Alcune macchine idrauliche in uso a Crotone alla metà del Cinquecento

Trumba idraulica

Pompa idraulica (1480 circa). Leonardo da Vinci, Codice Atlantico f. 5r [386v. a], Biblioteca Ambrosiana Milano.

La “trunba”
La pompa idraulica detta anticamente “trunba” per la sua forma caratteristica, utilizzata per captare ed innalzare l’acqua, è descritta da Georgius Agricola nel “De re metallica” del 1556 e da Galileo nel suo “Discorsi e dimostrazioni matematiche” del 1638.
Il suo uso è documentato per la prima volta a Crotone nell’estate del 1541, in occasione della costruzione delle nuove fortificazioni del castello e della città, in particolare quando, per realizzare le opere della nuova cinta muraria presso il mare, fu necessario provvedere ad eliminare l’acqua marina che filtrava negli scavi di fondazione ostacolando i lavori.
In tale frangente, le numerose riparazioni effettuate a spese della regia corte, sia per quanto riguardò l’acquisto dei materiali necessari che per retribuire il lavoro dei mastri impegnati, ci consente di evidenziare gli elementi che costituivano le parti principali della tromba idraulica e di ipotizzarne il funzionamento.
Si trattava di una macchina costituita da un corpo cilindrico di diametro e lunghezza variabile montato su di un supporto (“trabucco”). Tale corpo, la cui estremità si immergeva nell’acqua, era costituito da un fasciame di legno tenuto insieme da “circhi”, reso stagno attraverso il calafataggio con la pece e rinforzato con “libanj”: corde vegetali ottenute intrecciando lo “Sparto” (Stipa tenacissima).
In questo corpo scorreva uno stantuffo (“standuppo” o “stambucco”) lubrificato con il grasso (“sivo”) e munito di un’asta e di un pistone di legno dotato di due dischi fatti di suola grossa (“gotti”) tenuti insieme da numerose “cordelle”, il cui movimento di salita e discesa consentiva di aprire e chiudere al passaggio dell’acqua l’estremità sommersa del corpo della tromba.
Per tale funzionamento, la forza motrice fornita dagli uomini, era applicata mediante una leva all’asta dello stantuffo.
Nella fase di aspirazione, attraverso le cordelle, il sollevamento dello stantuffo richiamava l’apertura del corpo della tromba all’ingresso dell’acqua per depressione mentre, allo stesso tempo, tale depressione determinava la chiusura di una valvola posta sullo stantuffo. Nella fase di compressione, l’abbassamento dello stantuffo provocava, contestualmente, la chiusura del corpo della tromba, l’apertura della valvola e lo scarico dell’acqua.

Disegno trumba idraulica

Sistemi di ruote che azionano pompe idrauliche (1487-1490 circa). Leonardo da Vinci, Codice Forster I f. 45 v, Victoria and Albert Museum Londra.

Una manutenzione travagliata
Agli inizi di luglio del 1541, mastro Minico Scavello de Cotroni provvedette a calafatare “li trunbj per sguttare lacq.a” (ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 24), mentre si acquistarono “tre libanj” che, oltre a servire per i bisogni del barcone, furono utilizzati per “jnfasciare la trunba per aguttare lacq.a del detto Cavam.to” (ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 24).
Contestualmente furono retribuiti mastro Grabiele Tavernise de Cotrone “per soli grosse et fattura de duj gottj per la trunba” (ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 24) e donno Joanne Ant.o La Grutteria de Cotroni “per lo acconczo de una trunba” “con Circhj” (ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 24v).
Fu provveduto, inoltre, all’acquisto di “uno fusto de lanczunj servio alla trunba” e di “una stivala per la trunba” (ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 24v).
Qualche giorno dopo si acquistarono “quactro para de soli servero per fare gottj de novo alla trunba” (ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 26), mentre si retribuì mastro Grabiele Tavernise “per mastria de dui gottj” e si acquistarono 64 “attachj” che “servero allo acconczo de detta trunba” (ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 26v).
Quindi si provvedette a retribuire Marco Corea de Cotroni “per havere Cusuto le cordelle alli gottj” e mastro Grabiele Tavernise “per havere cusuto duj gottj” (ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 26v).
Evidentemente, tale riparazione non sortì gli effetti sperati ed il giorno dopo, fu necessario acquistare gli “sfilaczi per fare le Cordelle alli standoppi dela trunba”, retribuendo il solito mastro Grabiele “per recositurj de dittj gottj” (ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 26v).
Lo stesso giorno si acquistò la “deda” che “servio de nottj per exercitarese la trumba per Cavare Lacqua del Cavam.to”, oltre a “marrellj tre de spaco servio per li tornellj de detta tronba” (ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 27), mentre si retribuì mastro Minico Scavello “per reconczare la trunba che se guasto” (ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 29).
Il giorno appresso mastro Paulo Stricagnolo de Cotroni fu retribuito “per lo preccio de una Corda grossa pigliata per mano de felici Cito suprastantj quali piso r.a tre et tercza se pago tari duj et grana sey servio alla tromba” (ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 31), ma anche queste spese non furono sufficienti a riportare all’efficienza la macchina così fu presa la decisione di rifarla.
Il 21 dello stesso mese si retribuì la “muglere de petruccio montachino de Cotroni sie pagato uno peczo de xarto per la tromba”, Salvatore Bonifacio de Cotroni “per marrelli tre de spaco per detta tromba”, Bellisario de Taranto “sta jn cotroni per deda per li nottj alla tromba” e mastro Gabriele Tavernise “per duj stambucchj seu gotti alla tromba, con li soli et maistria” che provvedette anche alla “consatura et recusitura de essi jn sey voltj”. Allo stesso tempo fu perfezionato l’acquisto di cinque rotola di “pice” per calafatare e procedere allo “acconzo dela tromba” (ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 31) e si retribuì “mast.o minico scavello de Cotroni per uno mezo di se vacao ad calafatiare la tromba” (ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 34v).
Due giorni dopo mastro Beneditto Chiavitterj de Cotroni fu retribuito per “ottanta stupparoli et sessanta attachiuni et per fattura de una chiappetta de ferro hanno servuto per la tromba”, mentre si acquistò una “asta de pica per la tromba grande” (ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 31v).
Finalmente la macchina poteva essere messa in esercizio ed il giorno seguente fu provveduto a retribuire “guglermo poticaro dela rotunda de Cotrone per lo preczio de r.o meczo de sivo per untare lo standuppo dela tronba nova” (ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 36).
Il 28 di agosto si pagarono ducati 1 e tari 2 a Joanni Montacino di Crotone “per lo preczo de una trunba piccola per sguttare lacqua dentro dicta paliczata” (ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 54v), mentre mastro Dionisio Gulino de Cotroni fu pagato “per lo preczo de para otto et meczo de sola grossa per fare quatt.o gottj ad detta trunba” e mastro Grabiele Tavernise per “la mastria de dictj quatt.o gottj” (ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 55). Al solito mastro Minico Scavello fu affidato il compito di “Calafatare ditta trunba” (ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 55).
Anche in tale occasione mastro Beneditto Chiavetterj fornì “una chiappetta de ferro per la sup.ta trunba”, Berardino Armingari di Crotone fornì la “deda” necessaria per illuminare il luogo di lavoro durante le ore notturne e Salvatore Bonifatio rifornì la regia corte con “Cinq.ta attachiunj per lj standuchj de detta trunba” e “una marrella de spaco per dettj standuchj” (ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 55).
Il giorno dopo si acquistò “uno stivalo de Coyro servio per la detta trunba” (ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 60) e la legna necessaria “per la notte alla trumba” (ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 61).
Il 12 settembre la regia corte si rifornì di “passi 34 ½ de Corda servio per la trunba” e “passi otto de Corda per la retroscripta trunba” (ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 79v-80) mentre, il 25 successivo, fu provveduto all’acquisto di “una chiappetta per la trunba” (ASN, Fs. 196 fslo 6, f. 85v).
Ancora nel settembre del 1546, tra le “ferramentj consignatj per il monittionero consignatj allo monaco per renovarle” troviamo “una furcata servia tenere lo trabucco dela trumba” (ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 172v).

La “rota”
Nei primi mesi del 1546, a seguito della venuta a Crotone del barone Gio Giacomo dela Caya, l’ingegnere che aveva progettato e che seguiva la realizzazione delle nuove fortificazioni di Crotone, ebbero inizio le operazioni per la costruzione di un nuovo pozzo “ad piede lo nasu delo spontoni Don Pedro verso la spica” e la realizzazione di “una rota de legname havera de servir per terar acqua de ditto puzo de supra la fabbrica”.
Nei mesi di gennaio e febbraio di quell’anno troviamo i mastri d’ascia al lavoro per fare “una rota de ligname havera de servire per terare acq.a de ditto puczo de sup.a la frabbica, et se fa per or.ne del detto s. barone” (ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 40).
Considerato che, similmente a quella di un carriaggio, la ruota idraulica, in relazione all’ampiezza della sua circonferenza, era costituita da un certo numero di sezioni (“pecze”), ognuna collegata a quelle vicine mediante perni di ferro, è possibile avere un’idea della struttura e delle dimensioni di questa macchina, attraverso la descrizione degli acquisti del ferro lavorato utilizzato per la sua realizzazione. In questa occasione, usando il ferro della corte, i fabbri forgiarono 2 “fusilla per lo asso dela rota”, 2 “chiappe”, 2 “circhi”, 32 “mezi perni”, 27 “perni grossi” e 1 “palo massiczo”, oltre ad altri 34 “perni grossi” (ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 47v).
La ruota era corredata di due “cati grandj” ricavati tagliando a metà una botte (ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 78, 81v, 84) mentre, per il loro allestimento, sempre usando il ferro della corte, i mastri realizzarono prima sei “Circhi” e quattro “ricchellj” “per lo cato grande che havera de terare lacqua con la rota” (ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 73) e, successivamente, quattro “manigli” (ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 83v) ed “uno fosillo per lasso dela rota delacq.a” (ASN, Fs. 197 fasc. 7 f. 152).
La forza motrice necessaria al suo funzionamento era assicurata dallo sforzo degli uomini addetti che alternandosi in gruppi di quattro o cinque, lavorarono “allo voltare dela rota che tera lacq.a” (ASN, Fs. 197 fslo 2, ff. 107, 112v) sotto la sorveglianza di “dieco de costa de Cotroni suprastantj in ditta rota” (ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 126v) ricevendo, rispetto ad un semplice devastatore, una retribuzione lievemente maggiorata di 11 grana al giorno “per havere minato la rota che tera lacq.a” (ASN, Fs. 197 fslo 2, ff. 126v, 130, 134, 136v).
La lubrificazione delle parti era ottenuta utilizzando sia grasso animale che olio d’oliva. Per “untare la rota” figurano così numerosi acquisti di “sivo” venduto in “rotoli” (ASN, Fs. 197 fslo 2, ff. 145v, 159, 204, 215v; fslo 7 ff. 67v, 70, 76v, 94v, 105, 117, 155, 163v; fslo 8, ff. 6, 45, 94, 96, 131v, 160) e di “oglio” venduto in “quartj” (ASN, Fs. 197 fslo 2, ff. 98, 120, 128, 145v, 159, 204; fslo 7, ff. 6, 67v, 100v, 110v; fslo 8, ff. 9, 26, 49, 156).
Giunta alla sommità della cortina, l’acqua portata dalla ruota raccolta in una grande “tina”, era convogliata verso i luoghi dove si fabbricava attraverso un sistema di distribuzione realizzato con le “trava”.
Troviamo così i mastri d’ascia al lavoro per fare “le sayitti” (ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 187), cioè “ad jncavare le trava per la sayitta delacq.a” (ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 126v), realizzando “lo conducto de legname” per l’acqua della rota (ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 121v).
Alla loro opera faceva seguito quella dei mastri calafati a cui spettava il compito di calafatare “la sayitta dela rota” (ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 92) e di “ jmpiculare et calafatiyare la pila deligname per recoglerse lacq.a dela rota” (ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 126v).
Porzione di questa “sayitta seu currituro delacq.a dela rota” (ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 112v) era realizzato con “ceramidi” con le quali fu realizzato “lo condutto” per portare l’acqua della rota (ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 96v). Allo scopo furono fabbricati “li piczunchi dove haveranno de stare le sayitte delacq.a dela rota alla cortina nova” (ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 187) anche se, successivamente, l’opera fu demolita e costruita più in alto “de legname” (ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 196v).
Altre parti del percorso di questo sistema di distribuzione poggiavano invece direttamente sul terreno. Infatti, si retribuirono alcuni lavoratori per “cavar li fossi dove se li averanno de ponere li trava per le sayetti” (ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 211v).
Attraverso tali condutture l’acqua giunta alla sommità della cortina mediante la ruota, era accumulata in una tina dalla quale, usando “li cati” (ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 154, 156) era versata nelle condutture che raggiungevano le diverse fosse della calce (ASN, Fs. 197 fslo 2, ff. 144, 150, 151v): “che lacq.a dela tena veni dela rota per sayetti et li ditti teratori la passano avantj per sayetti alli minatori della calce” (ASN, Fs. 197 fslo 2, f. 151v).
In questo modo l’acqua poteva essere portata in tutti i luoghi dove necessitava. Troviamo così “li sayittj che andano in castello” (ASN, Fs. 197 fslo 7, f. 111v) ed i lavoratori che, tirando l’acqua con i cati, la ponevano “in le conduttj che vanno al castello” (ASN, Fs. 197 fslo 7, f. 114) venendo retribuiti “per haver.o tirato ditta acqua dent.o la tina et mandatola per sayettj alla Calce” (ASN, Fs. 197 fslo 7, f. 108).
Successivamente alla sua messa in esercizo, il lavoro dei “Mastrj de ascia et homini” si evidenzia sia in occasione delle necessarie opere di manutenzione: “jn lo acconsu dela rota delacqua” (ASN, Fs. 197 fslo 8, f. 13v) e “per metter jn or.ne dittj sayitti” (ASN, Fs. 197 fslo 7, f. 120v) che per apportare le necessarie modifiche al percorso delle condutture secondo le esigenze di lavoro del cantiere. Come ad esempio successe, quando fu provveduto a “guastare li sayitti delacq.a che vanno al castello et quelle acconzare che vengano al tur.ne toleto” (ASN, Fs. 197 fslo 7, f. 123v).


Creato il 12 Marzo 2015. Ultima modifica: 12 Marzo 2015.

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  1. Giuseppe Matarese

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