Maestri di musica e discepoli nel Crotonese (sec. XVI-XVIII)

Strongoli (KR), suonatore di fisarmonica in un momento di pausa durante la festa.

In quanto “attività strettamente correlata ai bisogni dell’esistenza”,[i] legata alla esigenza espressiva dell’uomo ed alla sua socialità, la musica ha accompagnato la vita delle popolazioni fin dall’antichità e, per quanto riguarda questa dimensione privata, al pari di altre arti, è stata tramandata localmente dalla tradizione popolare.

Per quanto riguarda invece, il ruolo della musica nella dimensione pubblica, il consolidamento in età medievale, di un clero che stabilì e fissò, sempre più rigidamente, i canoni del culto religioso, favorì, all’interno della propria struttura sociale, la selezione di una musica funzionale a tale scopo, in quanto strumento utile a regolare ed ordinare la vita del singolo nella comunità.

 

Una liturgia medievale

Fin dal Medioevo, il “vasto repertorio vocale gregoriano, perlopiù anonimo”, rappresentò un elemento fondamentale della liturgia, ovvero, come affermano alcuni, andò a costituire la “liturgia stessa”,[ii] intendendo con questo termine l’insieme delle preghiere e dei riti che, a quel tempo, appartenevano al culto della religione cristiana.

La centralità di tale aspetto e la sua importanza nella struttura sociale delle comunità monastiche medievali, ci è segnalata dalla presenza del “cantore” tra le dignità che costituivano il capitolo cattedrale, figura principale alla quale, in origine, possiamo ricondurre il governo e la trasmissione del sapere musicale fissato nel canto, all’interno della comunità ecclesiastica stessa.

Nel territorio crotonese, di antica tradizione bizantina, l’introduzione del canto gregoriano nella celebrazione liturgica, può essere ricondotta ad un periodo successivo alla conquista normanna (metà del sec. XI), quando il passaggio al rito latino degli antichi monasteri greci, oltre all’assoggettamento economico e politico, impose loro anche un rapido adeguamento ai nuovi modelli sociali della chiesa occidentale, a cominciare dall’adozione del canto gregoriano nell’ambito liturgico che prevedeva solo l’uso della lingua latina.

Non stupisce quindi, ad esempio che, tra i beni dati in permuta dal monastero di “Sancti Ioannis de Flore” a quello greco di “Calabromariae”, elencati in un atto dell’ottobre 1216, subito dopo che quest’ultimo era passato al rito latino ed all’obbedienza dell’ordine florense, risultino messi in evidenza i libri liturgici destinati al coro dell’antica comunità monastica, incardinata nella nuova regola: “Missale, Evangelistarum, Epistolarum, Gradale collectaneum, Breviaria duo, Dominicale unum et unum de via, Antifonarium in duo volumina, Hynnarium, Volumen quatuor Evangelistarum, Epiostolae Sancti Pauli glosatae, Actus Apostolorum, Volumen exceptionis moralium, Psalteria duo et Passionale de lictera longobarda”.[iii]

Il clero che canta il divinum officium in una miniatura (da traditionundglauben.com).

 

Tutti in coro

Oltre a rappresentare uno strumento regolatore ad uso interno della comunità ecclesiastica, il canto gregoriano ebbe anche una importante valenza all’esterno di essa, nei confronti della popolazione urbana o rurale subalterna.

Accanto a quello che accompagnava la messa, il canto prorompente dalle chiese durante la liturgia delle ore, infatti, fu lo strumento attraverso cui (assieme alla campana), i monaci e i clerici potevano raggiungere la popolazione del luogo nelle proprie case raccolte attorno alle chiese, vere e proprie casse armoniche che, amplificandola, davano più forza e vigore alla voce della comunità ecclesiastica, scandendo così il tempo durante l’arco della giornata, in maniera da ribadire il suo ruolo guida di classe dominante.

In relazione a tale particolare funzione, volendo perseguire questo obiettivo, durante la sua visita ai luoghi pii di Santa Severina, iniziata il 15 maggio 1559, il cantore della chiesa di Mileto Giovanni Tommaso Cerasia, vicario generale dell’arcivescovo Giovanni Battista Ursino, raccomandò e prescrisse a tutti gli ecclesiastici della cattedrale che, evidentemente, sonnecchiavano, di cantare ogni giorno l’ufficio della prima ora nel coro, con “alta et intelligibili voce ad modum lectionis Martirologium”.

A quel tempo, la trascuratezza del clero locale a riguardo di questo aspetto, era evidenziata anche dallo stato del coro della cattedrale, che il vicario trovò “in aliquibus locis dirutum”, ordinando subito di provvedere ai rifacimenti necessari, e disponendo di riorganizzare la sua struttura affinchè, in luogo del “discolum magnum” e del “chorum parvum seu discolum” nel quale si cantavano “lechtiones et epistole”, fossero realizzati due cori piccoli, in maniera che potessero essere cantati i salmi secondo le consuetudini di Santa Romana Chiesa.

Sempre da notizie della seconda metà del Cinquecento, sappiamo che la “cappella” della cattedrale accompagnava le funzioni con la musica “in canto figurato”[iv] nelle festività ed in occasione delle principali ricorrenze, cantando ordinariamente “a due chori” e nelle solennità maggiori “a quattro”, ai quali non erano ammessi laici “né a sonare, né a cantare”, in quanto la maggior parte del clero di Santa Severina era “di questa professione molto bene intendente”.[v]

Isola di Capo Rizzuto (KR). Particolare degli stalli del coro della ex cattedrale.

 

I libri

Come era consuetudine, anche nella cattedrale di Santa Severina, i libri necessari ad eseguire i canti liturgici erano riposti all’interno del “discolum magnum in choro” dove, alla metà del Cinquecento, risultavano: due “gradualia” uno in pergamena e l’altro simile “dominicale et aliud sanctorum”, due “antifonarios in carta regale unum dominicale et aliud sanctorum”, un altro antifonario piccolo in pergamena “dominicale et sanctorum”, due “psalteria” di carta, due “breviaria”, un “martirologium”, due “missalia” di carta, tre “missalia” in pergamena, un “breviarium” in pergamena, quattro “psalmisti” in pergamena, un altro “psalterium” in pergamena e tre “breviaria” in pergamena vecchissimi.

I “missalia” in pergamena, oppure in carta “banbacina”, alcune volte definiti grandi, altre volte vecchi, oppure antichi, compaiono ricorrentemente anche nell’inventario nei numerosi altari della cattedrale dove, in alcuni casi, risulta anche il “manuale” in pergamena oppure a stampa.

In questo periodo, questi libri si ritrovano anche nelle altre chiese della città, dove, a volte, risultano inventariati il “graduale” o l’“antifonarum”, ma anche, il più semplice “quaternum” di canti per la messa e similmente, in quelle di tutta la provincia ecclesiastica.

Lo riscontriamo a Policastro dove, nella “capp.la mag.a” della chiesa matrice di San Nicola della Piazza, esisteva un “chorum” con “aliquibus scannis”, privo però del “discolum” dove poter riporre i “libri” per i canti, per cui fu ordinato che si realizzasse un “discolum ut honorificae possunt Cantari divinia off.a”. A quel tempo nella chiesa si conservavano un “antifonarium pergamilis parvum”, un “bactisterium pergamilis”, un “graduali” ed un “antifonarium festivum”.

Anche la “Matrem ecc.am parrocchialem sub invocatione S.ti Nic.ai delo Casale” di Mesoraca evidenziava una situazione simile. Qui, infatti, esistevano solo alcuni scanni per sedersi disposti “ad modum chori” e nella chiesa si conservavano un “graduale in pergamino veterrimum” ed un “antifonarium”, per cui fu ordinato di acquistare un graduale, due “missalia in carta” ed uno “in Coiro”.

Un “discolum veterrimum” costituito da “scanna de pet.a Cum tabulis sup.a”, si trovava invece nella chiesa arcipretale di Cutro dedicata a San Giuliano, mentre, nella chiesa maggiore della terra di Verzino, dedicata a Santa Maria, esisteva un “discolo” nel quale si conservava un graduale festivo e domenicale in carta bambacina.

Anche la cattedrale di Cerenzia denotava questa situazione esigua e trascurata. “In medio dictae ecc.ae”, che “habet duas Alas in modo antiquo”, esisteva un “chorum ligneo”, ma “in disculo” non vi erano libri. Essa possedeva solo un “missale” ed un “graduale”, mentre decisamente migliore era la situazione della cattedrale di Umbriatico, che possedeva quattro “missali”, di cui due “magnos”, un “pontificale”, due “gradualia” e un “Antiphonario” festivo e domenicale.[vi]

Di tutto rispetto risultava invece in questo periodo (1571), la dotazione del monastero di San Giovanni in Fiore, che conservava ancora antichi volumi manoscritti appartenuti al coro dell’antica abbazia florense.

Da un inventario compilato al tempo dell’arcivescovo di Santa Severina Giulio Antonio Santoro, apprendiamo che, oltre ai numerosi “libri” antichi “in carta pergamena” conservati nel monastero, si trovavano anche dei “libri Ecl(esiati)ci choristi”: “uno graduale grande stampato Curiale seu modum romane Curie”, “un missale de l’ordine”, “unaltro missale piccolo gallicanum jux.a usum ecl(esi)e cosentine”, “uno graduale vecchio de’ lordine”, “un libro di evangelio [ve]cchio”, “uno libro dep(isto)le di san paulo vecchio”, “uno [gradu]ale vecchio s(ecun)do l’ordine”, “uno collectario scritto a mano in carta pergamena”, “unaltro collectario vecchio scritto a mano de pergamili”, “uno martirilogio Innavo vecchio” e “processionale uno vecchio senza principio et fine”.[vii]

Fogli di canto gregoriano in pergamena appartenenti ad un libro liturgico medievale della cattedrale di Crotone, caratterizzati dall’uso del tetragramma (rigo musicale a quattro linee) e da segni grafici (neumi) di una, due, tre o più note. ASN, Dip. Della Sommaria Fs. 315, Mensa Vescovile di Crotone 1572-73.

Pagine in pergamena di libri di canto gregoriano utilizzati come coperte dei protocolli del notaro Gio. Francesco Biondi di Mesoraca (Archivio di Stato di Catanzaro).

 

Una musica profana

Rispetto al canto gregoriano, creato espressamente in relazione alla liturgia, più scarsa è la documentazione che ci fornisce informazioni circa l’esercizio dell’arte musicale in ambiti diversi dal contesto sacro. Determina ciò la natura dei documenti in nostro possesso, in larga parte provenienti dall’ambito ecclesiastico, mentre anche i protocolli notarili escludono molto circa la sfera privata della persona, dove la musica doveva continuare ad avere quel ruolo importante che, da sempre, accompagna la vita dell’uomo. In particolare nell’ambito pastorale dove, ancora oggi, si concentra quel che resta della tradizione musicale calabrese, accanto all’uso degli antichi strumenti (pipita, tamburo, zampogna, lira, ecc.).

Non sembra quindi casuale che uno dei pochi documenti di cui disponiamo che c’illustra questa realtà, provenga dall’area dei “Casali di Cosenza”, dove la principale attività della popolazione era la pastorizia, che i casalesi cosentini praticavano nel loro andirivieni stagionale, tra l’altipiano silano e le pianure del Crotonese.

Suonatori ambulanti per le strade di Lungro (CS).

Flauti. Museo Calabrese di Etnografia e Folklore Raffaele Corso di Palmi (RC).

 

L’apprendistato di Filippo Sisca

Il 3 aprile 1537 in Cosenza, davanti giudice a contratto Marco de Tuchio, al notaro Napoli de Machia e ad alcuni testi, si costituivano il maestro (“mastro”) Jacobo Rispoldi di Cosenza da una parte, e Filippo Sisca “de fillino” dall’altra.

Quest’ultimo, impegnandosi per tre anni, a partire dal giorno successivo alla stipula del presente contratto, “se acconcza per descipulo” con il predetto maestro Jacobo, promettendo di servirlo “bonamente, lealmente et fidelmente in tucti servitii”, convenienti e spettanti a detto Filippo, e stabilendo che, durante questi tre anni, “non se possa insurare senza licentia” del detto maestro, di suo fratello Francesco e del suo “compagno” Berardino Tosto, con la promessa che “non se habea da partire per dicto tempo”, rimanendo soggetto, in caso contrario, al pagamento di “tucti i danni spise et interesse”.

Dalla sua parte, il maestro prometteva di “imparare lo p.to Filippo tanto de sonare lo bucta foco tamburro et frauto tanto de Cano como de tenore Como anco de ballare et donarli tucte bascie balli et adancze sincomo se convene da m.ro ad desciputo”, ed al fine dei tre anni “Cacchiarelo m.ro che possa tenire scola et imparare descipuli Como convene alli m.ri de dicta arte”.

Il contratto prevedeva che, durante i primi due anni, quando il futuro discepolo si sarebbe dovuto dedicare solo ad apprendere l’arte necessaria al suo futuro mestiere, il detto maestro si sarebbe impegnato nei suoi confronti a “dareli de magnare et calczare deli pedi et fareli Camise”, mentre, al terzo anno, una volta iniziato a suonare, avrebbe provveduto a “donareli la tercza parte de quello guadagneranno con dicta arte”, ma sia tenuto detto Filippo, “faresi le spise”.

Durante quest’ultimo anno, egli avrebbe dovuto servire il suo maestro, “et andare ad sonare in omne parte che lo mandera”, “tanto sulo Come accompagnato”, mentre, alla fine dei tre anni di contratto, dovendo egli ormai comparire convenientemente in pubblico in maniera indipendente, il maestro s’impegnava nei suoi confronti, a “fareli una Cappa” del valore massimo di venti Carlini ed “uno paro de Calczi”,[viii] gli elementi di vestiario che attestavano il raggiungimento del suo nuovo status.

Cattedrale di Matera. La statuina del pastore che suona la zampogna nel presepe di Altobello Persio e Sannazzaro di Alessano (1534).

Zampogna. Museo Calabrese di Etnografia e Folklore Raffaele Corso di Palmi (RC).

 

Gli strumenti della festa

Questo contratto, oltre ad informarci circa le condizioni e gli usi che regolavano il rapporto tra maestro e discepolo durante la prima metà del Cinquecento, ci permette di fare luce anche su altri aspetti relativi all’esercizio dell’arte musicale durante le feste in questo periodo.

In primo luogo ci riferisce esplicitamente che quanti suonavano per mestiere in occasione delle ricorrenze, erano organizzati in un gruppo con regole e gerarchie precise, in cui era possibile tanto apprendere canti e balli che si svolgevano in queste occasioni, tanto imparare a suonare tutti gli strumenti che li accompagnavano: il flauto, il buttafuoco e, in particolare, il “tamburro”, suonato usualmente da gruppi di “tamborinari” o “Tumbarinari” che, accompagnati dal suono del “bifaro” (flauto bicalamo)[ix] e facendo a gara tra di loro, percuotevano di continuo i loro “tamburri” o “Tamburre”, come risulta ben documentato durante la seconda metà del Settecento, in occasione della festa di Sant’Anna presso Crotone, da un documento dove, annualmente, per il periodo di un quarantennio, risultano annotati i denari pagati (“Rigalati”) ai suonatori.[x]

Ritroviamo insieme questi strumenti anche in una famosa rappresentazione coeva al nostro documento, esistente nella cattedrale di Matera, dove tutti e tre sono utilizzati da due musici raffigurati vicino alla natività del presepe c.d. di Altobello Persio e Sannazzaro di Alessano (1534).

In questa antica rappresentazione che, in relazione al suo contesto, possiamo considerare a tutti gli effetti illustrativa di una scena reale di questo periodo, si vede uno di questi musici che, mentre suona con la sinistra un lungo flauto ad una mano, con la destra tiene l’archetto del suo buttafuoco: una cetra rettangolare a quattro corde, assicurata alla sua spalla sinistra attraverso una cinghia.

Cattedrale di Matera. Le statuine dei musici nel presepe di Altobello Persio e Sannazzaro di Alessano (1534).

Considerata l’analogia con la situazione illustrata dal nostro documento, possiamo ritenere che questi tre strumenti, possano essere considerati una combinazione consolidata per eseguire le melodie previste in questi casi, sembrando escludere altri strumenti cordofoni, la cui presenza, come quella della “chitarra”, è documentata, a volte, nell’ambito domestico.[xi]

Mandolino e chitarra. Museo Calabrese di Etnografia e Folklore Raffaele Corso di Palmi (RC).

Lira da gamba. Museo Calabrese di Etnografia e Folklore Raffaele Corso di Palmi (RC).

Lira da braccio. Museo Calabrese di Etnografia e Folklore Raffaele Corso di Palmi (RC).

Dubrovnik (Croazia), putto che suona una lira da braccio.

 

L’insegnante tedesco

Occasioni di guadagno migliori per i professionisti della musica più raffinati, rispetto a quelli cui potevano aspirare i loro colleghi di strada, si presentarono nella seconda metà del Cinquecento, a seguito delle disposizioni del Concilio di Trento (1545-1563) che, in ogni diocesi, raccomandò l’erezione del seminario: istituzione dove era previsto anche l’insegnamento della musica e del canto gregoriano[xii] che, ad esempio, troviamo eretto a Isola già nel 1566.[xiii]

Anche ad Umbriatico il seminario trovò un precoce avvio, e pur essendo questo un luogo remoto e disagiato, cominciò lo stesso ad attirare l’attenzione di quanti, anche venuti da molto lontano, percorrevano il regno alla ricerca di un impiego remunerativo come insegnanti.

È il caso di Herasmo Gritti, “genere germanus musicae doctor”, ovvero “musicae Artis doctor”, che, avendo assunto nel corso del 1572, su mandato del vescovo di Umbriatico, l’incarico “in erudiendis levilis musicam artem in venerabili seminario civi.tis Un.ci”, il 2 gennaio dell’anno successivo, ricevette dalle mani del R.do D. Antonino Galeoto, vicario generale, il pagamento finale di 4 ducati, quale residuo di maggior somma, relativamente al suo salario d’insegnante.[xiv]

Un incarico che gli portò anche altri frutti. Lo ritroviamo, infatti, il 15 agosto 1574 in Cirò, davanti al notaro Baldo Consulo, per stipulare un contratto con alcuni ecclesiastici, esponenti delle principali famiglie del luogo: il R.do D. Didaco Trugillo, D. Alfonso Coriala, D. Marc’Antonio Morello, il diacono Marcello Ferrari, il diacono Fran.co Schito, il clerico Stefano Coluto, il clerico Pompeo de Franza, il clerico Camillo Casopero per il R.do D. Nicolao Casopero suo padre, D. Alfonso Bisantio per il clerico Fabio Bisantio, e messer Scipio de Ferrari.

In questa occasione, il dottore tedesco prometteva d’insegnare loro l’arte della musica per lo spazio di un anno continuo, durante il corso del 1574 e del 1575, iniziando dal giorno successivo alla stipula del presente contratto, mentre gli ecclesiastici cirotani gli riconoscevano un salario (“mercede”) di ducati 4 e carlini 5 per ciascuno di loro da pagare in tre terze. Facevano eccezione il detto clerico Fabio il detto clerico Camillo ed il detto D. Alfonso che, invece, avrebbero dovuto pagare ducati 2 e mezzo.[xv]

 

L’organo

Anche se l’organo a canne è uno strumento antico, utilizzato già durante il Medioevo, la sua presenza nelle chiese del Crotonese risulta documentato soltanto nella seconda metà del Cinquecento, dopo il Concilio di Trento.

Così riscontriamo a Cerenzìa dove, in occasione della sua visita iniziata il 13 gennaio 1560, il vicario dell’arcivescovo di Santa Severina trovò la cattedrale priva di organo, e considerato che era prescritto “laudate eum in cordis et organo”, dispose che ne fosse dotata.[xvi]

Durante la prima metà del secolo seguente, però, l’antica cattedrale risultava ancora sprovvista dell’importante strumento,[xvii] mentre sappiamo che, successivamente, agli inizi del vescovato di Geronimo Barzellino (1664-1688), questi fornì di un nuovo organo, l’altra cattedrale esistente nella sua diocesi, quella di Cariati.[xviii]

Anche nella cattedrale di Santa Severina sembra non esistesse un vero e proprio organo, prima che provvedesse l’arcivescovo Giulio Antonio Santoro, detto “il Cardinale di Santa Severina” (1566-1573).[xix] Questo “organo grande”,[xx] “quale si sente alle volte accompagnato da altri instrumenti di musica”,[xxi] fu rifatto, “pro decentiori servitio Dei”, spendendo 65 ducati, dal crotonese Mutio Suriano (1674-1679), il quale lo trovò ormai in abbandono, “non pulsatum”, e mancante della maggior parte delle sue canne di piombo. Lo stesso arcivescovo assegnò un “salario” ad un “Organistam” che esercitava anche la funzione di “Magistri Cappellae, et Seminarii”.[xxii] Lo strumento era posto nella “nave grande” di fronte al pulpito,[xxiii] ed è ancora ricordato all’inizio dell’arcivescovato di Antonio Ganini (1763-1795).[xxiv]

Petilia Policastro (KR), organo della chiesa Matrice. “Quattro son oggi le Chiese Parocchiali. La prima è l’Arcipretale di San Nicolò Maggiore delli Latini (…) e qui vi è un organo delli più nobili della Comarca” (Mannarino F.A., Cronica della Celebre ed Antica Petilia detta oggi Policastro, 1721-1723).

Petilia Policastro (KR), organo della chiesa Matrice. Particolare della tastiera.

Un materiale ricercato

La circostanza relativa alla sottrazione delle canne dell’organo della cattedrale di Santa Severina, riscontrata al tempo dell’arcivescovo Mutio Suriano, trova corrispondenza in altri casi analoghi, che riguardano altre chiese del Crotonese dove, attorno alla metà del Seicento, le canne di diversi organi furono asportate più o meno tacitamente, per fonderle ed ottenere il piombo di cui erano fatte.

Così avvenne ad Isola dove, nel 1644, la cattedrale non aveva più un organo funzionante, perché le sue canne erano state rubate e liquefatte, al fine di ricavarne proiettili per la caccia,[xxv] mentre, secondo la testimonianza di altri, essendo già fuori uso, le sue parti di piombo erano state concesse dal vescovo Antonio Celli (1641-1645) al sindaco della città, in maniera da farne proiettili per proteggere la popolazione, essendo sopraggiunti i Turchi per fare razzia.[xxvi]

Resta il fatto che il vescovo Io Battista Morra (1647-1649) non trovò l’organo,[xxvii] che risulta mancante anche successivamente.[xxviii] Nel 1692, finalmente, come ricorda una lapide marmorea,[xxix] il vescovo Francesco Marino (1682-1716) riuscì a provvedere la cattedrale dell’organo che, successivamente, fu fatto riparare dal vescovo Domenico Votta (1717-1721) perché era stonato (“Organum dissonum).[xxx]

Anche nella cattedrale di Strongoli possiamo rilevare una situazione analoga. Il vescovo Bernardo Piccolo (1627-1636), nonostante che la sua mensa avesse una rendita che non eccedeva i mille ducati e fosse gravata da una pensione di 100 ducati, aveva fornito la cattedrale di un “organum magnificum”.[xxxi]

A causa dell’incuria dei suoi predecessori, però, il vescovo Giovan Battista Carrone (1692-1706) trovò lo strumento che, ormai, non suonava più (“insonum”), mancante di alcune parti (“incompositum”) e da aggiustare, così lo fece rifare a sue spese per riportarlo allo stato originario,[xxxii] affidandolo ad un “Organistam”, pagato da lui stesso, per suonarlo in tutti i giorni festivi, durante le messe conventuali ed i vespri.[xxxiii] Al tempo del vescovo Domenico Marzano (1719-1735) quest’organo fu indorato.[xxxiv]

Le circostanze relative all’indebita sottrazione delle importanti canne di piombo, riguardano anche Umbriatico dove il vescovo Alessandro Filaretto Lucullo (1592-1606), per aumentare il culto divino, aveva arricchito la cattedrale di un nuovo organo, con le immagini dei Santi Pietro e Paolo da una parte, e quelle dei patroni e titolari Sant’Andrea Apostolo e San Donato dall’altra che, nel 1602, era stato collocato nel lato sinistro della chiesa, in un luogo adatto ed eminente.[xxxv]

Quest’organo segnalato nelle relazioni vescovili successive,[xxxvi] si trovava nelle vicinanze del presbiterio, al cospetto del pulpito,[xxxvii] ed il vescovo Vitaliano Marescano (1661-1667) lo trovò “Consumptum” per la vecchiaia,[xxxviii] mentre il vescovo successivo Giovanni Battista Ponzio (1682-1688), riferisce che l’organo non funzionava più perché le canne maggiori erano state rubate.[xxxix]

Domenico Peronacci (1732-1775) fece restaurare l’organo[xl] che, nel 1783, risulta esistente nella navata maggiore, di fronte alla cattedra vescovile.[xli]

Volendo ricercare ragione di tutto ciò, possiamo ipotizzare che la sottrazione delle canne di questi organi, che appare successiva agli eventi disastrosi del terremoto del 1638, possa essere messa in correlazione con i danni causati alle chiese da questo sisma, come testimoniano anche altre notizie, che riferiscono del rifacimento di alcuni di questi strumenti, subito dopo il tragico evento.

La cattedrale di Belcastro ad esempio, all’inizio del vescovato di Francesco di Napoli (1639-1651), mancava di organo[xlii] che, invece, troviamo al tempo del vescovo Tommaso Fabiani (1755-1778), il quale riferisce l’esistenza di organo e “orchestra”,[xliii] sopra la porta maggiore dove, secondo l’antichissimo rito, nei giorni prescritti dal nuovissimo cerimoniale di Benedetto XIV, era suonato da un idoneo organista (“Organarum modulatorem”).[xliv]

Per quanto riguarda invece la cattedrale di Crotone, sappiamo che il vescovo spagnolo Giovanni Pastor (1638-1662), resa agibile la cattedrale dopo il sisma del 1638, usando le rendite della cappella del SS.mo Sacramento, acquistò un organo di decente grandezza e bellezza, che fece collocare nella parte più alta del coro,[xlv] mentre al tempo del vescovo crotonese Giuseppe Capocchiani (1774-1788), fu edificata la cantoria adornata “delle sue armi” ed istallato l’organo che attualmente si trova in cattedrale.[xlvi]

Organo della cattedrale di Crotone, sistemato al tempo del vescovo Giuseppe Capocchiani (1774-1788), la cui arme è riprodotta sul parapetto della cantoria.

 

I discepoli o “scolari” della nobiltà

Durante il Settecento, l’uso di eseguire composizioni musicali più ricercate per meglio solennizzare le funzioni, accompagnate dall’organo e da altri strumenti (violino), accanto alla possibilità d’insegnamento offerta presso le case dei privati più facoltosi che, in alternativa ad una più costosa residenza a Napoli, potevano così prendere lezioni private studiando presso le proprie dimore, attirò verso la città di Crotone, luogo caratterizzato dalla “deficienza” di maestri di musica, l’attenzione di musicisti che frequentavano la vicina città di Cosenza.

Lo documenta un atto stipulato il 18 giugno 1758 in Crotone, tra il Sig. D. Fran.co Bifaro “Professore Mae[stro] di Musica, e Cappella della Città di Napoli”, commorante in quella di Cosenza ed attualmente presente a Crotone, ed un gruppo di nobili della città: il R.mo D. Lelio Maria Montalcini, il Sig. D. Carlo Berlingieri marchese di Valleperrotta, il Sig. D. Carmine Lucifero cavaliere gerosolomitano non professo, il Sig. D. Carlo Sculco, il Sig. D. Raffaele Suriano anche per parte del Sig. D. Giuseppe Antonio Oliverio, il Sig. D. Pietro Barricellis, il Sig. D. Pietro Zurlo ed il Sig. D. Pietro Asturelli.

Il detto maestro, infatti, essendosi “risoluto di venire in p(redic)ta Città ad insegnare la sua Professione di Musica” ad un “certo numero di scolari” crotonesi, aveva trovato l’accordo con alcuni particolari, dai quali aveva preso “l’appaldo” di fare lezione a “dieci Discepoli seu scolari per lo cuorso di tre anni continui”, iniziando dal mese di novembre del presente anno 1758, per terminare nello stesso mese dell’anno 1761.

Tale accordo prevedeva che il detto maestro avrebbe dovuto “insegnare e dare in propria Casa di essi Sud.ti Sig.ri ut sopra Cost(itut)i, la lezzione della sua professione di Musica cossi in Cembalo, che in Canto figurato”, mentre i detti signori non avrebbero potuto esimersi per alcuna ragione, “di mantenere d.o prefissato numero di dieci discepoli e p(er) essi corrispendere e pagare a d.o Sig. Maestro di musica le mesate alla lezzione”, in relazione al “salario, e stipendio” convenuto, che era stato stabilito alla “raggione” di carlini 10 al mese per ciascun discepolo, a meno che qualcuno di loro “non volesse, o non potesse” fare la detta lezione per qualche impedimento.

Si stabiliva ancora che il Sig. Asturelli, considerato che intendeva “fare applicare ad professione di Musica il di lui figlio Cl.o D. Fran.co Astorello che pensa pure doverlo mandare in Napoli per applicarsi alle lettere”, dovesse pagare le mesate solo per il primo anno, alla condizione però, che avrebbe regolarmente pagato anche per gli altri due nel caso non fosse partito.

Crotone, chiesa di Santa Chiara. Organo realizzato da Tommaso de Martino nel 1753, “all’epoca tra i più accreditati organari di Napoli”, su commissione di suor Cecilia Lucifero, la cui arme di famiglia spicca nella cimasa intagliata, mentre altri riferimenti alla sua persona si ritrovano nelle decorazioni dipinte sugli sportelli, che raffigurano Santa Chiara e Santa Cecilia. Si ricorda che l’organo fu consolidato nel 1767. “… sopra la tastiera: «Proprys sumptibus reverendae / matris, / sororis Ceciliae Lucifero»; sulla porticina della secreta: «Nicolaus (…) consolidavit 1767» …”. Ceraudo G. (a cura di), Capolavori di Arte Organaria Restaurati in Calabria, Ed. Rubbettino 1995, pp. 42-45.

 

Il maestro di cappella

Contestualmente alla stipula dell’atto che affidava i discepoli della nobiltà crotonese agl’insegnamenti del maestro Fran.co Bifaro, quest’ultimo ottenne anche un altro importante incarico, diventando il maestro di cappella della cattedrale di Crotone.

Quello stesso giorno, infatti, a questo scopo, nel “Palazzo vescovile” di Crotone, davanti al notaro e con l’intervento dell’Ill.mo e R.mo D. Mariano Amato, vescovo della città (1757-1765), si costituivano gli amministratori di alcuni enti eclesiastici della cattedrale: il Sig.r D. Alfonso del Castillo primicerio del capitolo, il canonico Sig.r D. Muzio del Castillo, tanto come procuratore del capitolo che in qualità di rettore e procuratore dell’arciconfraternita del SS.mo Sacramento, il canonico Sig.r D. Alessandro Albani, tanto come rettore e procuratore della cappella della Beata Vergine sotto il titolo del Capo delle Colonne, che in qualità di secondo consultore del pio monte dei Morti delle Anime del Purgatorio, ed il canonico Sig.r D. Michele Messina, come rettore e primo consultore del detto monte. Con loro, si costituiva anche il Sig.r D. Dionisio Venturi di Napoli, patrizio della città di Crotone e odierno procuratore della cappella e confraternita del SS.mo Rosario esistente nella cattedrale.

Dall’altra parte parte, si costituiva il Sig.r D. Fran.co Bifaro “Professore Maestro di Musica, e Cappella della Città di Napoli”, presente nella città di Crotone, avendo deciso di trasferire qui il suo domicilio dal prossimo mese di novembre, in relazione al fatto di aver concluso un “apaldo” con alcuni particolari di Crotone per “insegnare e dare a p(redic)ti lezzione di musica”.

In ragione di ciò, con l’approvazione ed il consenso del vescovo Amato, e poiché per “la deficienza in p(redic)ta Città di maestri di musica”, la cattedrale si trovava sfornita “di buon accompagnamento d’organo”, si conveniva tra le parti affinchè il detto Bifaro dovesse “assistere da Mastro di Cappella in essa sud.a Catredal Chiesa per le funzioni che in quella occorrono farsi per tutto il sud.o decorso d’anni tre”, cominciando dal prossimo mese di novembre per terminare nello stesso mese del 1761.

Crotone, chiesa di Santa Chiara. Particolare delle pitture presenti sugli sportelli dell’organo, un tempo sistemato sulla cantoria.

Crotone, chiesa di Santa Chiara. Particolare della scritta dipinta sulla cassa dell’organo. “THOMAS DE MARTINO NEAPOLITANUS REGIAE CAPPELLAE SVAE MAIESTATIS ORGANARIVS FECIT ANNO DOMINI 1753”

 

 

Gli obblighi del maestro

Il contratto stipulato in questa occasione, prevedeva una serie di obblighi da parte del nuovo maestro, relativi alle modalità con cui avrebbe dovuto svolgere il suo compito.

“Primieram.te sia tenuto ed obligato d.o Sig.r D. Fran.co Bifaro sonar l’organo, accompagnando il Coro in Canto gregoriano in tutte le funzioni che in essa Catredale occorressero cossi nelli giorni festivi, che nell’altri giorni tutti, nelli q.li deve pred.o R(everendissi)mo Capitolo intervenire a tenore del solito cossi coll’assistenza di d.o Monsig.r Vescovo, che tutto … per la Celebrazione della messa Cantata, che p(er) la recita del Vespero, e officio … ed in quals.a altra funzione per cui d.o R(everendissi)mo Capitolo avesse l’obligo in musica d’intervenire al Coro, senza che d.o Sig.r Fran.co Bifaro in d.e funzioni possa destinar altri in suo luogo, ma ciò soltanto li fosse lecito pratticare quall’ora egli fosse ammalato, nel qual Caso possa destinare, e mandare a sue spese altra Persona Capace a toccar d.o organo in d.o Canto gregoriano.

Inoltre nel giorno della solennizzazione della festa del Corpus Domini principiando dalli primi vespere ed in tutto l’ottavario debba assistere alla messa cantata toccando l’organo in Canto gregoriano e volendo il Procuratore presente, ò pro tempore di d.a Arciconfraternita del SS.mo Sagram.to solennizar la sud.a festa con musica in Canto figurato sia tenuto d.o Sig.r Bifaro di reggere la musica dare la Composizione atta a rappresentarsi in p(redic)ta Città, e toccar l’organo, ò la battuta ad elezzione di d.o Proc.re restando però a peso, e carico di p(redic)to le Persone che dovranno sonare il violino, ed altri Istrum.ti Musicali, e le voci seu Cantatori, ed essendono p(redic)ti dilettanti, e novelli di p(redic)ta Città sia tenuto d.o Sig. Bifaro fare a p(redic)ti il debito preventivo Concerto sop.a d.a Composizione, ma se mai d.i Cantatori si dovesse prendere a paga si debbano preferire li figli di esso Sig.r Bifaro.

Di vantaggio come che in tutti i giorni di sabato si devono cantare le lodi ad B. V. del Capo delle Colonne nella Particolar e propria Cappella dell’istessa perciò sia tenuto d.o Sig.r Bifaro in tutti d.i giorni di sabato intervenire alla Recita di d.e lodi, toccar l’organo in Canto gregoriano accompagnare l’Inno Te Deum Laudamus, e cantare esso lui le litanie della B.a V.e, ed attrovandosi in d.i giorni di sabato, ò alcuno di essi inpedito il d.o Sig. Bifaro li sia lecito a mandare altra Persona Capace a sopplire a tutto ciò che di sop.a si a detto; Inoltre debba assistere alla solennizzazione della festa principale di d.a B.a V.e del Capo delle Colonne, che si celebra nella seconda domenica del mese di Maggio di ciasched.o anno in essa sud.a Catredal Chiesa, cossi nel Triduo delle lodi che si recitano la sera di giovedì, venerdì e sabato, che nel Vespero, Messa cantata, e p(er) tutto l’ottavario che si continuan d.e lodi nel giorno nelle quali funzioni debba intervenire, ed assistere esso lui personalm.te d.o Sig.r Bifaro toccando l’organo in Canto gregoriano cantando le litanie pred.e coll’antifona Regina Coeli, e se il Proc.re di d.a Cappella disponesse di solennizzarsi d.a festa con musica in Canto figurato cossi in d.e lodi di d.o Triduo della sera, che nel vespero, e Messa Cantata, debba d.o Sig.r Bifaro diriggere la musica dar la Composizione atta a rappresentarsi in p.a Città e toccar l’organo, e far l’abbattuta ad elezz.ne di d.o Proc.re a carico di chi resta di rinvenire le Persone p(er) sonare il violino ed altri Istrum.ti Musicali, e che dovranno cantare, e se p(redic)ti dovranno chiamarsi a paga si debban preferire li figli di d.o Sig. Bifaro, e se d.i Cantatori fossero dilettanti, o Principianti ut sup.a si debba d.o Sig.r M(aest)ro di Cappella fare il dovuto concerto preventivam.te alla Rappresentaz.ne come si è detto p(er) la solennità della festa del Corpus Domini; E similm.te debba esso Sig. D. Fran.co assisterci alla Novena del Santo Natale che in essa Cappella della B.a V.e del Capo delle Colonne si recita doppo il vespero di … giorno, nella q(ua)le debba toccar l’organo in Canto gregoriano cantar le litanie pred.e il Pange Lingua, e Tantum ergo per l’esposizione del Venerabile che in essa novena si suole fare.

Per anche sia tenuto d.o Sig.r Bifaro di assistere à sonar l’organo in Canto gregoriano, cantar le litanie della B.a V.e ed il Tantum ergo per la esposizione si fa del V(enerabi)le in tutti li giorni che si recita il SS.mo Rosario nella Cappella dell’istesso, che sono i giorni di Domenica, mercordì, e venerdì doppo il vespero e l’istesso obligo debba tenere nella quindicina che si suole celebrare antecedente alla festa di d.o SS.mo Rosario, ed essendo impedito possa in suo luogo destinare altra Persona Capace a sopplire alle sue veci; E debba pure assistere alla festa pred.a di d.o Sacratiss.o Rosario che si celebra nella prima Domenica di ottobre tanto p(er) le vesperi se si recita però, quanto p(er) la messa cantata, e volendo il Proc.re la med.ma solennizzare con Musica sia tenuto d.o Sig.r Bifaro diriger la Musica dar la Composiz.ne atta a rappresentarsi in q.a Città, e toccar l’organo, ò l’abbattuta ad elezzione di d.o Proc.re a carico di cui però restano le Persone p(er) sonare il violino, ed Is(trumen)ti Musicali, e li Cantatori, e se p(redic)ti Cantatori si dovessero da d.o Proc.re procurare a paga, si debbano preferire come s.a li figli di d.o Sig.r Bifaro ma se poi fossero dilettanti, sia tenuto d.o Sig.r Maestro di farli il debito preventivo Concerto sincome si sop.a si è detto.

E p(er) ultimo sia tenuto d.o Sig.r D. Fran.co Bifaro d’intervenire alla messa cantata, esposizione, e riposizione del Vene(rabi)le che suole farsi in essa Catred(ra)le nel Triduo del Carnovale in suffraggio dell’Anime del Purgat.rio, nel funerale che si fa nel giorno della Commemoraz.ne de tutti i morti, nell’altro della quaresima, doppo la predica dell’Anime del Purgat.rio ed in qualsivoglia altro Funerale che in suffragg.o di d.e Anime del Purgatorio si facesse in essa Catredale nelle q.li funzioni esso Sig.r Bifaro debba intervenire a toccar l’organo in Canto gregoriano accompagnando il Coro, e rispetto al Triduo di d.o Carnovale debba la sera nella Reposizione del q(ua)le cantare le litanie, ed il Tantum ergo, e volendosi dall’Amm.ri di d.o Monte far d.e funzioni, o alcuna di esse in Canto figurato sia tenuto d.o Sig.r Bifaro dirigere la Musica dar la Composizione atta a rappresentarsi in q.a Città, e toccar l’organo, ò l’abbattuta ad elezzione di d.i Amm.ri a carico delli q.li resta come s.a d.o il peso delle Persone p(er) sonare il violino ed altri instrum.ti musicali e quelle che dovessero Cantare e se poi detti Cantatori si dovessero prendere a paga si debban preferire li figli di esso Sig.r Bifaro ed essendono dilettanti si debba Come s.a d.o il med.o fare il dovuto preventivo Concerto.”

In relazione a quanto minuziosamente specificato e per “tutte le quali fatighe”, i signori procuratori, in nome e parte del capitolo, cappelle e monte suddetti, con il consenso dell’Ill.mo Monsignor Vescovo, convenivano con il maestro di pagargli durante i previsti tre anni di contratto, “l’annuale stipendio” di ducati ottantadue, da pagarsi sempre anticipatamente ogni trimestre in 4 “paghe” uguali di ducati 20 e grana cinquanta, così ripartito tra loro: ducati 15 per la cappella del SS.mo Sacramento, ducati 30 per la cappella della B.a V.e del Capo delle Colonne, ducati 12 per la cappella del SS.mo Rosario, e ducati 25 per i detti Pio Monte e R.mo Capitolo.

Da parte sua, il detto maestro prometteva di giungere nella città di Crotone dal prossino mese di novembre, ed “immediatam.te intraprendere, e principiare la Carica di Mastro di Cappella in d.a Catredal Chiesa” e questa esercitare continuatamente nel detto triennio, provvedendo ad “assistere al servizio di d.a Chiesa nelle sud.e Funzioni che in quella si dovranno come sop.a Celebrare nella maniera e forma di sop.a descitta, e convenuta”.[xlvii]

 

Note

[i] Surian E., Manuale di Storia della Musica, vol. I, Milano 2012, p. 32.

[ii] Surian E., cit., p. 67.

[iii] De Leo P. (a cura di), Documenti Florensi 2001, pp. 067-068.

[iv] “musica polifonica che, invece di essere scritta nota contro nota, come nella primitiva forma di polifonia, presenta varietà di figurazioni melodiche e ritmiche (più note contro nota, sincopi, contrattempi, fioriture, ecc.).” da www.treccani.it

[v] “La cappella fa musica in canto figurato le Domeniche, e giorni di festa tanto nelle prime, e seconde vesperi, quanto nella messa conventuale, e così anco i giorni feriali di Quaresima, e delle Rogationi anzi nelle feste degli Apostoli, della Beata Vergine, e del Signore si canta ordinariamente a due chori, e nelle maggiori solennità a quattro, non mancando mai l’organo, quale si sente alle volte accompagnato da altri instrumenti di musica. In quella né a sonare, né a cantare si ammettono laici essendo la maggior parte del Clero di questa professione molto bene intendente.” ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1589.

[vi] AASS, 16B.

[vii] ASCZ, protocollo notaio Santoro M., II, ff. 122-123v.

[viii] ASCS Notaio Napoli di Macchia, vol. 11-12, 1537-38, ff. 107-107v.

[ix] Lo strumento è descritto all’indirizzo saverioaceto.blogspot.it

[x] “Rigalati alli Tamborinari d’Isola, che sonorono nelli giorni della festa d. 00=70. Regalati allo Tamborinaro di Cutro, che anco sonò nel dì della festa d. 00=25”. “Al Tambarinaro, e bifaro d. 0:60”. ASCZ, Cassa Sacra, Libri Antichi e Platee, Libro de’ conti della Procura della Ven.le chiesa di S.ta Anna (1745-1784).

[xi] Così risulta da alcuni inventari. 09.12.1632. Nella domus palaziata dove aveva abitato il quondam Joannes Fran.co Schipano, posta nella terra di Policastro in convicino della SS.ma Annunziata “nova”, si ritrova un “baullo” all’interno del quale è una “chitarra scasciata” (ASCZ, Notaio G. B. Guidacciro, Busta 79 prot. 299, ff. 091v-092v). 26.01.1649. Nella casa del quondam Giacinto Cavallo, posta dentro la terra di Policastro “nella ruga del fumarello”, si ritrova “una Chitarra” (ASCZ, Notaio F. Cerantonio, Busta 196 prot. 876, ff. 013v-015).

[xii] Il canto gregoriano risulta tra gli insegnamenti impartiti nel seminario di Crotone (ASV, Rel. Limina Crotone, 1673; 1667; 1709, f. 081; 1722 f. 200; 1754 f. 295; 1774 f. 352; 1795 f. 023).

[xiii] ASV, Rel. Lim. Insulan. 1633.

[xiv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 5-5v.

[xv] ASCZ, Notaio Consulo B., busta 8, ff. 66-66v.

[xvi] AASS, 16B.

[xvii] ASV, Rel. Lim. Cariaten. et Geruntin., 1621 e 1643.

[xviii] ASV, Rel. Lim. Cariaten. Geruntinen. 1666, f. 173v.

[xix] “L’organo non vi era prima, ma vi fu fatto dall’Ill.mo e R.mo Sig.or Giulio Antonio Santori Cardinale di S. Severina allora Arcivescovo di quella Chiesa.” ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1589. La presenza di un organo rotto posto sopra la cappella detta “dele Cone levate”, si segnala in occasione della visita arcivescovile della cattedrale del 1559 (AASS, 16B).

[xx] Scalise G. B. (a cura di), Siberene Cronaca del Passato per le Diocesi di Santaseverina – Crotone – Cariati, Una platea del secolo XVI, p. 331.

[xxi] ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1589.

[xxii] ASV, Rel. Lim. S. Severina., 1675.

[xxiii] All’inizio dell’arcivescovato di Carlo Berlingieri (1679-1719), “Dentro la nave grande vi è il pulpito di marmo pardiglio con due Colonne di cipollazzo d’ordine jonico, e dall’altra vi è l’organo.” Scalise G. B. (a cura di), Siberene cit., p.104.

[xxiv] “Organum non desideratur magnificum”. ASV, Rel. Lim. S. Severina, 1765.

[xxv] “Caret Organo musicali eo quia furati sunt, ut liquefacere tubulos possent pro venatione;”. ASV, Rel. Lim. Insulan. 1644, f. 549v.

[xxvi] Pesavento A., La chiesa di Santa Maria dell’Isola. Da cattedrale a arcipretale, in www.archiviostoricocrotone.it

[xxvii] “Virginis Imaginem, ac organum non inveni,”. ASV, Rel Lim. Insulan. 1648, f. 503.

[xxviii] ASV, Rel. Lim. Insulan. 1651, f. 1228; 1660; 1673; 1677.

[xxix] D.O.M. / Franciscus Marinus cam / panem Ep.s Ins. Cathedrale / hanc Basilicam imis pene a / fundamentis aere suo exci / tavit, atque omni prorsus vetustate sublata, in amplio / rem, decentiorem restituit formam sacellis i=/ tidem magnifice constructis adauxit reso=/nis tandem organis / sculpto item suggestu / pictisq. laquearibus ex / ornavit an. a. nat. D.ni / MDCXCII.

[xxx] ASV, Rel. Lim. Insulan. 1721.

[xxxi] ASV, Rel. Lim. Strongulen. 1630.

[xxxii] “Organum adest, quod insonum reperi, et meis sumptibus statim reficiendum curavi.” (ASV, Rel. Lim. Strongulen. 1694). “Adest Organum, quod insonum et incompositum etiam reperi, et parte reaptari, et ad pristinam formam reduci mandavi.” (ASV, Rel. Lim. Strongulen. 1696). “Organum etiam adest, quod a principio refeci, et in dies esigere curabo.” (ASV, Rel. Lim. Strongulen. 1700).

[xxxiii] “Adest Organum, quod a principio insonum reperi, ut alias significavi, et meis suptibus rieficiendum curavi, et de p(rese)nti per Organistam, a me deputatum omnibus festis diebus pulsatur in Missis Conventualibus et Vesperis.” (ASV, Rel. Lim. Strongulen. 1702).

[xxxiv] ASV, Rel. Lim. Strongulen. 1729.

[xxxv] ASV, Rel. Lim. Umbriaticen., 1603.

[xxxvi] ASV, Rel. Lim. Umbriaticen., 1611, 1615, 1630.

[xxxvii] ASV, Rel. Lim. Umbriaticen., 1634.

[xxxviii] ASV, Rel. Lim. Umbriaticen., 1662, 1666.

[xxxix] ASV, Rel. Lim. Umbriaticen., 1688.

[xl] ASV, Rel. Lim. Umbriaticen., 1739, 1753.

[xli] ASV, Rel. Lim. Umbriaticen., 1783.

[xlii] ASV, Rel. Lim. Bellicastren. 1645, f. 76.

[xliii] Capialbi V., La continuazione dell’Italia Sacra dell’Ughelli per i vescovadi di Calabria, in Archivio Storico della Calabria, II, 1914, p. 198.

[xliv] “In ingressu jam descriptae Cathedralis Ecclesiae super janua majori pneumatica reperiuntur Organa, quae juxta vetustissimum S. R. E. ritum, diebus a novissimo fel. reg. Benedicti PP. XIV Caeremoniale Episcoporum, praescriptis, per idoneum Organarum modulatorem, pulsantur.” ASV, Rel. Lim. Bellicastren. 1758, f. 346v.

[xlv] “Eccl.a habet organum in emin.ti parte intra Chorum collocatum, decentis magnitudinis, et pulchritudinis, emptum redditibus cappellae Sanct.mi Sacram.ti quae quotannis supersunt.” ASV, Rel. Lim. Crotonen. 1640, f. 775r.

[xlvi] “Ebbe parte alla costruzione del magnifico organo, che tuttavia esiste, adorno delle sue armi.” Capialbi V., La continuazione dell’Italia Sacra dell’Ughelli per i vescovadi di Calabria, in Archivio Storico della Calabria, II, 1914, p. 513.

[xlvii] ASCZ, Fondo notarile cart. 859, 1758, ff. 163-169.


Creato il 28 Maggio 2018. Ultima modifica: 24 Febbraio 2020.

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