Il feudo di “Clima” in territorio di Belcastro, Mesoraca e altri

In evidenza le località “COLLE CRIMA” e “C.se Crima”. IGM, Foglio N° 576-Cropani, Carta d’Italia 1:50.000 (particolare).

Le vicende del feudo di “Clima” che, durante il Medioevo, furono spesso legate a quelle del feudo “de sillicano” o “Sillictano” posto in tenimento di Bisignano, riguardano, in primo luogo, il territorio di Genicocastro/Belcastro, dove si trovava una sua sezione, ma anche quello di Mesoraca, dove esistevano alcune sue dipendenze, mentre altre sezioni si trovavano nei territori di Santa Severina, Cerenzìa, Caccuri e Verzino. Una distribuzione che dimostra di ripercorrere le linee principali della penetrazione latina nel territorio Crotonese durante la seconda metà del sec. XII, lungo una delle direttrici principali di attraversamento che lo collegava al nord della regione.

Tale antichità è testimoniata anche dal suo toponimo greco, la cui origine sembrerebbe essere onomastica,[i] oppure derivante da “Klíma”, da cui si farebbe derivare anche il termine arabo “iqlīm”, utilizzato per intendere “una regione”,[ii] ovvero una “provincia, o distretto”.[iii] Il toponimo “Sillicano” o “Sillictano”, invece, evidenzia una più chiara origine onomastica (Sillitto/Sellicto).[iv]

In relazione all’esistenza di questo feudo, il toponimo “Crima” si rileva nella carta di G. A. Rizzi Zannoni (1789),[v] nella carta austriaca del Regno di Napoli (1822-1825)[vi] e nelle carte a diversa scala dell’Istituto Geografico Militare attualmente in uso.[vii]

La località “Crima” evidenziata sulla tavola n. 29 (1789) dell’Atlante Geografico di Rizzi Zannoni (particolare).

 

Antichi legami

Le prime notizie riconducibili al feudo di Clima risalgono alla prima metà del sec. XIII, durante la dominazione sveva, quando risulta che Alessandro di Policastro, menzionato per le terre che donò all’abbazia di Sant’Angelo de Frigillo in territorio di Genicocastro,[viii] possedeva in quest’ambito un feudo che, dopo la sua morte, pervenne a sua nipote Thomasia Forismuro.

Si riferisce a questo passaggio un mandato del 28 aprile 1240, attraverso cui si ordinava al giustiziere di Valle Crati, di revocare alla curia imperiale il feudo posto “in Genitocastro”, che “Thomasius For. mur.” (sic) “nepos” del quondam Alessandro di Policastro, deteneva illecitamente. In considerazione del fatto che da parte del detto giustiziere, l’ordine non era stato soddisfatto, attraverso un nuovo mandato, questo fu rinnovato al suo successore il 7 maggio dell’anno successivo.[ix]

Attraverso le ricerche condotte dallo Scandone, che potè utilizzare i registri della cancelleria angioina prima che avvenisse la loro distruzione durante il secondo conflitto mondiale, sappiamo che al tempo in cui la città di Genicocastro appartenne alla regia corte (prima del 1269), “Adam de Elmia” marito di “Thomasie Forisimiri”[x] (sic), aveva posseduto un “suffeudo” posto nel territorio della città che, successivamente, fu devoluto “alla Corte”.[xi] Fa riferimento a un feudo in possesso della detta Thomasia in territorio di Genicocastro,[xii] un provvedimento del 1283, attraverso cui si disponeva affinché il milite “Ade de Helmis” non fosse molestato “per religiosum priorem Hospitalis Sancti Ioannis Ierosolimitani in Sancta Eufemia”, relativamente al possesso dei “vassallorum quos habet in casali Sancti Martini ex parte uxoris sue, quia iam olim pacifice possessi sunt per patrem dicte eius uxoris.”[xiii] In questo periodo sappiamo anche che il detto Adam fu dominus di “Briatici”[xiv] e possedeva la castellania del “castri Cassani”,[xv] quando risulta destinatario di diversi provvedimenti che lo sollecitavano a corrispondere in armi e uomini ai suoi obblighi feudali.[xvi]

Altre informazioni circa i feudi in suo potere, o più precisamente, in potere di sua moglie Thomasia in questo periodo, ci provengono relativamente al casale di “Sillictano” posto in tenimento di Bisignano.[xvii] Una indagine condotta per conto della regia corte “in Sancto Marco” nel 1270 circa, identificava a quel tempo “una dominam Sillictan(i)” come ultima feudataria del casale,[xviii] mentre attraverso un’altra indagine condotta nella terra di Bisignano circa sette anni dopo, era stato possibile accertare che, al tempo di Corrado, per timore del principe di Taranto, il “quondam dominus Thomasio Foramuro de casali Sillictani” aveva seguito Petro Ruffo di Calabria nel suo esilio lontano dal regno, così il detto casale era rimasto nelle mani del sovrano svevo fino all’avvento del regno angioino, quando era stato restituito alla sua legittima feudataria.[xix]

Risale invece ad un periodo successivo alla sua morte, la notizia relativa al feudo di Clima, attraverso cui sappiamo che quest’ultimo era stato concesso al milite “Riccardus de Stephanisio” di Santa Severina, che però era stato spogliato del suo “suffeudo” dal milite “Adenulfo de Aquino” (1290).[xx]

A questo punto la questione fu sanata dall’intervento del sovrano che, mostrandosi riconoscente nei confronti del “quondam Riccardus Stephanici” milite, e di suo fratello l’arcivescovo di Santa Severina Ruggero, concesse a “Riccardellum Stephanici”, figlio di detto Riccardo, tutti i beni posti nel giustizierato di Valle Crati e Terra Iordana che erano appartenuti alla “quondam Thomasie Forisimiri, uxoris quondam Adde de Ulmis militis” (1293). Beni che costituivano una rendita di quaranta once d’oro soggetti al servizio di due militi, devoluti alla regia corte a seguito della morte di detta Tomasia senza figli leggittimi e già oggetto di donazione al detto quondam Riccardo, ossia al detto suo figlio, da parte di Roberto “comitem Atrebatensem”.[xxi]

Una “Platea” che riporta i confini di Mesoraca, fatta redigere dal conte di Catanzaro e riferibile agli inizi del Trecento, identifica i luoghi in cui erano esistiti i beni precedentemente appartenuti alla quondam Thomasia Forismuro: “… ex parte orientis, descendunt per flumen Tacinae versus meridiem, ad inferiorem partem Culture, que dicitur de Condoleone, et ascendunt per ipsam Culturam ex parte meridiei, versus occidentem ad vallonem, qui dicitur Molloranio et abinde vadunt ad crucem S.te Eugenie, deinde vadunt ad ecclesiam S. Eugenie et feritur ad vallonem qui dicitur de Brocuso et per ipsum vallonem vadunt ad Culturam quae dicitur E(minentissi)mi Theusararii fors mur (sic) …”.[xxii]

In evidenza i toponimi “Crima” e “Condole”. Particolare del F. 242-I “Cropani”, della Carta d’Italia 1:50:000 (U.S. Army 1943, copiata da una mappa italiana del 1896).

 

Gli Stefanizzi di Santa Severina

Le prime notizie relative a questa famiglia risalgono alla seconda metà del sec. XII, quando “W(illelmo) Stephanicio” risulta tra i “baronibus vallis Gratis”, in occasione di una sentenza pronunciata a San Marco contro il monastero di Santa Maria della Matina nell’aprile 1153,[xxiii] mentre un atto scritto in Santa Severina nel marzo 1184 (a.m. 6692), riguarda Regalia figlia di “domini Nicolai Maleini beata memoriae”, moglie in seconde nozze di “domini Ioannis Stephanizzi”, in occasione della vendita al monastero di San Stefano del Bosco, di alcuni beni appartenenti alla sua eredità paterna posti “in pertinentiis Styli”, assieme ad altri che sua madre le aveva assegnato in occasione del suo primo matrimonio.[xxiv]

Agli inizi del Duecento troviamo i possedimenti degli Stefanizzi presso Caccuri, dove il “vineale domini Rugeri Stefaniti” compare tra i confini di alcuni appezzamenti esistenti in località “Albe”, confinanti con le terre “de feudo domini Rogeri Sarraceni”,[xxv] sezione del feudo di Clima, e nelle vicinanze del luogo in cui era esistito il casale di Bordò, che il vescovo di Cerenzìa Bernardo concesse ai Florensi nel settembre 1209.[xxvi]

Dopo la morte del milite Ruggero Sarraceno senza eredi, né in prima né in seconda linea ascendente e discendente, ma solamente con alcuni in linea laterale, il suo feudo passò ai Florensi. Nel gennaio del 1215, in Messina, Costanza d’Aragona, moglie di Federico II, e suo figlio Enrico VII, concessero e confermarono al monastero florense la grangia di Albi, presso il casale di Bordò: “Concedentes et confirmantes ipsi monasterio in perpetuum libere et sine aliqua exactione servitii grangiam, quam habet in tenimento Cerentiae, prope casale Berdo, in loco qui dicitur Albo, cum molendino in flumine Leporis, vineis et arboribus quas tenet in tenimento praefatae civitatis”.[xxvii]

Nel giugno dell’anno successivo, invece, la stessa imperatrice e suo figlio, donarono ai Florensi la metà del feudo che era appartenuto al milite Ruggero Sarraceno: “in perpetuum dimidium feudum militis, quod in civitate Gerentiae et tenimentis ac pertinentiis suis, et in Caccurio tenuit quondam Rogerius Sarracenus de quo nullus est haeres, cum hominibus, domibus, terris, vineis et omni iure ac tenimentis et pertinenciis suis, secundum quod idem Rogerius Sarracenus ipsa unquam melius ac plenius tenuit et possedit”.[xxviii] Feudo confermato in seguito più volte da Federico II e da papa Gregorio IX.[xxix]

Al tempo, gli Stefanizzi detenevano anche altri possedimenti in tenimento di Cerenzìa, dove la “terram filiorum Ioannis Stephanitii” e il mulino diruto “quod fuit praedicti domini Ioannis Stephaniciii”, risultano tra i confini della “culturam, quae vocatur de Mardati, (sic, ma Bardari) in tenimento civitatis nostrae Gerentee, in flumaria Lese”, che il conte di Crotone Stephano Marchisorto donò ai Florensi con atto dell’ottobre 1214,[xxx] confermato dalla regina Costanza d’Aragona in Messina nel gennaio 1215,[xxxi] e da Federico II in Basilea nell’aprile 1219[xxxii] e “in castris apud castrum Sancti Petri in tenimento Bononie” nell’ottobre 1220.[xxxiii]

In evidenza la località “Bardaro” presso la confluenza del Lepre con il Lese in tenimento di Cerenzìa.

In relazione all’esistenza di una sezione del feudo di Clima troviamo il toponimo “Seracino” presso Verzino.

 

Nella Valle del Tacina

Lungo il corso del fiume Tacina esistevano a quel tempo le “terras Iohannis Stefanicii”, che sono menzionate nella confinazione della “grangiam de Terratis”, essendo tra i possessi del monastero di Sant’Angelo de Frigillo confermati da Federico II nel maggio 1225.[xxxiv] Le sottoscrizioni di Giovanni risultano in un atto del marzo 1228[xxxv] e in un altro dell’ottobre 1233,[xxxvi] mentre è dell’anno successivo la donazione fatta all’abbazia di San Giovanni in Fiore “per Ioannem Stephanum (sic) de civitate S. Severinae”, della cultura di “Rumbulis” sita in territorio di Santa Severina.[xxxvii] Un mandato diretto al giustiziere di Valle Crati del 31 agosto 1242, accoglieva la richiesta di “Iohannes Stephanicius de sancta Severina” di succedere alla madre “Peregrina” che, fino a quando era vissuta, aveva detenuto “in Gerentino et Petrapaulo” alcuni “homines” per la somma di “unius feudi minus sexta”.[xxxviii]

Agli inizi della dominazione angioina, gli Stefanizzi di Santa Severina risultavano essere una delle principali famiglie del luogo. Tra di essi spiccano “Alexandro”[xxxix] e “Riccardus”[xl] in qualità di feudatari e, soprattutto, Ruggero arcivescovo della città[xli] che, assieme ad altri loro congiunti, ebbero modo di distinguersi al tempo della guerra del Vespro, quando Ruggero fu nominato “capitano di Crotone «a flumine Neti usque ad Tacinam»” (1283),[xlii] ricevendo laute donazioni,[xliii] e assieme a suo fratello Lucifero, vescovo di Umbriatico, prese le armi contro l’esercito di Pietro d’Aragona che nel 1284 aveva varcato lo Stretto invadendo la Calabria.

Per tale attaccamento alla causa angioina e per i danni subiti, oltre al sostegno di papa Nicolò IV,[xliv] Ruggero godette soprattutto i favori del sovrano, ricevendo denaro e concessioni per il suo sostentamento[xlv] e per quello dei suoi familiari.[xlvi] Come dimostrano quelle nei confronti di “Ioannes”, figlio del quondam “Alexandri” suo fratello,[xlvii] dell’altro suo fratello “Riccardus”,[xlviii] e di suo nipote “Riccardellum” figlio di quest’ultimo che, come abbiamo già ricordato, ottenne dal sovrano il feudo di Clima dopo la contesa che aveva opposto suo padre al milite Adenulfo de Aquino.

Arme dell’arcivescovo Ruggero de Stefanizzi (AASS, 093A, f. 43v).

 

Dai Mazza di Taverna ai De Cumis di Catanzaro

Gli Stefanizzi detennero tale possesso per tutto il Trecento. Come riferisce il Fiore, ancora alla fine di questo secolo essi possedevano il feudo di Clima posto in territorio di Belcastro, con le sue dipendenze poste in territorio di Mesoraca che, attraverso il matrimonio con Dianora de Stefanitiis, giunse a Giovanni Mazza di Taverna.

Secondo l’autore “Giovanni, uomo di grandissimi talenti e così caro ad Errigo Sanseverino, conte di Mileto e di Belcastro, che l’anno 1391, a’ 10 giugno, gli concede il feudo di Clima, nominato de Stefanitis, posto nel territorio della città di Belcastro, con altre tenute di terra in quel di Mesuraca e di S. Severina.” “Di lui ancora si fa raccordo nel registro di re Ladislao sign. ann. 1400, fol. 9 a tergo, come anche del quondam Carlo Mazza de Taberna forse figliolo di Gio, e di Dianora de Stefanitijs signora del feudo di Clima in quel di Belcastro e dell’altro di Sellitano in quel di Gerentia e di Caccuri”.[xlix]

Attraverso i documenti emerge che, al tempo di re Ladislao, essendo avvenuta la morte di “Corradelli et Florencelle”, figli ed eredi del quondam “Haroli matzie” di Taverna e di “dianore de stefanicis”, il feudo nominato “de Clima”, assieme all’altro detto “de sillicano”, in mancanza di eredi legittimi, erano stati devoluti alla regia corte e concessi dal re a “bartholomeo de duce dicto Sicco de Neapoli secretario et familiari suo” (1398).[l] Avendoli quest’ultimo però rinunciati, il sovrano li aveva concessi a Johannis Mazza di Taverna.

Tali notizie risultano contenute in un privilegio del 26 dicembre 1444. Quel giorno, mentre si trovava all’assedio del castello di Crotone, re Alfonso I de Aragona confermò la successione dei feudi di “Errichete matze”, figlia ed erede del quondam “jacobi matzie”, nonché nipote del quondam “johannis matzie” di Taverna, che presentò al sovrano il privilegio concesso da re Ladislao a suo nonno Johannis, riguardante due “feuda anticha et di anticho feudo”: uno detto “de sillicano” posto nelle pertinenze di Cosenza, l’altro nominato “de Clima”, sito e posto “in Civitatibus et Terris belcastri Gerencie et Cacurii Sancte Severine Mesuracae vercinii de provincia Vallis gratis et Terre jordane et pertinenciis earum”. Ma mentre il feudo “de siclicano fuisse et esse cum vassallis”, quello di Clima il cui valore era di dieci once annue, “fuisse et esse sine vassallos”.[li]

A quel tempo il sovrano aveva già concesso il feudo di Clima o “Stilitano” (sic) a Enrico de Cumis di Catanzaro,[lii] figlio della detta Enrichetta che aveva sposato Tommaso o “Thomasinus de cumis”,[liii] come testimonia la “Donazione di beni all’armigero Enrico de Comis” fatta dal re Alfonso de Aragona il 24 marzo 1438 che, assieme ai beni burgensatici appartenuti al ribelle “Iohannis de Arceriis”, concesse a “Herrico de Comis dicto Macto” il “feudum quod dicitur Stilitano seu de Cluma, (sic) situm in civit. Bellicastri cum tenimentis et iuribus omnibus”.[liv]

Pur confusamente, Enrichetta Mazza “de’ baroni di Belcastro” e le concessioni delle terre di “Stilitano e Clima” fatte da re Alfonso de Aragona, sono ricordate anche dal De Rosis,[lv] mentre nei conti di Petro Dorta, “magister secretus” durante l’annata 1451-52, si afferma che “Errichum Mattum de Catanzario ratione cuiusdam privilegii eidem Erricho concessi per S. R. M. super palagio Clime”, e che “Henricus Mattus presentavit privilegium extractum a registro in quo in essitum continetur quod dominus noster Rex Alfonsus concedit seu confirmat pheudum de Clima dicto Erricho”.[lvi]

Arme della famiglia De Cumis. D’Amato V., Memorie Historiche dell’Illustrissima, Famosissima e Fedelissima Città di Catanzaro, 1670.

 

Dai De Cumis ai Piterà di Catanzaro

“La Famiglia de Cumis fa in campo rosso una torre rossa, e bianca di pietre tagliate, con due gigli francesi d’oro, et azurro ne lati della sommità della Torre, e due similmente al basso di essa, et uno nella sommmità sopra i merli.”[lvii]

“Questa nobil famiglia de Cumis passata con Carlo Primo da Francia in Regno,[lviii] et honorata dalla Casa d’Angiò con l’investitura di molti feudi, di Teriolo in particolare, e di Gimigliano, e sempre favorita da Conti Ruffi, con diversi privilegi, in uno de quali, tra gli altri, che io ho letto, che stanno in potere del Signor Gio: Vincenzo de Cumis, viene Tomasino de Cumis chiamato da Nicolò Ruffo Socius noster, non si scordò nelle occorrenze di seguir le parti d’entrambo anche contro la sua Patria, stimandosi più obligata à chi l’haveva beneficiata. Fù poi Enrico, del quale si ragiona, per i meriti d’altri della sua famiglia, che in servigio di Cesare s’impiegarono, aggratiato, come si cava dall’indulto fattoli, nel quale si fa mentione ancora della carica havuta da Francesi subito che fuggì dalla Città, doppo d’haver in vano tentato di farla prendere per la via di sopra cennata.”[lix]

Il feudo di Clima rimase ancora in potere dei De Cumis fino agli ultimi anni del dominio aragonese, quando il magnifico “Tomase”, detto anche “Tomasino” o “Tomasinello”,[lx] figlio di Enrico, risultava ancora “suffeudatario del conte di Belcastro” (1482),[lxi] pagando l’adoha per il possesso dei suoi feudi (1489)[lxii] mentre, dopo l’uscita di Carlo VIII dal regno, passò al notaro Bartolo Piterà di Catanzaro (1495),[lxiii] che così fu ricompensato essendosi mantenuto fedele agli Aragonesi contro l’occupante francese.[lxiv]

Il 28 ottobre 1518, in un esposto presentato alla regia Camera della Sommaria, gli eredi di “Tomasius de Cumis” de Catanzaro asserivano di essere molestati dal regio tesoriere di Calabria Ultra, relativamente al pagamento dell’adoha per i “pheudi tenino in questa provintia”, specificando di non aver altri feudi “che uno in policastro no(m)i(n)ato de monticello del q.ale sempre è stato solito adohare al s. Conte de policastro”, come appariva dalle “polise”, ed un altro feudo “in taberna del q.ale simil(ite)r hanno pagato lo adoha ala Ser.ma s. regina”. Mentre, relativamente al feudo nominato “Crima” asserivano che al presente, lo possedeva il notaro Bartolo Pitera di Catanzaro.

Nell’occasione, la Camera della Sommaria ordinava a Bap.ta de Vena, tesoriere di Calabria Ultra, di prendere diligentemente informazioni nel merito e riscontrando che i detti eredi non possedevano altri feudi oltre quelli suddetti, di astenersi dal dargli impaccio e molestia, esigendo la rata dovuta o dal detto notaro Bartolo, o da chi possedeva detto feudo, provvedendo a fare copia autentica delle scritture trovate in potere del possessore del feudo suddetto e facendole pervenire alla detta Camera.[lxv]

Alla morte del notaro Bartolo Piterà, il feudo di Clima pervenne a suo figlio Geronimo (1526).[lxvi]

Il primo agosto 1530, nel castello di Ischia, dietro la supplica del “Mag.cus hieronymus pitera”, erede “in pheudo clime sito in territorio civitatis n(ost)re belli castri”, come figlio del “Mag.cus Bartholus pitera” della città di Catanzaro, secondo quanto risultava dal “testamento” e dal “privilegio” concesso a detto Hieronimo “per Sac.m et ce: M.tem”, “Constantia Davola de aquino”, principessa di Francavilla e contessa di Belcastro, concedeva a lui in qualità di “utilis D(omi)nus ditti pheudi” e ai suoi eredi, l’esenzione dal pagamento dello “iure ditti palagii et castelli” in considerazione della “iurisdittiones et actiones circa soluttionem palagii, et aliam rationem spettantem n(ost)ro castello civi.tis Belli castri”, che la “curia” deteneva “tam de iure quam de consuetudine” sopra detto feudo.[lxvii]

Nel giugno 1536 il Mag.co Luca Antonio Pitera, figlio primogenito di Hieronimo, nonchè suo “haerede succedente”, era ammesso alla successione paterna del “feudum nuncupatum de crima” sito e posto “in Civitate Belcastri et eius t(er)ritorio”, come anche dei “bonis feudalibus sitis in t(er)ra et t(er)ritorio me[suraca et] alia spectantibus et pertinentibus tam de jure quam de consuetudine” al detto feudo, per cui dovevano essere corrisposti alla regia corte ducati 80 e grana 10 a titolo di “Relevium”.[lxviii] Il detto Luca Antonio ebbe così il feudo che era appartenuto a Tomasino de Cumis,[lxix] assieme a “certi territorij seu escadentie et grancia” appartenenti al detto feudo.[lxx] A Luca Antonio[lxxi] morto il 26 marzo 1568,[lxxii] successe suo figlio Giovanni Francesco Piterà.[lxxiii]

Arme della famiglia Piterà. D’Amato V., Memorie Historiche dell’Illustrissima, Famosissima e Fedelissima Città di Catanzaro, 1670.

 

I Ferrari di Catanzaro

Morto celibe Giovanni Francesco, e in assenza di altri eredi maschi,[lxxiv] la successione del feudo di Clima passò a sua sorella Camilla (1573)[lxxv] e al marito di questa Julio Ferrari di Catanzaro.

Al tempo del loro dominio, sono ricordate le rivendicazioni dei due nei confronti della regia corte relativamente ai privilegi ottenuti dai loro predecessori (1586-1615),[lxxvi] e le controversie che li opposero ai particolari di Belcastro (1603-1610), relativamente alla limitazione del diritto di pascolo dei cittadini,[lxxvii] nei confronti dei quali pretendevano di esigere la Fida e “la sterzatura”,[lxxviii] mentre al tempo in cui il feudo pervenne in potere del nipote Giuseppe (figlio del loro primogenito Francesco),[lxxix] risultano menzionati i “membri feudali” o “escadentie” appartenti al feudo di Clima, rappresentati da “molte gabelle nominate l’arangi, ruoturo, pavungelio, landala, livolo d’Ayello (sic, ma lo Vallo di Cicco de Ayello)[lxxx] et brocuso”[lxxxi] poste in territorio di Mesoraca,[lxxxii] presso il confine con il territorio di Belcastro, nell’area di confluenza della fiumara di Vergari con il fiume Tacina,[lxxxiii] dove passavano strade principali[lxxxiv] ed esisteva un importante attraversamento.

Questi membri del feudo di Clima che si trovavano nelle pertinenze di Mesoraca, in un comprensorio particolarmente importante per il pascolo delle mandrie che svernavano nelle marine crotonesi, potevano essere concessi al suo feudatario ma anche separatamente a particolari diversi, essendo costituiti da singole gabelle da cui ciascuno di loro percepiva singolarmente i frutti, ossia “herbagiis et affidaturis”.

Ne abbiamo esempio attraverso un atto del 3 dicembre 1444, al tempo in cui il feudo di Clima apparteneva ai De Cumis, quando re Alfonso de Aragona concesse al nobile “Adexio de Comito de Liparo”, il “Tenim.tum seu herbagium” detto “lo brochuso”[lxxxv] sito e posto nelle pertinenze di Mesoraca, devoluto alla regia corte per la ribellione di Antonio Centelles e di sua moglie Enrichetta Ruffo di Calabria.[lxxxvi] Successivamente, invece, il tenimento fu concesso al nobile Petruccio Caruso de Misuraca che, per tale motivo, entrò in contrasto con il precedente feudatario. Come riferiscono due mandati del 5 e del 21 aprile 1452, la questione fu ricomposta attraverso l’intervento della regia corte e la stipula di un patto tra i due. Tale patto prevedeva che il detto Petruccio accettasse di cedere al detto Adesio ogni diritto relativo a detto erbaggio, ottenendo da questi annualmente “uncias octo de carlenis argenti super baiulacione dicte terre Misurace” e 25 pezze di formaggio.[lxxxvii]

Anche verso la metà del secolo successivo è documentata questa situazione, quando risulta che il feudo di Clima appartenne a Luca Antonio Piterà, mentre il suo membro di Brocuso appartenne prima a Matteo de Diano di Belcastro e successivamente a suo figlio Gio. Tomaso.[lxxxviii]

Arme della famiglia Ferrari di Catanzaro.

 

I confini del feudo

Dopo la morte di Giuseppe Ferrari, deceduto il 20 dicembre 1651, gli successe il figlio Francesco juniore che, il 17 settembre 1669 ebbe significatoria di rilevio,[lxxxix] anno in cui risultano i pagamenti di tassa e adoha dovuti dal padre alla regia corte per il possesso del detto feudo.[xc] Seguì quindi Giuseppe juniore,[xci] suo figlio, che ne fece refuta e donazione allo zio Ignazio (1701).[xcii] Essendo morto quest’ultimo celibe in Catanzaro il 14 dicembre 1729, gli successe suo nipote Francesco Antonio.[xciii]

Dalla documentazione di questo periodo sappiamo che il feudo di Clima confinava con la gabella “S. Jania” appartenente al baliaggio di Santa Eufemia del Golfo dell’ordine Gerosolimitano,[xciv] successivamente assegnata alla commenda prima di Belcastro dello stesso ordine,[xcv] con la continenza di terre nobili detta “La Caputa” del Mag.co D. Marco Sammarco, dottore di legge della città di Catanzaro,[xcvi] con il luogo detto “la grotta di Faragò”, dove si trovava una gabella della chiesa di Santa Maria della Sanità di Belcastro,[xcvii] con “una gabelluccia loco detto Crima” del convento di San Domenico di Belcastro,[xcviii] e “una gabella con due vignali chiamata Clima, Climicella, e Cugno di S. Antonio” della Mensa vescovile di Belcastro,[xcix] che era attraversata dalla “trazza del feudo di Crima”.[c]

La rivela prodotta da D. Francesco Antonio Ferrari, feudatario del feudo di Clima al tempo della compilazione del catasto onciario cittadino, ce lo descrive più nel dettaglio:

“Rivelo io sott(oscritt)o D. Francesco Antonio Ferraro Feudatario del Feudo di Clima, come dentro il Territorio di d.a Città di Belcastro posseggo il sud.o Feudo di Clima di capacità di salmate cento in c.a confine le gabelle di Cannizzaro, S. Inia, ed altri notori confini. Sopra d.to Feudo vi è in primo luogo il peso dell’Adoa alla Reg.a Corte, e per essa agli Assignatari pro tempore in unzi undeci, e mezzo, come anche l’Investitura, e’l Donativo secondo accaderà, ed il jus tappeti, onde d.to feudo non deve essere soggetto a d.ta Buonatenenza né a veruno altro peso. Di più posseggo altre Gabelle, o pure membri di d.to Feudo di Clima, come appare nella suddetta Investitura, le seguenti Gabelle, Vasenza, La Rotunda e Rotundella, Ponticelli, Li Corvi, Crapuzza, Bruno, Iannuzzo, e Scaletti, La Valle di Crocco, Feudicello, e Tesauro, ed altre pezzotta di Terre di Forca, confini le gabelle della mensa Vescovile di d.ta Città, e le Gabelle di Zupo, e della Chiesa del S. Venerabile Convento di S. Domenico, ed altri notori Fini, che tutte ascenderanno a salmate cento in c.a. Vi è ancora un molino, ed un censo che si esige da Giuseppe Ciaccio, e suoi eredi di carlini dodeci, e vi è di peso anche sopra d.te Gabelle l’Adoa, e l’Investitura e secondo occorrerà il Donativo di S. M. che Dio guardi, che ascende a unzi cinquanta in c.a ed alle volte il doppio, secondo i riveriti ordini della Reg.a Cam.a e Tesoriero di Monteleone, secondo le ricevute e Bancali, alle quali mi rimetto. Ed a fede Catanzaro 8 8bre 1741. Io Francesco Antonio Ferrari, rivelo come sopra.”[ci]

I Ferrari detennero il feudo di Clima fino alla promulgazione delle leggi di eversione della feudalità. A Francesco Antonio, seguì il nipote Giuseppe che fu l’ultimo feudatario, sposò Vittoria Sculco di Crotone dei Duchi di Santa Santa Severina (1778) e morì in Catanzaro il 14 maggio 1824.[cii]

 

Note

[i] “Climi (Crimi), ctr. di Bova Marina; cfr. Nikolaos Klimi (Kλημη) a. 1243 in un dipl. di Squillace, Klimis cogn. in Grecia.” Rohlfs G., Dizionario toponomastico e onomastico della Calabria, 1978.

[ii] “Il greco Klíma indicava l’inclinazione della terra verso il polo a partire dall’equatore. I geografi arabi assumeranno tale termine, modificato in iqlīm, per intendere, invece, una regione, una zona della terra; tali zone, inoltre, saranno solitamente in numero di sette, per precisi riferimenti astrologici.” Vanoli A., La Sicilia Musulmana, 2016, p. 144 e p. 157 nota n. 2.

[iii] “Iqlīm [provincia, o distretto]”. Vanoli A., La Sicilia Musulmana, 2016, p. 102.

[iv] “Li Sillitti, ctr. nella valle del Crati nei pr. di Bisignano; cfr. Sillitti cogn. in Sicilia: cal. assillittu, scelto (exelectus).” Rohlfs G., Dizionario toponomastico e onomastico della Calabria, 1978.

[v] “Crima”. Tavola N.° 29 (1789) della carta di G. A. Rizzi Zannoni.

[vi] “Crima”. Carta austriaca del Regno di Napoli, Sez. 12 – Col. IX (1822-1825).

[vii] “Crima”, “Colle Crima”, “Case Crima”, “Fosso di Crima” (IGM, F. 242 della Carta d’Italia, I N.E. Sez. D, 1:10.000); “C.se Crima” e “Colle Crima” (IGM, Foglio N° 576-Cropani, Carta d’Italia 1:50.000).

[viii] “Pratesi A., Carte Latine di Abbazie Calabresi provenienti dall’Archivio Aldobrandini, 1958, pp. 380-382.

[ix] Costitutiones Regum Regni Utriusque Siciliae Mandante Friderico II Imperatore … et Fragmentum Quod Superest Regesti Eiusdem Imperatoris Ann. 1239 et 1240, Neapoli ex Regia Typographia 1786, p. 404; Huillard-Bréholles J.L.A., Historia Diplomatica Friderici Secundi, Parigi 1859, Tomo V pars II, p. 929.

[x] Reg. Ang. XLV, 1292-1293, pp. 39-40.

[xi] Scandone F., La vita, la famiglia e la patria di S. Tommaso de Aquino, 1924, p. 84 nota 1.

[xii] Rende P., Gli Ospitalieri, i Templari ed i casali di S. Martino e di S. Giovanni in territorio di Genicocastro, poi Belcastro, www.archiviostoricocrotone.it

[xiii] Reg. Ang. XXVI, 1282-1283, p. 156. “Notatur Adam de Elmis miles et fam. qui petit subventionem a vassallis suis.” Reg. Ang. XXVII prima parte, 1283-1285, p. 60.

[xiv] “Notatur Adam de Elmis miles dom. Briatici”. Reg. Ang. XXIV, 1280-1281, p. 105. “Mandatum quod Adam de Elmis non turbet Gubitosam mulierem, f. q.d Guidonis de Altavilla in pacifica possessione cuiusdam feudi in tenimento Briatici.” Reg. Ang. XXVII prima parte, 1283-1285, p. 6. “Andree de Anastasio de Monte Leonis, provisio contra dominum Adam de Elmis, dominum Briatici, destituentem eum quibusdam bonis.” Reg. Ang. XXVII prima parte, 1283-1285, p. 248.

[xv] “Domino Ade de Elmis mil. fam. committitur castellania castri Cassani”. Reg. Ang. XXVI, 1282-1283, p. 31.

[xvi] “Ade de Helmis militi” risulta destinatario di una “provisio quod mittat balistarios de terra sua” (Reg. Ang. XXVI, 1282-1283, p. 152). “Ade de Helmi militi, provisio quod veniat ad nos cum equis et armis pro consueto servitio sub pena ammissionis feudalium” (Reg. Ang. XXVI, 1282-1283, p. 161). “Alie provisiones directe Helie Flamingo, Guidoni de Alamania militi, Nicolao Ventricio militi, Ade de Elmis militi” (Reg. Ang. XXVI, 1282-1283, p. 163). “Infrascriptis feudatariis mandatum quod veniat ad nos cum equitibus et peditibus armatis vid.: … domino Ade de Elmis …” (Reg. Ang. XXVII prima parte, 1283-1285, pp. 248-249).

[xvii] “Feudum nominatum de Sillictano situm et positum in tenimento Bisiniani”. Raccolta delle decisioni della Ruota fiorentina dal MDCC al MDCCCVIII, Tomo I, Firenze 1845, p. 675.

[xviii] “… quod preter dominam Sillictan(i), cuis predecessores et ipsa vixerunt et vivit speciali iure Francorum …”, “… et vidit antecessores dicte domine Sillictan(i), quod primogeniti tantum succedebant in casal(e) ipso Sillictan(i), reliquis [fratribus et sororibus] exclusis.”. Sthamer E., Bruchstücke Mittelalterlicher Enqueten Aus Unteritalien, in Abhandlungen der Preussischen Akademie der Wissenschaften, Phil-Hist. Klasse NR. 2, Berlin 1933, p. 49.

[xix] “… quod post adventum domini nostri regis facta fuit restitutio quondam domino Thomasio Foramuro de casali Sillictani …”, “Item interrogati, quod ius habet regia curia in ipso casali, dixerunt se nichil aliud inde scire, nisi quod dictus dominus Thomasius fugiens de regno sequendo dominum comitem Perrum de Calabria, qui de regno exivit timore principis Tarentini, dimisit casale predictum, quod idem princeps Tarentinus in manibus suis accepit et tenuit in manu curie tam per se quam per alios, quibus ipsum concedebat, usque ad adventum domini nostri regis. Item dixerunt se recordari, quod tempore imperatoris Frederici dominus Robertus catapan(us) de Bisiniano, dominus Marsicanus et Nicolaus de Perrono et alii, qui pro tempore fuerant baiuli civitatis Bisiniani, recolligebant iura redditus et proventus casalis Sillictani tamquam a casali ipsius terre Bisiniani et casali demanii, in quo casali regia curia habebat bancum iusticie, iura macelli, plateam et alia iura, ex quibus proveniebant regie baiulationi Bisiniani aur. unc. 2; et homines ipsius casalis pro maiori parte erant homines demanii et cogebantur per homines Bisiniani ad iusticiam faciendam. Item dixerunt, quod, cum notarius Guilielmus esset notarius puplicus Bisiniani tempore quondam regis Conradi, idem notarius pluries ivit ad casale Sillictani cum baiulis Bisiniani, et ipsi baiuli regebant curiam in ipso casali. Item dixerunt, quod in predicto casali Sillictani sunt de veris hominibus regie curie demanii terre Bisiniani in predicto casali Sillictani homines subscripti, videlicet: …”. Sthamer E., Bruchstücke Mittelalterlicher Enqueten Aus Unteritalien, in Abhandlungen der Preussischen Akademie der Wissenschaften, Phil-Hist. Klasse NR. 2, Berlin 1933, p. 59.

[xx] “Il 5 settembre 1290 fu accolto un reclamo di Riccardo de Stefanisio, che asseriva di essere stato spogliato di un suffeudo, sito nel territorio di Geneocastro, dal «milite Adenulfo d’Aquino». Asseriva che, quando la città predetta apparteneva alla R. Corte (prima del 1269) il suffeudo era tenuto da Adam de Elmia; ricaduto alla Corte, questa l’aveva concesso allo Stefanisio.” Scandone F., La vita, la famiglia e la patria di S. Tommaso de Aquino, 1924, p. 84 nota 1. “Dom. Riccardus de Stephanisio turbatur super feudalibus bonis a dom. Adenulfo de Aquino sitis in Geneocastro” (Reg. Ang. XXXV, 1289-1291, p. 162).

[xxi] Reg. Ang. XLV, 1292-1293, pp. 39-40.

[xxii] ASCZ, notaio Biondi G. F., busta 158, 1634, f. 71.

[xxiii] Pratesi A., Carte Latine di Abbazie Calabresi provenienti dall’Archivio Aldobrandini, 1958, p. 50. Ménager L. R., Inventaire des Familles Normandes et Franques Emigrées en Italie Méridionale et en Sicilie XI – XII siecles, in “Roberto il Guiscardo e il suo Tempo, Relazioni e comunicazioni nelle Prime Giornate normanno-sveve”, Bari maggio 1973, pubblicato a cura del Centro di Studi Normanno-Svevi Università degli Studi di Bari in Fonti e Studi del Corpus mambranarum italicarum XI, Roma 1975, p. 342.

[xxiv] Trinchera F., Syllabus Graecarum membranarum 1865, pp. 285-287 n. CCXVIII. L’esistenza delle “terris Stephanitii” o di una “culturam Stephanitii” risulta tra i possessi del monasterio della “Virginis Mariae Heremitarum et Sancti Stephani de Nemore” in un privilegio del marzo 1224 (Huillard-Bréholles J.L.A., Historia Diplomatica Friderici Secundi, Parigi 1852, Tomo II pars II, pp. 943-950) mentre, agli inizi del dominio angioino, si menziona il “feudum Stephanicii” tra quelli soggetti alla “reparacionem castri Stili” (Winkelman E., Acta Imperii Inedita Seculi XIII, Innsbruck 1880 p. 783 n. 1006).

[xxv] “Rogerius Saracinus” risulta tra coloro che sottoscrissero un atto dell’ottobre 1196 (a.m. 6705) stipulato a Cerenzìa. Trinchera F., Syllabus Graecarum membranarum 1865 pp. 326-327 n. CCXLII).

[xxvi] De Leo P. (a cura di), Documenti Florensi 2001, pp. 032-034.

[xxvii] De Leo P. (a cura di), Documenti Florensi 2001, pp. 58-59.

[xxviii] “Privilegium Reginae Constantiae super donatione tenimenti quod in t.ra Caccurii et in civitate Gerentiae possidebat Reg. Saracenv 1216. Frider. Regis edic.” Scalise G. B. (a cura di), Siberene, Cronaca del Passato per la Diocesi di Santaseverina – Crotone – Cariati, p. 219. “Privilegium Constantiae Romanorum reginae uxor[is] Federici secundi et matris Henrici super donatione tenimenti, quod in terra Caccurii et in civitate Gerentiae possidebat Rugerius Saracenus, anno 1216.” De Leo P. (a cura di), Documenti Florensi 2001, pp. XLII e 63-64.

[xxix] De Leo P. (a cura di), Documenti Florensi, 2001, pp. 80-82, 99-101, 102-103, 123-130, 244-245.

[xxx] Ottobre 1214. “Stephanus Marchisortus Dei et regia gratia comes Cotroni, capitaneus et magister iusticiarius Calabriae”, concede all’abbate Mattheo ed ai frati del monastero “de Flore”, recentemente incendiato, la “culturam, quae vocatur de Mardati (sic, ma Bardari), in tenimento civitatis nostrae Gerentee, in flumaria Lese, quae hiis finibus confinatur: Incipit a parte australi de loco in quo fuit quondam molendini domini Andree Grisolemy et ascendit per occidentalem partem confinem aquilonem per viam, quae venit a Gerentea, quae via dividit inter ipsam terram et terram filiorum domini Ioannis Stefanicii, et ascendit per ipsam viam usque ad rivum aquae, quod vocatur Vallonus de Miliatis et ascendit per ipsum vallonum usque ad dirutum molendinum, quod fuit praedicti domini Ioannis Stephaniccii et vetus aquarium ipsius molendini, usque ad eundem vallonum unde derivabat. Inde divertit a parte aquilonis ascendens contra orientem per capita riparum fundentium in ipsam culturam et vadit per divisa Sancti Clerici, quae est ecclesia Gerentini episcopatus, et exinde girat contra austrum ab orientali parte et descendit in siccum vallonum, quod dicitur Sancti Clerici, quem transiens vadit per fynaitam Grisolematum et per fynaitam terrae Ioannis Mauryllyu filii Nicolai Mauryllyu et, transito alio torrente, vadit per fynaitam dictorum Grisolematum, videlicet per capita costeriae super eminentis ipsi culturae, quoad usque veniat e regione desuper contra prefatum locum molendini quod fuit praenominati domini Andree Grisolemi, et inde per meridiem girat et descendit versus occidentem ac ferit in ipsum locum veteris molendini et concludit.” De Leo P. (a cura di), Documenti Florensi 2001, pp. 54-55.

[xxxi] Gennaio 1215, Messina. Costanza d’Aragona assieme a suo figlio Henrico VII re di sicilia, considerati i danni e l’incendio che il monastero aveva subito a tutti i suoi edifici, concede all’abbate Mattheo e al suo monastero del “beati Iohannis de Flore”: “totam culturam demanii, quae est in tenimento Gerentiae, prope flumen quod dicitur Lesa, et vocatur Mardati (sic, ma Bardari), iuxta viam quae venit Gerentia et iuxta terram filiorum Iohannis Stephanitii cum arboribus utilitatibus et omnibus iustis tenimentis et pertinentiis suis”, secondo i termini assegnati al detto monastero da “Stephano comite Cutroni”, “quae cultura dicitur esse sufficiens ad duo aratra.” De Leo P. (a cura di), Documenti Florensi 2001, pp. 55-56.

[xxxii] Aprile 1219, Basilea. Federico II conferma i possedimenti del monastero, tra cui: “totam culturam nostri demanii, quae est in ipso tenimento Cherentiae prope flumen, quod dicitur Lesa, et vocatur Mardati (sic, ma Bardari) iuxta viam, quae venit Cherentiam, et iuxta terram filiorum Ioannis Stephanitii”, sufficiente “ad duo aratra”. De Leo P. (a cura di), Documenti Florensi 2001, pp. 80-82.

[xxxiii] Ottobre 1220, “in castris apud castrum Sancti Petri in tenimento Bononie”. Dietro istanza dell’abbate Matthei e del convento di Flore, Federico II conferma al monastero di Flore i suoi possedimenti, tra cui la “culturam Bardani (sic, ma Bardari), que in tenimento Cerentie est et prope flumen, quod Lesa dicitur, iuxta viam, que est in confinio terre filiorum Joannis Stefanitii de eadem civitate descendente”. De Leo P. (a cura di), Documenti Florensi 2001, pp. 244-245.

[xxxiv] “s[….] flumine Tachin(e) per vallonem de Ma(n)na et ascendit per eundem et vadit per terras Formose de Citrono per viam et condig[i]t ad Unbrum de Flagloso per terras q[ue ….] h[….] de […. te]rre sunt in confinibus Iohannis de Magistro et per terras demanii et vadit perinde et ferit ad terras Iohannis Stefanicii et ferit ad serronem de Vucuro et ad terras de s(u)p[….] ad scalam Cutri et transsendit viam et vadit ad frontem ipsius scale usque ad Porticellam et descendit per viam carraram et ferit ad vallonem Brucus(i) quod est super p[….] et assendit per ipsum vallonem et ferit ad terminum grossum et deinde vadit per viam que solebat ire homines Mesorace ad terras Castellorum et ad turris Tacin[e ….] ad terras de Sebastiani et dessendit per vallem usque ad flumen Tacin(e) et assendit per ipsum flumen usque ad priorem finem.” Pratesi A., Carte Latine di Abbazie Calabresi provenienti dall’Archivio Aldobrandini, 1958, pp. 337-338.

[xxxv] Trinchera F., Syllabus Graecarum membranarum 1865, pp. 384-386 n. CCLXXIX.

[xxxvi] De Leo P. (a cura di), Documenti Florensi 2001, pp. 131-134.

[xxxvii] De Leo P. (a cura di), Documenti Florensi, 2001, p. XXXII. Scalise G. B. (a cura di), Siberene, Cronaca del Passato per la Diocesi di Santaseverina – Crotone – Cariati, p. 273. Russo F., Gioacchino da Fiore e le Fondazioni Florensi in Calabria, 1959, p. 100.

[xxxviii] Winkelman E., Acta Imperii Inedita I, Innsbruck 1880, p. 684 n. 905.

[xxxix] “Mandatum pro Alexandro Stephanucio de Sancta Severina, qui possidet medietatem cuiusdam feudi.” Reg. Ang. VIII, 1271-1272 p. 283. “Item quod Alexander Stephanicius de sancta Severina in iusticiaratu Vallis Gracie tenet casale sancti Stephani de territorio eiusdem terre occupatum, cum sit de demanio curie, et duos cursos mandrarum, in quibus quondam imperator Fredericus faciebat fieri mandras valentes per annum uncias viii., et predictum casale valet per annum uncias xii.; tenet eciam occupata plura de demanio curie … Inquiratur, si est ita, et revocetur” (1273). Winkelman E., Acta Imperii Inedita I, Innsbruck 1880 pp. 593-594 n. 752.

[xl] 12.09.1280. “Iustitiario Vallis Gratis. Mag. Nicolaus de Messana canonicus Gerentinus notarius et fidelis noster … per la sua prebenda quam … in ecclesia Gerentina nunc obtinet … subscriptis hominibus et pheodatariis … decimas iurium et omnium proventuum suorum … nomina vero dictorum baronum et pheudathariorum sunt hec: (…) Riccardus de Stephanicius.” Reg. Ang. XXII, p. 93.

[xli] Rende P., Cronotassi dei metropoliti e degli arcivescovi di Santa Severina (dalle prime notizie fino al 1453), www.archiviostoricocrotone.it

[xlii] Russo F., Regesto I, p. 190 nota n. 36.

[xliii] 1282-1283. “Archiepiscopo Sancte Severine donantur nonnulle descripte terre laboratorie” (Reg. Ang. XXVI, p. 41). 1283-1284. “Archiepiscopo Sancto Severino donantur nonnulle descripte terre laboratorie” (Reg. Ang. XXVII, p. 167). 1283-1284. “Archiepiscopo Sancte Severine usque ad regium beneplacitum donantur nonnulle terre laboratorie” (Reg. Ang. XXVII, p. 406).

[xliv] 3 luglio 1289. “Bernardo episcopo Praenestino, Ap. S. Legato, mandat quatenus ecclesiam cathedralem vel aliam in terris suae legationis, Rogerio archiepiscopo S. Severinae vel L(ucifero), episcopo umbriaticensi, fratri eius, quorum bona a Cathalanis consumpta sunt, commendari faciat.” Russo F., Regesto I, 1270.

[xlv] 1292-1293. “Notatur quod archiepiscopo Sancte Severine donantur quedam terre laboratorie in Sancto Mauro, Cutrono et Strongolo.” Reg. Ang. XLV, 1292-1293, p. 36.

“Si è conservato ancora in momumento della generosità del Re Carlo II di Angiò in un diploma spedito fin dal di 11 Aprile dell’anno 1293. Reso pago egli della fedeltà e servizii prestati dall’Arcivescovo Rogerio tenutosi lontano dalla Fazzione degl’Aragonesi di Sicilia, che in quel tempo bellicava nella Calabria, concesse alla Chiesa Metropolitana col titolo di una tenuissima prestacione di tre reali e mezzo vari fondi Fiscali siti ne Territori di Cotrone in vicinanza del vallone Ysari; di Strongoli lungo le rive del fiume Neto; e nel Territorio di S. Severina al luogo detto volgarmente la Conusa, dove più si accosta il fiume Tacina.” (…) AASS, 084A f. 28v.

“… Archiepiscopus ipso in perpetuum habent et tenent ad opus suum praedictas culturas seu terras quarum fines sunt hii videlicet praedictae culturae de Laconusa ab una parte ipsius est flumen Tacinae, ab alia vallonus … Mantii, ab alia terra Archiepiscopatus S. Severinae, et si qui alii sunt confines, et reliquarum duarum culturarum quae sunt in flomaria Neti ab una parte ipsarum est cultura de Cacomeli, ab alia parte flumen Neti, et si qui alii sunt confines. Nec non et habent in perpetuum culturas quae dicuntur de puteo ante Cotronum prope vallonem Ysari ex una parte et Suburbium Cotroni ac montem de bliga ex altera et prope terram Carbonari. Item terra quae dicitur de Apotheca et alia parte ysari. Item Cascinum unum terra Curiae quam tenuit Gualcerius Nas… proditor prope vineas quondam Angeli de Vito. Item vineas quae fuerunt Rogeri Calabria de Cotrono proditori sitas in pertinentiis Cotroni; pro quibus omnibus solvere teneatur anno quolibet pro hiis scilicet quae sunt in territorio Cotroni in baiulatione Cotroni Regalia duo quae sunt tari decem et octo; pro hiis quae sunt in territorio S. Severinae Regale unum; et pro hiis quae sunt in territorio Strongyli Regale medium … Datum apud Meledunum … anno Domini millesimo ducentesimo nonagesimo tertio undecimo Aprilis sextae Indictionis Regnorum nostrorum anno nono.” AASS, 084A f. 39v.

[xlvi] 10.09.1289. “Ven. patri Archiepiscopo Sancte Severine consiliario, provisio pro solutione an. unc. 100 pro substentatione sua, ac filiorum q.d Alessandri Stefanicii mil. fratris sui”. Reg. Ang. XXXII, p. 256.

[xlvii] 1292-1293. “Notatur concessio Ioanni filius Alexandri Stefanitii, militis nepoti archiepiscopi Sancte Severine annuis unciis 60.” Reg. Ang. XLV, 1292-1293, p. 40. 1293-1294. “Notatur Iacobo de Oppido militi familiari commissio terre Cutroni cum annui gagiis unciarum 80 super baiulatione dicte terre, amota annua provvisione unciarum 60 super eadem quam tenet Ioannes Stephanicius miles nepos venerabilis R(ogerii) archiepiscopi Sancte Severine, que situetur super baiulatione Sancte Severine.” Reg. Ang. XLVI, 1276-1294, p. 170.

[xlviii] 1292-1293. “Karolus secundus etc. Tenore presentis privilegii notum facimus universis presentibus et futuris quod nos recentes grata plurium et accepta servicia que quondam Riccardus Stephanici, miles olim dum viveret celsitudini nostre prestitit et que Riccardellum Stephanici, filium suum, fidelem nostrum speramus in posterum prestiturum contemplacionem quoque venerabilis in Christo patris R(ogerii) archiepiscopi Sancte Severine, dilecti consiliarii, familiaris et fidelis nostri, patrui Riccardelli predicti, eidem Riccardello et suis heredibus utriusque sexus ex suo corpore legitime descendentibus in perpetuum bona omnia que fuerunt quondam Thomasie Forisimiri, uxoris quondam Adde de Ulmis militis, sita in iusticiaratu Vallis Gratis et Terre Iordane in alio privilegio nostro faciendo exinde destinguenda ex obitu ipsius Thomasie absque legitimis filiis mortue ad manus curie nostre rationabiliter devoluta cum hominibus et vassallis, si qui in eis sunt ac iuribus, iurisditionibus, rationibus et pertinenciis eorum ominibus que de demanio in demanium et que de servicio in servicium pro annuo redditu unciarum aurum quatraginta et sub duobus militaribus serviciis proinde per predictum Riccardellum et dictos heredes eius curie nostre in mediate et in capite iuxta regni nostre Sicilie usum et consuetudinem exhibendis concedenda duximus de liberalitate mera et gratia speciali; dono siquidem per virum magnificum dominum Robertum comitem Atrebatensem, consanguineum nostrum carissimum, facto prefato quondam Riccardello, vel prenominato eius filio, de predictis bonis aut quibuslibet aliis ac etiam quacumque alia provisione ipsos vel eorum alteri per nos, aut eundem comitem, vel quempiam alium capitaneum, aut officialem curie nostre facta renunciatis per eundem Riccardellum et per nos evacuatis ac penitus irritatis ac …”. Reg. Ang. XLV 1292-1293, p. 39-40.

[xlix] Fiore G., Della Calabria Illustrata Tomo III, Ed. Rubettino, p. 340 e nota n. 1102.

[l] Pellicano Castagna M., Storia dei feudi e dei titoli nobiliari della Calabria II, 1996, p. 129.

[li] ACA, Cancillería, Reg. 2907, ff. 42r-43r.

[lii] Falanga M., Il Manoscritto da Como Fonte Sconosciuta per la Storia della Calabria dal 1437 al 1710, in Rivista Storica Calabrese n. 1-2, 1993, p. 241. Enrico de Cumis era sindaco dell’università di Catanzaro il 15 luglio 1445, in occasione della ratifica dei capitoli della città da parte di re Alfonso de Aragona (ACA, Cancillería, Reg. 2908, ff. 66v-68v) che, successivamente (2 gennaio 1446), gli concesse anche altri beni demaniali siti nelle pertinenze di Catanzaro (Fonti Aragonesi I,  pp. XXV e 47; ACA, Cancillería, Reg. 2908, ff. 103v-104r).

[liii] Pellicano Castagna M., Storia dei feudi e dei titoli nobiliari della Calabria II, 1996, p. 129. “Thomasinus de cumis” è menzionato in un diploma di re Ladislao del 8 maggio 1406, tra i ribelli che ricevettero l’indulto del sovrano, dopo aver seguito le parti di Nicola Ruffo di Calabria, marchese di Cotrone e conte di Catanzaro. Catanzaro C., Di alcune Antiche Pergamene spettanti alla Città di Catanzaro, Catanzaro 1877, rist. ana. 2001 Vincenzo Ursini Editore, p. 23.

[liv] “Alfonsus Rex, etc. Universis etc. Donat Herrico de Comis dicto Macto, armigero et suis heredibus omnia stabilia burgensatica sita in civit. Catanzarii et alibi ubicumque in ducatu Calabrie, que fuerunt Iohannis de Arceriis rebellis, R. Curie devoluta et similiter feudum quod dicitur Stilitano seu de Cluma, situm in civit. Bellicastri cum tenimentis et iuribus omnibus iam eidem Herrico concessum per Iohannam Ruffam f. qd. Marchionis Cutroni, cum facultate vendendi aut locandi pascua et fructus ex dicto feudo provenientibus.” Fonti Aragonesi I,  p. XIX e 18. Falanga M., Il Manoscritto da Como Fonte Sconosciuta per la Storia della Calabria dal 1437 al 1710, in Rivista Storica Calabrese n. 1-2, 1993, p. 241.

[lv] L’autore attribuisce a Luca Giovanni “De Muro”, marito di Enrichetta Mazza, la concessione dei feudi di “Stilitano e Clima” da parte di re Alfonso de Aragona:  “Luca Giovanni juniore che con Errichetta Mazza de’ baroni di Belcastro nel 1456 generò Pippa, Carlo Francesco, Guglielmo, Albinia, ed Antonio.” “Fu camerire del re Alfonso I d’Aragona, il quale con privilegio spedito da castel nuovo lo dichiarò barone de’ Cotronei, di Simmari, e di alcune terre nominate Stilitano e Clima poste nel Vallo di Crate.” De Rosis L., Cenno Storico della Città di Rossano e delle sue Nobili Famiglie, Napoli 1838, pp. 389-390 e nota 6.

[lvi] Fonti Aragonesi V, pp. 53-55.

[lvii] D’Amato V., Memorie Historiche dell’Illustrissima, Famosissima, e Fedelissima Città di Catanzaro, Napoli 1670, pp. 256-257.

[lviii] “Maestro Gerardo de Cumis, professore di dritto canonico nello Studio di Napoli” (1270). Minieri Riccio C., Alcuni fatti riguardanti Carlo I di Angiò tratti dall’Archivio Angioino di Napoli, 1874, p. 100.

[lix] D’Amato V., Memorie Historiche dell’Illustrissima, Famosissima, e Fedelissima Città di Catanzaro, Napoli 1670, p. 179.

[lx] ASN, Regia Camera della Sommaria, Segreteria, Inventario (1529-1530).

[lxi] “Tomase Decumis, suffeudatario del conte di Belcastro.” ASN, Regia Camera della Sommaria, Segreteria, Inventario. Sisca D., Petilia Policastro, 1964 rist. 1996, p. 118, che cita: Licterarium Partium 24 a. 1482 n. 32 fol. 151.

[lxii] ASN, Regia Camera della Sommaria, Segreteria, Inventario (1489).

[lxiii] “Item una cessione di Jacovo de Corduba a Not.ro bartholo pitera delle robbe de tomascino de cumis dello feudo de Crima in carta de Coiro l’anno 1495.” ASCZ, Fondo Diplomatico, Pergamena n. 80.

[lxiv] Pellicano Castagna M., Storia dei feudi e dei titoli nobiliari della Calabria II, 1996, p. 129.

[lxv] ASN, Regia Camera della Sommaria, Segreteria Partium, busta 99 f. s.n. Sisca D., Petilia Policastro, 1964 rist. 1996, pp. 123-124, che cita: Licterarum Parcium 23 anno 1518 f. 31.

[lxvi] ASN, Regia Camera della Sommaria, Segreteria, Inventario. Sisca D., Petilia Policastro, 1964 rist. 1996, p. 123. Pellicano Castagna M., Storia dei Feudi e dei Titoli Nobiliari della Calabria II, 1996, p. 129.

[lxvii] ASCZ, Fondo Diplomatico, Pergamena n. 27.

[lxviii] ASCZ, Fondo Diplomatico, Pergamena n. 37. ASN, Regia Camera della Sommaria, Segreteria, Inventario.

[lxix] “Magnifico Luca Antonio Pitera, nepote del quondam Bartolo Pitera di Catanzaro, tassato in ducati 8.1.4 per lo feudo de Crima, fu di Tomasino de Cunis (sic).” 1545. ASN, Regia Camera della Sommaria, Segreteria, Inventario.

[lxx] “Luca Antonio Pitera de Catanzaro, possessore di certi territorij seu escadentie et grancia del feudo di Crimia in territorio di Belcastro.” 1565-1569. ASN, Regia Camera della Sommaria, Segreteria, Inventario.

[lxxi] ASN, Relevi ed Informazioni, Volume 377, fol. 479 r (1553). Mazzoleni J. Fonti per la Storia della Calabria nel Viceregno (1503-1734) Esistenti nell’Archivio di Stato di Napoli, p. 197.

[lxxii] Pellicano Castagna M., Storia dei Feudi e dei Titoli Nobiliari della Calabria II, 1996, p. 130.

[lxxiii] ASN, Relevi ed Informazioni, Volume 382, fascicolo 1 (1568); Volume 349, fascicolo 24 (1569) e Volume 349, fascicolo 7 (sec. XVI). Mazzoleni J. Fonti per la Storia della Calabria nel Viceregno (1503-1734) esistenti nell’Archivio di Stato di Napoli, p. 197.

[lxxiv] Pellicano Castagna M., Storia dei Feudi e dei Titoli Nobiliari della Calabria II, 1996, p. 130.

[lxxv] ASN, Relevi ed Informazioni, Volume 350, fascicolo 19 (1573); Volume 382, fascicolo 1 (1672). Mazzoleni J. Fonti per la Storia della Calabria nel Viceregno (1503-1734) Esistenti nell’Archivio di Stato di Napoli, pp. 197-198.

[lxxvi] “Magnifica Camilla Pitera, herede del quondam Giovanni Geronimo Pitera, patrone del feudo nominato Crima, per l’immunità de pagamenti et della castellania et palagio in virtù di concessione dell’illustre principessa di Francavilla.” 1586-1587. “Magnifici Giulio Ferraro et Camilla Pitara, coniugi della città di Catanzaro, possessori del feudo di Crima in territorio di Belcastro con peso d’adoha alla Regia Corte; immunità di gabelle.” 1593. “Giulio Ferraro et Camilla Pitera coniugi di Catanzaro padroni del feudo di Crima, immunità di gabella per li frutti di quello et per l’erbaggi.” 1614-1615. ASN, Regia Camera della Sommaria, Segreteria, Inventario.

[lxxvii] “Particulari di Belcastro, per il pascere nelli feudi di Crima et altri.” 1604. “La detta magnifica et Giulio Ferraro suo marito, diffida per il pascere in detto feudo d’alcuni particulari; s’ordinò che durante la parola da farsi non si possa in quello pascere.” 1610 ASN, Regia Camera della Sommaria, Segreteria, Inventario.

[lxxviii] “Giulio Ferrari et camilla Pitera coniugi, possesori del feudo nobile di crima sito in territorio di Policastro (sic) con l’esattione nel mese di gennaio la terza parte dell’erbaggio volgarmente detta la starzatura et con l’esattione di carlini 15 (sic) per ogni animale grosso et carlino uno per animale piccolo.” “Particolari di Belcastro, per poter pascolare nel feudo di Croma (sic) con li loro bovi aratorii, quattro bacche et una giomenta impastorata con dare la sterzatura al possessore di detto feudo.” 1603-1604. ASN, Regia Camera della Somm., Segreteria.

[lxxix] Pellicano Castagna M., Storia dei Feudi e dei Titoli Nobiliari della Calabria II, 1996, pp. 130-131.

[lxxx] Il 28 di maggio 1594, il procuratore della Mensa arcivescovile, assieme al vicario foraneo di Mesoraca e altri ecclesiastici, mentre percorrevano la via del ritorno verso Mesoraca, con gli agnelli che avevano riscosso come decima della mandra nel corso di Brocuso, sono aggrediti dai pastori “in loco ubi dicitur lo Vallo di Cicco di Aiello” o “l’umbro di Cicco de Ayello”, che li picchiano, li feriscono e li privano degli agnelli. AASS, 007A, ff. 72-93v.

[lxxxi] “Magnifica Camilla Pitera, figlia di Luc’Antonio, posseditrice del feudo di Crima in territorio di Belcastro, tassata in ducati 8.2.4 (sic) con molte gabelle nominate l’arangi, ruoturo, pavungelio, landala, livolo d’Ayello et brocuso quali gabelle sono scadentie di detto feudo et pagamento fatto del relevio ad 22 di luglio 1573 et immunità de pagamenti fiscali et di gabelle per le dette intrate feudali.” 1610. ASN, Regia Camera della Sommaria, Segreteria, Inventario.

[lxxxii] “Gioseppe Ferraro di Catanzaro, possessore del feudo nominato Crima sito in Belcastro, con altri membri feudali chiamati le gabelle di Brocuso, Untaro, l’Arangi et altri.” 1615-1617. “Gioseppe Ferraro di Catanzaro, possessore del feudo di Crima sito in Bel Castro et Mesuraca, con peso d’adoha alla Regia Corte.” 1616-1617. ASN, Regia Camera della Sommaria, Segreteria, Inventario.

[lxxxiii] Il “Tenim.tum seu herbagium” detto “lo brochuso” sito e posto nelle pertinenze della terra di Mesoraca, “iuxta territorium belcastri iuxta territorium turris tacine iuxta flumen tacine iuxta flumen Avergari et alios confines.” 1444. ACA, Cancillería, Reg. 2906, ff. 134r-v. La “continenciam una terrarum” detta “de Carnelevare”, sita e posta in territorio o tenimento di “Tachine juxta terras illorum de micaelis et juxta terras heredum Nicolay staipari et terras Cicci de agello et flumine Tachine et alios quamplures confines”. ACA, Cancillería, Reg. 2907, ff. 22r-v. “Item due molina e t(er)re circum circa burg.ce site dove si dice la rangia dentro detto terr.o di Mesuraca iuxta lo fiume de burgari, e le terre de Fran.co de Giglio e la via publica.” 1581. AASS, 007A, f. 44v. “Item le terre che foro de Cola Arnone de moya … site dentro il p(redic)to territorio de Mesuraca e proprio dove si dice alli andali alias a brocuso iuxta le terre del m.co Jo: Th(omas)o de Chiaro, le terre deli Cropanisi, et altri confini.” 1581. AASS, 007A f. 45. “Bartolo Campanaro p(er) uno pezzo di Terra di tt.a sei alla volta di Paoncello, iuxta le terre della Corte paga grana tridici.” 1603. AASS, 124 B f. 6.

[lxxxiv] Nella confinazione del tenimento “nominato de terrati alias vocato de macuda” appartenente al monastero di Sant’Angelo de Frigillo, troviamo: “… ab oriente via pp.ca qua itur catanzarium et vallonum brucisii (sic), iux.a viam qua itur ad terram castellorum et iux.a t(er)ras dictas termino grosso et alios fines …”. 22 gennaio 1445. ACA, Cancillería, Reg. 2906, ff. 141v-142r.

[lxxxv] Brocuso o “Vrucuso” (AASS, 041A, ff. 65v-66): luogo caratterizato dalla presenza di piante di “vruca” o Tamerice (Tamerix gallica).

[lxxxvi] ACA, Cancillería, Reg. 2906, ff. 134r-v.

[lxxxvii] Fonti Aragonesi II, pp. 122-125 e 138-139.

[lxxxviii] “Thomas de Diano” (1548). ASN, Relevi ed Informazioni, Volume 348, fascicolo 14. Mazzoleni J. Fonti per la Storia della Calabria nel Viceregno (1503-1734) Esistenti nell’Archivio di Stato di Napoli, p. 186. “Ioanni Tomase de Diano di Belcastro, possessore di un territorio feudale in tenimento di Belcastro, dove se dice Grecuso (sic, ma Brocuso), iusto il feudo di Crima, con il peso d’adoho al conte di detta città” 1552-1555. “Magnifico Ioanni Tomase de Diano de Belcastro, per signoria (sic) de relevio per morte Matteo suo padre per lo feudo di Crina (sic).” 1555. ASN, Reg. Camera della Somm., Segreteria, Inventario.

[lxxxix] Pellicano Castagna M., Storia dei Feudi e dei Titoli Nobiliari della Calabria II, 1996, p. 131.

[xc] 1669. “Gioseppe Ferraro per la tassa di d. 8.1.4 per lo feudo di Clime in tenimento di Belcastro, e Mesuraca ut supra, deve di adoho per anno d. 11.2.8 5/6, Assignati alla Regia Corte d. -, Assignati a Consignatarij d. 11.2.8 5/6.” Nova Situatione De Pagamenti Fiscali de carlini 42 a foco delle Provincie del Regno di Napoli, & Adohi de Baroni, e Feudatarij, Napoli 1670, p. 328. In qualità di feudatario di Clima, Francesco Ferrari risulta in ASN, Relelevi ed Informazioni, Volume 384, fascicolo 19” (1679). Mazzoleni J. Fonti per la Storia della Calabria nel Viceregno (1503-1734) esistenti nell’Archivio di Stato di Napoli, p. 197.

[xci] ASN, Relelevi ed Informazioni, Vol. 363, fascicolo 5. Mazzoleni J. Fonti per la Storia della Calabria nel Viceregno (1503-1734) Esistenti nell’Archivio di Stato di Napoli, p. 197 (è riportato erroneamente l’anno 1573).

[xcii] Pellicano Castagna M., Storia dei Feudi e dei Titoli Nobiliari della Calabria II, 1996, p. 131. 1701. Crima. Feudatario: Ignazio Ferraro. ASN, Refute dei R. Quinternioni, Volume 210, f. 1. Mazzoleni J., Fonti per la Storia della Calabria nel Viceregno (1503-1734) esistenti nell’Archivio di Stato di Napoli, p. 254.

[xciii] Pellicano Castagna M., Storia dei Feudi e dei Titoli Nobiliari della Calabria II, 1996, p. 131.

[xciv] “S: Jania. É una Gabella di tumulate trecento sessantotto. Il terreno è aratorio, o sia atto a semina. Confina da Tramontana con D. Giacchino Ferrari di Catanzaro. Da Ponente il Feudo d.o Crima …”. ASCZ, Notaio L. Larussa, Busta 1912, prot. 12.382 ff. 218-262.

[xcv] ASCZ, Notaio L. Larussa, Busta 1912, prot. 12.382 ff. 218-262.

[xcvi] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta 6328, f. 545.

[xcvii] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta 6328, f. 471.

[xcviii] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta 6328, f. 481v. Nel 1650 il monastero possedeva “Nel territorio di Crima due pezzi di terreni di tumula vinti per ciaschedun pezzo li quali fatti il computo da sei anni in qua rendono per ciaschedun anno scuti di camera dudici”. ASV, Relatione del Con.to di San Dom.co di Belcastro, S. C. Stat. Regul., Relations, 25, ff. 751 -755.

[xcix] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta 6328, f. 440.

[c] “Item l’altra gabella incomincia dal termine del Feudo di Crima del q.m Fran.co Ferraro di Catanzaro hoggi possessa dalli heredi, dove le Cerse, e per diritto va a ferire ad un pezzo di terra della Chiesa di S. Pietro, alla trazza e la trazza trazza del feudo di Crima và à ferire allo termine del q.m Gio: Fran.co Gargano possesso ut supra, e lo termine abascio va aferire allo termine delle terre di Crima dove si è incominciato”. 1673. AASS, 015B, f. 48.

[ci] ASN, Regia Camera della Sommaria, Patrimonio Catasti Onciari, busta 6328, f. 527.

[cii] Pellicano Castagna M., Storia dei Feudi e dei Titoli Nobiliari della Calabria II, 1996, p. 132.

 


Creato il 23 Ottobre 2019. Ultima modifica: 23 Gennaio 2022.

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