Storie di donne a servizio tra il Cinque ed il Seicento

Melissa (KR), anni Cinquanta, foto di Ernesto Treccani (da lombardiabeniculturali.it).

Per le fanciulle degli strati più poveri della popolazione, fino ad epoca abbastanza recente, i “servitii”, o “servimento”, nella casa di un “padrone”, rimanevano l’unica strada onorata percorribile per cercare un sostentamento, e per sperare di ottenere un giorno una dote, con la quale potersi sposare.

Succedeva così che le famiglie più indigenti, non potendo sperare di trovare un marito ad una figlia femmina senza mezzi economici, specie nel caso di una “creata”, nata fuori dal matrimonio, all’inizio della pubertà, tra i sette e gli otto anni, mandassero la loro “figliola” in qualità di “citella”, o “zitella”, a vivere come “serva”, o “famola”, in un’altra famiglia più abbiente della loro – a volte in un’altra città – che, in cambio del suo lavoro domestico, si sarebbe preoccupata di sfamarla costituendole una dote con il suo “salario”, che avrebbe ricevuta alla fine del suo servizio. Questo si svolgeva in genere per più di un decennio, durante il quale essa avrebbe dovuto provvedere a fare nella sua nuova dimora “tucti servicii convenienti et spectanti ad Citella de Casa”, in maniera che, verso i vent’anni, si sarebbe trovata in possesso di una dote ritenuta sufficiente per potersi sposare.

Melissa (KR), anni Cinquanta, foto di Ernesto Treccani (da lombardiabeniculturali.it).

Signori e padroni

17 aprile 1623, Policastro. Davanti al notaro compaiono Joannes Ant.o Lopoglise di Policastro e Nicolao Scalise di Policastro, per la stipula dei capitoli relativi al matrimonio di detto Nicolao e Julia Signorecta di Policastro. In nome e per parte di quest’ultima, il detto Joannes Ant.o prometteva alla sposa ducati 15, lasciati a lei dal quondam Gio: Thomaso Carrozza “suo padrone”. Il detto Joannes Ant.o le prometteva anche “lo servim.to”, che la detta futura sposa aveva fatto a Laura Blasco, servita per molti anni, ed “una gonnella di stametta sempia a santo fantino”. Le prometteva infine, alla sua morte, il vignale che aveva comprato da Gio: Andria Rizza.[i]

24 febbraio 1643, Policastro. Su richiesta di Catherina Scovino di Policastro, vedova del quondam Francisco Giannini, morto durante l’anno passato, madre e tutrice di Antonino Giannini suo figlio infante, il notaro si reca nella domus della quondam Laura Blasco “Dominae, et Patronae” di detta Catherina, posta dentro la terra di Policastro nel convicino di “Sancti Petri”, per fare l’inventario dei beni del detto quondam Francisco, morto “abintestatio”, spettanti al figlio ed erede Antonino.[ii]

Melissa (KR), anni Cinquanta, foto di Ernesto Treccani (da lombardiabeniculturali.it).

Trasferite nella capitale

31 luglio 1538, Cosenza. Davanti al notaro, al giudice e ai testi sottoscritti, si costituivano, da una parte, Thomaso de Mauro di Napoli, dall’altra compariva Vincenzo delo Vaglio alias “bucchellato” di Cosenza, il quale asseriva che: “una sua figlola leg.ma et naturale no(min)e femia”, si trovava in Napoli, in potere di Marco Cutella di Napoli.

Al presente, il detto Vincenzo “la duna per Citella et figlola” al detto Thomaso”, “che habea da servire allo p.to Th(oma)si in tucti servicii de Casa per anni octo inmediate sequenti incipendo da quello di che dicto marco lila consignera”. La detta Femia così, avrebbe dovuto servire il detto Thomaso “et sua Casa in tucti servicii convenienti et spectanti ad Citella de Casa”, mentre il detto Thomaso, “per salario delo tempo che servira”, le prometteva ducati 34. Di questa somma, il detto Vincenzo dichiarava di ricevere ducati 16, mentre i 18 restanti sarebbero stati dati alla detta Femia trascorsi gli otto anni previsti. Considerato che il detto Vincenzo era complessivamente debitore nei confronti del detto Thomaso di ducati 42, alla fine del periodo di servizio di sua figlia Femia, sarebbe rimasto comunque debitore di ducati 8, che il detto Vincenzo prometteva di restituire al suo creditore in tre rate, pagando al tempo della fiera della Maddalena di Cosenza.[iii]

18 luglio 1584, Cirò. Davanti al notaro compaiono il dominus Joannes Vinc.o Perrono della città di Napoli, e Censa Pinnella di Cirò, vedova del quondam Nicolao Pinnella, in nome e per parte di Martia Pinnella sua figlia. In questa occasione, la detta Censa “dedit et submisit” la predetta Martia sua figlia ai servizi domestici giornalieri occorrenti al detto dominus Joannes Vinc.o, al suo coniuge e ai suoi figli, per il periodo di anni dodici, in maniera continuativa dalla data odierna in avanti, per il prezzo di ducati 30, che quest’ultimo s’impegnava a consegnare alla detta Martia “vel eius futuro viro in dotem in fine predictorum servitiorum”, e promettendo alla detta Censa di curare detta sua figlia in ogni modo.[iv]

11 agosto 1604, Policastro. Davanti al notaro compare Horatio Scattono di Napoli, ufficiale della Regia Camera della Sommaria, commisario deputato nella terra di Policastro “super revitione computorum olim sindicorum et ad ministratorum ditte terre”, per stipulare con l’orfana Beatrice Scinella della terra di Policastro, figlia del quondam Agostino Scinello e della quondam Vittoria Zanna, con il consenso di Sebastiano, Joannella ed Antonina Zanna, fratello e sorelle di sua madre, l’affitto della propria “opera servitia personalia” alla cura della famiglia del detto Orazio per otto anni continui, iniziando dalla data odierna e trasferendosi nella casa dello Scattone a Napoli.[v]

7 gennaio 1635, Policastro. Donna Caterina Ortecosa e Petrus Caruso “alias Castagna”, della terra di Zagarise ma “habitante” in Policastro, si accordano affinchè Francisca Caruso, “figliola” di detto Petro che, al presente, era di età di anni 7 in 8, andasse in casa della detta donna Caterina, a “servirla da Creata Conforme sogliono servire tutte l’altre Create per anni dudici”, pur considerato che detta Francisca “è figliola e non sa fare cosa alcuna”, con il patto che, finiti questi 12 anni, detta donna Caterina avrebbe dovuta maritarla, assegnandole in dote ducati 25, e dandole anche il vestito con il quale “se ritrovera”. Nel caso invece, che la detta Francisca non si fosse maritata, il denaro sarebbe stato dato a lei stessa, oppure ad altra persona designata, in beneficio di detta Francisca. Se detta donna Caterina fosse partita per Napoli, o per altri luoghi, volendo detto Petro tenersi la detta Francisca, s’impegnava a pagare alla detta Caterina ducati 10.[vi]

Melissa (KR), anni Cinquanta, foto di Ernesto Treccani (da lombardiabeniculturali.it).

La dote

30 settembre 1607, Policastro. Nei capitoli matrimoniali stipulati tra Vittoria Milea “virgo in Capillo” di Policastro, figlia del quondam Marco Milea, e Mase Luchetta di Policastro, tra i beni della dote della sposa figurano cinque once garantite sopra le terre di “Gorrufi” di Gio: Fran.co Corigliano, “per lo servimento che l’ha fatto essa Vittoria”.[vii]

28 giugno 1610, Policastro. Davanti al notaro compaiono Mutio Campana di Policastro e Martino Vecchio di Policastro, per la stipula dei capitoli relativi al matrimonio tra il detto Martino e Dianora Grandinetti, figlia di Isabella Tuscano. Mutio Campana dotava la sposa con ducati cento. Della dote faceva parte l’annuo censo di carlini trenta, che pagava Matteo Iannici sopra la possessione “delle parmenta” del detto Mutio. Quest’ultimo assegnava alla futura sposa per tre anni continui, la possessione di “gorrufi”. Per soddisfare le volontà della sua prima moglie, la quondam Cornilia Callea, che era stata servita per due anni dalla futura sposa, il detto Mutio disponeva che, dopo la sua morte, il detto Martino avrebbe potuto prendersi per un anno, i frutti del “terreno seu gabella dello salito”, che gli aveva lasciato la detta quondam Cornilia. Si stabiliva, inoltre, che la detta Dianora sarrebbe rimasta a servizio con il detto Mutio ancora un altro anno prima di potersi sposare.[viii]

23 luglio 1612, Policastro. Joannes Antonio Pugliese di Policastro che, negli anni passati, aveva acquistato dal quondam Franceschello de Cola, la “domum terraneam” posta dentro la terra di Policastro nel convicino della chiesa di S.to Nicola “de platea”, volendo estinguere parte dell’annuo censo di carlini sedici, che doveva pagare per il prezzo di ducati sedici, relativo alla compra di detta domus, dona a Mutio Campana, tutore dei figli ed eredi del detto Franceschello, una “pollitram sumerinam pilature suricigne”, per il prezzo di ducati dodici, rimanendo a pagare il censo dovuto di carlini quattro, relativo alla differenza restante di ducati quattro. Contestualmente, per il prezzo predetto, il detto Mutio s’impegnava a dare la bestia ai coniugi Marcello Lice ed Elisabetta Cancello, per l’estinzione del censo di ducati dodici posto sopra la casa di Paulo Grossi e Laudonia Pagano, in ragione della dote promessa a detta Laudonia dal quondam Franceschello de Cola per i servizi prestati da detta Laudonia a detto Franceschello.[ix]

Lo stesso giorno, Mutio Campana, in qualità di tutore dei figli di Franceschello de Cola, volendo affrancare l’annuo censo di carlini dodici, nei confronti dei coniugi Marcello Lice ed Elisabetta Cancello, cedeva loro per il prezzo di ducati dodici, una bestia sumerina di pilatura suricigna. Tale censo risaliva ad un legato lasciato dal detto Franceschello che, nel suo ultimo testamento, aveva lasciato a Laudonia Pagano dodici ducati per i sevizi prestatigli, con i quali quest’ultima aveva comprato la domus vendutale dai detti Marcello ed Elisabetta, a cui il detto Franceschello si era impegnato a pagare l’annuo censo di carlini dodici.[x]

11 settembre 1630, Policastro. Davanti al notaro compaiono Minichella de Oliva di Policastro e Livio Zurlo di Policastro. In relazione ad un “patto” stipulato con un atto del 11 giugno 1613, tra il quondam Gio: Battista Zurlo ed il quondam Horatio Oliva, quest’ultimo “dono alli servitii” al detto quondam Gio: Battista la detta Minichella, affinchè lo servisse per anni 15, con l’obbligo di maritarla. Al presente, avendo la detta Minichella servito, tanto il detto quondam Gio: Battista Zurlo, che suo figlio Livio, quest’ultimo, in qualità di leggittimo erede di suo padre, le assegna ducati 20, ed altri 20 ad agosto 1631.[xi]

16 gennaio 1637, Policastro. Davanti al notaro compaiono Marco Maltise di Policastro e Dom.co de Albo di Policastro, per la stipula dei capitoli relativi al matrimonio tra detto Dom.co e Beatrice Maltise figlia del detto Marco. In questa occasione, la “soro” Elisabetta Scuro e la “soro” Costantia Nigro, che erano debitrici nei confronti della futura sposa, la quale le aveva servite dall’età di 7 anni e fino ai 14 anni, della somma di ducati 25 e delle robbe mobili a suo tempo pattuite con atto scritto, assegnavano in dote ai futuri sposi, una casa terranea posta nella terra di Policastro, nel convicino della SS.ma Annunziata “nova, “et proprio dentro il Cortiglio di esse promissorii la quale si chiama la casa del furno”. Marco Maltise, padre della sposa, e Carlo Maltise, fratello di lei, promettevano ai futuri sposi una “chiusa” chiamata “gisauro”, arborata di “fico” e altri alberi fruttiferi, che tenevano nel territorio della “Rajetta”, pertinenza di Mesoraca. Il detto Marco prometteva alla figlia anche uno spolveri che teneva in pegno Francista delli Marsi del casale della Rijetta. Donno Horatio Strata che deteneva la casa della detta “soro” Elisabetta e della detta “soro” Costantia, la cedeva ai detti futuri sposi.[xii]

30 aprile 1638, Policastro. Davanti al notaro compaiono Claritia Paudari di Policastro, figlia del quondam Fran.co Paudari, e Dieco Cepale di Policastro, per la stipula dei capitoli relativi al loro matrimonio. Appartenevano alla dote il denaro relativo ad un legato lasciato dal quondam Gorio Bruno. Anastasia Rocca, erede del quondam D. Gio: Fran.co Rocca suo fratello, con il consenso del marito, l’“alfiero” Gio: Antonio Costantio, prometteva alla futura sposa ducati 5, per “lo servimento” fatto dalla futura sposa a detto quondam D. Gio: Fran.co. Per lo stesso motivo Caterina Rocca, erede del quondam D. Gio: Fran.co Rocca suo fratello, con il consenso di Gio: Vittorio Fanele, prometteva alla futura sposa altri ducati 5, come faceva anche Jacinto Salerno, erede del detto quondam D. Gio: Fran.co Rocca, che le prometteva anch’egli altri ducati 5. I detti Anastasia, Caterina e Jacinto, inoltre, promettevano alla futura sposa la metà della vigna posta nel territorio di Policastro loco detto “lo Zaccaleo”.[xiii]

Melissa (KR), anni Cinquanta, foto di Ernesto Treccani (da lombardiabeniculturali.it).

Una dote messa insieme con molte difficoltà

5 febbraio 1588, nel castello di Cirò. Davanti al notaro compaiono l’onorabile Cruce Viterbo, e l’onorabile Joannes Dom.co de Rinaldo di Cirò, agente sia per sé quando in nome e parte di Beatrice de Rinaldo sua sorella, per la stipula dei capitoli matrimoniali tra detto Cruce e detta Beatrice. Il detto Joannes Dom.co prometteva in dote agli sposi ducati 15, da pagarsi in tre rate annuali, a condizione che fosse “astretto” a pagarne la metà Antonio Rinaldo, fratello leggittimo di detti Joannes Dom.co e Beatrice. Per quanto riguardava il pagamento dei 5 ducati della prima rata, si stabiliva che fosse data alla detta Beatrice una gonnella. Il detto Joannes Dom.co, inoltre, prometteva ai detti sposi tutto quello che competeva alla detta Beatrice “delo servimento” fatto al m.co Jac.o Malfitano, che sarebbe stato possibile recuperare da quest’ultimo, come appariva per il relativo “patto” a suo tempo stipulato dal notaro.[xiv]

Melissa (KR), anni Cinquanta, foto di Ernesto Treccani (da lombardiabeniculturali.it).

Un servizio ben ricompensato

2 settembre 1644, Policastro. Davanti al notaro compaiono i coniugi chierico Joannes Dominico Barberio e Hijeronima Tuscano di Policastro, dichiarando che, in occasione del loro matrimonio, da parte di Alphonso Campitello di Policastro, erano stati promessi ducati 23, somma di cui era rimasto debitore nei loro confronti Gerolimo Tuscano, padre della detta Hijeronima, per complimento della dote promessa alla quondam Berardina Campitelli, moglie del detto Gerolimo e sorella del detto Alfonso. Quest’ultimo aveva promesso ai detti coniugi Joannes Dominico e Hijeronima, anche altri ducati 50 consistenti in beni mobili, oltre ad altri mobili che avrebbe dovuto ricevere la quondam Berardina. Tutto ciò per i “servitii prestiti” dalla detta Hijeronima “a tempo che steva in Casa di esso Alfonso, stante che detti Mobili li furono promessi in ricompensa di detti servitii”. Alla data odierna il detto Alfonso onorava il proprio impegno.[xv]

Melissa (KR), anni Cinquanta, foto di Ernesto Treccani (da lombardiabeniculturali.it).

Coabitazione difficoltosa

29 aprile 1615, Policastro. Davanti al notaro si costituiscono Vespesiano Pantisano di Policastro e Joannes Fran.co Mazzuca di Policastro, per la stipula dei capitoli relativi al matrimonio tra il detto Joannes Fran.co e Francisca Durante della terra di Mesoraca.

Alla dote promessa sia dal detto Vespesiano, che da Speranza e Prospero Durante “avi” della futura sposa, apparteneva “una continentia di terre aratorie” posta nel territorio di Mesoraca, “nel curso detto di brocuso”, bene che la detta Francisca possedeva in comune ed indiviso con Vittoria Durante sua sorella, ed i detti Speranza e Prospero. I detti Vespasiano e Francisca promettevano al futuro sposo una “continentia di casa palatiate” posta dentro la terra di Mesoraca, nel loco detto “la piazza nova”, con un orto contiguo, che la detta Francisca possedeva come robbe paterne in comune ed indiviso con sua sorella Vittoria Durante. I detti Vespasiano e Francisca promettevano al futuro sposo anche una “continentia di terre arborata di olive”, poste nel territorio di Mesoraca “nello Convicinio di santo Vito”, che la detta Francisca possedeva sempre in comune ed indiviso con la detta Vittoria. Rimaneva patto espresso tra le parti, che i due coniugi avrebbero servito entrambi il detto Vespesiano per un periodo di 4 anni dopo il loro matrimonio.[xvi]

Il 12 settembre seguente, in relazione agli obblighi stipulati nei detti capitoli matrimoniali, Vespesiano Pantisano donava ai coniugi Fran.co Mazzuca e Francisca, o Francischella, Durante, i beni mobili pattuiti. Dovendo però la detta Francischella servire il detto Vespesiano per anni 4, come stabilito in detti capitoli, e non potendo i due abitare insieme nella stessa casa, per risolvere la questione si rimettono al giudizio di due uomini “di abene, et Cristiani” e di due donne “di abene”, eletti arbitri da ambo le parti.[xvii]

Più semplice e anche più usuale, invece, era il caso in cui i coniugi che, non trovando una propria sistemazione, per qualche tempo, accettassero di condividere quella del padre della sposa, ricompensandolo con il proprio lavoro, anche nell’ambito domestico. In questo caso, oltre all’alloggio, i coniugi ricevevano anche il vitto e di che vestirsi.

4 agosto 1630, Policastro. Davanti al notaro compaiono Joannes Dom.co Crocco di Policastro e Fran.co Rocca di Policastro, per la stipula dei capitoli relativi al matrimonio tra quest’ultimo e Vittoria Crocco, figlia di detto Joannes Dom.co. Si pattuiva tra le parti, che i detti futuri sposi avrebbero abitato per 5 anni con detto Joannes Dom.co a sue spese, ma che “le fatiche” di detti futuri sposi sarebbero andate in suo beneficio. Per questo periodo, il detto Joannes Dom.co rimaneva obbligato a somministrare loro le spese di vitto e di “vestito”.[xviii]

Del tutto simili a queste, risultavano le condizioni riguardanti la serva che, assieme al proprio marito, avesse accettato di continuare a svolgere dopo il suo matrimonio, il proprio servizio nella casa del padrone.

26 luglio 1633, Policastro. Davanti al notaro compaiono Gio: Thomaso Tronga di Policastro e Vincentio Poerio di Policastro, per la stipula dei capitoli relativi al matrimonio tra detto Vincentio e Lisabetta Briatico, “famola serva” di detto Gio: Thomaso.

Appartenevano alla dote costituita da quest’ultimo: un letto di panni e ducati 80 da pagarsi nel termine di tre anni, con il patto che, durante questo periodo, i detti sposi sarebbero dovuti stare “nelli suoi servitii”, mentre, se ci fosse stata qualche “differenza” tra le parti, il detto Gio: Thomaso si sarebbe astenuto dal pagare la detta somma pattuita, “qualtanto che da dui homini di abene sarà giudicato”. Per tutto il tempo che i detti sposi fossero rimasti a servizio nella casa del detto Gio: Thomaso, avrebbero ricevuto “vitto et vestito”.

La signora Isabella Callea, con il consenso di detto Gio: Thomaso suo marito, prometteva ai futuri sposi altri ducati 20, che però avrebbe dovuto pagare loro Gio: Gregorio Cerasaro, in relazione ad un debito di ducati 20, che detto Gio: Gregorio e fratelli avevano nei confronti di detta Isabella, in relazione ad un legato della quondam Portia Supporta. Mase Briatico, fratello della detta Lisabetta le prometteva ducati 12.[xix]

15 marzo 1634, Policastro. Davanti al notaro compaiono Joannes Dom.co Caccurio di Policastro e Joannes Campa di Policastro, per la stipula dei capitoli relativi al matrimonio tra detto Joannes e Anastasia Giordano figlia di Vittoria Condo. Appartenevano alla dote della sposa, costituitale dal detto Gio: Dom.co, una bestia sumerina di pilatura “Castagna” per il prezzo di ducati 10. Si stabiliva che i futuri sposi, sarebbero andati ad abitare con detto Gio: Dom.co, “nelli suoi servitii” per 4 anni, durante i quali la futura sposa avrebbe ricevuto ducati 5 all’anno. Il detto Gio: Dom.co avrebbe avuto l’obbligo di “alimentare, vestire, et Calsare” i detti futuri sposi per tutto il tempo dei detti 4 anni. Al tempo che “usciranno delli servitii”, detto Gio: Dom.co prometteva loro di comprare: alla sposa una gonnella nova, ed al futuro sposo di “vestirlo di lana”.[xx]

Melissa (KR), anni Cinquanta, foto di Ernesto Treccani (da lombardiabeniculturali.it).

La perdita della verginità

29 agosto 1630, Policastro. Fran.co Schipano “alias guarda Vascio”, della terra di Mesoraca, alla presenza di Don Diego Ferrandes de Funes, reg.o capitano di Policastro, dichiarava che Caterina Cavarretta di Mesoraca, aveva servito per moti anni Mutio Giglio di Mesoraca, come “Creata, et Zitella”, ed era stata da questo “casata” a detto Fran.co, mediante “beneditione sacerdotale”.

Il detto Mutio aveva dotato la detta Caterina con una casa palaziata, un letto ed altre robbe, come appariva dai capitoli stipulati dal notaro And.a Vasili di detta terra di Mesoraca, ma non le aveva consegnato uno spolveri promessole. La detta Caterina “sdignata” nei confronti di detto Mutio, considerato che erano trascorsi 5 anni dalla mancata consegna, aveva presentato querela criminale nei suoi confronti nella corte di Mesoraca, accusandolo “di averla Conosciunta Carnalmente, et sbirginatola”. Al presente, detto Fran.co, uomo povero ed infermo da una gamba, affermava che quanto asseriva sua moglie non era vero, che le dichiarazioni di quest’ultima erano state rese contro il suo volere, e che detta Caterina era stata istigata dai nemici del detto Mutio. Dichiarava inoltre, che discolpava completemante detto Mutio Giglio, e che aveva fatto fare il presente atto in Policastro, per testimoniare l’inimicizia che il governatore di Mesoraca aveva nei confronti di detto Mutio Giglio.[xxi]

Melissa (KR), anni Cinquanta, foto di Ernesto Treccani (da lombardiabeniculturali.it).

La dote della “creata”

21 agosto 1612, Policastro. Vespesiano Blasco di Policastro, in conto della dote di ducati 24, promessa dalla quondam Narcisa Geraci e dal quondam Detio Blasco, che impegna gli eredi del quondam Fran.co Ant.o Blasco, dona ad Antonino Patrocca di Taverna, e a sua moglie Caterina “Creata et allevata nella Casa di esso Vespesiano”, la casa terrana posta dentro la terra di Policastro nel convicino di “santo Petro”.[xxii]

21 settembre 1616, Policastro. Davanti al notaro compaiono Joannes Jacobo de Torres di Policastro e Joannes Cavallo di Policastro, per la stipula dei capitoli relativi al matrimonio tra quest’ultimo e Dianora de Federico, “Creatam de domo ipsius Jo(ann)is Jacobi”, detta anche “eius serva”. Alla dote appartenevano un paio di buoi oppure di “jenchi”, a scelta del futuro sposo.[xxiii]

Foto fornita da Franco Daddo Scarpino.

Un tetto provvisorio

25 febbraio 1620, Policastro. Francischina Scandale di Policastro che, in relazione al legato della quondam Vittoria Petralia, per i suoi servigi prestati a quest’ultima, aveva ricevuto da Marco Ant.o Poerio di Policastro, erede della detta Vittoria, un letto di panni e del pentolame di rame, dovendo ricevere ancora la somma di ducati 24, ottiene da questi di potere abitare nella casa terranea di quest’ultimo, posta dentro il “cortiglio” delle altre sue case, fintanto che non gli sarà assegnata per detta somma di 24 ducati, la casa dove al presente abita Isabella “la vazzalara”.[xxiv]

Foto Archivio ARSAC.

La suocera a servizio

25 maggio 1643, Policastro. Il notaro si reca nella domus di Joannes Berardino Accetta, posta dentro la terra di Policastro, nel convicino di S.to Nicola “de Platea”, dove trova Camilla Fimio vedova del quondam Jo: Matheo de Falco. La detta Camilla asseriva che, negli anni passati, in quanto suocera del quondam Gregorio Bruno, “steva nella Casa, et servitii del detto”, così un giorno il detto Gregorio, in presenza del quondam Gasbarro Dettero, di Giulia di Tallo, e della “soro” Elisabetta Amoruso, aveva affermato che Caterina Tassitano, moglie di Ottavio Accetta, era nipote di detto Gregorio, perché Giannella Scalise, madre di detto Gregorio, era sorella di Elisabetta Scalise, madre di Antonino Tassitano, padre della detta Caterina. Il detto Gregorio aveva anche affermato che, se Vittoria Accetta, figlia di detta Caterina, si fosse sposata, l’avrebbe dotata secondo le proprie possibilità.[xxv]

Note


[i] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 294, ff. 88v-89v.

[ii] ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 802, ff. 44-45.

[iii] ASCS, notaio Napoli di Macchia vol. 11-12, 1537, ff. 106-106v.

[iv] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 213.

[v] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78, prot. 286, ff. 38-38v.

[vi] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 302, ff. 7v-8.

[vii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 287, ff. 44v-45.

[viii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 287, ff. 191v-193.

[ix] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 288, ff. 38v-39.

[x] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 288, ff. 39-39v.

[xi] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 157v-158.

[xii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 304, ff. 9-11.

[xiii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 305, ff. 41-43v.

[xiv] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 459-459v.

[xv] ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 803, ff. 102-102v.

[xvi] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 290, ff. 18v-20.

[xvii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 290, ff. 41-42.

[xviii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 127-129.

[xix] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 300, ff. 43v-44v.

[xx] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 80 prot. 301, ff. 28v-30.

[xxi] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 297, ff. 144-144v.

[xxii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 288, ff. 44-44v.

[xxiii] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 290, ff. 130v-132.

[xxiv] ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 78 prot. 292, ff. 10v-11.

[xxv] ASCZ, Notaio G. M. Guidacciro, Busta 182 prot. 802, ff. 62-62v.


Creato il 27 Ottobre 2023. Ultima modifica: 27 Ottobre 2023.

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