Notizie riguardanti alcuni abitati della diocesi di Umbriatico scomparsi durante il Medioevo
La chiesa di S. Andrea
L’esistenza di un abitato posto sulla sponda sinistra del torrente Lipuda, presso i confini dell’attuale territorio di Cirò, risulta documentata già agli inizi della dominazione normanna, attraverso un atto del 15 giugno 1115, riguardante alcune concessioni fatte dal senescalco Riccardo, figlio del gran conte Drogone, alla “ecclesie S. Salvatoris de Monte Tabor” e al suo abate Raymundo.
In questa occasione, tra le concessioni accordate loro “in terra nostra”, pertinenza della cattedrale di Umbriatico (“que ad Ebriaticum pertinet”), troviamo la “terram, que est circa ecclesiam S. Andree apostoli” che, da entrambe le parti, era confinata da “due vie puplice”, nonché tutta quella valle dove, per l’amore di Dio, il senescalco Riccardo aveva fatto seminare le fave al tempo della carestia per nutrire i poveri. Quest’ultimo concedeva tale “elemosinam” senza che nessuno potesse avere nulla a pretendere, fatto salvo il diritto vescovile relativo al “dominio atque custodia matris ecclesie S. Donati, in cujus parrocchia est”.[i]
Il corso di S. Andrea
Agli inizi della dominazione aragonese i luoghi in cui era esistita l’antica chiesa di S. Andrea erano ormai disabitati, come documenta un atto dell’8 novembre 1444, stipulato nell’accampamento regio presso la terra di Cirò, attraverso il quale apprendiamo che il feudo volgarmente detto “lo curso de sancto andrea”, sito e posito “in pertinenciis et districtu Terre n(ost)re ypcigri”, dopo essere appartenuto ad Antonio de Ventimiglia, alias de Centelles, ed Enrichetta Ruffo di Calabria, già marchesa di Crotone, ed essere stato devoluto alla regia Corte per la loro ribellione, fu concesso da re Alfonso de Aragona al nobile “johannis stephani” della citta di “Cesaragustae”, regio familiare.[ii]
Dopo la morte “sine liberis” di Johannes Stephano, il 31 dicembre 1451 da Castelnuovo in Napoli, re Alfonso concesse il corso di S. Andrea devoluto alla regia Corte, al suo secretario “Blasio stephani”. In questa occasione apprendiamo che il detto feudo era confinato con il “territorio Civitatem Umbriatici”, con il “curso dicto de puczello”, con i “comuni” della terra di Cirò e con il “tenimento cursi vulgariter dicti de sancta venera”.[iii]
Da alcuni documenti della seconda metà del Cinquecento, inoltre, rileviamo che già durante la prima metà del secolo, all’interno del corso di S. Andrea erano state create alcune difese: “de rumanno”, “di maiurano”, “le palumbelle con lo prato dela croce”, “dela intagliata” e la “difesa et silva scrimazi et pullicavuri”,[iv] e che il luogo detto “S.to And.a”, posto “sotto lo palazo de lalice” dove, la presenza di numerose vigne, continuava a testimoniare l’esistenza passata dell’antico insediamento,[v] confinava con “lo pheudo de scarafizi”, con “lo vallone de S.to And.a”, “la chiesa de Santo filio” e le terre “de carpini”.[vi]
Alla fine del Seicento, tra i possessi della Corte marchesale di Cirò troviamo: “Il corso di S. Andrea consiste in territori de’ particolari, e nel tempo che non si seminano il Barone ha il jus di affittare detti territori per pascolo di pecore, e sono parte scoscesi, e parte piani, e con detto corso va incluso un ortale detto di S. Andrea, quale al presente è selvaggio, e si potrebbe cacciare a semina con farci la spesa che ci bisogna: è di capacità di tumolate 10 circa, confina da mezzogiorno col corso territorio di Carfizzi, da ponente con una serra d’amendola, da tramontana con lo varco delo Pesco, e da levante colle terre dette di Ruggiero.”[vii] Alla metà del Settecento, nella terra di Carfizzi, la Mensa vescovile di Umbriatico esigeva dall’Ill.re possessore di Carfizzi “il jus del Romanno” annui carlini 15.[viii]
I casali di Lutrivio e Santa Venere
La prima testimonianza relativa all’esistenza del casale di Lutrivium sembrerebbe risalire ai primi anni della dominazione sveva, quando “Opitinus dominus Litrivi” risulta tra coloro che sottoscrissero un atto dell’ottobre 1214.[ix] È certo comuque, che questo casale esisteva già agli inizi della dominazione angioina quando, negli elenchi relativi alla tassazione delle terre appartenenti al Giustizierato di Val di Crati e Terra Giordana (1276), il casale di “Lucrinium” (sic, ma Lutrivium) risulta tassato assieme a quello vicino di “Sancta Venera”, per la somma complessiva di once 3, tareni 20 e grana 8.[x]
Dopo essere appartenuti al milite Petro Folluso (1284),[xi] alla sua morte i due casali decaddero alla regia curia, che li donò al milite “Andreas de Pratis” (1291-1292),[xii] mentre assegnò a “Iohanne Vigerio”, marito di Beatrice, “filia quondam Iordano de Sancto Felice militis”,[xiii] una rendita annua di 32 once d’oro sui beni precedentemente appartenuti al “quondam Petrus Follusus miles” consistenti “in casalibus Torlocii, Sancti Leonis, Lutrurii (sic) et Sancte Venere, sitis in iustitieratu Vallis Gratis et Terre Iordane”.[xiv]
Successivamente le loro vicende seguirono quelle dei conti di Catanzaro. Secondo Ferrante della Marra, nel 1299 i due casali appartenevano ad “Americo Ponziaco”, per concessione del conte Petro Ruffo,[xv] mentre sappiamo che, nel 1331, “Roberto de Pratis” godeva della concessione annua di 12 once d’oro su Lutrivio e S. Venere.[xvi]
Il feudo nobile di Trivio e Santa Venere
Il 23 dicembre 1444, mentre si trovava all’assedio del castello di Crotone, re Alfonso d’Aragona confermava e concedeva nuovamente al nobile “Janetto morano”, figlio pupillo ed erede del quondam nobile “Thesei morani”, i beni feudali, burgensatici e mobili esistenti nella provincia di Calabria, già appartenuti al detto Teseo “et sui Antecessoris”, concessi dai “n(ost)rorum predecessorum” e confermati dalla “maiestatis nostre eidem Theseo”, che questi “a longevis retrocursis temporibus possiderent”, tra cui troviamo menzionati il “pheudum unum aliud situm et positum in territorio et pertinenciis t(er)re policastri quod dicitur dele Cotronei” e il “pheudum unum aliud situm et positum in territorio et pertinenciis t(er)rarum Ceroci et melise quod dicitur pheudum sancte venere.”[xvii] Risale a tale momento, la richiesta dell’università e uomini di Cirò al detto sovrano, affinché fosse loro concessa la grazia di pascolare liberamente nel “tenimento de Melixa et de sancta Vennera”.[xviii]
Concordano sostanzialmente con questa testimonianza, il fatto che di questo feudo non si faccia menzione tra i possedimenti del conte di Catanzaro (1378),[xix] e nella conferma fatta l’11 luglio 1426 da papa Martino V al “nobilis vir Nicolaus Ruffus Marchio Cotronis”,[xx] nonché le notizie forniteci dallo Zangari, secondo cui i Morano di Catanzaro possedevano il feudo nobile, ossia abitato, chiamato “de Trivo et de Sancta Vennera”, sin dai tempi in cui regnava re Ladislao di Durazzo (1386-1414) ma, successivamente, di questo feudo s’impadronì Antonio Centelles.
Sempre secondo quando riporta lo Zangari, una “nota riassuntiva” compilata “alla fine del secolo XVII”, contenuta “nei repertori dei quinternioni feudali” conservati all’Archivio di Stato di Napoli, riferiva che, nell’anno 1465, “Gioannotto Morano” possedeva “lo feudo di Santa Vennera, che oggi è detto Scalfizzo”, “lo quale Scalfizzo è situato in lo territorio di Melissa”, mentre risaliva al 1476 un atto di re Ferdinando I d’Aragona in favore di detto “Giovannotto”, che “gli concesse privilegio di reintegra, tanto dei feudi «detto dello Trivio seu Sancta Vennera in le pertinenze di Melissa» quanto d’Yspigrò (Cirò) e di Cotronei, nelle pertinenze di Policastro, con quelli di Fiumara, presso Castelmonardo (Filadelfia) e di Rocca Angitola.”
Risaliva invece al 5 ottobre 1478 un atto della Camera della Sommaria, riguardante una controversia tra “Giovannotto Morano” e il tesoriere di Calabria, circa il pagamento dell’adoha dei suoi tre suffeudi rustici concessigli dai conti di Catanzaro, denominati “li Cotronei”, “de la fiumara” e “de domino federico” e del “pheo nobili chiamato de Trivo et de Sancta Vennera”. In merito a ciò si ordinava al tesoriere di costringere il feudatario al pagamento dovuto per i tre feudi rustici, e di temporeggiare, invece, per quanto riguardava quello nobile di Trivio e Santa Venera, in maniera che la detta Camera avesse il tempo di “assumere informazioni”. Sul finire del secolo, comunque, il feudo fu ripopolato con genti albanesi che vi fondarono il casale di Carfizzi.[xxi]
“A Giovannotto successe Enrico e a costui, nel 1507, il figlio Luca Antonio, il quale ottenne l’investitura dei feudi che «immediate et in capite Regie Curie» possedeva per morte dell’avo”, tra cui il feudo “di Sancta Vennera «cum territorriis Trivij, Carfide et Crisme in territorio Melisse», Ypsigrò e Briatico”.[xxii] A Lucantonio Morano succederà poi suo figlio Giovanfrancesco che sposerà Porzia de Beccuti di Cosenza.[xxiii]
Il 31 gennaio 1583, Joannes Philippo Baccaro della terra di Zagarise, procuratore di “Porsiae boccute baronisse Cotronei, et pheudi scarficzi”, pagava a Petro Curto, erario dell’Ill.ma Domina Virginia Caracciola, madre e tutrice dell’Illmo Fer.do Spinelli, utile signore della terra di Cirò, ducati 10 in parte dell’adoha dovuta relativamente agli anni passati per il “pheudo dicto deli Corfora t(er)ritorii Sanctae venerae et trivii”.[xxiv]
La terra di Tigano
Le prime notizie che attestano l’esistenza di Tigano, abitato posto su un colle prossimo al luogo “ov’oggi è Umbriatico”,[xxv] dove fu realizzato il cimitero cittadino,[xxvi] risalgono agli inizi della dominazione sveva, quando troviamo atti che riportano la sottoscrizione di “fratris Ioannis de Tigano monachi Calabromariae subdiaconi” (ottobre 1216)[xxvii] e, soprattutto, quella di “Boniscampi” o “Bonascambium de Gallo dominus Tigani” (aprile 1215 e aprile 1220).[xxviii]
Agli inizi della dominazione angioina, la terra di “Tiganum”, abitato tassato per once 33, tari 25 e grana 16,[xxix] posto in diocesi di Umbriatico[xxx] e nel giustizierato di Valle Crati e Terra Giordana,[xxxi] e la città di Umbriatico, furono concesse al milite “Girardo de Albi” (1269)[xxxii] che, nello stesso anno, le restituì al re, ricevendone in cambio il castrum di Cirò, ma non il casale di Crepacore presso Crotone.[xxxiii]
Dopo essere appartenuto al milite “Guglielmo de Saccanvilla” che lo rassegnò nel 1271,[xxxiv] in quello stesso anno, per la morte di “Biviani de Clarencia”, il castrum di Tigano e la terra di Campana furono date in feudo al milite “Guillelmo Ernardi de Birano”.[xxxv] Morto anche quest’ultimo, nello stesso anno il re concesse il castrum di Tigano al milite “Ingerano” o “Ingeraimo de Summeroso”, a condizione che gli eredi del detto Guillelmo non fossero venuti nel regno per rivendicarlo,[xxxvi] il quale comunque lo rassegnò nel 1272 ottenendo il “castrum Lapolle”.[xxxvii]
A seguito della morte del milite Pietro “de Griseph”, nel 1273 il feudo di Tigano fu devoluto alla regia Curia, mentre sappiamo che, successivamente, appartenne a “Egidio de Salci, uomo d’armi” (1283).[xxxviii]
La particolare importanza strategica della terra di Tigano, che giustifica l’appellativo di castrum, è posta in evidenza al tempo della guerra del Vespro, attraverso un atto dell’otto novembre 1282, quando re Carlo I d’Angiò, scrivendo a tutti i “pheodathariis et hominibus terrarum Catanzarii, Taberne, Scillie, Barbari, Genicocastri, Mensurate, Policastri, Sancte Severine, Gerencie, Caccuri, Ipsigro, Tigani et casalium suorum”, ordinava loro di perseguire i nemici che erano penetrati attraverso il passo di San Matteo.[xxxix]
La metà dei diritti posseduti dalla regia Curia “in terra Tigani” furono confermati a “Leoni Iudicis Gualterii de Cusentia” nel 1294, secondo la concessione fattagli precedentemente dal conte Roberto d’Artois, vicario del re Carlo II d’Angiò,[xl] dopo il quale è ricordato “Pietro de Athelas o de Exalas”, che detenne Umbriatico e Tigano, feudi che assommavano a un valore di 150 once. Dopo la sua morte, suo figlio ed erede “Pernotto”, scambiò i feudi paterni con la terra di Cirò (eccetto il casale di Crepacore), il “tenimento di Foce” e le terre di Melissa e Alichia (1306), mentre, in seguito, detennero la metà del feudo di Tigano, “Tomasello de Cusencia”, alla morte di suo padre “Senatore Matteo de Dopnabruna” (1317), e “Andreotto” figlio di “Andrea Spartuso da Strongoli” che ne pagò il relevio (1322).[xli] “Petrus de Tignano” (sic) risulta tra gli clerici della terra di Cariati e “Robertus de Tigano” tra quelli di Cirò, che pagarono la decima alla Santa Sede nel 1325.[xlii]
I feudi del vescovo
Secondo quanto è riportato nell’Italia Sacra dell’Ughelli, durante il Medioevo il vescovo di Umbriatico ebbe il possesso dei feudi di “Maradiae, sancti Nicolai de Alto, et sanctae Marinae”,[xliii] luoghi della sua diocesi. Trova alcuni riscontri con queste prerogative baronali, un provvedimento di re Carlo I d’Angiò contenuto nei registri della cancelleria angioina che, nell’ambito del proprio territorio diocesano, concesse al vescovo di Umbriatico di tenere mercato “in loco q. d. Sanctus Nicolaus de Alto et in eccl. Sancte Marine”,[xliv] abbazia la cui esistenza è documentata già in periodo normano (1167).[xlv]
La vita di questi abitati subì contraccolpi determinanti agli inizi del Trecento quando, durante la guerra del Vespro, il capitano Matteo Fortunato alla testa delle sue milizie catalane composte da duemila almugaveri,[xlvi] dopo aver incendiato il monastero di San Giovanni in Fiore,[xlvii] sciamò in diocesi di Umbriatico, saccheggiando e devastando le terre del vescovo Lucifero Stafanizia che, assieme a suo fratello Ruggero, arcivescovo di Santa Severina, si era schierato in armi dalla parte angioina.
Il primo giugno 1306, da Napoli, Carlo II, rispondendo alla supplica di “N.” vescovo di Umbriatico, considerato “quod Casalia Sanctae Marinae, Sancti Nicolai de Alto, et Marathiae, quae sunt Umbriaticensis Ecclesiae propter praeteritae guerrae discrimina sunt destructa”, gli concedeva di ripopolarli, esentando i futuri venuti dalle tasse per il legname delle galee e dagli altri oneri dovuti.[xlviii]
Le antiche prerogative feudali detenute su questi luoghi dai vescovi di Umbriatico “cum Titulo Baronis”, che si facevano risalire “Ante aevum Caroli II utriusque Siciliae Regis” e le circostanze che avevano condotto al loro spopolamento in occasione dell’episodio citato (1304), saranno ricordate, ancora alla metà del Settecento, quando, secondo la testimonianza dei vescovi, rispetto all’antico possesso feudale dei “castra” di “S. Marinae, S. Nicolai de Alto, et Maratheae”,[xlix] rimanevano a loro, “in Allodium”, solo i “Feuda Rustica” di “Maratheam scilicet, S. Marinam, et Mottam”.[l]
La “Motta” di Caraconissa, Boneto e Tigano
Le prime notizie che documentano l’esistenza del castrum di “Motta” risalgono agli inizi del Trecento, quando registriamo l’intervento della Regia Curia in favore del suo feudatario “Ruggiero da Mottafellone”, contro gli eccessi perpetrati in suo danno da “Giordano Ruffo di Calabria”, signore di Scala, nel “castro di Motta” e in altri luoghi del territorio di Umbriatico (1326).[li]
Risale invece all’annata 1334-35, la vendita fatta dal detto Ruggiero con regio assenso per il prezzo di 600 once, “sub servitio unius militis et dimidii”, della città di Umbriatico, con il castrum di “Motta Caraconiza”, “Boneto” e la “terra di Tigano”, “luoghi di antico diritto”, in favore di “Michele de Cantono, da Messina” che, durante l’annata successiva, risulta destinatario di un provvedimento in suo favore, riguardante l’esenzione decennale dal pagamento delle collette regie, per favorire il ripopolamento dei suoi nuovi feudi, considerato che la città di Umbriatico era rimasta desolata a causa della guerra del Vespro, a cui si aggiungerà l’epidemia della peste nera verso la metà del secolo. In questa occasione, comunque, anche considerata la gravità del panorama generale in cui versava il territorio, si ordinava che i nuovi abitatori chiamati a ripopolare i luoghi desolati, non dovessero provenire dalle terre demaniali o da quelle feudali, ma si dovesse fare ricorso alla popolazione servile che abitava nei casali.[lii]
Il detto Michele possedeva ancora i detti feudi nel 1344: “Michael de cantono de Messana, miles, Magn. Rotis Cons. et fam., domnus Umbriatici, Tigani, Caragonisse, Boneti, Petre Paule, Caropolis (Calopezzati ?), Crusie et Butticlacij (Bocchigliero)”[liii] ma, in seguito, questi passarono ad appartenere ai Ruffo di Montalto, come rileviamo attraverso il pagamento dell’adoha dovuta dal conte Antonio Ruffo nel 1378: “Civitas Umbriatici cum Castro Niceto (sic, ma Motta) Caroconza (sic) Boneto et Terra Tigani miles unus cum dimidio uncias quindecim tarenos viginti duos cum dimidio.”[liv]
Si tratta delle ultime notizie in nostro possesso relative a queste concessioni, che non troviamo più tra quelle fatte l’11 novembre 1445, da re Alfonso de Aragona a Marino Marzano Ruffo, duca di Squillace, figlio di Antonio Marzano, duca di Sessa e conte d’Alife, legittimo erede della quondam Covella Ruffo di Calabria, principessa di Rossano, e a sua moglie Eleonora de Aragona, figlia dello stesso sovrano, tra le quali risulta solo la “Civitatem Umbriatici cum jure plateatici”. [lv]
In territorio di Umbriatico
Ormai spopolati, i feudi di Tigano, Caraconissa e Boneto, andarono a far parte del feudo di Umbriatico di cui continuarono a seguire le vicende. Dopo la ribellione di Marino Marzano a re Ferdinando, quando il feudo di Umbriatico assieme a tutti i suoi beni, fu incamerato dalla regia corte (1464), abbiamo notizia che quest’ultima percepiva l’affitto della “difesa” di Caraconissa (1472),[lvi] mentre, in seguito, sappiamo che il feudo di Caraconissa, posto in “tenimento”, o “territorio” di Umbriatico, pervenne al magnifico Iacono Russo o de Rossi (1492),[lvii] che lo possedette anche dopo l’avvento degli Spagnoli sul trono di Napoli, come risulta nel 1512.[lviii]
Dopo essere appartenuto al magnifico Scipione de Rubeis di Napoli, cui fu concesso da Ferrante Spinelli, duca di Castrovillari e feudatario di Umbriatico, come si riferisce nel 1540,[lix] il feudo passò al magnifico Ioanni Battista de Guglielmo, alias Spatafora (1546).[lx]
Verso la fine del secolo, il “feudum Caraconissae”[lxi] era posseduto con il titolo di barone da Pietro Vincenzo Arnone[lxii] di Cosenza ma abitante in Cirò, come altri della sua famiglia.[lxiii] Il 4 maggio 1593, in Cirò, quest’ultimo, in presenza di D. Antonino Galeoto, vicario generale di Umbriatico, ricorreva all’arcivescovo di Santa Severina, affinchè gli fosse tolta la scomunica, avendo egli restituito e rilasciato un pezzo di terra “nominato de parise di mele, posto in Caraconissa ter.o di omb.co” a Giac.o Aresti e M. Antonio Scigliano.[lxiv]
Durante la seconda metà del Cinquecento anche il luogo detto “tegano”, da tempo ormai spopolato, apparteneva al territorio della città di Umbriatico.[lxv] Alla metà del Settecento il luogo in cui era esistito l’antico abitato era attraversato dalla via pubblica, ed era caratterizzato da “le Rupi di fiumalbo”,[lxvi] dalla presenza di chiuse alberate con alberi da frutto (gelsi, peri, ecc.) appartenenti ad alcuni cittadini di Umbriatico,[lxvii] e da grotte utilizzate per il ricovero del bestiame.[lxviii]
A quel tempo, invece, appartenevano al feudatario di Umbriatico le terre di Boniti e quelle di Caraconissa dove, già nel Cinquecento, esisteva la località detta la “petra de caraconissa”[lxx]. Attraverso le rivele del catasto onciario cittadino, apprendiamo che l’Illustre D. Giuseppe Antonio Rovigno, principe di Pallagorio e marchese di Umbriatico, nobile napoletano, possedeva un territorio feudale chiamato “Boniti” di tom.te 370, confinante con i suoi stessi beni e con quelli dell’Ill.re possessore di Crucoli.[lxix]
Egli possedeva anche il territorio burgensatico chiamato “Caraconissa soprano, e sottano”, confinante con i beni dell’Ill.re possessore di Cirò e con quelli della Mensa vescovile, luoghi dove rimanevano ancora alcune tracce pertinenti agli antichi insediamenti esistiti nel passato.
Sappiamo infatti che, al tempo, il feudatario sopportava il peso di annui ducati 20, relativi ad una messa per ogni giorno di festa “nella Chiesa del Territ.o Burgensatico d.o Caraconissa”, mentre nei magazzini esistenti in questo luogo, era accumulato il grano prodotto in quest’areale, nell’attesa di essere trasferito ai luoghi marittimi per l’estrazione. Nell’ottobre 1753, Domenico Cosimo di Pallagorio s’impegnava a vendere all’aristocratico crotonese Raffaele Suriano, 2650 tomoli di grano che, parte, si trovavano nei magazzini di “Caraconisa” e parte ad Umbriatico.[lxxi]
Nel luogo detto il “Passo di Bonito”, invece, il feudatario esigeva “Il Passo, e tutti i suoi giuri Raggioni, e deritti, fra quali và compresa la Torre dell’epitaffio ed una vigna avanti di essa.”[lxxii]
I feudi rustici di Maratea e La Motta
Durante la seconda metà del Cinquecento, la difesa “de maratia” o “de maradia” apparteneva al vescovo di Umbriatico,[lxxiii] che affittava l’erbaggio ai Cosentini quando discendevano con le loro mandrie nel Marchesato per trascorrervi l’inverno.[lxxiv]
Ritroviamo questo possedimento della Mensa vescovile di Umbriatico nel catasto onciario alla metà del Settecento, dove risulta che, ai confini del territorio cittadino, quest’ultima possedeva “un feudo rustico chiamato Maradea” di circa 600 tomolate, confinante con la “Difesa del Saracino” del mag.co Dom.co Giuranda, con la “Difesa di Caraconissa” della Camera Marchesale, con il “fiume di Manzella”, con la “Difesa della Motticella” della Ducal Camera di Carfizzi, e con il territorio “Rupi” del luogo di “Pescaldo”. Feudo che al presente era affittato “ad erbaggio” per ducati 770.[lxxv] In relazione a ciò, tra i pesi sopportati dalla suddetta Mensa, troviamo annui ducati 12 “Per finaida del feudo rustico di Maradea”, “che si pagano alla Bagliva di Carfizzi, e Cirò”.[lxxvi]
La Mensa vescovile di Umbriatico possedeva anche “un altro feudo rustico chiamato la Motta, et Orta” o “La Motta ad Orta”, di circa 80 tomolate, confinante con la “Difesa di Paese di Miele” della università di Umbriatico, con la “Rupe del luogo di Pescaldo”, e con il “Vallone di Crivo” (?),[lxxvii] e inoltre, un comprensorio di terre loco detto “Paese di Miele” di tomolate 40, confinante con la “Difesa di Caraconissa”, con la “Difesa di Melia” della Camera Marchesale e con la “Difesa di Pescaldo”. Su questo comprensorio di terre la Mensa possedeva lo jus arandi, mentre l’università di Umbriatico ne vendeva l’erbaggio.[lxxviii]
Il feudo di San Nicola dell’Alto
Dopo le devastazioni avvenute durante la guerra del Vespro, il vescovo di Umbriatico continuò a detenere il feudo di San Nicola dell’Alto, tenimento “posto nel territorio e nella pertinenza della Terra di Casabona”, i cui confini, spesso oggetto di lite con i feudatari di quest’ultima, risultano nella copia di un atto del 2 aprile 1474,[lxxix] fatto ai tempi in cui la “Terra di Casabona”, con “lo feudo de Santo Nicola dell’Alto”, apparteneva al regio demanio per la ribellione di Marino Marzano a re Ferrante d’Aragona, come risulta documentato nel 1472.[lxxx]
La località è menzionata nel portolano “Rizo” (1490), che segnala come punto di riferimento per i naviganti in transito lungo la costa tra Crotone e il capo di Alice, “vna montagna forchada quaxi fata chomo vn rocho che vien dita san Nicolo”,[lxxxi] e fu ripopolata con genti albanesi verso la fine del secolo.[lxxxii] Alla metà del Settecento, la Mensa vescovile di Umbriatico, tra le sue rendite “in S. Nicolò dell’Alto”, esigeva ogni anno dagli affittatori dello Stato di Casabona, ducati 200 “a tenore di Decreto interino del Sacro Regio Consiglio, dove pende la Causa delli giuri per la Mensa, essendo d.o luogo sua Baronia”.[lxxxiii]
L’abbazia di Santa Marina
L’esistenza dell’abbazia di Santa Marina emerge attraverso un documento scritto per ordine del vescovo di Umbriatico “Ropertus”, da “Filotetto Monacho et Abbate sanctae Marinae, anno Mundi 6670, primae Indict. qui fuit Christi 1167” (sic), pubblicato dall’Ughelli, il quale afferma “quod exat apud me”. Con questo atto il vescovo Roberto confermava il “monasterium sancti Stephani”, posto in territorio di Umbriatico,[lxxxiv] costruito e dotato dai re Ruggero e Guglielmo al tempo del vescovo “Ebras”, ai monaci basiliani di “sanctae Mariae de Patirio”, i quali si obbligavano il 7 di agosto di ogni anno, giorno della festa di S. Donato, al quale è dedicata la chiesa cattedrale, ad offrire a quest’ultima una “amphoram olei, et candelas tres”, mentre il vescovo avrebbe dato loro in questa stessa occasione l’olio santo.[lxxxv]
A seguito dello spopolamento avviatosi durante il sec. XIV, l’antica abbazia posta in diocesi di Umbriatico, presso i confini con il territorio di Campana, nel luogo in cui attualmente rimane il toponimo “S. Marina”, ma con importanti possedimenti in altri territori come a Verzino, dove esisteva la “defensam dictam la argentera et s(an)ta marina positam in terr.o d(ic)te t(er)re”,[lxxxvi] passò ad essere amministrata dal papa, segno che mette in risalto la sua passata autonomia.[lxxxvii]
La documentazione vaticana evidenzia che, già agli inizi del Cinquecento, essa era concessa dal papa a clerici della zona o di altri luoghi, che ne godevano la rendita oppure la rassegnavano in favore di altri loro pari, secondo equilibri governati dalla curia vaticana.
Dopo la morte di Alberico Inglese e a seguito della cessione fatta dal clerico romano Iacobo Gotifredis, l’abbazia pervenne al “clerico Palentin.” Petro de Medina (luglio 1519),[lxxxviii] mentre, in seguito, la detenne prima Io. Baptista Inglese per rassegnazione di Antonio Inglese, entrambi di Campana (agosto 1525),[lxxxix] e dopo la sua morte, Sebastiano de Manzonis (febbraio 1564).[xc]
Con riferimento al sec. XVI, il Cozza-Luzzi riporta la notizia di un “Iohannes Cropalatus, Crotoniata”, cittadino romano, abbate di Santa Marina,[xci] mentre, verso la fine del secolo, detennero la rendita Io. Baptistae Carafa (marzo 1592)[xcii] e il clerico rossanense Fabio Tramonto (agosto 1593).[xciii]
Successivamente, a seguito della rovina del suo edificio, il beneficio su cui si fondava originariamente l’abbazia, o chiesa parrocchiale di S. Marina, fu traslato nella chiesa o cappella di S. Maria di Campana, ed eretto in semplice beneficio sotto lo stesso titolo della cappella, “seu S. Marinae”, come si ricava attraverso le provviste vaticane in favore del clerico rossanese Paulo Martinello (novembre 1606),[xciv] e del clerico milanese Antonio Foresio (settembre 1607), fatte dopo la morte di Octavio Maleno/Oliverio Malvici (?).[xcv]
Per rassegnazione del magister Io. Baptista Fossati e per privazione di Flaminio Longhena, nell’ottobre 1630 il beneficio passò al clerico romano Francisco de Nobilibus,[xcvi] dopo il quale si segnala Iulio Cropalati (1647).[xcvii]
Dopo la morte di quest’ultimo pervenne al presbitero della terra di Campana Iosepho Grilletta (giugno 1664),[xcviii] e dopo la sua morte, in un primo momento fu assegnato al clerico Paulo Aemilio Marino (settembre 1668),[xcix] ma poi pervenne al presbitero romano Dominico de Pane (aprile 1669),[c] a seguito della rassegnazione prima di Francisco e poi di Marco Antonio Cattaneo.[ci]
Durante il Settecento, il beneficio di Santa Marina appartenne al clerico Adeodato Prosperi (gennaio 1728) che l’ebbe dopo la morte di Dominico Antonio De Matthia,[cii] e in seguito, al presbitero diocesano Carolo Branco (marzo 1774), dopo la morte di Bernardino Ramondini.[ciii]
A quel tempo, il vescovo di Umbriatico manteneva comunque, un possedimento nella terra di Melissa che, nel passato, dovette appartenere all’antica abbazia. Tra le rivele della Mensa vescovile contenute nel catasto onciario di Umbriatico, è riportato che questa possedeva una continenza di terre parte aratorie e parte boscose, di tomolate 150, luogo detto “Paola, Mannà, e S. Marina”, confine i beni dell’Ill.re possessore di Carfizzi, “il Monte di S. Angelo” e i beni dell’Ill.re possessore di Melissa.[civ] Tali informazioni corrispondono a quelle contenute nel catasto onciario di Melissa, dove risulta che la Mensa vescovile possedeva una continenza di terre di tomolate 150, parte boscose e parte aratorie, “nel luogo di Paola e Mannà, e S.a Marina nel ristretto di d.a terra, confine il Casale di S. Nicolò dell’Alto, e Timpone di S. Angelo, e la Terra della Comital Camera chiamata La Montagnella”, sopra le quali terre la Mensa deteneva lo “jus arandi per ogni biennio”, mentre “L’erbaggio” spettava all’università di Melissa e alla “Comital Camera”.[cv]
Note
[i] Delaville Le Roulx J., Cartulaire Général de l’Ordre des Hospitaliers de S. Jean de Jérusalem (1110-1310), Parigi 1897, tome second (1201-1260), pp. 900-901. Maone P., Contributo alla Storia di Cirò, in Historica n. 2-3/1965 p. 96 sgg. e Allegato n. 1.
[ii] ACA, Cancillería, Reg. 2904, ff. 186v-187r.
[iii] ACA, Cancillería, Reg. 2915, ff. 187r-188r.
[iv] 1 settembre 1562. Considerato che l’università di Cirò non poteva pagare gli annui ducati 700 dovuti al feudatario, i rappresentanti universali lo supplicavano affinchè permettese che, per tre anni, si facessero tutte le “difese dele montagne secondo il solito per come contiene lo Curso de santo andrea l’una dele quali defese se nomina la difesa de rumanno l’altra la difesa di maiurano et l’altra le palumbelle con lo prato dela croce et la difesa dela intagliata et unaltra difesa et silva scrinanzi et pullicavuri”. ASCZ, Notaio Cadea Cesare Cirò, busta 6, ff. 258-258v.
[v] 16 luglio 1586. Tra i beni che costituivano la dote di Lavinia Carusio di Cirò, che andava in sposa a Francesco Barbuscia di Verzino, troviamo “le vigne de La marina sotto lo palazo de lalice in loco dicto la cultura, seu Santo And.a”, confine la vigna del magnifico Marco Ant.o Caruso, le vigne di Michelangelo Mascambrono, le vigne del magnifico Martio Ant.o Trugillo e la via convicinale. ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 182v-184.
5 ottobre 1586. Horatio Tegano possedeva la terza parte di una vigna posta “in loco dicto S.to And.a al(ia)s conticello sub palatio alicii”, confine le altre due parti della detta vigna appartenenti a Petro Rovito della terra di Crosia, le vigne di Joannes Papaioannes, le vigne di D. Portia Malfitana, le vigne di S. Francesco di Paola “oblatas per And.am carravettam” e altri fini. ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, f. 213.
[vi] 8 gennaio 1576. Tra i beni che l’onorabile Gloria de Carpino, vedova del quondam Mionno Policastro, portava in dote ad And.a Jacobino, troviamo un pezzo di terra loco detto “S.to And.a : confine lo pheudo de scarafizi : confine lo vallone de S.to And.a confine la chiesa de Santo filio : le t(er)re de carpini et altri confini”. ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 151-152.
[vii] Pugliese G. F., Descrizione ed Historica Narrazione di Cirò, vol II, p. 273.
[viii] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti onciari, busta n. 7014, f. 34.
[ix] De Leo P. (a cura di), Documenti Florensi 2001, pp. 54-55. Questa testimonianza isolata potrebbe anche essere frutto di una trascizione errata.
[x] “Lucrinium cum Sancta Venera unc. 3 tar. 20 gr. 8”. Minieri Riccio C., Notizie Storiche tratte da 62 Registri Angioini dell’Archivio di Stato di Napoli, 1877, p. 215. “… Alichia, Ipsigro (Cirò), Lutrivio, S. Venere, Melissa, Campana, Tignano, …”. Reg. Ang. XIII (1275-1277), p. 267. “… Alichia, Ypsigro, Lucrivium cum Sancta Revera, Melissa, …”. Reg. Ang. XVII (1275-1277), pp. 57-58.
[xi] “Mandatum pro Petro de Filyos mil. et fam. de tenimentis occupatis et terris suis Gorleti et Sancti Leonis in Iustitiaratu Calabrie.” Reg. Ang. XXVII (1283-1285), p. 61. “Terra Sancti Lei, Turluti et Lurrurii (sic) de Iustitieratu Vallis Gratis et Terre Iordane de novo donantur Petro de Foliuso.” Reg. Ang. XXVII (1283-1285), p. 194.
[xii] “Notatur quod Andreas de Pratis, miles, habet in donum, propter servicia Carolo primo, casalia Cutrinii (sic) et Sancti (sic) Veneris in Vallis Gratis et Terre Iordane.” Reg. Ang. XXXVIII (1291-1292), p. 54.
[xiii] Reg. Ang. XL (1291-1292), p. 25.
[xiv] Reg. Ang. XL (1291-1292), pp. 23-24.
[xv] “… l’anno 1299 fatto da Rè Carlo II. Signor di Strongoli, Santo Elia, Telentino, Tridio, e S. Venere: nel possesso da quali luoghi fu posto da Pietro Ruffo Conte di Catanzaro”. Ferrante della Marra, Discorsi delle Famiglie Estinte, Forastiere, o non comprese ne’ Seggi di Napoli, imparentate colla Casa della Marra, 1641, pp. 303-304.
[xvi] Pesavento A., La chiesa di Carfizzi dalla fondazione al Settecento, www.archiviostoricocrotone.it
[xvii] ACA, Cancillería, Reg. 2909, ff. 106v-107r
[xviii] Il 27 dicembre 1444, “in castris prope civitatem Cotroni”, re Alfonso d’Aragona comanda affinchè siano osservate ed eseguite le lettere di concessione dei capitoli fatti l’8 novembre 1444 “in castris prope Ypcigro” all’università di Cirò. “Item chi la dicta Magesta conceda de gracia la dicta universita habie acqua et erba comune con lo tenimento de Melixa et de sancta Vennera chince possano intrare et passare con lo bestiame senza paga alcuna. Placet Regie Maiestati quod utantur ut hactenus usi fuerunt.” Fonti Aragonesi Vol. I, pp. 39-40.
[xix] Biblioteca comunale di Bitonto, Fondo Rogadeo, Ms. A 23 (secondo ASNA, ex Reg. ang. 373).
[xx] “… Cotroni cum marchionatus ac Catanzarii civitatis, cum comitatus dignitate titulo et honore huiusmodi quae marchionatus et comitatus dignitatis titulos et honores, necnon Cotroni marchionatum et catanzarii comitatum intregros ipsiusque et cotroni Civitatem predictarum Casalia districtus jura jurisditiones et pertinentias universa ac ypsigro cum pertinentiis Aligii melixe feudi s(an)cti stephani et policastri Rochebernardi mesurace castellorum maris Tacine et s(an)cti mauri de Caraba Roche s(an)cti Juliani Gimiliani Tirioli et Rosauni terras (cum Cutri s(an)cti Johannis de monacho papanichifori Cromiti Apriliani mabrocoli misicelli lachani Crepa coris massanove et turisinsula Casalibus) necnon castri maynardi Barbari cum Cropano ac sancti niceti Baronias cum pertinentiis et fortellitiis earumdem. Item quoque Castrivetus cum membro tenimento placanice Et cultura s(an)cti fili ac favato et pellacano Ad terram roccelle s(an)cti victoris di provincia calabria citra et ultra nec non Cabellam sete predicte civitatis Catanzarii et aliorum locorum eidem marchioni iam dudum per Carolum iij Bonamemorie concessas et Concessa Ac ladizlaum eiusdem regine germanum sucessive Jherusalem et sicilie dive memorie reges confirmatas et confirmata, … necnon eadem marchioni terram que dicitur taberna Catacen(sis) dioc(esis) …”. ASV, Reg. Vat. Vol. 355, ff. 287-288.
[xxi] Pesavento A., La chiesa di Carfizzi dalla fondazione al Settecento, www.archiviostoricocrotone.it
[xxii] Zangari D., Le Colonie Italo albanesi di Calabria, Napoli 1940, pp. 135-137. “Luca Antonio Morano de Catanzari. Relevio delli Feudi di S. Venera con il territorio di S. Venera con il territorio di Trivico, il feudo di Malaspina et altro.” Falanga M., Il manoscritto di Como in Rivista Storica Calabrese n. 1-2, 1993, p. 257.
[xxiii] Pellicano Castagna M., Storia dei feudi e dei titoli nobiliari della Calabria, II, 1996, pp. 181-182.
[xxiv] ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 111v.
[xxv] “I greci, messi in fuga i musulmani, tolgono loro Petilia, ed allora i pochi superstiti di Bristacia migrano a poco a poco sul colle prossimo a Tegano, ov’oggi è Umbriatico.” Moscato G. B., Cronaca dei Musulmani in Calabria, 1902, rist. 1963, p. 32.
[xxvi] Maone P., Precisazioni sulla storia feudale di Umbriatico e Briatico, in Historica n. 1/1968, p. 6.
[xxvii] De Leo P. (a cura di), Documenti Florensi 2001, pp. 67-68 e 69-72.
[xxviii] De Leo P. (a cura di), Documenti Florensi 2001, pp. 61-62 e 84-85.
[xxix] Minieri Riccio C., Notizie Storiche tratte da 62 Registri Angioini dell’Archivio di Stato di Napoli, 1877, p. 215.
[xxx] “Mandatum pro solutione decimarum Episcopo Umbriaticensi, super baiulatione Zigani (sic), Alichie, Umbriatici et Melisse.” Reg. Ang. VII (1269-1272) p. 207.
[xxxi] “Elenco delle terre appartenenti al Giustizierato di Val di Crati e Terra Giordana: … Alichia, Ipsigro (Cirò), Lutrivio, S. Venere, Melissa, Campana, Tignano, …”. Reg. Ang. XIII (1275-1277), p. 267.
[xxxii] “Girardo de Albi, mil., concessio Briatici et Tygarii, (sic) de Iustitiaratu Vallis Gratis et Terre Iordane.” Reg. Ang. III (1269-1270), p. 199.
[xxxiii] “Girardo de Albi, mil. et fam., concessio castri Ipsigri, de Iustitiaratu Vallis Gratis, excepto casali Crepacore, pro resignatione ab eo facta Curie de terra Briatici et Tigarii (sic).” Reg. Ang. III (1269-1270), p. 201.
[xxxiv] Maone P., Precisazioni sulla storia feudale di Umbriatico e Briatico, in Historica n. 1/1968, p. 15.
[xxxv] “Guillelmo Ernardi de Birano mil. concedit terram Campane et castrum Tegani de Iustitiariatu Vallis Gratis, per mortem Biviani de Clarencia sine liberis, nec non et alia bona que fuerunt Anselmi Peregrini et Petri de Spatafora, proditorum.” Reg. Ang. VI (1270-1271), p. 155.
[xxxvi] “Executoria concessionis, facte Ingerano de Sumeroso, castri Tigani olim concessi qd. Guillelmo Ernardi de Birano, cuius heredes in Regnum nondum venerunt: verumtamen, si venerint, restituatur eis dictum castrum, dato excambio dicto Guillelmo.” Reg. Ang. VIII (1271-1272), p. 62.
[xxxvii] “Ingeraimo de Summeroso mil., qui resignavit in manibus R. Curie castrum Tigani in Iustitiariatu Vallis Gratis et Terre Iordane, concedit castrum Lapolle, R. Curie devolutum per mortem Matthei de Fasanella.” Reg. Ang. IX (1272-1273), p. 49.
[xxxviii] Maone P., Precisazioni sulla storia feudale di Umbriatico e Briatico, in Historica n. 1/1968, p. 15.
[xxxix] Reg. Ang. XXVI, p. 54.
[xl] “Notatur Leoni Iudicis Gualterii de Cusentia confirmatio concessionis medietatis iurium, que curia habet in terra Tigani in Valle Gratis et Terra Iordana, olim ei concessam per Robertum comitem Atrebatensem.” Reg. Ang. XLVIII (1293-1294), p. 46. “Aganum, sive Teganum, pagus in Valle Jordana extabat anno 1296. Matthaeo de Judice consessum, ut ex diplomate. Ms Gualt.” “Elenchus Urbium, Oppidorum, aliorumque locorum Calabriae, quae variis temporibus interierunt”, in Gabrielis Barrii, De Antiquitate et Situ Calabriae, Roma, 1737, p. 416.
[xli] Maone P., Precisazioni sulla storia feudale di Umbriatico e Briatico, in Historica n. 1/1968, pp. 8 e 16.
[xlii] Vendola D., Rationes Decimarum Italiae sec. XIII e XIV, Apulia – Lucania – Calabria, 1939, pp. 196 e 199.
[xliii] “Taxa flor. 37. qui partim colliguntur ex feudis antiquissimis Maradiae, sancti Nicolai de Alto, et sanctae Marinae, in quibus utrumque gladium Umbriaticensis Episcopus habet, tametsi Maradiae, et sanctae Marinae diruta jaceant, …”. Ughelli, Italia Sacra, IX, 526.
[xliv] “Mandatum pro Episcopo Umbriacensi de mercato celebrando in diocesi sua, in loco q. d. Sanctus Nicolaus de Alto et in eccl. Sancte Marine”. Reg. Ang. XIV, 1275-1277, p. 254.
[xlv] “Filotetto Monacho et Abbate sanctae Marinae, anno Mundi 6670, primae Indict. qui fuit Christi 1167”. Ughelli, Italia Sacra, IX, 526.
[xlvi] Bartolomeo di Neocastro, Istoria Siciliana (1250-1293), cap. LXXXII, pp. 56-59.
[xlvii] 17 luglio 1303. “Guardiano Fratrum Minorum Messanen. mandat ut quondam pecuniam colligat et pro quorundam necessitate distribuat Abbati et conventui monasterii S. Iohannis Florensis, Cusentin. dioc., 30 unc. cedat, pro reparatione dicti monasterii et officinarum ipsius, quae dicuntur olim fuisse per inimicos Ecclesiae diruta et incendia vastata.” Russo F., Regesto I, 1495.
[xlviii] Ughelli, Italia Sacra, IX, 527.
[xlix] “Ante aevum Caroli II utriusque Siciliae Regis Ecclesia possidebat in feudum castra S. Marinae, S. Nicolai de Alto, et Maratheae, sed propter bellorum descrimina descriventa, evaserunt feuda rustica, ut patet ex albo Regii Archivii in regesto praefati Caroli II anno a partu Virginis 1304. lit. C. fol. 258. a terg. Temporum inde decursu feudum S. Marinae deperditum, nullo pacto ab Ecclesia modo possidetur.”. ASV, Rel. Lim. Umbriaticen.,1735.
[l] “In his multa Mensa Episcopalis possidet Praedia, et inter cetera Feuda Rustica, Maratheam scilicet, S. Marinam, et Mottam, ex quibus Episcopus pro tempore fructus quotannis percipit cum Titulo Baronis, exercendo Iurisditionem Civilem, et mixtam, et exceptis tribus casibus Regiarum Pragmaticarum, etiam Criminalem in Personas in dictis Feudis ad eorum culturam habitantes. Olim antedicta Feuda Nobilia, et Populosa fuerunt, quae hodie ab Ecclesia in Allodium, et absque ullo feudali onere possidentur.” ASV, Rel. Lim. Umbriaticen.,1724.
[li] “Anno 1326 – Ruggiero da Mottafellone, camerario e familiare, maestro maresciallo, Signore di Umbriatico, presunto figlio ed erede del precedente Tommaso. A suo favore, nel 1326, vien preso provvedimento contro Giordano Ruffo di Calabria, il quale lo disturba nel possesso di Umbriatico. Nello stesso anno altro provvedimento vien preso contro lo stesso Ruffo, Signore della Terra di Scala, poichè maltratta i vassalli del castro di Motta e si abbandona ad altri eccessi in territorio di Umbriatico.” Maone P., Precisazioni sulla storia feudale di Umbriatico e Briatico, in Historica n. 1/1968, p. 9.
[lii] “Anno 1334 – Michele de Cantono, da Messina, consigliere della Magna Rota e familiare, Signore della città di Umbriatico. Nell’anno 1334/1335 egli compra da Ruggiero da Mottafellone per il prezzo di 600 once la città di Umbriatico nonchè il castro di Motta Caraconiza, Boneto e la terra di Tigano, siti nel Giustizierato di Valle di Crati e Terra Giordana. Diconsi detti luoghi di antico diritto «sub servitio unius militis et dimidii cum intestatione et forma istr. venditionis». Allo strumento di compra è allegato il regio assenso. Poiché la città di Umbriatico è rimasta desolata a cagione della guerra tra Angioini ed Aragonesi (guerra del Vespro), nel 1335-36 vien preso provvedimento a favore del suddetto feudatario per l’esenzione decennale dal pagamento delle collette regie affinchè possa persuadere degli uomini a recarsi ad abitarvi. Resta inteso che i nuovi abitatori non debbono essere né angari né parangari delle Terre del R. Demanio né di quelle di conti e di baroni.” Maone P., Precisazioni sulla storia feudale di Umbriatico e Briatico, Historica n. 1/1968, pp. 9-10.
[liii] Maone P., Precisazioni sulla storia feudale di Umbriatico e Briatico, Historica n, 1/1968, p. 16.
[liv] Biblioteca comunale di Bitonto, Fondo Rogadeo, Ms. A 23 p. 92 (secondo ASNA, ex Reg. ang. 373, f. 84v).
[lv] In questa occasione fu concessa l’investitura “cum honore et titolo” della “Civitatem Rossani cum Principatus titolo ac t(er)ram longiubuchi cum Castri seu fortelliciis hominibus vassallis vassallorumque redditibus feudis feudatariis subfeudatariis meroque et mixto imperio et gladii potestate juribus fundici, Cabelle Sete, portulanie Secrecie picis ferri et Azari g(e)n(er)alibus subvencionibus seu collectis, subsidiis aliisque collectis et fiscalibus funcionibus ordinariis et extraordinariis et focularibus”, come era stato già concesso alla quondam Covella Ruffo di Calabria, con privilegio dato a Napoli, nel Castello di Capuana, il 7 luglio del 1443. Si concedeva inoltre: “Item t(er)ram Montisalti cum dignitate et titulo Comitatus, Terram Briatici, Terram Misiani cum Casalibus suis, Moctam Filocastri cum casalibus suis, Mottam Calimera, Mottam Iopoli cum omnibus Casalibus suis, et eorum districtibus, Cocorivum, Terram Simari, Terram Casiboni, Roccham neti, Civitatem Gerencie, cum Salina meliati, que est in eius tenimento, Terram Cacuri cum jure plateatici et cum Salinis Sancti Georgii que sunt in eius tenimento, terram Verzini, Civitatem Umbriatici cum jure plateatici, Terram Curruculi, terram Scale, Civitatem Cariati, cum Terra Vetula, et Sancto Maurello, fundico, et omnibus juribus spectantibus et pertinentibus ad dittum fundicum juxta tenorem privilegiorum ipsius et cum illis prerogativis, Immunitatibus et graciis que alii fundici Regni n(ost)ri huius soliti sunt h(abe)re gaudere et gaudent, Terram Campane, Petram paulam, Curisiam, Calivetum, Calopilatum, buchillierum, Terram S(an)cti Caloyri, in ducatu Calabrie sitas”, oltre quelle in provincia di Basilicata e in provincia di Principato Citra, con tutte i diritti già concessi alla quondam Covella Ruffo precedentemente. ACA, Cancillería, Reg. 2908, ff. 83r-88r.
[lvi] 1472. “Caraconisa affitto per la sua difesa.” ASN, Regia Camera Sommaria, Segreteria, Inventario.
[lvii] 1492. “Magnifico Iacono Russo, possessore de uno feudo de Caragonessa in tenimento di Briatico.” ASN, Reg. Camera della Sommaria., Segreteria, Inventario.
[lviii] 1512. “Magnifico messer Jacono de Rossi regio consiliero et presidente di Camera, possessore d’un feudo nominato Caro Canis (sic) sito in territorio d’Umbriatico.” ASN, Regia Camera della Sommaria, Segreteria, Inventario.
[lix] 1540. “Magnifico Scipione de Rubeis de Napoli, possesore d’un feudo de Caraconissa sito in Umbriatico, concessoli dal quondam Ferrante Spinello, duca di Castrovillari, con peso d’adoha a detto duca.” ASN, Regia Camera della Sommaria, Segreteria, Inventario.
[lx] 1546. “Magnifico Ioanni Battista de Guglielmo, alias Spatafora, possessore d’un feudo nominato Caraconissa sito in Briatico.” ASN, Regia Camera della Sommaria, Segreteria, Inventario.
[lxi] 1 settembre 1588. “tertiam partem t(er)rarum de sivo iuxam feudum Caraconissae, et t(er)ras Jo(ann)is de falcone”. ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, f. 494.
[lxii] 1584-1585. “Pietro Vincenzo Arnone, barone del feudo di Caraconisa sito in territorio di Umbriatico, per l’esigenza del ius dohane delli animali che si comprano et vendono dentro detto feudo.” ASN, Regia Camera della Sommaria, Segreteria, Inventario.
[lxiii] 5 dicembre 1574. Anselmo de Simari della terra di Crucoli, promette in dote a donna Faustina de Simari, sua sorella, che va sposa a Joannes Maria Arnono, una casa terranea “loco la valle”, confine la casa di m.o Jacobo de Jardeno, la casa degli eredi di Ber.no Consiglio, la casa dotale di Carluccio Castrovillari, la via pubblica e altri fini (ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 90v-91).
10 ottobre 1576. Hier.mo Mazono della terra di Cropani, promette in dote a donna Hysabella Mazona, sua figlia, che va sposa a Sansilio Arnono del casale di Celico, una casa terranea “loco dicto lo celso piu abascio”, che era stata lasciata in testamento alla detta Hysabella da Gloria de Ferraro in contemplazione del suo matrimonio, confine la casa di Petronia de Ferraro e la casa di Donato Trovato (ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 201-201v).
25 maggio 1581. Alla dote di donna Hysabella Ferra sorella di Blasio Ferro, che va sposa a Scipio Scalcio “de rure litrenta”, pertinenze di Cosenza, apparteneva una casa terranea loco detto “lo cortiglio alias brasello”, confine la casa dotale di Santilio de Arnone, la casa di Mercurio Greco e altri fini (ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 442v-443).
[lxiv] ASCZ, Notaio Durande G. D., Busta n. 36, ff. 362-362v.
[lxv] 16 maggio 1584. “… quosdam sycomos loco detto tegano in terr.o loco dicti civ.tis um.ci …”. ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 96v-97.
[lxvi] La chiesa di S. Nicolò di Umbriatico, canonicato, possiede un pezzo di terra di tom.te 5 nel luogo detto “Tegani”, confine i beni della cappella della Concezione, la via pubblica e “le Rupi di fiumalbo”. ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti onciari, busta n. 7014, f. 37.
[lxvii] Gli eredi del mag.co Dom.co Giuranna esigono da Fran.co Ruberto annui carlini 12 per censo enfiteutico sopra la chiusa del luogo detto “Tegani”. ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti onciari, busta n. 7014, f. 8. Francesco Ruberto, bracciale di Pallagorio, possiede una chiusa nel luogo detto “Tegani”, confine la via pubblica e “le Rupi”, ne paga al mag.co Dom.co Giuranna annui carlini 12 e alla Bagliva annui grana 7 ½. Ibidem, f. 12. Il mag.co D. Giacinto Suriano, nobile vivente, possiede una chiusa nel luogo detto “Tegani” di tom.ta 1, confine i beni del Capitolo e la via pubblica. Ibidem, f. 17v. La cappella dell’Immacolata Concezione, jus patronato della famiglia Giuranna, possiede una chiusa alberata con pera di tom.ta 1 nel luogo detto “Tegani”, confine i beni della chiesa di S. Nicolò e la via pubblica. Ibidem, f. 30v. Il Capitolo cattedrale di Umbriatico possiede una chiusa di 1 tom.ta con un piede di gelso nero in loco detto “Tigani”, confine i beni di D. Giacinto Suriano. Possiede anche un altro piede di gelso nero in luogo detto “Tegani”. Ibidem, f. 31. La cappella del SS. Rosario di Umbriatico possiede un gelso nero in loco detto “Tigani”, confine i beni di D. Giacinto Suriano. Ibidem, f. 37v.
[lxviii] Il mag.co Francesco Giuranna, nobile vivente, possiede una grotta in loco detto “Tegani” che serve per commodo del proprio bestiame. ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti onciari, busta n. 7014, f. 11v. Gio. Battista Labonia, bracciale, possiede una grotta luogo detto “Tegani”, confine la grotta della Mensa vescovile. Sopporta di peso sopra la detta grotta, un censo enfiteutico di annui grana 1 che paga alla Bagliva. Ibidem, f. 16. D. Dom.co Giuranna, sacerdote e primicerio, possiede due grotte nel luogo detto “Tegani”, confine i beni del mag.co Francesco Giuranna. Nel detto luogo possiede anche un’altra grotta. Ibidem, f. 28.
[lxix] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti onciari, busta n. 7014, f. 42v.
[lxx] 28 novembre 1585, Umbriatico. Una vacca morta “alla petra de caraconissa”. ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 152-152v.
[lxxi] ASCZ, Busta 1266, f.lo 1754, ff. 8-9.
[lxxii] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti onciari, busta n. 7014, f. 42v.
[lxxiii] 4 luglio 1582, Umbriatico. “in una continentia t(er)rarum de lo saratino in terr.o dictae civ.tis iuxam defensam de maradia Catedralis ecc.ae S.ti Donati dictae civ.tis iuxam t(er)ras de lo piscaudo : iuxam vallonem de mancella et alios fines”. ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 514v-516.
[lxxiv] 16 gennaio 1577, Cirò. I magnifici Dominico e Joannes Laurentio Capoaugellis, assieme al magnifico Stephano Monaco “de rure la machia”, per la somma di ducati 720, avevano preso in affitto dalla curia episcopale di Umbriatico per due anni, a cominciare dal mese di maggio 1576, l’“herbagia de maratia” per pascolare i loro animali. ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 207-207v.
[lxxv] ASN, Catasto onciario di Melissa, Vol. 5755, f. 402v. Secondo quanto riportato nel catasto onciario di Umbriatico, il feudo rustico di “Maradea” era invece di tomolate 900, e confinava con i beni del mag.co Dom.co Giuranna, quelli della suddetta Mensa, quelli dell’Ill.re possessore di Umbriatico, quelli dell’Ill.re possessore di Carfizzi, e quelli dell’Ill.re possessore di Cirò. ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti onciari, busta n. 7014, f. 33.
[lxxvi] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti onciari, busta n. 7014, f. 36.
[lxxvii] ASN, Catasto onciario di Melissa, Vol. 5755, f. 402v. Secondo quanto riportato nel catasto onciario di Umbriatico, il feudo era confinato dai beni della stessa Mensa, da quelli della Cappella del Rosario, da quelli dell’Ill.re possessore di Umbriatico e dal fiume. ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti onciari, busta n. 7014, f. 33.
[lxxviii] ASN, Catasto onciario di Melissa, Vol. 5755, f. 404v. La Mensa vescovile di Umbriatico possiede un “Comprensorio di T(er)re in luogo detto Paese di miele” di tom.te 50, confine i beni dell’Ill.re possessore di Umbriatico e quelli della detta Mensa. ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti onciari, busta n. 7014, f. 33v.
[lxxix] Maone P., Casabona Feudale, Historica n. 5/6, 1964, p. 206.
[lxxx] Maone P., Casabona Feudale, Historica n. 5/6, 1964, p. 144.
[lxxxi] “La cognoscenza de chotron e chusi fata de ver maistro e montagne altre infra terra e soto la mazor montagna de tra. si lieua vna montagna forchada quaxi fata chomo vn rocho che vien dita san Nicolo de lena e da chotron a quella montagna mia 25.” Kretschmer K., Die italienischen Portolane des Mittelalters, 1909, p. 492.
[lxxxii] Pesavento A., La parrocchiale di S. Nicola dell’Alto, www.archiviostoricocrotone.it
[lxxxiii] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti onciari, busta n. 7014, f. 34.
[lxxxiv] 1583. “loco dicto s.to stephano” in territorio della città di Umbriatico, “ex parte serronis dicti s.ti stephani iuxam cararram dicti serronis”. ASCZ, Notaio Consulo B., busta 9, ff. 24v-25.
[lxxxv] Ughelli, Italia Sacra, IX, 526.
[lxxxvi] 19 novembre 1580. ASCZ, Notaio Durande G. D., busta 35, ff. 4v-5.
[lxxxvii] “L’abbazia di S. Marina, in diocesi di Umbriatico, in origine era basiliana; ma ebbe vita molto breve.” Russo F., Regesto, IV, p. 368, nota 78.
[lxxxviii] 24 luglio 1519. “Petro de Medina, clerico Palentin., Litterarum Apost. Scriptori, providetur de parochiali sive rurali ecclesia, abbatia nuncupata, S. Marinae de Camerota, Umbriaticen. dioc., vac. per cessionem Iacobi de Gotifredis, clerici Romani.” Russo F., Regesto III, 16060.
25 luglio 1519. “Asculan. et Strongulen. episcopis ac Vicario generali episcopi Umbriaticen. mandat ut Mgro Petro de Medina, clerico Palentin., Scriptori et familiari suo, provideant de rurali ecclesia, abbatia nuncupata, S. Marinae de Cammarata, Umbriaticen. dioc., vac. per ob. Alberici Inglese, rectoris, abbatis nuncupati.” Russo F., Regesto III, 16061.
28 luglio 1519. “Die XXVIII Iulii 1519, d.nus Iacobus de Gotifredis, cl.cus romanus concessit cessioni concessionis gratie sibi facte de parochiali sive rurali eccl.a, abbatia nuncupata S. Marine de Cammarota, Umbriaticen. dioc., de qua providetur d.no petro de Medina, cl.o palentin., litt. apost. scriptori, sub dat. Rome, VIII Kal. Augusti, an. VII.”. Russo F., Regesto III, 16064.
[lxxxix] 21 agosto 1525. “Io Baptistae Inglesii de Campana providetur de parochialibus ecclesiis S. Marinae de Cimaratis et S. Mariae Iacobi de Petrapaola, Umbriaticen. et Rossanen. dioc., per resignationem Antonii Inglesii de Campana.” Russo F., Regesto III, 16531.
[xc] 6 febbraio 1564. “Sebastiano de Manzonis, familiari suo, providetur de ecclesia, abbatia nuncupata, S. Marinae, Umbriaticen. dioc., vac. per ob. Io. Baptistae Angliso.” Russo F., Regesto IV, 21289.
[xci] “Il Cozza-Luzzi, Notizie per Umbriatico, in Lettere Calabresi, Napoli 1902, II, 32-34, ricorda un’iscrizione esistente in S. Balbina in Roma, in cui figura un «Iohannes Cropalatus, Crotoniata, Civis Romanus, abbas S. Marinae, Umbriaticen. dioc.». Si tratta evidentemente, di un commendatario del sec. XVI. In seguito alla soppressione, il vescovo di Umbriatico, ai suoi titoli aggiunse anche quello di Abbas S. Marinae.” Russo F., Regesto, IV, p. 368, nota 78.
[xcii] Marzo 1592. “Io. Baptistae Carafa commendatur monasterium S. Marinae, Umbriaticen. dioc., vac. per resignationem.” Russo F., Regesto V, 24325.
[xciii] Agosto 1593. “De ecclesia, abbatia nuncupata, S. Marinae, Umbriaticen. dioc., cuius fructus XVI duc., vac per ob. illius ultimi possessoris, de mense Iuliii def., providetur Fabio Tramonto, clerico Rossanen. dioc.”. Russo F., Regesto V, 24671.
[xciv] Novembre 1606. “De ecclesia seu cappella, abbatia nuncupata, S. Mariae, terrae Campanae, Umbriaticen. dioc. (sic), cuius fructus XX duc., vac. per ob. Octavii Maleno, de mense octobris def., providetur Paulo Martinello, clerico Rossanen.”. Russo F., Regesto V, 26357.
[xcv] 1 settembre 1607. “Causarum Curiae camerae aplcae Auditori generali et Vicariis generalibus episcoporum Umbriaticen et Cariaten. mandat ut capiant possessionem ecclesiae seu Cappellae S. Mariae seu S. Marinae, Umbriaticen. civ. vel. dioc., nomine Antonii Foresii, clerici Mediolanen., cui commendata est, per ob. Oliverii Malvici, de mense Iulii ex. Ro. Cu. def.”. Russo F., Regesto V, 26458.
[xcvi] Ottobre 1630. “De ecclesia sive cappella, abbatia nuncupata, S. Mariae seu S. Marinae, Umbriaticen., cuius fructus XV duc., vac. per resignationem Mgri Io. Baptistae Fossati, U.S. Ref., in manibus Gregori XV factam, et per privationem Flaminii Longhena, monaci O.S.B., providetur Francisco de Nobilibus, clerico Romano.” Russo F., Regesto VI, 30801.
[xcvii] 1647. Iulio Cropalati “providetur de parochiali ecclesia S. Marinae, Umbriaticen., vac. per resignationem.” Russo F., Regesto VII, 35332.
[xcviii] 18 giugno 1664. “Vicario generali archiep.i Rossanen., mandat ut Iosepho Grilletta, pbro terrae Campana, provideat de ecclesia seu cappella, abbatia nuncupata, S. Mariae, terrae campana, dictae dioc., seu de beneficio simplici sub invocatione eiusdem S. Mariae in dicta ecclesia, vac. per ob. Iulii Cropalati.” Russo F., Regesto VIII, 40257.
[xcix] Settembre 1668. “De beneficio simplici, abbatia nuncupata, ad altare S. Marinae, in parochiali sive alia ecclesia loci S. Marinae, Umbriaticen. dioc., cuius fructus 2 duc., vac. per ob. Iosephi Grilletta, de mense Februarii def., providetur Paulo Aemilio Marino cl.o.”. Russo F., Regesto VIII, 41538.
[c] 29 aprile 1669. “Dominico de Pane, pbro Romano, Familiari suo et Musico Cappellae Pontificiae, providetur de beneficio, abbatia nuncupata seu ecclesia S. Marinae, loci de Campana, Rossanen. dioc., vac. per ob. Iosephi Guilleti (sic, ma Grilletta), apud S.A. de mense Martii 1668 def.”. Russo F., Regesto VIII, 41705.
[ci] 5 dicembre 1670. “Dominico Pane, familiare suo, providetur de ecclesia seu cappella, abbatia nuncupata, S. Marinae in territorio terrae Campana, Rossanen. dioc., vac. per libera resignationem Marci Ant. Cattaneo, cui commendata fuerat per liberam resignationem Francisci Cattaneo, cum mandato Auditori generali Causarum Camerae Aplcae et Francisco Branca Archipresbytero ac Dominico Magarolo, canonico ecclesiae Rossanen., de executione.” Russo F., Regesto VIII, 42147.
[cii] Gennaio 1728. “De quatuor beneficiis, uno S. Marinae in eiusdem S. Marianae, territorii Campanae, et alie S. Martini, in eiusdem S. Martini, territorii S. Georgi et alio, abbatia nuncupata S. Mariae Iesus, in eiusdem S. Mariae Iesus, et reliquo in territorii Bocchiglieri, Rossanen. dioc., parochialibus ecclesiis della Schiavonea, territorii Corigliani, Rossanen. dioc. quorum fructus insimul 15 duc., vac. per ob. Dominici Ant. De Matthia, de mense Novembris praeteriti def., providetur Adeodato Prosperi, clerico.” Russo F., Regesto X, 56474.
[ciii] Marzo 1774. “De beneficio simplici S. Marinae, in parochiali seu alia ecclesiae S. Marinae, terrae Campana, Rossanen. dioc., cuius fructus 3 duc., vac. per ob. Bernardini Ramondini, providetur Carolo Branco, pbro diocesano.” Russo F., Regesto XII, 66691.
[civ] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti onciari, busta n. 7014, f. 35.
[cv] ASN, Catasto onciario di Melissa, vol. 5755, f. 409v.
Creato il 10 Marzo 2021. Ultima modifica: 21 Gennaio 2022.