciario Cotrone, 1743, vol. 6955.

[xx] ASCZ, Busta 860, anno 1760, ff. 107-111.

[xxi] ASCZ, Busta 1665, anno 1774, ff. 16-18.

[xxii] Morto T. Capocchiano che aveva preso in fitto e seminato alcune gabelle, gabellucce e vignali a Capo di Nao, Onofrio Gerace, figlio di Gio. Pietro, si impossessa dei beni del Capocchiano. Le vacche le manda a Napoli a suo padre per venderle, il grano dei terreni seminati dal Capocchiano se lo porta nei suoi magazzini e vende i buoi, parte in contanti e parte a credenza. ASCZ, Busta 659, anno 1715, ff. 95-96.

[xxiii] Il vescovo Rama trovò che la mensa vescovile possedeva il territorio Li Vescovatelli di Nao, confinante la gabella di S. Chiara del monastero di S. Chiara di Crotone, secondo le vecchie platee, “hoggi conf. la gabella detta Scifo novo di Nicolò Gerace e la gabella detta la Cattiva dell’heredi del qm. D. Felice Mazzulla”. AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama Ordinis Eremit.rum S.ti Augustini, A. D. 1699 confectae, f. 68v.

[xxiv] AVC, Acta Sanctae Visitationis ab Ill.mo ac R.mo D.no Episcopo D. Marco Rama Ordinis Eremit.rum S.ti Augustini, A. D. 1699 confectae, f. 68v.

[xxv] Le terre vendute da Gio. Pietro Gerace a Fabio Caracciolo nel luogo “li piani di Nao”, erano: Il Tenimento (salmate 45), la Casazza (salm. 18), la Gabelluccia (salm. 15), li Chianchi e Zappaturo (salm. 12), Scifo Nuovo (salm. 10), la Rocchetta (salm. 4) e li Chianchi (salm. 10). ASN, Prov. Caut. di Calabria Ultra, 362, f. 74 (1723). ASCZ, Busta 1343, anno 1767, ff. 53-54. Le terre furono vendute per ducati 11.000. Esse erano gravate dal peso annuo di duc. 27 dovuti al convento di Gesù e Maria, a causa di un censo, e dal pagamento della bonatenenza, “seu pagamenti di fiscali forse debiti alla università della città di Cotrone”. ASCZ, Busta 1343, anno 1767, f. 54.

[xxvi] Il sindaco dei nobili di Crotone, Ferdinando Pelusio, intentò causa in regia camera col duca di Montesardo, “che dovendo pagare docati ottanta l’anno di buonatenenza oltre l’attrasati per un territorio comprato nelle circonferenze della mede.ma pensa per mezzo di Roma sfuggire dal detto giusto pagamento per motivo che havesse comprato il suo figlio clerico”. ASN, Collaterale Provisioni 350, ff. 37-38 (1718).

[xxvii] Maone P. – Ventura P., Isola Capo Rizzuto, Rubbettino 1981, pp. 146-149.

[xxviii] ASCZ, Busta 1343, anno 1767, ff. 53-54.

[xxix] ASCZ, Busta 1063, anno 1749, ff. 1-10.

[xxx] Nel 1754 venne deciso il rifacimento della torre di Scifo, o Schifo, secondo il piano elaborato dal regio ingegnere Adamo Romeo. ASCZ, Busta 1125, anno 1755, ff. 60-81.

[xxxi] D. Cavalliero dichiara di non essere mai stato ostacolato in passato nel passaggio, quando aveva in affitto due vignali del Cantorato situati nella gabella Zappaturo nel luogo detto Nao. I vignali avevano l’entrata dalla via pubblica che dalla torre del Travaglio, conduce a quella di Scifo, e proprio dalla gabella detta l’Archidiaconato ad uno dei detti due vignali chiamato il Grande e l’altro il Piccolo dalla strada in mezzo li piani di Nao. ASCZ, Busta 915, anno 1760, f. 57.

[xxxii] ASCZ, Busta 1343, anno 1767, ff. 53-54.

[xxxiii] ASCZ, Busta 1665, anno 1774, ff. 16-18.

[xxxiv] Il 16 gennaio 1776 Gregorio Paglia, Lorenzo Lo Santo ed i mastri Nicolò Bruno e Tommaso Poerio di Crotone, attestano tra l’altro, che “parimente in ogni tempo li mastri Domenico e Nicolo Scaramuzzi fabricatori, come sono stati, ed al presente sono della casa di essi Sig.ri di Zurlo, fabricandoli casini di campagna”. Gli Zurlo possedevano il casino di Scifo e quello nel luogo detto Li Bucchi. ASCZ, Busta 1528, anno 1776, f. 1v; Busta 1589, anno 1778, ff. 69-72.

[xxxv] ASCZ, Busta 1589, anno 1777, ff. 60-62.

[xxxvi] “Fabricha del casino misurata canne trecento sessantasette ed un terzo stimata nello stato generale a carlini venti la canna, docati settecento trenta quattro grana sessantasei e cavalli otto, cantoni ed astraco per sudetto casino duc. quarantacinque, scala di fabrica canne quaranta che stimata a carlini venti la canna importano duc. ottanta, cantoni della scala duc. trentadue. Anteporta num. uno carlini trenta, legname e porte duc. venti uno e carlini nove, fenestre num. cinque duc., venti …”. La fabbrica del casino veniva valutata ducati 891, grana sessantasei e cavalli otto, ed il tutto assommava a ducati 1774 grana 6 e cavalli 2. ASCZ, Busta 1589, anno 1778, ff. 69-72.

[xxxvii] ASCZ, Busta 1774, anno 1779, ff. 23-24.

[xxxviii] Nel 1778 Raffaele Zurlo prende in fitto dalla mensa vescovile i due vignali di Nao ad ogni uso per tre anni. AVC, Platea Mensa Vescovile, 1780, f. 3. Baldassarre Zurlo affitta per 9 anni dalla Cassa Sacra la gabella S. Chiarella di Nao delle clarisse. AVC, Lista di Carico, 1790, ff. 4-5. In seguito, la gabella delle clarisse sarà affittata più volte da Gaetano Zurlo. AVC, Platea monast.o S. Chiara 1823, f. 2.

[xxxix] AVC, Catasto Onciario Cotrone, 1793, ff. 17-18.

[xl] AVC, Catasto Onciario Cotrone, 1793, ff. 118-119.

[xli] Valente G., Capo Colonna, Frama Sud 1973, p. 58.

[xlii] AVC, Quadro dei fondi comprati dal barone Luigi Berlingieri dal Demanio, Cotrone 22 marzo 1885.

[xliii] Comune di Crotone, Lotta antimalarica, n. 5331, 26 mag. 1930.


Creato il 9 Marzo 2015. Ultima modifica: 13 Ottobre 2022.

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